Bar 5,1-9 Fil 1,4-6.8-11 Lc 3,1-6
OMELIA
Mentre
stiamo accostandoci al grande evento dell'Incarnazione, la Chiesa oggi,
attraverso l'incontro di Maria con Elisabetta, vuole aiutarci ad assumere
determinati sentimenti perché l'incontro con il Dio che viene sia principio di
novità di vita. Dopo aver contemplato nel giorno dell'Immacolata Maria donna di
speranza, potremmo dire che il racconto che poc'anzi abbiamo ascoltato è
l'espressione del “come” possiamo regalare speranza vivendo di speranza. Due sono
gli aspetti che Maria ed Elisabetta hanno incarnato e alla cui scuola vogliamo
profondamente porci. Innanzitutto l'atteggiamento di Maria è l'atteggiamento
dinamico della speranza che viene regalata. In quel “in fretta” noi abbiamo racchiuso il cammino della speranza. Maria è
stata collocata in un mistero più grande di lei, un mistero che ella nel suo
cammino storico non ha mai profondamente compreso, ma un mistero che non era solo
per lei, e questo è un aspetto fondamentale nel cogliere quel “in fretta” perché Maria attraverso il
suo andare in fretta da Elisabetta va a regalare il mistero di Dio a Israele.
Ella è l'Arca dell'Alleanza in cui dimora la gloria di Dio e questa gloria di
Dio è il compimento della fedeltà divina nei confronti di Israele. Ogni dono di
Dio è una meraviglia da regalare. Dio ricolma la nostra esistenza di speranza
perché possiamo diventare nel cammino quotidiano sacramenti di speranza. Quella
fretta è la gioia che i fratelli siano luogo in cui Dio possa rivelare le sue
meraviglie. E’ la bellezza di sentirsi un dono divino-umano misterioso da
regalare, nella consapevolezza che i doni si comprendono regalandoli. Nel
momento in cui i doni vengono offerti in una esuberanza di vita noi regaliamo
fiducia e speranza all'altro. E tutto questo attraverso quel “in fretta” che si è incarnato entrando
nella casa di Elisabetta, entrando nella intimità di Israele. La bellezza di
essere sacramenti di speranza è un entusiasmo semplice che si costruisce
attraverso la povertà di un gesto: entrare in una casa, regalare una luce che
viene dall'alto che è una luce non per Maria, ma è una luce per Elisabetta. E
allora davanti al darsi di questo dono per cui tutto l'evento dell'Incarnazione
è un dono che va al di là delle nostre capacità interpretative, ecco l’atteggiamento
di Elisabetta: che cosa scopriamo in quel senso di ammirazione che diventa
punto di domanda, sulle labbra di Elisabetta? E’ molto bello il particolare che
abbiamo ascoltato nel Vangelo quando Elisabetta ritraduce il suo entusiasmo con
la gioia del bambino che porta in sé. Chi è Giovanni il Battista se non l'ultimo
dei grandi profeti? L'ultimo dei grandi che ha generato in Israele la speranza
di un mondo nuovo. Elisabetta avverte nella reazione del bambino che ha in sé
la venuta della salvezza a che debbo che
la madre del mio Signore venga a me? e in questa espressione troviamo l'atteggiamento
per andare veramente incontro al Signore: uno stupore, una certezza, un
mistero. In quell'incontro noi cogliamo Dio che entra nella storia di
Elisabetta ed ella è ricca di stupore di fronte al Dio che viene. Tale
esperienza si vive veramente, viene generando stupore, perché lo stupore è
l'espressione dell'uomo libero interiormente che si apre al venire di qualcosa
di grande. Lo stupore non è nell'ordine del comprendere, lo stupore è
nell'ordine dello spalancare la propria esistenza a un mistero! Se potessimo
definire l’incontro tra Maria ed Elisabetta, potremmo dire che è l'incontro tra
una gratuità che si regala nel mistero e una accoglienza che diventa apertura a
questo dono che viene dall'alto. L'incontro col Dio della rivelazione è un evento
di stupore!
