Sarai beato perché non hanno da ricambiarti
31 ottobre 2022
30 ottobre 2022
XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -
Sap 11,22-12,2 2 Ts 1,11-2,2 Lc 19,1-10
OMELIA
Nel cammino di fede appare l'uomo
come ricercatore infaticabile del volto di Dio. L’essere discepoli è essere dei
ricercatori della verità. Il racconto evangelico di questa mattina ci può
aiutare a come essere questi ricercatori del volto di Dio. In tale orizzonte ci
accorgiamo che la ricerca è sostanzialmente un dialogo dove il primato è dato
dall' azione di Dio nel cuore dell'uomo a cui l'uomo risponde attraverso un
particolare stile di vita.
Innanzitutto in questa ricerca
l'iniziativa è di Gesù, sia pure con modalità diverse. Se guardiamo
attentamente la genesi della figura di Zaccheo noi ci accorgiamo come egli senta
parlare di Gesù, in quel parlare di Gesù egli avverte l'urgenza di una ricerca.
Il Vangelo nasce da un annuncio, da un mistero nel quale l'uomo si sente
coinvolto, ed è talmente grande questo annuncio che Zaccheo fa di tutto per
poter vedere Gesù.
La ricerca del volto di Dio nasce
da un profondo dialogo esistenziale. Dio è un infaticabile ricercatore
dell'uomo, il Dio della rivelazione è innamorato dell'uomo e la storia è
nient'altro che il linguaggio attraverso il quale Dio in concreto dialoga con
l'uomo. Ciò che conta è che l'uomo si lasci coinvolgere in questa iniziativa di
Dio attraverso la ricerca. La bellezza della fede è un incontro tra una luce
che avvolge l'uomo e l'uomo che si mette in cammino. Tante volte noi
dimentichiamo questo elemento fondamentale: Dio non impone nulla all'uomo, Dio
è innamorato dell'uomo, e in questo fascino la figura di Zaccheo ritraduce
questa affermazione: vuol vedere Gesù, dove quel voler vedere nasce da nient'altro
che dal desiderio di autenticità esistenziale. Ecco allora il primo aspetto di
questa ricerca: lasciarsi coinvolgere nel mistero e nel fascino di Gesù-, L'uomo
si lascia catturare da una presenza e questa presenza diventa la proposta di
Gesù: Zaccheo oggi voglio dimorare
nella tua casa! E’ molto bello quello che noi cogliamo nella successione
dei fatti: il desiderio diventa ricerca, la ricerca diventa accoglienza,
accoglienza del mistero. Zaccheo oggi vengo in casa tua! Quando l'uomo si sente raggiunto per pura grazia
da questo evento meraviglioso intensamente desiderato, l'uomo, in sé, trova due
atteggiamenti fondamentali: il senso dello stupore e del rendimento di grazie -
che diventa condivisione di gioia -, la condivisione di beni. Infatti se
guardiamo attentamente il cammino della fede di questo meraviglioso dialogo tra
Dio e l'uomo, possiamo cogliere questi due meravigliosi sentimenti:
l'ammirazione nella ricerca che diventa obbedienza, il senso della gratitudine
che diventa condivisione dei beni come espressione di rendimento di grazie. Dio
affascina l'uomo, Dio avvolge la creatura umana, Dio colloca l'uomo
nell'accoglienza del mistero. E’ interessante il passaggio dalla strada alla
casa, dal cammino alla ricerca alla gustazione dell'intimità di una presenza.
La bellezza della fede è accogliere il Maestro divino. Noi tante volte pensiamo
che credere sia capire, sia fare chissà che cosa, credere è una sete che Dio ha
collocato nel cuore dell'uomo perché sia ricercatore del senso della vita. La
bellezza del cristiano è una bellezza che si sente coinvolta in un fascino
divino-umano, è l’essere assetati di questo grande mistero come il criterio
fondamentale della nostra storia. Quando noi siamo assetati vogliamo essere
dissetati e accogliamo l’invito: oggi
vengo in casa tua. Stiamo vivendo un meraviglioso movimento: dalla storia
all'intimità, dall'essere ricercatori a gustare una presenza. La bellezza della
fede è gustare una presenza, è il passaggio dalla fede elementare dell'uomo
ricercatore alla fede che è gustare il volto di Cristo. Ecco perché il Cristiano
nel cammino della sua esistenza è un continuo ricercatore del senso della vita!
Quando il Signore è entrato nella
nostra storia è venuto per dare risposta a ciò che nel cuore dell'uomo era
profondamente radicato: il tuo volto o Signore io cerco, non nascondermi il tuo
volto. Quando l'uomo spalanca la propria esistenza all’accadimento di Dio.
Possiamo gustare la bella affermazione di Gesù - oggi la salvezza è entrata in
questa casa. In questa profondità di espressione cogliamo il senso del dialogo,
la ricerca, l'accoglienza, la gustazione in una novità di vita e quando l’uomo
entra in questo orizzonte è veramente se stesso. L'evangelista Luca questa
mattina vuol aiutarci a camminare in vera novità di vita, Gesù è ricercato
perché è il respiro della nostra esistenza, Gesù è desiderato perché è la luce
che guida i nostri passi, Gesù opera nel nostro cuore perché veramente nasca e
cresca sempre più il desiderio di incontrarlo sulla soglia dell'eternità beata.
