Ez 33,1-7-9 Rm 13,8-10 Mt 18,15-20
OMELIA
Tutta la nostra esistenza come discepoli di Gesù si costruisce nel conoscere sempre più il Maestro. È un'avventura che ci accompagna continuamente e ci permette di assumere lentamente la sua mentalità. L'incontro con la parola di Dio rappresenta una continua novità. La Parola che abbiamo ascoltato questa mattina ci aiuta a fare una esperienza particolare: Gesù viene conosciuto nell'atto di lasciarsi perdonare e nel clima del perdono. È una verità questa che spesse volte noi non riusciamo a percepire fino in fondo perché il fatto di commettere degli sbagli è fonte di depressione qualche volta, mentre nel progetto di Gesù diventa un momento di rigenerazione.
Nell'atto in cui veniamo perdonati,
noi lo conosciamo in modo sempre più luminoso, poiché dove c'è il perdono lì è
presente Cristo che ci rigenera. Infatti, nel brano che abbiamo ascoltato,
abbiamo udito quella frase che per noi è consueta: “Quando due o tre sono
riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro”. Davanti a questa espressione di
Gesù, noi potremmo pensare che, nell'atto in cui siamo insieme, il Signore sia
presente, ma questo Gesù non l'ha detto. Egli ha affermato che, quando due o
tre sono riuniti nel suo nome, egli è realmente presente. Attorno a questa
parola “nome” ruota il pensiero di Gesù. Noi sappiamo, nel linguaggio biblico,
che la parola "nome" indica la persona. Potremmo perciò interpretare
il pensiero del Maestro secondo questo orientamento: quando due o tre persone
sono riunite nella mia persona, nel mio mistero, nel mio amore, io sono in
mezzo a loro. Per entrare in una simile lettura, immediatamente il pensiero va
al momento in cui San Giuseppe ha avuto il grande sogno, quando l'angelo gli ha
detto: "Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà
il suo popolo dai suoi peccati”.
Alla luce di questa formulazione nel sogno a Giuseppe, possiamo ritradurre così
l’espressione che abbiamo udita dal Maestro: " Quando due o tre sono
riuniti scambiandosi il perdono, io sono in mezzo a loro!". Il Signore è
presente dove ci si scambia il perdono, perché il perdono è l’atto di fiducia
attraverso il quale Dio si regala a noi. Noi ci lasciamo coinvolgere in lui ed
egli ci manifesta il suo volto. Ecco il primo elemento che emerge dalla Parola
di questa mattina: la gioia di perdonarci, per conoscere Gesù, perché chi ci perdona
è lui. Egli è l'Agnello che toglie il peccato del mondo e lo toglie perché lo
assume, lo toglie riconciliando in sé il mondo intero. Gesù fa suo il nostro
peccato e ci dice: " Ti regalo la mia fiducia e tu mi potrai veramente
conoscere".
Un simile percorso passa
attraverso un atteggiamento che sia Ezechiele che Matteo hanno sottolineato. Ci
imbattiamo in una parola che purtroppo ha delle interpretazioni non esatte nelle
occasioni in cui il profeta e l’evangelista hanno parlato di “ammonire”.
Quando sentiamo la parola "ammonire", istintivamente pensiamo che significhi
dire all'altro: “Hai sbagliato!”. Ma se guardiamo Gesù e lo guardiamo
attentamente, se approfondiamo quella parola " ammonire", ci appare
un altro orizzonte: Gesù ci ammonisce perché è diventato il nostro peccato. Gesù
ci dice che dobbiamo camminare nell'amore, perché lui ha assunto nella sua
persona il dramma dell'umanità. Questa visione di Gesù deve essere molto chiara:
egli perdona il peccato dell'uomo diventando il suo peccato. La conseguenza per
noi è che “ammonire” non vuol sottolineare il dire all'altro “Sbagli!", Il
verbo "ammonire" vuole evidenziare il fatto che dobbiamo entrare nel
dramma dell'altro, intuirne le motivazioni di fondo, soffrire del dramma del
fratello e, solo dopo avere fatto questo, in semplicità è possibile dirgli:
"Hai sbagliato". Tutto questo non con un atteggiamento imperativo. Dove
non c'è comunione interpersonale, dove l'uno non vive dell'altro e nell'altro,
non c'è questa autentica ammonizione, c'è repressione. La bellezza del lasciarci
perdonare è la bellezza di essere sempre dei perdonati e, nella gioia di
sentirci tanto perdonati, ecco scopriamo la bellezza di conoscere Gesù. Infatti,
chi di noi conosce in modo immediato le intenzioni dei fratelli? Chi di noi
conosce in modo immediato le condizioni che hanno generato un comportamento? Se
non c'è condivisione, noi diventiamo giudici e non realizziamo il principio di
Paolo dell'amore fraterno: chi non diventa l'altro non ama il prossimo. Una simile
visione ci deve continuamente accompagnare. E poiché senza il Signore non
possiamo vivere, ci accorgiamo che la bellezza della vita sta nel perdonarci
continuamente, nell'assumere il dramma dell'altro, regalandogli la fiducia di
Dio e la nostra, entrando con lui in una dimensione di meravigliosa reciprocità.
