Ger 20,7-9 Rm 12,21-27 Mt 16,21-27
OMELIA
Domenica scorsa Gesù ha elogiato Pietro per quella bella professione di fede che nasceva dal cuore dell'apostolo, guidato dall'azione del Padre e del suo Spirito. Davanti alla domanda "e voi chi dite che io sia", è scaturita quella bella espressione tu sei il Cristo il figlio del Dio vivente. In tale contesto dobbiamo sempre ricordare a noi stessi che fare una professione di fede vuol dire nello stesso tempo associarci alla vita del Maestro. Il dialogo che è intercorso tra Pietro e Gesù questa mattina è la traduzione di cosa voglia dire fare una professione di fede in Gesù. Affermare che Gesù è il Cristo il Figlio del Dio vivente vuol dire ritrovare nella vita di Gesù il senso portante della nostra storia. Se non vogliamo cadere nella mentalità del mondo contemporaneo dobbiamo avere lo sguardo rivolto decisamente a Gesù vedendo nella sua esistenza la nostra. Dire tu sei il Cristo vuol dire vivere come Gesù, avere le sue finalità nelle costruzioni esistenziali quotidiane, stabilire relazioni come le ha stabilite il Maestro condividendo le motivazioni della sua interiorità, è incarnare i palpiti del suo cuore. Un simile atteggiamento dà voce alla bellezza del seguire Gesù come ha detto molto bene il Maestro stamattina. Possiamo professare nella verità la nostra fede perché viviamo come lui e ciò che è all'interno delle motivazioni del suo cuore sono le nostre motivazioni. Allora veramente l’atto di fede diventa veramente vita della nostra vita. Noi possiamo veramente dire che siamo discepoli del Maestro nel momento in cui come ci ha detto molto bene Paolo noi vivremo questa esperienza per la misericordia di Dio offrite le vostre persone come sacrificio vivente santo e gradito a Dio: è questo il vero culto spirituale! Scegliamo ogni giorno di seguire Gesù per offrire la nostra esistenza come sacrificio perché seguire il Maestro vuol dire incarnare le sue motivazioni interiori, viverne tutto l'itinerario esistenziale. In questo atteggiamento offriamo la nostra vita come sacrificio. Si rivela perciò necessario che ci poniamo la domanda perché la vita di Gesù sia il criterio fondamentale delle nostre scelte, e in lui offriamo la nostra esistenza come sacrificio. Sicuramente occorre superare la sua accezione in termini di negatività: rinunciare a qualcosa. Nel cammino della fede dobbiamo accostarci a sorgenti positive per dare vitalità alla nostra esistenza. In una simile prospettiva appaiono al nostro orizzonte tre chiare illuminazioni: un autentico sacrificio
-nasce da un profondo senso di
comunione,
-è un intersecarsi di gratuità e
di gratitudine,
-con il coraggio di restituire a
Dio e ai fratelli ciò che Dio ci regala.
Quando Gesù ci chiede di fare della nostra
vita un sacrificio vivente santo e gradito Dio ci dice di costruire l'esistenza
nostra come l'ha costruita Gesù. Saremo un sacrificio a Dio gradito quando
sapremo evidenziare che il primo elemento è una vita di comunione. Gesù nella
sua vita ha scelto solo quello che voleva il Padre. La bellezza del sacrificio
è una vita di fraternità dove l'uno è con l'altro in una sintonia di
intendimenti. Quando noi parliamo di sacrificio il punto di partenza è la
bellezza di una esperienza di reciprocità dove il Signore è in noi e noi nel
Signore perché in questa reciprocità noi siamo un sacrificio vivente santo e
gradito a Dio.
Ma tutto questo avviene nella
bellezza dinamica del rapporto gratuità - gratitudine. La fecondità della
comunione con Dio è un atto della sua grazia, è un atto della sua iniziativa,
noi siamo in comunione con lui perché Egli ci ha attirati e ci ha intensamente
amati e noi ci lasciamo profondamente amare da lui con tanta gratitudine! La
vita di un cristiano è un sacrificio di lode, è la bellezza di costruire la
vita con la gratitudine. Se noi guardiamo attentamente la nostra vita di
discepoli ci accorgiamo che noi siamo un capolavoro della grazia di Dio, della
sua gratuità.