Un simile movimento esistenziale ci fa dire che la bellezza di essere cristiani
è essere ricercatori della Verità, per gustare Gesù nello Spirito Santo per assaporare
la comunione con il Padre. Ecco perché l'incontro avviene in una casa, in una
intimità esistenziale per cui la bellezza della fede è entrare in questa
meravigliosa intimità. Noi spesse volte dimentichiamo come la bellezza della vita
di fede sia gustare una presenza, sia dare ospitalità, in una ricerca che
diventa ospitale alla creatività Divina perché possiamo veramente camminare in
novità di vita: oggi la salvezza è entrata in questa casa, oggi l'armonia umana
del Figlio di Dio ha avvolto la persona dell'uomo. Se riuscissimo a cogliere tale
bellezza evangelica, ci accorgeremo che vivere è cercare, vivere è lasciarsi
incontrare, vivere è diventare gratuità e gratitudine nel concreto di tutti i
giorni. Un simile itinerario è la bellezza della nostra esistenza!
Questa mattina ci siamo riuniti
qui per rivivere la stessa esperienza di Zaccheo. Siamo degli assetati del
volto di Gesù. Tale esperienza è una cosa che dovremmo sempre cercare, ritrovare
e riscoprire: essere profondamente assetati del dono della salvezza! Infatti
entrando in chiesa Gesù non ci ha delusi, lui è presente, come nella casa di
Zaccheo, in certo qual modo dice a noi: voglio
venire in casa tua, nell'assemblea liturgica, nella casa del Signore, per poter
gustarne tutta la soavità. Se noi cogliessimo tale verità renderemmo
veramente grazie al Signore per questo meraviglioso incontro e ne trarremmo la
gioia di condividere con i fratelli questo gaudio. Noi qualche volta
dimentichiamo che la bellezza della fede è un incontro di cuori che cercano,
accolgono e cantano gratitudine. Se noi percepissimo tale meravigliosa verità
con il cuore, la mente e la sensibilità esistenziale riusciremmo a comprendere
come la bellezza della fede non sia capire o non capire, ma cercare, accogliere
e gustare il Mistero e la Verità della nostra esistenza. Chiediamo allo Spirito
Santo in questa Eucaristia di entrare in questo flusso di vita. Noi purtroppo
siamo troppo distratti. La bellezza è lasciarci prendere in questo flusso di vita
per gustare la bellezza della nostra storia salvata: oggi sei creatura nuova, oggi sei la fiducia divina, oggi il mondo che
ti è regalato lo puoi costruire secondo il disegno della verità e della giustizia
e della serenità.
Celebriamo così questi divini
misteri con tanta serenità interiore. Qui c'è Gesù. Noi tutti siamo Zaccheo, il
risultato è uscire di chiesa e dire: oggi
la salvezza è entrata nella casa della mia persona e nei miei fratelli. Chiunque
scelga di costruire con Gesù, sarà in grado continuamente cogliere la bellezza
nella storia di tutti i giorni. In
tale clima di speranza potremo veramente vivere e condividere la grandezza del
cammino evangelico.
29 ottobre 2022
28 ottobre 2022
27 ottobre 2022
Oggi, qui, Dio ci parla...
Ecco, io scaccio demoni e compio guarigioni oggi e domani: e il terzo giorno la mia opera è compiuta
26 ottobre 2022
Oggi, qui, Dio ci parla...
Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio
25 ottobre 2022
24 ottobre 2022
23 ottobre 2022
XXX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C –
Sir 35,15b-17.20-22a
2 Tm 4,6-8.16-18 Lc 18,9-14
Omelia
Gesù opera intensamente nella vita
di ogni discepolo e gli fa pregustare passo passo la grandezza del suo amore,
nella prospettiva della pienezza della gloria.
Nel cammino quotidiano della fede
avviene nel battezzato un processo di incessante attrazione, che lo colloca
sempre più nella luce divina, quella luce che deve animare e qualificare la sua
storia. Specialmente nell’esperienza della preghiera questa dinamicità si
rivela estremamente significativa e produttiva.
L’uomo, che desidera essere
sapiente nelle scelte quotidiane, sa collocare i propri parametri esistenziali
nel mistero della propria relazione con il Dio che crea, redime e
santifica. Infatti, quando il discepolo
si pone della condizione della orazione, come accoglienza costante della divina
presenza nella propria concreta esistenza, avverte in se stesso l’agire divino
che lo stimola a lasciarsi permeare dalla gratuità che lo avvolge, lo fa
esistere, lo attira a sé e lo aiuta a ritrovare se stesso. E’ il senso della
parabola che oggi Gesù ci offre.