Allora intuiamo che "quando
due o tre sono riuniti nel mio nome e vivono la gioia del mio perdono, io sono
presente in mezzo a loro". Gesù ci invita a condividere la sua esistenza:
egli è diventato l'Agnello, che ha assunto il peccato dell'uomo e lo ha salvato.
Una simile rilettura ci permette di comprendere un chiaro orientamento di vita:
"Come il Maestro assumi l'altro, diventa il suo mistero, cerca di incarnarti
nel suo cuore e poi in semplicità e con tanta pazienza digli: "Forse hai
sbagliato". È bello usare i congiuntivi e i condizionali, mai gli
indicativi e gli imperativi!
Con tale lettura troviamo la bellezza del
ritrovarci insieme in una grande esperienza fraterna. Di conseguenza, amare il
prossimo, come ha detto Paolo, è semplicemente creare comunione con il fratello
e la comunione comporta reciprocità, la comunione comporta il divenire l'altro,
la comunione dice: "Regalami la tua vita e io ti regalerò la vita che Gesù
mi dà, così entreremo in un reciproco perdono." Il cardinale Kasper
recentemente scriveva a tale proposito (si tratta di un piccolo esempio di
quello che abbiamo cercato di condividere, partendo dal testo evangelico). Diceva che la bellezza di una coppia è che
alla sera i coniugi in semplicità di cuore e in un intenso clima di fede si
confessino reciprocamente le mancanze del giorno e si regalino il perdono di
Gesù. La bellezza dell’amarsi è dire all'altro: "Regalami la tua persona e
io ti regalo la mia". In questa reciprocità c’è il Signore risorto, e i
due coniugi dormono da perdonati. È un esempio esperienziale che ci deve
prendere, perché il valore della vita è regalarci la fiducia del perdono. Nella
vita chi non è peccatore? Chi non si arrabbia mai? Importante è che alla sera si
confidino nella fede le reciproche infedeltà dell'amore del Signore, con la
recita attenta e credente della preghiera che Gesù ci ha insegnato: il “Padre
Nostro”, che rappresenta un grande sacramento. Se noi entriamo in questa
visione, che a qualcuno può sembrare ideale, scopriamo la bellezza di gustare
la presenza di Gesù, e poiché senza Gesù non possiamo vivere, impariamo a
conoscerlo, facendo come lui ci ha insegnato, lasciandoci perdonare e
perdonando continuamente. Egli ha detto:
“Io sono l'Agnello che toglie il peccato dal mondo" e noi facciamo
eco a ciò quando diciamo, prima della comunione: “Agnello di Dio che togli i
peccati del mondo”. Siamo esortati a gustare la bellezza di regalarci la soavità
della sua fiducia che dice all'altro: “Ricominciamo da capo". Perdonarci è
dire al fratello che è con noi: "Godi la libertà rigenerante di Gesù, sii
creatura nuova".
È quello che noi stiamo vivendo
nell'eucaristia. La bellezza dell'eucaristia è godere di lasciarci perdonare. Non
incominciamo la celebrazione dei divini misteri con l'atto penitenziale? È il
perdonarci reciprocamente! E questo perdono diventa la bellezza e la speranza
della nostra vita, nel cammino della celebrazione. Accostandoci ai doni eucaristici Gesù ci dice:
"Ecco ti perdono tutto. Sii nella pace del mio cuore!". Per cui in quell’
“Amen” sentiamoci profondamente rifatti, profondamente rinnovati da questo Gesù,
che ama perdonandoci. Se noi ci amiamo, perdonandoci sempre, saremo l'Emmanuele,
il Dio-con-noi, momento per momento, nella prospettiva della autentica novità
del nostro cuore.
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