Gen 14,18-20 1Cor 11,23-26 Lc
9,11-17
OMELIA
Il
cristiano, camminando con la parola quotidiana del Signore, si riscopre sempre
più sacramento della Santissima Trinità. La bellezza d'essere discepoli è la
gioia di essere abitati dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. Questa
meravigliosa verità viene continuamente ricreata attraverso la celebrazione del
mistero eucaristico: celebrare l'eucarestia è rinnovare la nostra identità nell’
essere segni viventi del mistero divino. E' un quotidiano passare di luce in
luce, come direbbe l'apostolo Paolo. L'Eucaristia è l'unico testamento che Gesù
ci abbia lasciato perché nell'Eucaristia c'è tutto il suo mistero, nell'Eucaristia
c'è il senso di ogni sua parola, nell'Eucaristia veniamo ricreati
quotidianamente dalla divina presenza. E allora davanti a questa grande realtà
la parola che abbiamo ascoltato questa mattina ci aiuta a intuire un filone
perché il mistero eucaristico possa effettivamente diventare l'anima della
nostra anima e il criterio per costruire la nostra identità umana. Il cristiano
va a celebrare la domenica l'Eucaristia per riscoprire la bellezza feconda
della propria umanità: la celebrazione eucaristica è molto di più di una rito:
è la cattedra del Risorto che ci attira nella bellezza del rapporto con il
Padre nei confronti dell'intera umanità. E la parola che troviamo in tutte e
tre le letture che abbiamo ascoltato è la parola “benedizione”, la parola “rendere
grazie”.
La presenza
eucaristica di Cristo è legata a queste parole. Infatti è molto bello come,
attraverso non solo la parola di questa mattina ma anche mediante tutta la Tradizione
della Chiesa, l'Eucaristia è intrinsecamente “benedire” e “rendere grazie”. Noi
andiamo all'eucarestia non per ricevere qualcosa, ma per cantare la grandezza
di Dio perché questa grandezza diventi realmente feconda per la storia
dell'intera umanità stimolandoci a costruire, in modo autentico, la nostra
identità di uomini e di discepoli del Maestro. Infatti cosa vuol dire benedire?
E noi intuiamo in questa parola tre passaggi che investono il nostro modo di
essere discepoli.
Infatti il
primo senso che dobbiamo ritrovare in questo “benedire” e che costituisce il
fondamento della celebrazione eucaristica è la viva coscienza del Dio
meraviglioso. Dio è la fonte. Dio Padre è la fonte di tutta la storia della
salvezza. Dio Padre è il cuore dell'essere uomini. Dio Padre è la grande meta
della nostra esistenza, e in simile orizzonte il cristiano sa di essere un
capolavoro della assoluta gratuità e benevolenza divina. Si accede ai divini
misteri con l'animo ricolmo di stupore per il Dio meraviglioso! Benedire è la
consapevolezza quotidiana che siamo creati, ricreati, santificati ogni giorno
dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo. A monte dell'Eucaristia c'è questa
meravigliosa professione di fede nella quale l'uomo desidera continuamente
ritrovare se stesso.
Davanti a
questa esperienza in cui noi percepiamo la grandezza del darsi di Dio, l'uomo
benedice, rende grazie…è la riconoscenza esistenziale di essere capolavoro, dove
il cristiano non semplicemente ringrazia, ma il cristiano con gratitudine
riconosce le meraviglie di Dio e le restituisce alla Fonte di ogni dono.
Rendere grazie è nient'altro che l'ebbrezza dell'uomo che, immerso in qualcosa
che è al di là del mistero del credere, e che è al di là di ogni avvenimento
storico, sa che Dio è affascinante e meraviglioso. La benedizione è la sintesi
continua tra l'essere oggetto della gratuità di Dio e il canto della
gratitudine. Quando Paolo nella lettera ai Colossesi delinea il nucleo della
vita cristiana, ci accorgiamo come egli affermi che il nucleo della comunità
cristiana e il punto focale di ogni fraternità s'incarna in questa espressione e in tutto rendete grazie, restituite
con gratitudine. Ecco perché il cristiano - sempre - nel costruire la propria
esistenza avverte questa creatività rigenerante di Dio Padre, Figlio e Spirito
Santo e fa del suo istante concreto un canto di autentica gratitudine.