Il tempio rappresenta per
eccellenza il luogo in cui abita la gloria di Dio. L’uomo, “entrando nella nube
del mistero”, avverte la verità della propria condizione interiore e ritrova se
stesso non solo come creatura strutturalmente limitata, ma soprattutto come
creatura che è profondamente impregnata dalla condizione di peccato. Nella luce
che viene dall’alto l’uomo riscopre la verità della propria esistenza.
Sicuramente una simile convinzione
serena e coraggiosa della propria creaturalità lo porta ad accogliere sé stesso
con tutti i propri limiti esistenziali e a porsi in relazione viva e dinamica
con colui che gli può offrire consistenza per le scelte quotidiane nello
scorrere della sua vicenda storica. Il salmista ci dice: Solo in Dio riposa l’anima mia, da lui la mia
speranza.
Solo a chi ama essere piccolo nel
mistero della grandezza divina, Dio rivela la grandezza del suo amore. La gioia
della propria piccolezza, anche se peccatrice, rappresenta l’esperienza
quotidiana per assaporare la grandezza inesauribile della misericordia di Dio.
Ciò che conta nell’esperienza quotidiana sta nel ritrovare il coraggio di
abitare nell’Amore. In tale orizzonte esistenziale l’aspetto, tuttavia, al
quale Gesù vuole condurci e sul quale vuole richiamare la nostra attenzione è
quello di sentirci evangelicamente peccatori. Infatti non solo siamo chiamati a
prendere coscienza della nostra piccolezza, ma anche ad avvertire la condizione
di non vitale comunione con
Tale esperienza è fattibile solo
nella diretta relazione con il divino. La luce, che anima la parabola odierna
del pubblicano e del fariseo, scaturisce dal tempio e ha come contesto il
tempio. Solo alla presenza di Dio l’uomo, che brama un’intensa purezza del
cuore, ama sentirsi pura gratuità divina e si lascia condurre a riconoscere il
proprio peccato. Chi entra da credete nel mistero della misericordia trinitaria
gusta l’essere nuova e luminosa creatura, in una esaltante ebbrezza interiore.
Nel tempio si fa l’esperienza di
un peccato che nella fede diventa luogo del darsi misericordioso di Dio che
rigenera il cuore umano.
Il dramma del fariseo lo cogliamo
nel fatto che egli non avverte la propria povertà esistenziale. Di riflesso si
allontana dalla convinzione evangelica di non sentirsi pura grazia, con la
grande tentazione del sentirsi interiormente “protagonista”. Egli infatti, nel
suo atteggiamento, rivela l’incapacità di non sentirsi profondamente amato, con
la conseguenza logica di saper amare la propria condizione di radicale povertà.
Dovremmo amare d’essere semplici nel
cammino quotidiano, mettendo i nostri limiti nel fuoco dell’amore della
incarnazione pasquale del Signore. Il pubblicano, invece, si colloca in un
altro orizzonte e pone sé stesso pienamente nelle mani di Dio. Il suo
atteggiamento esteriore e le parole che fioriscono dal suo cuore sottolineano
la coscienza attiva della grandezza di Dio nella sua storia. Infatti la
coscienza di sentirsi peccatore in una grande speranza fiorisce dal diuturno
incontro con Dio.
Infatti se Dio smettesse di
illuminare il cuore della creatura e di offrirle la sua fiducia nello Spirito
Santo, questa non avvertirebbe mai la fecondità della presenza divina nella
propria esistenza e non ne godrebbe l‘infinita misericordia. La grandezza della
persona umana sta tutta nel mettersi davanti a Dio per lasciarlo operare nel
proprio cuore. Infatti il linguaggio del pubblicano ritraduce la ferma
convinzione d’essere sotto l’influsso dell’amore divino, che opera nel cuore
umano in modo fecondo. Ogni riconoscimento del proprio peccato incarna la
fecondità dell’azione divina nel cuore della creatura.
Se guardiamo attentamente l’azione
divina nel cuore dell’uomo, ci accorgiamo come lo Spirito Santo illumini le
profondità della nostra persona e le faccia comprendere come abbia operato
scelte che non incarnavano la vocazione alla comunione con Dio e con i fratelli.
E’ in Dio allora che l’uomo dice d’essere e di sentirsi peccato. Questo
atteggiamento, che potrebbe sembrare in modo immediato un’esperienza negativa,
tuttavia risulta un momento fecondo per proiettarsi in un itinerario di
conversione, nel quale l’uomo si rende sempre più docile all’azione dello
Spirito Santo.
Egli si sente, nella propria
persona, la fiducia di Dio in atto.
Quando si vive tale esperienza,
non viene mai meno il coraggio d’affrontare ogni avventura esistenziale per
maturare nella luminosità dell’esistenza, non avendo paura neppure dell’impossibile.
Intuiamo di conseguenza che l’uomo
viva da perdonato con il coraggio della fede, non temendo mai di riconoscersi
peccatore, poiché tale esperienza scaturisce dalla forte e continua relazione
con Dio, nel quale ama abitare quotidianamente, per essere stimolato a
costruire ogni istante della propria esistenza in una continua novità di vita.
Questa condizione diventa allora
la convinzione abituale che anima il cristiano per comprendere la propria
esistenza nell’orizzonte divina e per crescere nella conversione.
