At 9,26-31 1Gv 3,18-24 Gv 15,1-8
OMELIA
La Chiesa, volendo farci gustare la presenza
del Risorto nel quotidiano, questa mattina, attraverso il testo
dell'evangelista Giovanni, ci fa penetrare nella profondità dell'esperienza
d'essere risorti nel Risorto, anzi, nell'esperienza d'essere autenticamente uomini.
Se rivediamo interiormente il testo che abbiamo ascoltato, veniamo introdotti
in quello che è il senso più profondo della nostra vita, attraverso quel
termine che è risuonato continuamente ed è il termine: “rimanere”.
Quando l'evangelista Giovanni descrive la
vocazione dei discepoli, davanti alla loro domanda: dove dimori? egli ha detto venite
e vedrete ed essi rimasero con lui
quel pomeriggio. Il cristiano è colui che rimane con Gesù. Assumendo la
parola che noi ascoltiamo nel prologo: venne
ad abitare in mezzo a noi possiamo intuire il suo significato più
appropriato. Il nostro rimanere in Gesù è la gioia di abitare in lui e con lui,
è quella reciprocità che caratterizza l'esperienza del discepolo. La relazione
viva, attuale e feconda con il Maestro è il senso della nostra vita.
L'evangelista Giovanni ha poi ritradotto
questa meravigliosa esperienza del “rimanere” con una espressione che racchiude
tutta la bellezza dell'essere uomini vivendo da discepoli: voi siete già puri a causa della parola che vi ho annunciato. Qui è
il mistero della nostra esistenza poiché emerge un chiaro rapporto tra la
purezza del cuore e la Parola annunciata. Il rapporto tra questi due termini è
la grandezza della vita dell'uomo.
Innanzitutto analizziamo il termine"la Parola".
È molto bello come Giovanni, volendo definire
la seconda persona della Santissima Trinità, l'ha definita “Parola” perché la Parola
è la comunicazione che Dio fa di se stesso all'uomo entrando nell'uomo e
determinando la vita dell'uomo. La parola, nel suo significato etimologico,
indica il tu che entra nell’io, è il mistero di Dio che penetra nel profondo
del nostro cuore e determina la nostra esistenza. Una simile verità la cogliamo
nella prima lettera di Giovanni dove viene espressa la stessa idea quando ha
affermato crediamo nel nome del suo Figlio
Gesù Cristo dove il credere è spalancare la propria esistenza non solo
all'invadenza del Signore che ci comunica la sua identità, ma è rendere feconda
la persona, il credere è rendere feconda una presenza. Noi dovremmo riuscire a
entrare in questa ricchezza; il cristiano è colui che gode di rimanere nel Signore
lasciandosi penetrare da questa parola, la persona di Gesù, che determina tutta
la sua esistenza. Il cristiano ha la gioia fin dal mattino di lasciarsi
penetrare da una presenza che parla al suo cuore, e questa presenza che parla
al suo cuore lo rende puro, lo rende persona attenta, ricca di silenzio, che si
lascia invadere dall'ineffabilità divina e la persona del Verbo incarnato
diventa perciò il principio di novità di vita. Il cristiano, e di riflesso l’uomo,
ha il gusto di lasciarsi penetrare da questa parola e questo perché l'uomo
quando è stato creato da Dio Padre ed è stato pensato in questa Parola, nel
momento in cui noi la gustiamo siamo e diventiamo sempre più il meraviglioso progetto
di Dio. Se noi guardassimo attentamente tutto il cammino dei sacramenti del
battesimo, cresima e eucaristia, ci accorgeremmo che sono segni attraverso i
quali la Parola penetra, permea, dirige, diventa il principio di ogni scelta. E
se il cristiano, come discepolo di Gesù, uomo perfetto, ritrova in Gesù la sua
umanità quello che il cristiano fa è quello che ha detto ancora Gesù: il
cristiano porterà molto frutto e il
portare molto frutto è permettere a Gesù, attraverso noi, di operare il mistero
della carità. È molto bella sempre la sintesi che fa la prima lettera di
Giovanni crediamo nel nome del suo Figlio
Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri perché amare gli altri non è un
dovere, amare gli altri è far fiorire il mistero che è dentro di noi, noi siamo
il mistero vivo e creativo del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E' in
quella prima lettera di Giovanni che Dio è definito come amore. La bellezza di
essere uniti alla vite è nient'altro infondere l'agire di Gesù che opera in noi
e genera in noi la comunione che gusta con il Padre.
