Is 50,5-9a Gc 2,14-18 Mc 8,27-35
OMELIA
Entrare nella contemplazione di Gesù vuol dire assumere
progressivamente i suoi sentimenti, fare nostra la sua personalità in tutte le
sue dimensioni, crescere nella sua interiorità. In tale contesto anche a noi,
che stiamo camminando con lui, questa mattina viene rivolta la domanda: Ma voi chi dite che io sia? Una simile
interpellanza ci dovrebbe sempre accompagnare perché la conoscenza di Gesù
rappresenta l'anima di una avventura esistenziale veramente inesauribile. Noi
sappiamo che Gesù noi non lo potremo mai conoscere, ma la bellezza della nostra
vita la riscopriamo ogni giorno se collochiamo la nostra attenzione davanti
alla domanda: “E tu chi dici che io sia?”. Ad essa dovremmo sempre rispondere
con l'entusiasmo della Chiesa antica, espresso dal testo del Vangelo: "Tu sei il Cristo!" Rileggendo in
profondità una simile espressione veniamo introdotti in due concetti molto
importanti: innanzitutto tu sei che
rappresenta la contemplazione di Gesù di Nazareth, la sua storia, vivendo la
quale noi possiamo gustare la fedeltà di Dio; e come conseguenza: sei il luogo in cui il Padre è fedele, il Cristo!
Il primo elemento al quale l'evangelista Marco vuole orientare il
nostro sguardo è quel tu sei, dove
veniamo chiamati a entrare nella umanità di Gesù. In quel tu sei c'è il fascino che la figura di Gesù si realizzi e si sviluppi
sempre più nella nostra personalità; nel cammino del discepolo scopriamo
progressivamente la sua umanità. Gesù è il grande maestro della nostra
vocazione a essere uomini autentici. Se guardiamo attentamente il Vangelo, noi
vediamo tante sfaccettature di umanità che il Maestro ci vuole regalare perché
non dobbiamo mai dimenticare che solo entrando nella profondità della sua
umanità possiamo cogliere la bellezza della fedeltà di Dio. Il Verbo si è fatto carne per educarci
a essere uomini e man mano noi entriamo in questa esperienza di umanità, tanto
più ci apriamo sul divino. Avviene nella nostra persona quello che accade
quando celebriamo un sacramento. Quando noi celebriamo un sacramento, se non
gustiamo la profondità esistenziale del gesto rituale, non percepiamo il darsi
dell'Infinito. Andando alla scuola delle intuizioni che cogliamo nelle
narrazioni evangeliche, intuiamo alcuni aspetti dell'umanità di Gesù e
soprattutto la sua capacità di ascolto. Gesù ha condiviso la storia degli
uomini ed Egli in noi vuol continuare a vivere la sua umanità. Gesù vive con
gli uomini, ha le reazioni degli uomini, ne coglie la profondità interiore
perché è in tutto simile a noi fuorché nel peccato; egli vive la pazienza serena
e attenta davanti alle situazioni storiche, accoglie qualunque persona comunque
essa sia. E anche quando ci sono momenti di zelo esistenziale rimproverando gli
scribi e i farisei, lo fa perché è un cuore che ama all'infinito quelle
persone, nella speranza di introdurle in una feconda conversione. La bellezza
dell'umanità di Gesù è la pazienza inesauribile nei confronti dell'uomo in
quanto tale. Non per niente l’io dell'uomo si costruisce nel dialogo col tu
degli uomini. L’io di Gesù ha assunto l'umanità degli uomini, ma ha anche
imparato ad essere uomo, stando con gli uomini in una condivisione della loro
esperienza. Noi spesse volte quando parliamo di Gesù dimentichiamo la bellezza
della sua umanità, la bellezza del fiorire della bellezza del suo mistero
dell'incarnazione. E' interessante come oggi si studi sempre di più la bellezza
dell'umanità di Gesù perché solo attraverso l’accedere a questa umanità noi
lentamente intuiamo nella fedeltà di Dio.