Il risultato di un simile percorso
sarà l’espressione del recupero in termini personali e consapevoli della
comunione che Dio continuamente sviluppa nel cuore del discepolo. Questi vivrà
la sua storia regalando quotidianamente quella speranza esistenziale, e tale
vitalità spirituale rappresenterà la forza per ricominciare sempre da capo.
In questo percorso esistenziale intuiamo
l’affermazione di Gesù che il pubblicano se ne sia ritornato a casa
giustificato meglio del fariseo. Chi dimora in Dio, vive una profonda
luminosità spirituale che gli fa percepire contemporaneamente la sete di luce
che zampilla nel suo cuore, e un intenso desiderio di abbandono progressivo del
regno delle tenebre.
Questo è un itinerario che non
avrà mai alcun termine, fino a quando la creatura sarà definitivamente
trasfigurata nel mistero di Dio.
Il quadro parabolico che Gesù oggi
ci presenta lo stiamo vivendo ora.
Anche noi siamo saliti al tempio e
ci troviamo nella gloria divina, contemplando nello Spirito la presenza luminosa
del Cristo. Se in questa viva e vivace relazione con il Maestro sappiamo
sentirci peccatori, nella speranza che viene dall’alto, allora nel momento in
cui faremo la comunione, Gesù ci donerà il suo Corpo dato e il suo Sangue
versato per renderci uomini giusti, uomini che crescono - per grazia - nella
meravigliosa comunione divina. Qui viviamo ogni domenica la vivacità della
nostra rigenerazione esistenziale.
Non dobbiamo mai temere nel
sentirci peccatori nel mistero che ci avvolge, ma dobbiamo lasciarci invadere
dalla potenza divina per maturare giorno per giorno nel desiderio d’essere
progressivamente trasfigurati nel Maestro.
Ciò avverrà pienamente nella
meravigliosa liturgia del cielo.
22 ottobre 2022
21 ottobre 2022
20 ottobre 2022
19 ottobre 2022
18 ottobre 2022
17 ottobre 2022
16 ottobre 2022
XXIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C -
Es 17,8-13 2Tm 3,14-4,2 Lc 18,1-8
Domenica scorsa la Chiesa ci ha riuniti perché
ricordassimo la dedicazione di questa comunità cristiana. Nell’aula della celebrazione
liturgica scopriamo d’essere persone che appartengono al Signore e tale
esperienza vuol dire imparare ad essere in stato di preghiera. E’ molto bello
come il profeta Isaia abbia detto la mia casa è casa di preghiera perché la
bellezza di essere comunità cristiana è essere fraternità orante. In continuità
con tale verità questa mattina la Chiesa ci offre la parabola sulla necessità
di pregare continuamente. Ci sentiamo dunque stimolati ad intuire come sia
bello soffermarci ad intuire cosa voglia dire pregare continuamente. Su tale
orizzonte emergono tre possibili sottolineature:
la vocazione a
pregare continuamente
esercizio
dell'essere creature, in una perseveranza continua,
in attesa di
lasciarci incontrare dal Signore quando verrà sulle nubi del cielo.
Innanzitutto il pregare e il pregare continuamente,
come ci suggerisce il testo evangelico, è l'esercizio dell'essere creature.
Della nostra identità creaturale. Dobbiamo sempre distinguere tra il “pregare”
e “il dire le preghiere”, il dire le preghiere è un linguaggio storico, il
pregare è la vocazione all'interno della persona, il pregare è l’esercizio
della gioia dell'essere creature nelle mani del Creatore. Ecco perché
l'immagine che Gesù ha usato nella parabola della preghiera è quella della
vedova? Chi è la vedova? E’ la donna che è stata “depauperata” del marito, e
l'evangelista Luca è innamorato della tipologia delle donne vedove. Per ben
quattro volte nel Vangelo di Luca viene citata tale esperienza; Anna figlia di
Fanuele, la vedova di Naim, la donna Siro-fenicia e la vedova della parabola
odierna. Tale tipologia aiuta a comprendere il valore di essere vedove; donne
che vivono del desiderio dell’intimità con lo sposo. Infatti qual è il
fondamento del nostro pregare? E la risposta ce la dà quel testo molto bello
della creazione dell’uomo: facciamo l'uomo a nostra immagine perché diventi progressivamente nostra
somiglianza. Pregare è respirare quotidianamente la gioia coraggiosa di
essere creature nelle mani del Creatore, pregare è collocare la nostra
esistenza nella signoria di Dio, e pregare è prendere coscienza continuamente
che siamo l’oggi della divina provvidenza trinitaria. Il pregare è la gioia di
vivere in relazione con il Signore ritrovando e riscoprendo in modo continuo la
nostra esperienza d'essere capolavori della relazione con Dio. Come conseguenza
il pregare continuamente, è nient'altro che prendere giorno per giorno una
coscienza progressiva dell'appartenenza della nostra identità al mistero
creativo di Dio che è Padre Figlio e Spirito Santo, pregare è respirare l'agire
trinitario nella nostra persona. Vivere è pregare in alto, e il pregare in alto
ci dà la bellezza e il coraggio del vivere. L'idea di Gesù espressa nella
parabola del pregare continuamente è nient'altro che l'esercizio, gioioso e
coraggioso, di essere creature nelle mani del Creatore e pregare continuamente è
divenire la luminosità della presenza di Dio che trasfigura le nostre persone collocandole
nelle mani della Provvidenza che ci guida continuamente.
