OMELIA
L’esperienza della risurrezione
del Signore porta il discepolo ad un intenso desiderio di vedere il Maestro. Anche ciascuno di noi lo desidera: è il senso
di tutta la nostra esistenza, che avverte l'esigenza di concretezza. È il principio
stesso dell'Incarnazione. Questo “vedere” nasce dalla relazione che il Signore
stabilisce con noi perché, nella reciprocità, entriamo nel suo mistero e il
nostro cuore vuole vivere personalmente le stesse sensazioni del discepolo che
Gesù amava: “vede e crede”.
Oggi, attraverso la narrazione del
vangelo di Giovanni, Gesù ci offre una nuova pista per alimentare il nostro
intenso desiderio. La mattina di Pasqua il Risorto appare, comunicando la sua
pace e mostrando le mani e il fianco: “venne
Gesù, stette in mezzo e disse loro: "Pace a voi!". Detto questo,
mostrò loro le mani e il fianco”. I discepoli, nel vedere il Signore che
mostra le mani e il costato, sono ricolmi di gioia.
Nella dinamica del dialogo
possiamo accedere all’esperienza di “vedere” il Signore. Dobbiamo innanzitutto
tener presente che l’apparire del Maestro è caratterizzato da una chiara
connotazione storica. La fede infatti non segue le illusioni, ma si confronta
sempre con la storicità: Gesù appare con
i segni della Passione: le mani, il
costato e, nel dialogo con Tommaso, anche i piedi. Contempliamo la sua umanità
che ha veramente amato l'uomo.
Gesù che appare ci rimanda al
mistero della sua croce, al mistero del suo amore, al superamento di ogni
possibile illusione. In quei segni nel fianco, nelle mani e nei piedi si manifesta il fuoco dell’amore di Gesù
per il Padre e per l’umanità. È il
mistero della sua misericordia: regalare all'uomo la grandezza di lasciarsi
amare, per fargli ritrovare la bellezza e la profondità dell'esistenza. Nella
concretezza della sua storia Gesù rivela il suo cuore.
Quando siamo davanti al mistero di
Cristo in croce, dobbiamo sempre cogliere la sua interiorità. Nella comunione
del Figlio con il Padre, la misericordia raggiunge la sua espressione più alta
e la creatura umana è chiamata a lasciarsi coinvolgere in questa grande, incomprensibile
esperienza di amore divino-umano. Gesù, apparendo ai suoi discepoli, regala loro il suo amore misericordioso.
È l’esperienza interiore che il
discepolo avverte attraverso l'accoglienza della gestualità di Gesù. Egli appare,
però il suo non è un rivelarsi statico, ma una manifestazione di ciò che il
Maestro vuole realizzare con noi: generare una relazione in cui la sua interiorità passi dentro di noi. In
quel momento noi viviamo la comunicazione che Gesù fa della misericordia divina
al cuore dell’umanità. Infatti, quando vogliamo in modo profondo ritrovare il
senso della vita, dobbiamo accogliere il Signore risorto, il quale non ha "dimenticato"
i segni della Passione nella tomba, ma li ha fatti suoi, li ha portati presso
il Padre e ora li offre ai discepoli, regalando loro la sua misericordia e infiammando
del suo amore le nostre persone!
Se il Signore non ci “apparisse”,
se non ci avvolgesse nel suo fuoco di misericordia e se noi non ci lasciassimo
coinvolgere in questa relazione, non lo potremmo vedere e non gioiremmo. È il
secondo elemento della relazione che il Risorto stabilisce con i suoi: “e i discepoli gioirono a vedere il Signore”.
La domanda che nasce spontaneamente è che cosa sia questa gioia di cui i
discepoli sono arricchiti quando appare il Signore. Sicuramente la parola gioia può avere diverse sfumature, ma
in questo caso c’è il suo senso vero: il Signore, penetrando in noi, diventa la
nostra gioia. È il Signore che in noi gioisce e noi gioiamo in lui. La sua Presenza
è la Gioia , è
una persona, ma questa gioia - che nasce dalla relazione - è una gioia in cui
ci viene comunicato il mistero della sua Passione e noi lo condividiamo. La
gioia misericordiosa di Gesù è Gesù che imprime nelle nostre persone i segni
della sua Passione.
