1Sam 1,20-22.24-28 1Gv 3,1-2.21-24 Lc 2,41-52
OMELIA
La gioia che
l'evento dell'Incarnazione ci ha regalato è una gioia nella quale abbiamo
riscoperto in Gesù la bellezza della nostra umanità. La gioia dell'incarnazione
è la gioia di Dio che dà all'uomo la capacità d'essere se stesso e questo
orizzonte oggi ci viene spiegato attraverso la narrazione di ciò che è nel
cuore di Gesù. Il brano che abbiamo ascoltato sullo sfondo del testo del libro
di Samuele ci permette di comprendere come l'uomo può veramente realizzare se
stesso nella sua bellezza umana e questo attraverso tre atteggiamenti che
abbiamo colto nel brano evangelico:
- salire in
pellegrinaggio a Gerusalemme,
- Gesù che
si è nascosto ai suoi per ben tre giorni,
- la
conclusione sapienziale: E Gesù cresceva
in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Questi tre momenti che caratterizzano la vita
di Gesù devono qualificare anche la vita di chiunque voglia gustare fino in
fondo la bellezza della propria umanità.
Innanzitutto
si rivela importante cogliere il valore di quell’ andare al tempio. Cosa
intendeva Luca con questa espressione "andare al tempio" se non
entrare nella fedeltà di Dio, nel senso della gratitudine davanti all'
esperienza dell’Esodo, nella piena convinzione della signoria di Dio? In quel
l'atto rituale del pellegrinaggio si ritraduceva una intensa professione di
fede. Quella famiglia di Nazareth, e di riflesso la persona di Maria, Giuseppe
e Gesù, è una famiglia che vive nella fedeltà di Dio, che fa della sua storia
una continua professione di fede, il culto è cantare la bellezza d’appartenere
a Dio. Ecco perché il primo elemento che emerge dal racconto di Luca è la presa
di coscienza che la bellezza e la grandezza dell'uomo stanno nella professione
di fede ricca di gratitudine d'appartenere a Dio. E’ una verità che noi
dovremmo riuscire a cogliere continuamente nell'itinerario della nostra storia:
siamo proprietà di Dio! E questo lo ha detto bene l'autore della prima lettera
di Giovanni: noi fin d'ora siamo figli
di Dio e, come dicevamo ieri, siamo dei
generati da Dio. Ecco perché il cristiano quando vuol ritrovare la bellezza
della sua umanità si sente veramente chiamato a diventare un canto vivente di
gratitudine alle opere meravigliose che Dio opera nella sua umanità. E’ la
coscienza di essere quel capolavoro di cui accennavamo ieri che si ritraduce
nell'atto rituale, che è un canto di gratitudine, per essere trasformati,
trasfigurati, rigenerati nella creatività divina. Quando l'uomo entra in questo
orizzonte - utilizzando il linguaggio del testo evangelico - si entra nel
mistero di Dio! L'uomo nasce per l'atto creativo di Dio, la vita è un
rendimento di grazie per questa esperienza di rigenerazione, perché l'uomo deve
sempre più prendere coscienza d'appartenere a Dio, fonte della sua vita!
Infatti se noi leggiamo attentamente quello che l'evangelista ci vuole regalare,
quei tre giorni che noi tante volte interpretiamo in termini cronologici, è
nient'altro che uno stato di vita nascosti
nel mistero di Dio. Ecco perché davanti al rimprovero di Maria, Gesù da
quella risposta Perché mi cercavate? Non
sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio? L'atto di culto è
vero ed autentico perché l'uomo entra nell'intimità e nel nascondimento
dell'oggi di Dio. Se vivere è partecipare del mistero di Dio, e lo abbiamo
ascoltato da Giovanni ieri, per potere maturare nel mistero della propria
umanità occorre amare questo nascondimento nella creatività di Dio dove, il
nascondimento, è una realtà molto facile: riscoprire esistenzialmente ogni
giorno la semplicità, l'umiltà, la bellezza del vivere dell’oggi di Dio. In
quei tre giorni noi cogliamo un Gesù che ha fatto della sua esistenza un
continuo atteggiamento di abbandono dell’oggi del Padre; non per niente a
questa prima parola di Gesù di Nazaret corrisponde l'ultima parola sull'albero
della croce: Nelle tue mani consegno il
mio spirito! L'esistenza di Gesù nascosta nel mistero del Padre come
criterio della propria umanità. Ecco perché il cristiano guardando a Gesù di
Nazareth intuisce che la bellezza più profonda della sua esistenza sta in
questa intimità con il Padre nella quale l'uomo ritrova se stesso, è abbeverarci
alla sorgente della Vita, è quel desiderare dello stare alla Presenza della
sorgente della Vita, è quell'atteggiamento di ascolto che è il canto interiore
della gratitudine. Se abbiamo colto la profondità di questo secondo aspetto che
caratterizza la persona di Gesù, ecco la conclusione molto bella che riassume
la vita di Gesù a Nàzaret: Scese dunque
con loro e venne a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte
queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a
Dio e agli uomini. Il culto è una vivente professione di fede che vive con
gratitudine la ferialità nel nascondimento del progetto di amore del Padre. La
dimensione eucaristica dell'obbedienza al quotidiano! In tale atteggiamento noi
scopriamo come la profondità del cuore dell'uomo sia un essere immersi nella
gratitudine che è obbedienza a Dio e alla storia. La bellezza del diventare
uomo diventa veramente feconda nel fare le cose semplici di tutti i giorni. La
solitudine in Dio, coniugata insieme alla fraternità con i fratelli nella
storia, ci permette di crescere in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli
uomini. Cosa significhi essere uomini Gesù ce lo ha detto questa mattina ed è spiritualmente
molto semplice: essere persone che vivono di gratitudine gustando la storia
meravigliosa di Dio che conduce l'uomo passo passo in una bellezza al di là di
ogni situazione esistenziale. Siamo proprietà di Dio, cantiamo la nostra
gratitudine obbedendo alla storia quotidiana. Queste stimolazioni ci fanno profondamente
intuire come il diventare uomini è avere Gesù come il nostro grande maestro.
Questa mattina
siamo venuti a celebrare i Divini Misteri, perché desideriamo cantare la nostra
gratitudine attraverso il rito di appartenere al Signore per entrare in quella
intimità, che è il gesto della comunione eucaristica, con il Maestro Divino che
ci trasfigura. L'uomo è la luminosità
vivente della Trinità. Quando l'uomo nella celebrazione eucaristica entra
nella semplicità del rito in un profondo atteggiamento di rendimento di grazie
impara lo stile per costruire la sua ferialità: obbedire a Dio e agli uomini,
obbedire agli uomini come canto eucaristico dell'obbedienza a Dio. Se noi
cogliessimo la bellezza di un simile itinerario ci accorgeremmo che avremmo
semplificato la vita perché avremmo colto che la bellezza dell'istante è
respirare il respiro di Dio in intensa comunione fraterna. Chiediamo allo
Spirito Santo in questa Eucaristia di rivivere attraverso la semplicità
essenzialità del rito questa nostra gioia di appartenere alla Trinità beata per
dopo condividere con i fratelli la bellezza della nostra umanità in un
dilatarsi dell'azione creatrice di Dio nella nostra vita. E allora la gioia di Dio
nell’evento del Natale sarà veramente piena se avremo imparato veramente a
vivere come Dio, Padre Figlio e Spirito Santo ci hanno pensati nell'eternità beata,
perché potessimo veramente giungere a gustare il volto luminoso delle tre Persone
Divine in una gloria meravigliosa quando tutti potremmo accedere alla fecondità
del paradiso.
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