Partendo da questo primo elemento per cui non esiste
uomo che non preghi, perché ogni uomo è chiamato a respirare quotidianamente il
dono di esistere, emerge il secondo passaggio nelle immagini della vedova.
Infatti dicevamo che l'evangelista Luca ami le immagini della vedova poiché ritraduce
una profonda condizione esistenziale che nell'ordine della fede possiamo ritradurre
così: senza il Signore non possiamo vivere! Pregare è una professione di fede: Tu sei il mio Signore! Anche se a
livello emozionale possiamo avere la sensazione di non riuscire a pregare, tuttavia
il coraggio di vivere, il coraggio di camminare nella storia, il camminare nel
coraggio di appartenere a Dio è un meraviglioso pregare. Le preghiere sono il
linguaggio storico di una vocazione all'interno della nostra vita solo in Dio
riposa l'anima mia! Ecco perché la preghiera più bella è il silenzio di un
cuore orante che nel cammino quotidiano si affida, si fida cantando la propria
gratitudine a Dio. Il pregare continuamente è gustare il dono della ferialità
della vita. E questo aspetto è sicuramente importante da riscoprire perché ci
accorgiamo che la preghiera continua è respirare l'atto creativo di Dio che ci
ama in modo inesauribile e infinito.
Allora attraverso questo itinerario quotidiano si
realizzerà la risposta alla domanda che Gesù ha posto al termine di questo
brano evangelico ma il figlio dell'uomo quando verrà troverà la fede sulla
terra? Troverà persone che lo stanno aspettando?
L'uso delle immagini della vedova a tale riguardo
risulta estremamente significativa. L’anima del battezzato, espressa nella
dinamicità della donna vedova, nell'incontro con il Signore, realizzerà la propria
storia. E’ quel desiderio di eternità beata che è dentro di noi. Creati a
immagine di Dio abbiamo la vocazione ad essere oranti per venire trasfigurati
nella bellezza divina. Camminando nella gioia coraggiosa di essere creature
nelle mani di Dio diventiamo sua immagine per potere, al termine della nostra
vita, gustare eternamente la visione della Trinità beata. La verità del pregare
è il desiderio che cresce continuamente di poter vedere la gloria di Dio, è un
camminare dove il futuro è la vivacità del presente nella coscienza che siamo
capolavori costruiti dal Padre, dal Figlio e dello Spirito Santo per poter
veramente entrare in questa visione beata. L’invito a pregare continuamente riassume
tutto ciò che siamo, tutto ciò che bramiamo, tutto ciò che noi facciamo, tutto
ciò che noi desideriamo. E allora il momento della morte sarà l'incontro
desiderato per vedere eternamente il Signore in una visione inesauribile che
qualifica le nostre persone.
Ecco perché ci troviamo nell'Eucaristia. L’Eucaristia è
una preghiera vivente, attraverso il linguaggio del rito, perché è nient'altro
che vivere in atto nelle mani del Signore e vivendo nelle mani del Signore, il Signore
non ci delude. La presenza sacramentale del corpo e del sangue di Gesù è la
nostra preghiera concretizzata. Quando noi andiamo ai doni eucaristici è il Signore
che ci ha ascoltati, ha accolto il nostro desiderio di ricrearci nel cammino
del quotidiano, in attesa del banchetto glorioso Beati gli invitati alla cena
delle nozze dell'Agnello. Il pregare continuamente non è altro che desiderare
in modo continuo ed inesauribile la gustazione dell'eternità beata. Qui siamo
nel provvisorio, pregare continuamente è desiderare quell'incontro definitivo
quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi. La odierna celebrazione eucaristica
rappresenta il massimo incontro nuziale con il Cristo nello Spirito Santo in un
inno di lode al Padre. E allora chiediamo allo Spirito Santo questo desiderio dello
sviluppo della vita divina dentro di noi in modo da orientare la nostra storia
in questa bellezza gloriosa che sarà la realizzazione della nostra vita. In
tale dinamica spirituale scopriremo allora che la persona sommamente amata, la
potremo raggiungere ella convivialità del paradiso, con essa godere di quella
visione gloriosa dove la Trinità allieterà profondamente il nostro spirito.
Ecco il pregare continuamente: il cuore amato che ama desidera un compimento di
gloria nella realtà del Paradiso nella Gerusalemme del cielo in quella pienezza
di gloria quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi. Il pregare continuamente si
riveste di beatitudine eterna e tale è la gioia che vibra nei nostri cuori.
