At 1,1-11 Eb 9,24-28;10,19-23 Lc 24,46-53
OMELIA
La gioia
dell'esperienza della Pasqua è sempre attuale nella nostra esistenza poiché
Gesù, domenica scorsa, ci ha detto che lui e il Padre vengono a noi e dimorano
in noi. La gioia della Pasqua è nient'altro che la gioia della SS. Trinità che
viene ad abitare nelle nostre persone e la festa di oggi della Assunzione di
Gesù in cielo è la conferma che la nostra fede non si costruisce su una
illusione, poiché nel cammino dell'esperienza religiosa è sempre facile essere
tentati dalle illusioni. La festa di Gesù nel misterioso evento dell'Assunzione
al cielo è la festa di una certezza: il Signore è realmente presente in mezzo a
noi. Ce lo ha già detto il testo all'Alleluia quando egli ci ha solennemente
promesso: Io sono con voi tutti i giorni
fino alla fine del mondo. Una simile certezza riusciamo a coglierla in
tutta la sua verità se entriamo nel mistero dell'Assunzione di Gesù al cielo.
Noi potremmo in certo qual modo essere tentati da una visione molto legata allo
spazio e al tempo e cioè pensare che il “salire” di Gesù al cielo sia un
lasciare la storia per entrare nella comunione eterna con il Padre. Tuttavia se
ci accostiamo con cuore puro alla comprensione di tale avvenimento e
desideriamo percepirne la profondità teologica e teologale, questo non è il
significato ultimo e più vero. Il salire di Gesù al cielo sottolinea il
passaggio da una storicità fisica ad una storicità sacramentale costruita nella
fede, speranza e carità che ci conferma che Lui, il Maestro, è veramente in
mezzo a noi.
Se il Signore
avesse mantenuto la sua dimensione fisico-storica sarebbe ancora in Palestina,
ma poiché Gesù potrebbe essere ovunque, in qualunque parte della terra e in
qualunque tempo, nel mistero della sua Assunzione al cielo, noi percepiamo il
suo nuovo modo di essere. In forza dell'azione dello Spirito Santo il Verbo si
è incarnato nel seno della vergine Maria, nello Spirito Santo è presente nella
creatività propria della terza persona della Santissima Trinità; dove opera lo
Spirito c'è sempre il Maestro divino. Non per niente nella tradizione più
antica all'evento dell'Assunzione di Gesù al cielo si celebrava contemporaneamente
anche l'effusione dello Spirito. La corporeità che va al di là dello spazio e del
tempo per essere sempre nel tempo e nello spazio in forza della nube dello
Spirito. Infatti la nota che noi percepiamo sia nella narrazione degli Atti
degli apostoli, sia in quella dell'evangelista Luca, è la gioia. Se la
dipartita di una persona cara può generare sofferenza, come mai la dipartita di
Gesù genera gioia? E questo perché Gesù ha voluto essere presente in mezzo agli
uomini in modo che gli uomini godessero nella fede e nel sacramento quella sua
reale presenza. E questo l’evangelista Luca ce lo ha regalato molto bene nel descrivere
l'avvenimento dell'Assunzione: Poi li
condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li
benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Se noi
guardiamo attentamente la gestualità di Gesù, ci accorgiamo del suo desiderio
di rimanere nella storia dell'intera umanità.
Innanzitutto
entriamo nel primo verbo: alzate le mani
al cielo che significa il linguaggio con il quale Gesù ha sempre espresso il
suo dialogo con il Padre. Alzare gli occhi al cielo è esprimere una relazione
di amore, quella tra il Padre e il Figlio, per cui Gesù in quel momento era nel
mistero del Padre. Inoltre, mentre alza gli occhi, benedice i discepoli, dove il gesto del “benedire” incarna la
volontà creatrice di regalare la sua personalità ai discepoli. Infatti il gesto
del benedire è nient'altro che il gesto di imporre le mani, di dire e di
affermare il passaggio di personalità, ecco perché mentre li benediceva si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. In
questo salire al cielo, noi scopriamo che la creatura umana, i discepoli, la
Chiesa, sono il luogo della sua nuova presenza. Il Signore attraverso questo
passaggio può veramente affermare io
sono in mezzo a voi!