In un vivo
contesto di fede il cristiano, che sa unire questi due verbi, sperimenta la
fecondità di Dio. Se guardiamo attentamente alle narrazioni di questa mattina
il benedire di Melchìsedek diventa la fecondità di Abramo, il rendere grazie di
Paolo diventa annunciare la morte del Signore. In tutto questo si percepisce
che il creare quel clima di creatività si elabora nel rendimento di grazie. Nel
Vangelo di Luca la moltiplicazione dei pani e dei pesci ne rappresenta la
chiara manifestazione. La bellezza del cristiano è gustare la fecondità di Dio
nel rendere grazie. Quando il cristiano avverte questa meravigliosa esperienza
la sua vita è totalmente rifatta e ricreata. L'Eucaristia è la presenza reale
di Cristo per chi canta la gratitudine. Infatti se noi guardiamo attentamente
il dialogo con il quale si inizia la grande preghiera eucaristica, noi ci
accorgiamo che in quel dialogo c'è tutto il senso del mistero: In alto i nostri cuori… sono rivolti al
Signore. Qui noi formuliamo ciò che
effettivamente stiamo vivendo: “tanto è grande la tua potenza, o Signore, che
noi ti regaliamo tutta la nostra vita, ti regaliamo la nostra persona, ti
regaliamo la nostra storia e poiché la nostra persona inserita nella nostra
storia non è altro che abitare nelle meraviglie di Dio”. Successivamente in
quel Rendiamo grazie al Signore nostro
Dio. Nella nostra risposta esprimiamo un forte senso di riconoscenza:
"E’ quello che stiamo aspettando E'
cosa buona e giusta. Allora intuiamo come l'Eucaristia sia sì una presenza,
ma una presenza che nasce dal fascino diuturno del Dio delle meraviglie che ci
dà l'ebbrezza del restituirci con gratitudine per avere la fecondità di Dio.
Quello che noi chiamiamo “consacrazione” è nient'altro che la fecondità di una
comunità che canta la propria gratitudine e quando l'uomo canta la propria
gratitudine ritrova la bellezza della propria umanità. L'essere uomini è vivere
con consapevolezza l'oggi del mistero trinitario, il restituirci con
gratitudine è prendere coscienza abitualmente di essere questo capolavoro
perché possiamo gustare quella fecondità di Dio che ci rigenera nel modo più
radicale. E allora, quando ci accorgiamo nella nostra esistenza di sentirci
poveri, scoraggiati qualche volta, stanchi, non possiamo far altro che accedere
alla divina liturgia per cantare la nostra gratitudine e nel momento in cui
canteremo la nostra gratitudine gusteremo la fecondità di Dio: quel pane quel
vino, divenuti la persona sacramentale di Gesù, faranno di noi creature
luminose perché saranno avvolte nel più profondo della loro esistenza dalla
benevolenza divina. Questa fecondità diventa gratuità di eternità che è la
forza della nostra storia.
In questa Eucaristia
cerchiamo di entrare in questo mistero, cerchiamo di imparare la bellezza di
essere uomini attraverso la percezione della presenza del Maestro divino e
quando noi siamo con il Signore la vita diventa eternità, la storia è
illuminata da una grande rivelazione e il cuore batte con il ritmo di Cristo
risorto.
Questo sia
il mistero del fascino che celebriamo nel silenzio affascinante, per poi
cantare nella vita le meraviglie del Signore. L'eucarestia è l'unico grande
mistero che Gesù ci ha lasciato perché è lui stesso, e allora impariamo questa
pedagogia che la parola di Dio questa mattina ci ha regalato in modo che,
quando varchiamo le porte della chiesa, dobbiamo porci la domanda: cosa sto
andando a cantare in questo momento? E la risposta che il cuore ci darà è: la
bellezza meravigliosa del Signore! E allora se noi entriamo in chiesa con
quest'esperienza non saremo delusi: gusteremo sacramentalmente il corpo e il
sangue del Signore, secondo la bella acclamazione rituale: Beati gli invitati al banchetto delle nozze dell'Agnello. Di conseguenza
la nostra vita sarà eternità che canta e pregusta il paradiso. Infatti in
paradiso lo sapremo, quando seguiremo l'Agnello cantando il canto nuovo che
solo i 144.000 conoscono, quelli che hanno
reso candide le loro vesti nel sangue dell'Agnello: il mistero eucaristico!
Chiediamo allo Spirito Santo che ci illumini su questa profonda verità per
sentirci quelle creature nuove nelle quali il Signore fa meraviglie e sarà
bello, quando noi, mentre staremo per morire, ci verrà donato quel pane, quel
pane che tra pochi istanti -per chi sta morendo- diventerà visione gloriosa del
paradiso. Pregustiamo questo ora. Quando moriremo nello stile proprio dell'Eucaristia,
vedremo eternamente il volto luminoso del Padre che rappresenta il senso
portante di tutta la nostra storia.
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