15 ottobre 2022
14 ottobre 2022
13 ottobre 2022
12 ottobre 2022
11 ottobre 2022
10 ottobre 2022
09 ottobre 2022
XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C - DEDICAZIONE DELLA CHIESA
Ez 43,1-2.4-7 1 Pt 2,4-9 Gv 4,19-24
OMELIA
La nostra comunità cristiana oggi è invitata ad
approfondire il senso di cosa voglia dire essere Chiesa. E’ nella gioia
d’essere comunione che il volto di Cristo diventa fecondo per il nostro spirito.
Una simile convinzione ci aiuta a ricordare che il giorno della dedicazione del
tempio evangelico non è nient’altro che richiamare quello che poc’anzi
l’apostolo ci ha regalato nel Vangelo: essere un vivente e trasfigurante culto
in spirito e verità sapendo che questo culto in spirito e verità è incarnato
nella figura di Cristo. Noi siamo qui riuniti come comunità e la comunità è la
Chiesa; secondo un trinomio molto bello: il Cristo, presente in mezzo a noi,
attraverso la convivialità eucaristica ci raduna come popolo di Dio, tre elementi
che fanno il mistero della Chiesa. Le mura sono solo un segno di un mistero
molto più grande e questo mistero si racchiude in questi tre passaggi:
-
il Signore è presente nella storia,
-
la bellezza della convivialità eucaristica,
-
la gioia di essere popolo di Dio.
Ecco perché Gesù ha detto Ma viene l’ora, ed è questa in cui i veri adoratori adoreranno il Padre
in spirito e verità, dove l’ora è la persona di
Gesù nel progetto di salvezza del Padre. La bellezza dell'essere Chiesa è
gustare in modo meraviglioso la reale presenza di Cristo e questo è il primo
elemento che dobbiamo insieme cercare di condividere. Le mura sono un segno,
non sono il valore, le mura ci dicono “qui quando ci si raduna c'è il Signore
vivente!” E’ la bellezza della nostra esistenza: vedere il Signore! Ecco perché
noi entriamo nella celebrazione desiderosi di poterlo vedere; un cristiano non
innamorato di questa attrazione continua verso il Signore non ha intuito cosa
sia la Chiesa. E’ la bellezza della nostra fede il fascino di Gesù! Il resto è
tutto segno di qualcosa che ci avvolge, ci costruisce, ci dà il senso della
vita.
Noi questa mattina ci siamo radunati nel fascino di
Gesù, il rito è solo l'incarnazione, la ritraduzione di questa bellezza di Gesù
che prende la nostra vita. Dedicare una Chiesa in un luogo è perché, quelle
persone che vi abitano, sono affascinate da Gesù; se non ci fosse questo
criterio di fondo è tutto museo! La bellezza è la presenza del Signore e questa
presenza del Signore si ritraduce nella gioia della convivialità, la bellezza
di ritrovarci attorno al Signore, alla sua parola e alla sua commensalità. La
grandezza della Chiesa è stare con il Signore! Ecco perché nel succedersi della
ritualità la nostra anima è presa da un unico mistero: Gesù ci convoca, il Risorto
ci parla, il Figlio di Dio celebra i divini misteri. Questo è il mio corpo dato,
questo è il mio sangue versato… la bellezza di gustare una presenza attraverso
la bellezza feconda della convivialità.
Tutto questo ci permette il terzo passaggio, secondo
una bella espressione che nella teologia medievale è emerso in modo chiaro: l'Eucaristia
fa la Chiesa. Il Signore risorto ci convoca attorno a sé, nella convivialità
costruisce la Chiesa, la comunità cristiana. E’ la bellezza di ritrovarci
questa mattina qui, essere nell'Eucaristia Chiesa autentica: è l'assemblea
liturgica. Ecco perché Gesù ha detto Ma
è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre
in spirito e verità. Infatti qual è il mistero che stiamo vivendo in questo
momento? Il fascino di Gesù ci ha attirati, la presenza di Gesù ci sta
trasfigurando, è la bellezza di essere qui persone che si lasciano costruire
sacramentalmente, lui è presente, lui ci sta veramente rinnovando
esistenzialmente dandoci la luminosità della bellezza eterna! La Chiesa è dei
contemplativi. Un cristiano - diceva un grande teologo tedesco - o è un mistico
o non è un cristiano. La bellezza di ritrovarci nell'Eucaristia è la bellezza
di trovarci persone che si lasciano trasformare dalla luminosità del Cristo,
che ci costruisce giorno per giorno, nella pienezza della nostra umanità. E allora
la comunità cristiana è nient'altro che un popolo di Dio in cammino che esce
nel tempo e nello spazio per proclamare le meraviglie di Dio. Chiamati a vedere
il Signore nella contemplazione ne gustiamo la presenza attraverso il
sacramento per entrare in una esperienza mistica, la stessa sensibilità di
Cristo diventa la nostra sensibilità. Questa è la Chiesa!