Una simile
certezza la cogliamo molto bene nei tre verbi con i quali l'evangelista
definisce questo passaggio, sottolineando l'atteggiamento dei discepoli stessi.
Ed essi si prostrarono davanti a lui;
poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel Tempio
lodando Dio. Prima cosa cogliamo il valore di quel: Si prostrarono…… È il
segno del desiderio della accoglienza di una immedesimazione con quella persona,
il prostrarsi è dire che l'altro sta per invadere e ha invaso la nostra
esistenza. Gesù, mentre “sale”, ci comunica il suo mistero e i discepoli sono
convinti che ormai il Maestro è diventato il Signore delle loro persone e della
loro storia. Il prostrarsi è una povertà che viene arricchita da una presenza.
Con questo gaudio di un Signore che si è incarnato in loro e ha segnato in loro
il mistero della sua persona, tornarono
a Gerusalemme, il luogo della fedeltà di Dio, il luogo in cui Dio si
mantiene fedele, il luogo in cui l'oggi della storia della salvezza ha la sua realizzazione:
e stavano nel Tempio poiché con
l'evento della salvezza non esiste più il tempio materiale, ma il tempio della
comunione credente: la comunità dei battezzati che diventa il sacramento del
suo costante oggi di redenzione. Ecco perché il cristiano è nella gioia, perché
il Signore non ci ha lasciati, è realmente presente in mezzo a noi, si
relaziona costantemente con ciascuno di noi e questa gioia che nessuno ci può
togliere, è la reale presenza del Signore in noi, nella chiesa, nel mondo
intero.
E allora
quando l'uomo riesce a fissare così lo stile della sua esistenza, il problema
dell'eternità beata è solo lo sviluppo del desiderio. Se entrassimo nella
affermazione dell'Angelo che dice che non dobbiamo tenere fisso lo sguardo al
cielo, ma dobbiamo solo aspettare la sua venuta finale, questa attesa è
nient'altro che il desiderio del Signore realmente presente in noi che si fa
desiderare, noi desideriamo colui che si fa desiderare! Per cui l'incontro
glorioso sarà il compimento del desiderio che la presenza del Signore genera
continuamente in noi e così poterlo presto vedere faccia a faccia.
La festa di
oggi della Assunzione di Gesù al cielo è la festa di Gesù che in noi, con noi e
per noi ascende alla destra del Padre, è questione solo di tempo. La bellezza
della vita è Gesù che si fa desiderare quindi il momento del nostro morire sarà
il cantare l'appagamento del nostro desiderio d'essere pienamente trasfigurati.
È la bellezza dell'Eucaristia che
stiamo celebrando. Il Signore è qui, realmente presente, è lui che ci ha
convocati, è lui che è vivo in noi, è lui che ci parla, è lui che spezza con
noi e condivide con noi il pane e il calice per darci quel senso di eternità
che è la luce in qualunque nebbia e oscurità della storia.
Viviamo
questa gioia e noi tornando a casa dovremmo dire: “Com'è bello stare con Gesù”,
perché stando con Gesù abbiamo sperimentato quell'eternità beata che è stare
per sempre con il Signore a contemplare il volto del Padre nello Spirito Santo.
Accogliamo questo mistero, sentiamoci trasfigurati quando accoglieremo quel
pane quel vino per sentire in noi l'ebbrezza dell'eternità beata.
Camminiamo
così, l'Eucaristia è un anticipo di quel banchetto glorioso dove il Signore ci trasfigurerà
nella sua luce per tutta l'eternità beata. Questa è la speranza che il Signore
ci vuole regalare nel mistero della sua Assunzione perché lui vuole che dove è
lui, il nostro capo, siamo anche noi sue membra, come abbiamo pregato nelle
orazioni di questa divina liturgia.
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