26 aprile 2020

III DOMENICA DI PASQUA - ANNO A –


At 2,14.22-33                    1 Pt 1,17-21            Lc 24,32                   

OMELIA

Il tempo di Pasqua vuole aiutarci a comprendere che il Signore è in mezzo a noi perché -veniamo trasfigurati nella sua persona. In un intenso cammino di identificazione lo possiamo veramente vedere, mentre la nostra esistenza è sempre più radicata in lui.

Se desideriamo fare questa esperienza del Risorto, la Parola che abbiamo ascoltato diventa il criterio della nostra vita. Gesù infatti, attraverso l’episodio dei discepoli di Emmaus, ci vuole aiutare ad entrare nell’ immedesimazione con il Maestro.

Il percorso che l’evangelista ci offre può essere evidenziato in tre passaggi, nei quali Gesù, lentamente, prepara i discepoli a quell’incontro nel quale egli svelerà la sua persona:

- Gesù si accosta ai due discepoli di Emmaus per regalare loro fiducia e speranza;

- mediante il rimprovero rivela il senso delle Scritture, perché la sua parola parla al cuore;

- dopo il dialogo con il Maestro, essi lo ascoltano e, condividendo con lui il mistero nella celebrazione eucaristica, capiscono che non possono vivere senza il Signore.

Il primo passaggio di un simile itinerario esistenziale è dato dall' accostarsi di Gesù ai discepoli, i quali si lasciano invadere dalla sua persona. Scopriamo che essi vivono un importante cambiamento. Come hanno fatto a passare da una condizione di tristezza a una condizione di gioia, da una chiusura nei loro pensieri a quel discutere e conversare a lungo, fino all’esultanza che li fa correre a Gerusalemme per annunciare l’evento della risurrezione? Tutto va ricondotto all’inizio dell'incontro. I discepoli avrebbero potuto dire al forestiero: “Perché ti intrometti nelle nostre dialettiche, nelle nostre tristezze, nei nostro interrogativi?”. Essi erano tristi, perché non si erano lasciati introdurre nella fedeltà del Padre, che richiedeva di rimanere a Gerusalemme. Non avevano creduto alla promessa di Gesù: nel terzo giorno il Padre avrebbe rivelato la sua fedeltà. Accogliere il forestiero ha rappresentato l'inizio della loro conversione: hanno avuto il coraggio di lasciarsi attirare dal Maestro, di spalancare le loro persone alla sua persona. Pur conoscendo tutta la vicenda di Gesù, come appare dalle parole di Cleopa, essi non avevano aperto il cuore alla sua presenza. Non è sufficiente conoscere la storia di Gesù: occorre lasciarsi conquistare dalla sua persona. Infatti, che cosa è successo nel momento in cui hanno accolto il Maestro? È quello che avviene all'inizio di ogni feconda esperienza credente: Gesù li ha affascinati, Gesù li ha amati, Gesù li ha attirati. Si è passati dalla ragione al cuore. È quello che ci insegna la seconda lettura: “E voi per opera sua credete in Dio che lo ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria, in modo che la vostra fede e la vostra speranza siano rivolte a Dio”. La persona di Gesù, che si accosta all'uomo con delicatezza, è entrata nel cuore dei due discepoli, i quali si aprono a lui esponendo il loro problema. Il discorso di Clèopa ritraduce quel senso di fiducia che l’affetto di Gesù ha collocato in loro. Accedere all’esperienza del Risorto è entrare nella sua esperienza di affetto per l’uomo.

Dobbiamo sempre ricordare che la visione del Dio che ama l’uomo non è di tipo teoretico, perché l’affetto di Gesù attira l’uomo e in questa attrazione c’è il secondo passaggio: i discepoli si lasciano interpellare, rimproverare da lui e ne ascoltano le parole. Infatti, quando l’uomo vive una profonda relazione affettiva, accetta anche le osservazioni, perché riconosce che tutto avviene in un clima di autentico amore fraterno.

Ecco perché i discepoli hanno detto alla fine del brano evangelico: “Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”.  Una simile osservazione ci fa chiaramente intendere che non sono i ragionamenti che convincono l’uomo nella dialettica della fede, ma la potenza affettiva di chi si comunica. Nelle oscurità della fede lasciamoci attirare dalla sua persona e nel rapporto con lui il cuore accoglierà le profonde ricchezze di Gesù. L’esperienza della fede non è un incontro di intelligenze, ma di cuori. Gesù, spiegando le Scritture, ha rivelato la grandezza del suo amore per l’umanità. Essi conoscevano la Bibbia come pii ebrei, ma non avevano mai capito il cuore della Bibbia: Dio che ama l’umanità. Nel momento in cui il cuore si è riscaldato, hanno incominciato a capire.

Le comprensioni dell’intelligenza non convertono mai, le comprensioni del cuore infiammano e fanno capire, al di là delle righe, il mistero della verità. Gesù li aveva talmente conquistati, che il loro cuore ardeva in modo così profondo da non potere più rimanere senza di lui. Di riflesso, davanti alla provocazione di Gesù, che vuol proseguire il suo cammino, essi affermano: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto". Quando il cuore è preso dal Signore, quando il cuore è immerso tutto nella sua luce, non esiste più il tempo: anche il buio della storia diventa luce: "Rimani con noi, perché tu sei la speranza della nostra esistenza!”. In quel modo rivelano che le loro persone sono talmente prese dal Maestro che vogliono che la loro intimità sia illuminata da lui. È la bella immagine di Gesù che và in casa loro. La casa è il luogo della relazionalità affettiva. Allora intuiamo come i discepoli di Emmaus hanno potuto percepire la presenza del Maestro: essi sono stati conquistati progressivamente dal suo affetto. San Bernardo avrebbe detto: “L’uomo è il suo affetto.... Amo perciò esisto, sono ricco di affetto e perciò la mia esistenza ha una consistenza.".

Riconoscere Gesù al momento dello spezzare il pane dice che il cuore, al di là del segno, vede un contenuto: il Maestro glorioso! La semplicità dell'obbedienza di Gesù è il principio di una ricchezza veramente inesauribile. I discepoli si lasciano conquistare, Gesù entra nella loro intimità e li trasfigura sacramentalmente.

È quello che noi stiamo vivendo in questo momento.

Anche noi come i discepoli di Emmaus siamo entrati in chiesa animati dalla viva consapevolezza che senza la sua presenza e la sua parola non possiamo camminare con coraggio nel quotidiano. Dopo averlo ascoltato nella Parola proclamata gli diciamo: “Rimani con noi, rimani nella nostra storicità, tante volte oscura, perché il nostro cuore è tutto riscaldato dalla tua presenza amorosa e questa è la speranza”.

Quando il cuore è preso dal Signore nell’Eucaristia, è il Signore che si dona e ci si rivela.

Quando il Signore ci darà sacramentalmente il suo Corpo e il suo Sangue, noi saremo come i discepoli di Emmaus: assetati di verità, avvertiremo la loro medesima meravigliosa esperienza: saremo amati nel profondo della nostra persona.

Tale sia il mistero che vogliamo vivere e condividere in modo che, uscendo di chiesa, possiamo essere ricchi di gioia come i due discepoli.

Quando l’uomo è intensamente amato nella pura gratuità, sposta le montagne, ha l’entusiasmo della vita.

Questo sia il mistero che con i discepoli di Emmaus vogliamo annunciare, per camminare nella speranza, nonostante le oscurità, le tristezze e le tribolazioni del quotidiano.




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