Noi tante volte dimentichiamo questo meraviglioso
mistero che è il senso portante della vita. Non per niente noi celebriamo in
attesa della pienezza della Gerusalemme celeste. Questo è un segno, un
terremoto potrebbe distruggerlo, ma la Chiesa rimane: la bellezza di ritrovarci
in attesa di quella bellezza gloriosa che è la Gerusalemme del cielo. Ecco
allora la bellezza di ricordare la dedicazione di una chiesa la riscopriamo per
farci ritrovare assemblea che crede, che celebra, che si lascia misticamente
trasformare. E allora se noi riuscissimo a cogliere la bellezza di questa
esperienza noi ci accorgeremmo che è bello essere Chiesa, popolo convocato nel
nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo, popolo che vive il mistero pasquale
nella persona della reale presenza di Cristo attraverso il respirare la
creatività dello Spirito Santo che ci invia nel mondo, come nell’esperienza della
Pentecoste, per dire all'umanità che in Cristo Gesù ogni uomo è se stesso. Ecco
il senso di questa celebrazione che dovrebbe veramente qualificare la nostra
vita.
In questa celebrazione viviamo intensamente la convivialità
di una presenza, la convivialità di una parola, la convivialità di un banchetto
per poter veramente con i fratelli condividere la convivialità della bellezza
gioiosa della fede dove il Signore giorno per giorno ci trasfigura mentre siamo
in attesa di contemplare il suo volto nella Gerusalemme eterna dove
internamente il Padre cantando nello Spirito Santo la gioia del dono della vita.
Questo sia il senso di questa nostra celebrazione, dove
possiamo la bellezza di sentirci popolo in cammino in attesa della gloria
camminando con il Risorto nella luce dello Spirito Santo. Tale sia il mistero
che vogliamo vivere e condividere mentre siamo in attesa, quando passeremo da
questa assemblea sacramentale all'assemblea gloriosa del cielo, quando con i
144000 dell'Apocalisse seguiremo l'Agnello ovunque vada cantando il canto nuovo
che già oggi sperimentiamo e che domani, nella gioia luminosa del paradiso, sarà
la pienezza della nostra vita.
08 ottobre 2022
07 ottobre 2022
06 ottobre 2022
05 ottobre 2022
04 ottobre 2022
03 ottobre 2022
02 ottobre 2022
XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C
Ab 1,2-3;2.2-4 2Tm 1,6-8.13-14 Lc 17,5-10
Omelia
La
bellezza della nostra vita cristiana si costruisce tutta sulla fecondità della
fede. E davanti a questo grande mistero che anima il nostro vissuto di tutti i
giorni, anche in noi nasce la stessa richiesta che gli apostoli fanno a Gesù:
“Accresci la nostra fede”.
L’uomo,
in quanto uomo, vive di fede ma soprattutto chi fa la scelta di Gesù costruisce
la sua esistenza nella fede, dove credere è affidarci, fidarci del Signore
restituendo a Lui la nostra esistenza. La bellezza di credere è dire sempre,
nella scelta di tutti i giorni, Mio
Signore e Mio Dio, nelle tue mani mi consegno, in Te riposa l’anima mia. La
fede è un modo di concepire, di costruire e di evidenziare quello che c’è nel
nostro cuore.
E
poiché la bellezza della nostra fede è la speranza del cammino quotidiano è
molto bello che anche noi, sull’esempio di Gesù, sappiamo ritrovare il cammino,
perché la fede possa essere autentica, ed è la parabola che abbiamo ascoltato:
la fede vive di gratitudine!
Evidenziamo tre passaggi in questo nostro
cammino, perché questa mattina l’invito del Signore possa aiutarci a crescere
nella bellezza di questa fiducia inesauribile che noi siamo chiamati a regalare
al Signore. E allora i tre passaggi che la parabola, utilizzando il linguaggio
dell’epoca, ci vuol effettivamente aiutare ad intuire:
La
bellezza di essere tutta grazia
L’esperienza
della gratitudine
Il
gusto della fecondità della vita
Tre
coordinate che dobbiamo questa mattina nella semplicità cercare di
approfondire, perché possiamo veramente crescere nella maturità della fede.
Innanzitutto
siamo grazia. Nella visione che la parabola ci offre, quella persona può vivere
perché quel signore gli dà la possibilità di lavorare. In un certo qual modo,
nella parabola si costruisce uno stretto rapporto tra il vivere e il lavorare.
Il lavorare è un atto di gratitudine a chi ti dà la possibilità di vivere.
La
bellezza della fede ha questo primo elemento fondamentale, la coscienza che
siamo gratuità di Dio. La bellezza della nostra vita è che siamo grazia, siamo
la condiscendenza della benevolenza di Dio.
Ecco perché il cristiano, nel cammino della
sua vita, facilmente accompagna le sue azioni dicendo “grazie”.
E’
quel senso di grande libertà interiore che nasce dalla coscienza, sempre più
approfondita, che la nostra esistenza è tutto un atto della gratuità di Dio. Il
fatto di respirare, il fatto di poter vivere, il fatto di poter anche lavorare,
è un atto di gratuità. E l’uomo deve imparare a prendere coscienza, nel
profondo della sua esistenza, che è tutto grazia.