La sua misericordia, il fuoco di
amore che ha caratterizzato la sua croce, passa agli uomini e noi abbiamo nelle
nostre persone i segni della sua Passione, che sono il luogo in cui noi
facciamo l’esperienza della sua misericordia. A tale riguardo è molto
stimolante il linguaggio della prima lettera di Pietro che abbiamo ascoltato: “Siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete
essere, per un po' di tempo, afflitti da varie prove...Voi lo amate, pur senza
averlo visto e ora, senza vederlo, credete in lui. Perciò esultate di gioia
indicibile e gloriosa, mentre raggiungete la meta della vostra fede: la
salvezza delle vostre anime”.
In certo qual modo la misericordia
è fissa in noi perché i segni della sua Passione sono dentro di noi. Questa è
la bellezza della nostra gioia: Il Risorto vive in noi tutto il suo mistero di
amore. Non è l’esperienza meravigliosa di cui ci parla l’apostolo Paolo alla
conclusione della lettera ai Galati: “D’ora innanzi più nessuno mi dia
fastidio, io porto nel mio corpo le stimmate del Signore nostro Gesù Cristo”?
Quello che, in modo visibile, noi
contempliamo in S. Francesco, in modo mistico è presente in ciascuno di noi,
perché ciascuno di noi è il luogo del darsi della misericordia. Il Signore abita
in noi con i segni della sua passione, con i segni del suo amore senza limiti.
Ormai quei segni sono impressi nella sua persona e in ciascuno di noi. La gioia
del Signore gioisce in noi, passa attraverso i segni di quella Passione, per
cui noi siamo la “vivente misericordia di Dio”: siamo il capolavoro di quel
fuoco amoroso che ha portato Gesù a donare pienamente la sua vita! In noi, usando
la bella immagine dell’Apocalisse, “è presente l’Agnello ucciso e ritto in
piedi” per cui, tutta la nostra esistenza, vivendo di questa relazione che il
Risorto ci regala continuamente, è un’esistenza in cui facciamo l’esperienza
della misericordia: l’amore inesauribile di Dio regalato ad un uomo peccatore.
Quando l’uomo si sente così
intensamente amato, in un modo sicuramente paradossale, in quel momento
quell’amore misericordioso ci dà la capacità visiva di vedere il Signore. Da questa esperienza nasce l’amore senza misura per i
fratelli e un’esistenza continuamente donata è un’esistenza che vede la fonte dell’amore: il Signore.
La bellezza della vita si
costruisce tutta in questa relazione, dove il Risorto ci regala sempre la sua
Passione gloriosa. Lo ha detto molto bene nella sua lettera l’apostolo Pietro:
“una gioia indicibile e gloriosa”. Questi
due aggettivi nascono dal mistero della morte e dalla resurrezione di Gesù.
Stiamo profondamente vivendo tutto
questo mistero in questo momento. Nella narrazione degli Atti degli Apostoli
che abbiamo ascoltato si dice che i discepoli nelle case prendevano cibo con
esultanza e semplicità di cuore: è l’esultanza della presenza del Maestro che
ci appare-con noi parla-con noi mangia-con noi vive il suo amore
misericordioso.
Quando veniamo alla celebrazione
eucaristica, il primo gesto della accoglienza è: “Il Signore sia con voi…. E
con il tuo Spirito”, a cui segue l’atto penitenziale: è la vita immersa nella
misericordia. È il Risorto che ci viene incontro, ci dà la sua gioia e
ci introduce nella novità che viene dall'alto. Quando noi cogliamo la nostra
esistenza immersa nella misericordia, specie nella celebrazione dei Divini
Misteri, siamo nella vera gioia, che non è altro che il Risorto che nella sua
morte e risurrezione rifà continuamente la nostra storia.
Ecco perché è bello, questa
mattina, ritrovare questo amore misericordioso, che rinnova la nostra esistenza
ricreando le nostre persone, e quando il cuore è ricreato da un amore oblativo
intenso come quello di Gesù, l’uomo ritrova se stesso, viene rigenerato da una speranza
viva e gode, nella fede, di vedere quel Signore che contemplerà in eterno nel
gaudio del cielo.
Tale sia il mistero che vogliamo
vivere in questa Eucaristia, anche nel ricordo di Giovanni Paolo II, che ha
fatto del suo magistero un capolavoro della misericordia, per camminare nel
tempo in continua novità di vita.
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