Sir 27, 33 – 28, 9 Rm 14,7-9 Mt 18,21-35
OMELIA
Cristo è presente in mezzo a noi ogni volta che ci scambiamo il perdono. Egli è il Signore di ogni comunità in cui il perdono vive continuamente. Ora, davanti a questa verità, noi scopriamo innanzitutto che l'esistenza di ogni uomo è un'esistenza perdonata, anzi la vita si costruisce ogni giorno nel perdono, poiché la bellezza dell'esistenza è sentirci creature sempre rigenerate, in quanto il perdono è dare respiro alla vita.
Costruire un'esistenza perdonata è costruire
un'esistenza dove la bellezza della vita riappare continuamente, ma questo deve
essere collocato nel mistero di Dio. Come non si percepisce il peccato se non
attraverso un'intensa esperienza di immedesimazione in Dio, così non si può
percepire l'esperienza del perdono, se non cogliendo Dio che perdona. Ecco
perché il cristiano, quando è davanti a questa vocazione ad essere un perdonato,
deve sempre andare alla storia di Dio. La grandezza del perdono è vivere oggi
la storia di Dio. Allora intuiamo una verità fondamentale nel cammino del
perdono, perché il perdono è essenzialmente la fiducia di Dio nei confronti
dell'uomo. Noi qualche volta abbiamo un’immagine molto pericolosa circa la
comprensione del perdono: lo consideriamo come un semplice cancellare i peccati.
Il perdono invece scaturisce da una relazione interpersonale tra la SS. Trinità
e l'uomo in cammino nel tempo. La bellezza del perdono è la gratuità di Dio che
continua ad avere fiducia nell'uomo e gli dice: “Ricomincia a vivere!”.
Perdonare dal punto di vista di Dio è Dio che
ricostruisce l'uomo regalandogli la bellezza e la profondità della vita. Il
perdono è gustare la libertà di Dio. È una verità questa fondamentale, quando
noi vogliamo cogliere fino in fondo il valore della nostra esistenza. L’uomo è
grande perché è perdonato, rifatto, rigenerato, ricostruito nella sua identità.
Dio ci perdona dicendoci: "Ho fiducia in te.". Fuori da questo orizzonte
non esiste perdono e chi è perdonato ritrova il coraggio e la forza di
riprendere a gustare la vita. È l'aspetto positivo della realtà del perdono,
che non è un dimenticare il passato e la sua storia, perché il dimenticare è un
fatto psicologico e la dimenticanza non appartiene all'uomo. È sempre presente
nell'uomo il suo limite esistenziale, ma, pur nella presenza del limite, la
bellezza della vita è dire all'altro: " Riprendi la tua storia, rimettiti
in cammino".
Il perdono consente a Dio di manifestare la
sua paternità e permette all'uomo di sentirsi figlio di Dio. Il perdono
autentico non genera mai situazioni depressive, il vero perdono incarna il
desiderio di ricostruire l'uomo, perché questi ritrovi il coraggio, la bellezza,
la speranza nell’affrontare vita. Ora, se noi riusciamo a percepire la bellezza
di questa visione, impariamo che il desiderio di voler costruire una storia
continuamente perdonata s'incarna nel ritrovare la gioia di vivere. Se il
perdono non generasse nella persona perdonata la bellezza e il gusto della vita,
non sarebbe perdono evangelico. Ecco perché il cristiano è una persona che
gioisce nel lasciarsi perdonare. Lo intuiamo nel discorso della parabola,
davanti all'obiezione di Pietro: "Quante
volte devo perdonare?". Noi tante volte rimaniamo legati a quel “settanta volte sette”, ma Gesù nella
parabola ha detto chiaramente che il criterio della quantità non esiste nella
mentalità evangelica.