“Per
grazia sono quello che sono” diceva Paolo, e anche noi, nel cammino della
nostra esistenza, dovremmo avere questa percezione di fondo: questa mattina ci
siamo svegliati perché Dio è stato fedele, ci ha di nuovo regalato la vita, ci
ha regalato la possibilità di costruire le nostre reazioni, la possibilità di
affrontare il presente con la speranza del futuro. E’ quella profonda
convinzione interiore che noi dovremmo sempre acquisire: “Sono grazia”! E
quanto più l’uomo ritrova questa coscienza che è grazia, tanto più diventa
gratitudine. La bellezza della nostra esistenza è essere un canto di
gratitudine. Usando i salmi, quanto sei
grande Signore su tutta la terra, la gratitudine è la gioia di essere
grazia, di essere azione gratuita che ci costruisce giorno per giorno, che ci
rende capaci di essere creature nuove. Potremmo inventare un piccolo slogan per
abituarci a vivere di gratitudine: quando noi respiriamo facciamo due
movimenti, respiriamo l’aria ed emettiamo il respiro, respiriamo la gratuità di
Dio e rispondiamo con la gratitudine. E’ la semplicità di saper dire
continuamente nella nostra vita grazie.
E
questo dire grazie diventa la nostra mentalità: è la gratitudine!
Sicuramente
l’uomo di oggi non riesce a coniugare nella sua vita tutti e due questi aspetti che sono essenziali: sono grazia, sto
vivendo, sono un atto dell’amore del Signore, grazie Signore! E’ la bellezza della nostra esistenza. Se noi riuscissimo ad intuire questa
bellezza, come sarebbe diversa la vita. Quando abbiamo sentito la prima lettura
che ha detto che “il giusto vivrà di fede”,
utilizzando la parabola, il giusto sarà colui che canta la gratitudine. E
quando noi entriamo in questa esperienza di gratitudine, siamo fecondi, abbiamo
un concetto diverso della vita. Proviamo a pensare a quello che abbiamo detto
un momento fa, se noi nel respirare siamo grazia di Dio, la vita è cantare la
gratitudine e quando cantiamo la gratitudine, siamo nella fecondità di
Dio.
E’
costruire la nostra esistenza coscienti che il Signore ci sta accompagnando.
L’uomo di oggi ha paura di costruire la vita e le paure aumentano sempre di
più, perché non sappiamo elaborare questo stile di vita: sono grazia, canto la gratitudine, sono la fecondità di Dio.
Questa
percezione più profonda del nostro cuore che dicendo grazie percepisce Dio è
con me. E allora, quando abbiamo tanti interrogativi nella vita, cerchiamo di
vedere in filigrana questa azione divina nei nostri confronti che continuamente
agisce. Magari non ce ne accorgiamo di come respiriamo, ma la bellezza della
vita è sentirci ogni giorno creati, salvati, santificati, la nostra vita
capolavoro della gratuità di Dio. E quando l’uomo si sente fino in fondo del
proprio essere un grande capolavoro, non per i suoi meriti ma per qualcuno di
più grande che entra nella nostra storia, ecco la gratitudine: grazie! E nella gratitudine la vita
assume una valenza radicalmente diversa, la vita diventa camminare con il Dio
che non ci abbandona: “Il giusto vivrà di
fede”.
Ecco
perché la parabole dice “quando avete
fatto tutto dite siamo servi inutili,
abbiamo fatto quanto dovevamo fare”, dove quel servi inutili è da tradurre, quando abbiamo fatto tutto, non
abbiamo fatto nient’altro che cantare il grazie alla vita. Costruire la nostra esistenza in una
gratitudine feconda. Ecco perché il cristiano, quando vuole rientrare in se
stesso e porsi la domanda sono veramente un credente, Gesù ci dice prendi coscienza, sei un capolavoro del mio
amore, continuamente rendi grazie e restituisci a me la tua vita con
gratitudine e sarai fecondo e avrai la gioia dell’istante. Ecco perché
questa mattina ci ritroviamo nell’Eucaristia che è la sintesi di queste tre
cose: siamo affascinati da Gesù, siamo nel mistero del suo amore e davanti alla
grandezza dell’amore inesauribile di Dio che ci accompagna nel cammino della
vita, ecco che istintivamente diciamo grazie
Signore, sono tuo capolavoro. E allora avvertiremo che quando diremo rendiamo grazie a Dio e cosa buona e giusta,
avremo la fecondità di Dio. Il pane diventerà il Corpo del Signore, il vino
diventerà il sangue del Signore e in quella comunione gusteremo la fecondità di
Dio che vuol fare di noi i suoi capolavori. Ogni volta che veniamo all’Eucaristia
diciamo al Signore aumenta la mia fede e Lui ci dirà Sii cosciente che sei un capolavoro di amore, restituisci il tutto con
il canto di gratitudine e riceverai il mio Corpo e il mio Sangue: la
fecondità di Dio!
Viviamo
questo mistero con tanta semplicità di cuore, è bello dire al Signore aumenta la mia fede e il Signore ci dice
Vieni alla mia Eucaristia e ti renderò un
capolavoro del mio amore che non conoscevi.