Se noi guardiamo il senso più profondo di quel portare la croce, ci accorgiamo che non
è nient'altro che Gesù che ama il suo quotidiano, che ama la libertà degli
uomini, che affronta la storia nella certezza che qualcosa di grande sta
operando nella sua persona. E’ bello dire "tu sei", tu sei il maestro che mi insegna a essere uomo. In
tale clima intuiamo Gesù che nella sua umanità dialoga con il Padre, dialoga
con gli uomini, soffre i problemi dell'umanità. Egli si pone accanto
all'umanità non per risolvere i problemi degli uomini, ma per condividerli in
tutta la pienezza della sua esperienza umana. Non sono le parole che risolvono
i problemi, ma l'essere uomini accanto agli uomini in quella commozione-emozione
di Gesù che lo ha caratterizzato. E’ sufficiente vedere quegli episodi di Gesù
con i suoi 12, dove cogliamo la pazienza che ha avuto nell'amare persone che
non lo capivano. Qui scopriamo il
massimo di bellezza dell'umanità: essere in dialogo con tutti per poter
generare quella novità di vita da seminare in tutti, e la pazienza, nello
stesso tempo, è attendere che la condivisione della bellezza della nostra vita
possa lentamente entrare nella vita dei fratelli. Gesù è diventato
progressivamente uomo amando l'essere uomo nella sua storicità concreta. Ed
avendo amato l'uomo fino in fondo ha goduto la fedeltà di Dio: il Cristo! Tu sei il Cristo! Tu sei il l'uomo in
cui la fedeltà del Padre si è rivelata in pienezza, tu sei il maestro nel quale
impariamo a vivere una esistenza che qui è provvisoria ma è molto bella, siamo
contenti perché siamo con te e camminiamo con te per gustare, istante per
istante, la tua fedeltà alla fedeltà del Padre. Se noi imparassimo a gustare
l'umanità di Gesù, diventeremmo più uomini, e diventando più uomini, saremmo
veramente il volto luminoso di Gesù. Gesù è il nostro vissuto, è il vissuto e una
ordinarietà amata, una ordinarietà che è nell'uomo nella fase di sognare il
domani, nella ordinarietà dove, giorno per giorno, la storia ci parla. Ecco
perché Pietro e in lui tutta la Chiesa ha detto tu sei il maestro della vita, e quando noi impariamo questo stile
di relazione con Gesù ci accorgiamo che impareremo sempre a gustare il Dio fedele
il quale non ci abbandona e sviluppa in noi il dono di essere uomo. Se il
Maestro ci chiedesse: "Cosa vuol dire per te credere?" la risposta
risulterebbe molto semplice: "Diventare sempre più uomini in Gesù e come Gesù,
che abita in me". Entrando in questa visione gusteremo la Risurrezione: il
Dio che non delude. Chi nella semplicità del quotidiano obbedisce al percorso
della storia, entra nell'evento della Risurrezione.
Allora il fatto di ritrovarci nell'Eucaristia è la bellezza di
ritrovarci nell'evento della Incarnazione, l'Eucaristia è l'Incarnazione
continua del mistero di Gesù per cui la bellezza di celebrare il rito è entrare
nella musicalità dell'amore del Signore per gustare la nostra umanità, anche se
tribolata, anche se complessa, per poter percepire quel Dio fedele in noi che
non delude mai. E allora la vita si apre sulla Risurrezione, il concreto
diventa un sogno luminoso, i rapporti con i fratelli la scuola per costruire
giorno per giorno la nostra realizzazione storica, diventando sempre più
uomini. E' la quotidiana fecondità della fede. Guardiamo Gesù, accogliamo Gesù
in questa Eucaristia in tutta la sua umanità perché possiamo veramente
camminare in quella vita nuova che ci permette, lentamente, di ragionare
secondo Dio e non secondo la mentalità del mondo. La bellezza della Celebrazione
eucaristica sta nel rendere luminosa la nostra umanità in attesa della
trasfigurazione gloriosa nella Gerusalemme del cielo.
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