07 ottobre 2025

XXVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA 5 OTTOBRE 2025                                                       

Ab 1,2-3; 2,2-4      2Tm 1,6-8.13-14      Lc 17,5-10

OMELIA

Ascoltare nel nostro intimo le meraviglie che il Signore opera nella storia della salvezza ci riempie sicuramente di stupore, ma in noi nasce l'interrogativo per come questa grandezza di Dio che si manifesta a noi possa diventare la vita della nostra vita.

Il Vangelo non è qualcosa che semplicemente ascoltiamo, il Vangelo è destinato alla nostra vita. Gesù è entrato nella nostra storia per educarci a essere uomini.

Tutto il Vangelo, tutte le meraviglie che Gesù ha compiuto, hanno un unico scopo: l'uomo deve imparare a essere uomo.

Davanti alla povertà che tante volte è presente nel nostro spirito, anche noi con i discepoli, questa mattina, vogliamo gridare al Signore e dire: "Accresci in noi la fede" poiché è nell'esperienza della fede che avvertiamo questa reattività di Dio nel nostro spirito.

La fede è la luce che illumina i nostri passi e che ci dà la gioia di elaborare un autentico cammino umano. Poiché è la fede che determina il nostro essere uomini, dobbiamo chiedere allo Spirito Santo che ci illumini perché possiamo intravedere il nucleo centrale dell'esperienza del credere.

Un primo passaggio che Gesù questa mattina ci potrebbe indicare è così riassumibile: l'esperienza della fede non è l'esperienza davanti a qualcosa di incomprensibile.

Spesso, nella nostra mentalità, diciamo che poniamo l'atto di fede quando siamo davanti a qualcosa che non comprendiamo; questa non è la fede evangelica! Nel momento in cui il Signore ci arricchisce dell'intelligenza, l'uomo, in qualunque attimo della sua vita non può abdicare al pensiero.

La fede non vuol dire “non pensare” poiché, se l'uomo - quanto più crede, tanto più realizza la sua umanità -, nella dinamica della fede dobbiamo introdurre tutta la nostra umanità.

Un'esperienza da approfondire continuamente è quella di intuire che le verità di fede non sono verità da conoscere, ma sono il mistero di Dio per costruire l'uomo.

Una verità di fede che non costruisce l'uomo non è verità di fede.

Tutto il mistero di Dio che si rivela è perché l'uomo sia “a sua immagine e somiglianza”.

Dio non parla per creare dei rompicapo, ma per educarci a essere uomini secondo il suo mistero. Allora, come fa la nostra intelligenza (alla quale non dobbiamo mai rinunciare) a entrare nel darsi di Dio per cui, nel cammino della fede, riprendiamo il gusto della vita?

La fede, fondamentalmente, nasce da una relazione. La fede è la ricchezza del rapporto e, il rapporto, nasce da Dio che è la nostra luce perché Dio è innamorato dell'uomo e quindi ci parla perché è innamorato della creatura, Dio si relaziona perché l'uomo sia se stesso.

Dio ci parla perché vuole che noi partecipiamo alla sua luce e realizziamo la nostra umanità; guardando Dio scopriamo il dinamismo della fede.

Gesù, parola del Padre, è la comunicazione del cuore di Dio; il cuore del Padre ci parla attraverso il Figlio. Se, nel progetto di Dio, il cuore del Padre ci parla attraverso la parola che è il Figlio, il principio della fede non è l'intelligenza, il principio della fede è il cuore che ama attraverso l'intelligenza. L'intelligenza è il cuore in azione.

Gesù ha detto -in modo un po' fantasioso- nella parola ascoltata: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe».

L'intelligenza dice una cosa non evidente, ma il cuore vive realtà inevidenti come evidenti perché il cuore, intrinsecamente, è un miracolo vivente. Quando l'uomo ama sa che il miracolo è possibile.

Ecco perché l'esperienza della fede non è problema di capire o non capire (in questo caso consumeremmo in modo inutile le cellule del cervello), ma il criterio della fede è la dinamica amativa del cuore.

Usando un'immagine medievale troviamo questa formulazione: "L'uomo ha un occhio solo, la sua intelligenza, ma l'occhio dell'uomo vede nella potenza dell'amore".

Quindi, la potenza dell'amore apre l'occhio alla comprensione.

Il linguaggio della fede non è un linguaggio di pensiero, il linguaggio della fede è un linguaggio simbolico attraverso il quale il cuore spazia sull'infinito di Dio che ritrova la bellezza della vita umana. Nel momento in cui i discepoli hanno detto «Accresci in noi la fede!» essi così hanno detto: sviluppa in noi quel cuore che è innamorato di te perché sappiamo, attraverso la potenza del nostro amore, capire le tue parole ed entrare nella creatività di Dio Padre.

La fede non è schiacciare l'intelligenza, ma liberare l'intelligenza delle dalle sue schiavitù.

In questa ottica, il desiderio di dire al Signore: "accresci la nostra fede" diventa un dilatare la potenza del cuore per aprirsi simbolicamente sul mistero di Dio che è innamorato dell'uomo.

In questa ottica impariamo una grossa verità: la bellezza della fede è direttamente proporzionale al desiderio di essere uomini.

Chi non ha il desiderio di essere uomo difficilmente affronterà l'avventura della fede. Ecco perché Gesù questa mattina ci ha detto, attraverso il profeta Abacuc, che il giusto vivrà di fede perché l'uomo, innamorato di Dio, è innamorato anche della propria creaturalità.

Se l'esperienza della fede è partecipare al cuore innamorato di Dio, la fede è tutto un problema di cuore.

Quando entriamo in quest'esperienza il cuore capisce tutto perché il cuore non vuole razionalizzare, ma, nel pensare, vuol imparare ad amare ancora di più.

Questo è il mistero nel quale Gesù questa mattina ci vuole introdurre: non diciamo più che la fede vuol dire non capire! La fede è il gusto di amare in modo autentico.

In questa Eucaristia -per quello che ci è possibile- diciamo al Signore: "aumenta la nostra fede" e Gesù non ci deluderà, ci darà quel Corpo dato e quel Sangue versato che sono il segno dell'amore inesauribile di Dio.

Quando l'uomo si sente intensamente amato da Dio si accorge che la sua preghiera è stata esaudita.

Quell’Eucaristia, penetrando in noi, ci dà il gusto delle cose di Dio e delle cose umane perché Dio ha amato diventare uomo.

Questo sia il nucleo della nostra vita in modo da dire: è bello credere perché è bello essere uomini, perché è bello costruire la nostra vita, giorno per giorno, che è l'immagine di Dio per diventare sua somiglianza.

È quella luce di eternità che avvolge la nostra corporeità, che ci dà la luminosità dell'Eterno e ci dà la capacità di aspirare a essere noi stessi in quella luce intramontabile che sarà la gloria del paradiso che attende tutti noi.

 

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