26 dicembre 2021

SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE – ANNO C – FESTA

1Sam 1,20-22.24-28       1Gv 3,1-2.21-24    Lc 2,41-52

OMELIA

La gioia che l'evento dell'Incarnazione ci ha regalato è una gioia nella quale abbiamo riscoperto in Gesù la bellezza della nostra umanità. La gioia dell'incarnazione è la gioia di Dio che dà all'uomo la capacità d'essere se stesso e questo orizzonte oggi ci viene spiegato attraverso la narrazione di ciò che è nel cuore di Gesù. Il brano che abbiamo ascoltato sullo sfondo del testo del libro di Samuele ci permette di comprendere come l'uomo può veramente realizzare se stesso nella sua bellezza umana e questo attraverso tre atteggiamenti che abbiamo colto nel brano evangelico:

- salire in pellegrinaggio a Gerusalemme,

- Gesù che si è nascosto ai suoi per ben tre giorni,

- la conclusione sapienziale: E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Questi tre momenti che caratterizzano la vita di Gesù devono qualificare anche la vita di chiunque voglia gustare fino in fondo la bellezza della propria umanità.

Innanzitutto si rivela importante cogliere il valore di quell’ andare al tempio. Cosa intendeva Luca con questa espressione "andare al tempio" se non entrare nella fedeltà di Dio, nel senso della gratitudine davanti all' esperienza dell’Esodo, nella piena convinzione della signoria di Dio? In quel l'atto rituale del pellegrinaggio si ritraduceva una intensa professione di fede. Quella famiglia di Nazareth, e di riflesso la persona di Maria, Giuseppe e Gesù, è una famiglia che vive nella fedeltà di Dio, che fa della sua storia una continua professione di fede, il culto è cantare la bellezza d’appartenere a Dio. Ecco perché il primo elemento che emerge dal racconto di Luca è la presa di coscienza che la bellezza e la grandezza dell'uomo stanno nella professione di fede ricca di gratitudine d'appartenere a Dio. E’ una verità che noi dovremmo riuscire a cogliere continuamente nell'itinerario della nostra storia: siamo proprietà di Dio! E questo lo ha detto bene l'autore della prima lettera di Giovanni: noi fin d'ora siamo figli di Dio e, come dicevamo ieri, siamo dei generati da Dio. Ecco perché il cristiano quando vuol ritrovare la bellezza della sua umanità si sente veramente chiamato a diventare un canto vivente di gratitudine alle opere meravigliose che Dio opera nella sua umanità. E’ la coscienza di essere quel capolavoro di cui accennavamo ieri che si ritraduce nell'atto rituale, che è un canto di gratitudine, per essere trasformati, trasfigurati, rigenerati nella creatività divina. Quando l'uomo entra in questo orizzonte - utilizzando il linguaggio del testo evangelico - si entra nel mistero di Dio! L'uomo nasce per l'atto creativo di Dio, la vita è un rendimento di grazie per questa esperienza di rigenerazione, perché l'uomo deve sempre più prendere coscienza d'appartenere a Dio, fonte della sua vita! Infatti se noi leggiamo attentamente quello che l'evangelista ci vuole regalare, quei tre giorni che noi tante volte interpretiamo in termini cronologici, è nient'altro che uno stato di vita nascosti nel mistero di Dio. Ecco perché davanti al rimprovero di Maria, Gesù da quella risposta Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? L'atto di culto è vero ed autentico perché l'uomo entra nell'intimità e nel nascondimento dell'oggi di Dio. Se vivere è partecipare del mistero di Dio, e lo abbiamo ascoltato da Giovanni ieri, per potere maturare nel mistero della propria umanità occorre amare questo nascondimento nella creatività di Dio dove, il nascondimento, è una realtà molto facile: riscoprire esistenzialmente ogni giorno la semplicità, l'umiltà, la bellezza del vivere dell’oggi di Dio. In quei tre giorni noi cogliamo un Gesù che ha fatto della sua esistenza un continuo atteggiamento di abbandono dell’oggi del Padre; non per niente a questa prima parola di Gesù di Nazaret corrisponde l'ultima parola sull'albero della croce: Nelle tue mani consegno il mio spirito! L'esistenza di Gesù nascosta nel mistero del Padre come criterio della propria umanità. Ecco perché il cristiano guardando a Gesù di Nazareth intuisce che la bellezza più profonda della sua esistenza sta in questa intimità con il Padre nella quale l'uomo ritrova se stesso, è abbeverarci alla sorgente della Vita, è quel desiderare dello stare alla Presenza della sorgente della Vita, è quell'atteggiamento di ascolto che è il canto interiore della gratitudine. Se abbiamo colto la profondità di questo secondo aspetto che caratterizza la persona di Gesù, ecco la conclusione molto bella che riassume la vita di Gesù a Nàzaret: Scese dunque con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Il culto è una vivente professione di fede che vive con gratitudine la ferialità nel nascondimento del progetto di amore del Padre. La dimensione eucaristica dell'obbedienza al quotidiano! In tale atteggiamento noi scopriamo come la profondità del cuore dell'uomo sia un essere immersi nella gratitudine che è obbedienza a Dio e alla storia. La bellezza del diventare uomo diventa veramente feconda nel fare le cose semplici di tutti i giorni. La solitudine in Dio, coniugata insieme alla fraternità con i fratelli nella storia, ci permette di crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Cosa significhi essere uomini Gesù ce lo ha detto questa mattina ed è spiritualmente molto semplice: essere persone che vivono di gratitudine gustando la storia meravigliosa di Dio che conduce l'uomo passo passo in una bellezza al di là di ogni situazione esistenziale. Siamo proprietà di Dio, cantiamo la nostra gratitudine obbedendo alla storia quotidiana. Queste stimolazioni ci fanno profondamente intuire come il diventare uomini è avere Gesù come il nostro grande maestro.

Questa mattina siamo venuti a celebrare i Divini Misteri, perché desideriamo cantare la nostra gratitudine attraverso il rito di appartenere al Signore per entrare in quella intimità, che è il gesto della comunione eucaristica, con il Maestro Divino che ci trasfigura. L'uomo è la luminosità vivente della Trinità. Quando l'uomo nella celebrazione eucaristica entra nella semplicità del rito in un profondo atteggiamento di rendimento di grazie impara lo stile per costruire la sua ferialità: obbedire a Dio e agli uomini, obbedire agli uomini come canto eucaristico dell'obbedienza a Dio. Se noi cogliessimo la bellezza di un simile itinerario ci accorgeremmo che avremmo semplificato la vita perché avremmo colto che la bellezza dell'istante è respirare il respiro di Dio in intensa comunione fraterna. Chiediamo allo Spirito Santo in questa Eucaristia di rivivere attraverso la semplicità essenzialità del rito questa nostra gioia di appartenere alla Trinità beata per dopo condividere con i fratelli la bellezza della nostra umanità in un dilatarsi dell'azione creatrice di Dio nella nostra vita. E allora la gioia di Dio nell’evento del Natale sarà veramente piena se avremo imparato veramente a vivere come Dio, Padre Figlio e Spirito Santo ci hanno pensati nell'eternità beata, perché potessimo veramente giungere a gustare il volto luminoso delle tre Persone Divine in una gloria meravigliosa quando tutti potremmo accedere alla fecondità del paradiso.


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