L'uomo, che fin dall'inizio della sua giornata
si riconosce un perdonato, si sente talmente ricolmo di questa gratuità di Dio
che lo rifà esistenzialmente, da vedere il perdono al fratello come canto di
gratitudine a chi l'ha perdonato. Chi vive in Dio, chi ha nella presenza del Signore
il criterio portante della sua storia, mentre si riconosce limite come povero
peccatore, si ritrova immensamente amato e, nell'uomo che si sente immensamente
amato, scatta quella gratitudine nella quale perdonare al fratello è dire “Grazie”
a Dio. È questione di ottica nella fede. Per noi diventa difficile perdonare,
perché abbiamo una relazione limitata - noi e l'altro - e quindi c'è tutta la
pulsione dell'uomo vecchio che si fa sentire. Se però lo sguardo del cuore è
orientato verso l'Altro e la persona perdonata si sente talmente amata da Dio
da sentirsi rifatta, allora questa libertà del cuore diventa libertà regalata:
il perdono! È difficile perdonare per chi non è innamorato di Gesù. Se
entrassimo veramente nella profondità dell'agire di Dio nei nostri confronti,
tutto quello che noi potremmo fare sarebbe ben piccola cosa. L’Assoluto,
innamorato dell'uomo, lo rifà continuamente. Ogni mattina noi iniziamo la
giornata con la fiducia di Dio: "Sei il mio capolavoro!". E quando l’uomo
entra in questa meravigliosa fiducia, la vita è un regalo da regalare.
Ecco perché l'uomo di oggi ha tanta difficoltà
nel perdonare: gli manca la coscienza d'essere un perdonato per pura grazia.
Quando l'uomo può dire di amare veramente? Quando ha il cuore che perdona
soltanto, come viva riconoscenza per il dono d'essere rigenerato per pura
grazia. La verità dell'amore è la fiducia nell'altro, che consiste nel
comunicargli la libertà del nostro cuore. Questa libertà non si compera, ma ci
è regalata. La consapevolezza del valore di un regalo fa nascere il canto della
gratitudine. In questo modo il cristiano può veramente vivere l'esperienza di
comunione che gli dà la presenza del Signore, perché egli è un canto all'essere
perdonato.
Come è diversa la mentalità comune,
dove il perdonare o è un atto di volontà estrema e quindi è carico di tensione,
oppure consiste nel dimenticare. La bellezza del perdonare è condividere la
gioia di essere liberati da ogni tensione, da ogni forma di riverenza, da ogni forma di ritorsione implicita,
perché la Santissima Trinità ci perdona continuamente, ricreandoci nel gusto
della vita. Quando noi avremo veramente perdonato il fratello? Quando egli
dirà: "E’ bello vivere!", perché in quel momento il fratello è stato
ricostruito. Se potessimo usare un linguaggio caro al Nuovo Testamento, il
perdono è il miracolo quotidiano di Gesù e, davanti al miracolo quotidiano di
Gesù che rifà la nostra esistenza, come i miracolati del Vangelo, dovremmo dire:
"Gesù è così meraviglioso, così ricco di novità di vita in ogni frammento
della mia storia feriale, che io non posso non dire nei fatti, ad ogni uomo: “Abbi
la libertà di Gesù!".
È quello che noi celebriamo nell'eucaristia.
L'eucaristia è il massimo atto di fiducia di Dio per un uomo povero. L’uomo
povero nell'eucaristia viene miracolato e riscopre l'azione trinitaria che lo rigenera
radicalmente. Noi tante volte dimentichiamo questo amore. Il Signore ci chiama all'eucaristia
non perché siamo buoni, ma per renderci il suo miracolo d'amore. Quando noi
entriamo in questa meravigliosa esperienza, ogni gesto feriale del perdono è
dire “Grazie!” a chi ci costruisce perdonando. È un'esperienza molto alta sicuramente,
ma il Signore è il Signore e, poiché lui è il Signore della vita e in lui
ritroviamo veramente noi stessi, dimentichiamo le nostre paure, lasciamolo
agire e saremo uomini liberi.
Noi ci ritroviamo qui nell'eucaristia, questa mattina,
per essere uomini liberi, nella semplicità e nell’essenzialità del rapporto con
Gesù vivo, presente come colui che ci ha chiamati per dirci: “Canta la vita!”. Allora
viviamo questa esperienza con tanta fiducia, perché Gesù non condanna mai
nessuno. Gesù rigenera continuamente: dove c'è lui c'è la vita; dove c'è lui
c'è il perdono; dove c'è lui cantiamo la libertà. Entriamo in questa esperienza
con semplicità di cuore, così, andando a casa, potremo dire: “È bello vederti,
Signore! È bello lasciarci amare da te, o Signore risorto! Sono andato in chiesa
povero e ora torno a casa tranquillo, rifatto e rinnovato, perché tu sei quel
Gesù, di cui sono innamorato e hai creato un capolavoro, nella libertà della
mia esistenza!”.
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