In questa gratuità noi non
possiamo non rendere grazie nel restituire a Dio la bellezza del dono ed è il
terzo aspetto del sacrificio, è la creatività del restituirci alla Fonte di
ogni dono. E’ molto bello come contemplando Gesù egli fosse in comunione con il
Padre, vivesse continuamente rendendo grazie al Padre perché era la fonte della
propria storia. In un simile atteggiamento Gesù si restituisce al Padre,
restituendosi nell'amore agli uomini. Il sacrificio è diventare un regalo di
riconoscenza al Padre e ai fratelli. Noi possiamo veramente costruire la nostra
esistenza di imitazione del Cristo assumendo la sua interiorità e così possiamo
rendere vera la nostra professione di fede. Il Cristo, il vero sacrificio
accolto dal Padre, diventa la nostra vita e allora intuiamo che seguire Gesù
nella prospettiva del sacrificio è nient'altro che un cammino dove noi ci
sentiamo tutta grazia, ci sentiamo immersi nella comunione divina, in una
feconda consapevolezza che la nostra storia è una storia nella quale noi siamo avvolti
dal mistero della divina gratuità per camminare in autentica novità di vita.
Allora il sacrificio come regalarci agli altri è un canto di intensa
gratitudine. Ora se noi sapremo costruire con semplicità la nostra vita
quotidiana in questo orizzonte, allora non saremo più tentati di ragionare
secondo il mondo. Infatti se volessimo ritradurre il linguaggio di Gesù nei
confronti di Pietro, potremmo dire così: Gesù ha detto a Pietro: Seguimi,
vienimi dietro perché se mi verrai dietro non ragionerai più come il mondo. La
bellezza di camminare con Gesù seguendolo vuol affermare che stiamo
progressivamente ritrovando veramente il senso e il gusto della nostra vita che
non è nient'altro davanti alle difficoltà che incarnare questa azione del
Maestro dentro di noi per rendere la nostra vita in lui e come lui sacrificio
vivente santo e gradito a Dio Questo è il vero culto spirituale. Questa è
quella comunione divina nella quale noi possiamo ritrovare e percepire la
bellezza dell'azione di Dio. In un simile orientamento viviamo come è vissuto
Gesù, viviamo nella gioia della comunione con lui con gratitudine e allora la
nostra vita sarà un regalare a Dio e ai fratelli tutto ciò che siamo. Non è
l’eucaristia che stiamo celebrando? E’ molto bello come nella chiesa antica
quando si voleva definire cosa fosse Eucaristia si diceva che essa era
sacrificio della lode. L'Eucaristia è una comunione che loda regalando la
nostra storia come ha fatto Gesù al Padre e agli uomini. Allora il sacrificio
non è come noi tante volte diciamo una pesantezza, "quanti sacrifici
dobbiamo" fare, ma diventa scuola di libertà. Il sacrificio è la persona
dell'uomo che non può non restituire con gratitudine alla Fonte della vita il
mistero che è se stesso, rappresenta una certezza che il Signore si rende
presente in mezzo a noi perché rendiamo grazie, perché restituiamo con
gratitudine a Dio le meraviglie del suo amore. Celebriamo in questo modo i
Divini Misteri per ritrovare in noi la gioia e la bellezza di essere il Cristo
vivente e ogni volta che diciamo Gesù, come senso portante della nostra
esistenza, intendiamo dire : "Voglio vivere come te, voglio che tu viva in
me, desidero che la tua vita sia il cuore del mio cuore" e allora ci
accorgeremo che vivere di fede è nient'altro che una continua rigenerazione
esistenziale che ci dà la capacità nelle difficoltà della storia di camminare
con coraggio con serenità e con autenticità interiore.
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