Noi spesse
volte abbiamo ridotto lo stupore a qualcosa di esteriore. Il fatto di quel
misterioso dialogo tra i due figli portati in seno dalle due donne è che questo
mistero deve generare stupore, perché lo stupore è nient'altro che l'essere
raggiunti da qualcosa di grande che va al di là della nostra comprensione, ma
chi ha il cuore puro profondamente avverte. E’ la dinamica dell'incontro. Spesse
volte quando si parla di fede, e ne abbiamo sentito l'elogio Beata colei che ha creduto nell'adempimento
delle parole del Signore, davanti alla fede noi dobbiamo sempre coniugare
quei due meravigliosi sentimenti: nel mistero lo stupore con un profondo senso
di gratitudine perché si è avvolti da qualcosa di grande che è superiore alle
nostre percezioni, ma che fa respirare. L'uomo nei suoi ragionamenti si chiude,
l'uomo nello stupore si apre! E permette all'altro di regalare tutto se stesso.
Ecco perché nell'incontro dei due figli c'è il Mistero dell'amore di Dio per
l'umanità, e un popolo ebraico che accoglie la fedeltà di Dio che si è fatta
carne. Ecco il contesto nel quale la Chiesa ci vuole collocare nell'ordine del
Natale. Noi qualche volta abbiamo dimenticato il vero senso di questa festa: una
relazione d'amore di Dio per l'uomo e un uomo che desidera essere raggiunto da
questa relazione d'amore. Ed è una dinamica intrinsecamente relazionale. La fede
è una relazione di cuore in un fascino che genera emozione, genera gioia,
genera gratitudine. La rivelazione è il Dio che ama essere con i figli degli
uomini. Vedendo questo meraviglioso incontro, noi veniamo introdotti a come dobbiamo andare incontro
esistenzialmente a questa azione della meravigliosa fedeltà di Dio: un cuore
che si lascia conquistare non tanto da un bambino, ma da un mistero più grande,
l'amore divino-umano di Dio. Se noi ci lasciassimo avvolgere da questo amore divino-umano
di Gesù -che è incomprensibile per l'uomo storico- entreremmo in un fascino di
gioia che è la gioia di Dio che ama l'uomo a tutto campo, è il mistero che ci
ha regalato l'autore della Lettera agli Ebrei dove in quell'atto di obbedienza
amorosa è nata la nuova umanità, è quella piccolezza del Profeta Michea che ci ha
accolti nella prima lettura. Allora in noi nasce la domanda “Come Signore ti
posso incontrare?” e credo che l'evangelista costruendo questo meraviglioso
incontro ci abbia offerto la grande risposta: la speranza è regalare un dono di
vita nuova, la speranza è accogliere un dono, la speranza è insieme camminare
nell’oggi storico, nell'entusiasmo che viene dall'alto. In questo grande
mistero che non comprenderemo mai in pienezza, avvertiamo che l'accedere a
questo affascinante mistero è l'esultanza interiore del cuore di chi si sente
raggiunto da un amore veramente inesauribile. E allora tante cose esteriori non
ci interessano più, tante esperienze psichedeliche non ci interessano. L’importanza
è l’esultanza di un cuore che si lascia amare dal Dio della speranza e Maria
nel contesto del brano che abbiamo ascoltato è sacramento umile, semplice,
ordinario, di una speranza favolosa! Entriamo in questo mistero con tanta
semplicità di cuore e allora il Natale sarà un buio illuminato, un cuore
riscaldato, una fraternità veramente costruita in ciò che veramente vale: amare
fino in fondo la vita come il dialogo divino-umano. E' quello che stiamo
celebrando in questa Eucaristia. Il Dio che viene ci avvolge nella sua
ricchezza e ci trasfigura in modo luminoso se, come Elisabetta, sappiamo
spalancare il cuore alla presenza del Risorto nella condivisione sacramentale
della speranza che ci sta avvolgendo tutti. E' la fecondità eucaristica della
speranza che ci illumina e ci offre l'energia spirituale per coinvolgere tutti
i fratelli che oggi incontreremo.
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