DOMENICA 13 LUGLIO 2025
Dt 30,10-14 Col 1,15-20 Lc 10,25-37
OMELIA
Domenica scorsa Gesù ci invitava a
percorrere le vie della storia comunicando pace e armonia ai fratelli in modo
che si creasse un mondo nuovo che fosse segno che il Signore era veramente
entrato nella storia.
Nel momento nel quale noi entriamo in
comunione con gli uomini, ci accorgiamo che l’umanità si ritrova in una
drammatica situazione di vita. Allora Gesù ci invita a entrare in rapporto con
i fratelli diventando loro “prossimo”. È la parabola che Gesù questa mattina ci
regala: riscoprire la nostra vocazione ed essere prossimo.
Gesù si pone dinnanzi come l’esempio
di cosa voglia dire essere prossimo. Infatti la parabola è niente altro che la
narrazione della storia di Gesù.
Gesù è diventato nei confronti
dell’umanità il prossimo, colui alle cui orecchie giunge ogni grado
di sofferenza.
Gesù si colloca in questo
atteggiamento attraverso i primi tre verbi che la parabola ci offre e che
determinano il comportamento stesso di Gesù: passare accanto, vedere, avere
compassione.
Tre elementi attraverso i quali
riusciamo a incarnare Gesù che si colloca accanto alla sofferenza dell’umanità
per seminarvi la speranza.
Innanzitutto quel “passare accanto” di
Gesù: in quell’atteggiamento cogliamo il primo elemento per scoprire cosa
voglia dire farsi prossimo. Passare accanto vuol dire ascoltare, ascoltare il
grido di sofferenza, il grido di umanità che è nel dramma dell’esperienza della
malattia, della sofferenza, del disagio, delle oscurità.
Farsi prossimo è ascoltare.
Questo è il primo elemento che Gesù
questa mattina ci insegna: imparare ad ascoltare.
Prossimo non è colui al quale ci
rivolgiamo attraverso le opere di misericordia. Gesù ci ha detto che prossimo è
colui alle cui orecchie giunge un grido di aiuto e, di riflesso, il porci
accanto ai fratelli e ascoltarne il disagio.
La prima esperienza alla quale Gesù ci
chiama è aprire l’ascolto del cuore.
Questo primo atteggiamento si
ritraduce nel vedere.
Quando il cuore è attento ed è aperto
all’ascolto, in quel momento, riesce a vedere, riesce a fare entrare nella
propria vita l’altro fratello. Vedere è il linguaggio del passaggio
dall’esterno all’interno; l’ascolto diventa visione.
Questo vedere lo potremmo ritradurre
con la parabola di Gesù dove il piccolo seme diventa albero e su quell’albero
gli uccelli fanno il loro nido, diventare persone nelle quali i fratelli
vengono ad abitare. Farsi prossimo è dire al fratello: “Abita nella mia
persona! Prendi dimora nel mio cuore! Trovati a tuo agio nella mia vita!”
È quello che ha fatto Gesù che, non
solo ha ascoltato il grido dell’umanità, ma è diventato uomo vivendo il dramma
dell’uomo.
Gesù non si è posto solamente come
compagno di viaggio dell’umanità, si è identificato con l’esperienza dell’umanità
attraverso l’incarnazione e la condivisione della vita.
Allora, il terzo passaggio: “ne ebbe
compassione”. Ha vissuto il dramma di quell’uomo.
Ecco perché questa compassione si è
ritradotta poi nei verbi successivi: gli si fece vicino, lo fasciò, gli versò
olio e vino per poterlo curare, l’olio che lenisce, il vino che disinfetta.
Ecco che ritroviamo come Gesù, nel
farsi prossimo, guarisce profondamente l’umanità.
Ecco perché il cristiano nel cammino
della sua vita continuamente è aperto all’altro facendolo abitare nella propria
vita, per poterlo veramente rigenerare!
In questo intuiamo come il cristiano
sia veramente la consolazione dei fratelli.
Non solo siamo chiamati a portare la
pace, ma poiché la storia è irta di difficoltà dobbiamo diventare buon
samaritano.
Ascoltare nel farci vicino ai
fratelli, dobbiamo farci buon samaritano attraverso il vedere l’altro,
facendolo passare nella propria vita in modo che la compassione diventi
guarigione.
È il mistero che viviamo non solo ogni
giorno, ma particolarmente in questa Eucaristia perché se affrontassimo
veramente il senso dell’Eucaristia è Gesù che si fa nostro prossimo.
Gesù vedendo il nostro dramma si rende
presente in mezzo a noi, ascolta il nostro dramma e lo fa proprio e, nel pane e
nel vino, ci dà la consolazione che è la nostra guarigione.
Ecco perché Gesù ci dice: “Vivi la tua
storia con i fratelli, non temere”.
Allora la domanda dello scriba: “Che
cosa devo fare per avere la vita eterna?” e la chiara risposta di Gesù: “Va’ e
fà anche tu lo stesso”.
“Se
vuoi entrare nell’esperienza vera della comunione divina che dona la pace,
diventa il buon samaritano, imita la mia vita!”
Poiché nell’Eucaristia continuamente
veniamo guariti, uscendo di chiesa dobbiamo essere il buon samaritano: ascoltare,
vedere, avere compassione, guarendo i fratelli.
Allora nascerà quel mondo nuovo per il
quale Gesù ha donato effettivamente la sua vita.
Tale sia il mistero che vogliamo
vivere e condividere in questa celebrazione in modo da camminare con fiducia e
con speranza certi che, se Gesù si fa nostro prossimo ascoltando i nostri
disagi, possiamo in lui ritrovare la speranza di essere uomini nuovi che fanno
nuovi i fratelli diventando noi, a nostra volta, prossimo per chiunque
incontriamo nel cammino della vita.
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