La bellezza della vita, della vita di un discepolo
è rendere così feconda questa presenza del Maestro che la nostra esistenza
diventa un condividere quello che è presente nel cuore del Padre. Credo che se
queste provocazioni che Giovanni ci offre diventassero vere e autentiche, la
bellezza dell'essere Chiesa sarebbe armonia come ha detto molto bene
l'evangelista Luca alla conclusione del brano attuale degli Atti degli apostoli:
La Chiesa era dunque in pace per tutta
la Giudea, la Galilea e la Samaria: si consolidava e camminava nel timore del
Signore e, con il conforto dello Spirito Santo, cresceva di numero. Provate
a sognare per un momento la fecondità di questo mistero dell'evento cristiano:
è di una essenzialità e di una semplicità eccezionali il lasciarci abitare
dalla Parola che diventa creativa perché è il Risorto il quale in noi opera
continuamente il mistero della comunione che egli vive all'interno del Padre.
Spesse volte noi dimentichiamo la volontà di attingere
a questa fonte che sarebbe la vera armonia della nostra vita: E' sempre bello andare
al primo sommario degli Atti che ritraduce questa esperienza in modo favoloso: e si riunivano ogni giorno nelle case
prendendo cibo che con letizia e semplicità di cuore, lodando Dio e godendo il
favore di tutto il popolo. Qui scopriamo l'armonia di una comunità che
amando la gioia d'essere uomini diffonde la bellezza vera dell'uomo, la
comunione, la fraternità, l'essere il sorriso trinitario profondamente
condiviso. Ecco perché Giovanni in questo capitolo 15 ci fa sognare, non in
modo utopistico, ma in modo reale perché il Signore-Parola è dentro di noi, la
nostra vita è permeata da questa presenza gloriosa di Gesù per cui tutta la
nostra vita è continuamente condotta e sostenuta da tale Presenza.
Noi abbiamo un unico comandamento: compiere
quello che Gesù vuol fare dentro di noi. Ecco perché il cristiano non conosce
la parola “dovere”, il cristiano conosce la parola “diffondere”. La bellezza
della vita si ritraduce in una interiorità che si diffonde. Quando riusciamo a
cogliere la bellezza di questa radice le nostre tenebre quotidiane sia pur con
tanta ansietà, sofferenze, difficoltà diventano una vita veramente luminosa.
Attingiamo a questa fonte nel momento in cui possiamo essere tristi, nei
momenti nel quale non riusciamo più a leggere gli interrogativi della vita,
quando ci chiediamo: "chi sono io come uomo, che senso do alla mia vita".
Allora apriamo questo capitolo 15 di Giovanni e ci accorgeremo che lo Spirito
Santo infonderà nei nostri cuori quella dolcezza di vita che è la luce in ogni
tenebra. Quando l'uomo si lascia prendere da questo grande mistero, anche se
nel buio massimo della storia, è nella pienezza della luce del cuore voi siete già puri per la parola che vi è
stata annunciata.
Viviamo così quest'eucaristia, con questa
profonda vita interiore, perché allora l’andare all'eucaristia non è il dovere
settimanale, ma il gusto settimanale di percepire questa grandezza divina che
nella parola e nel pane nel vino ci viene regalata. Entriamo in questo mistero,
non abbiamo paura, non diciamo mai che è troppo difficile perché a Dio nulla è
impossibile. Il problema è solo quello di spalancare il cuore e lasciar vivere
il l Signore che è già in noi, regalando il nostro sorriso coraggioso del
feriale ai fratelli che la provvidenza ci fa incontrare.
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