OMELIA
Con Giovanni riprendiamo il nostro cammino verso la venuta del Signore, per poter gustare la bellezza della sua venuta gloriosa. Giovanni, dopo averci guidato al cammino della asceticità per purificare il nostro spirito per essere disponibili all'accoglienza dell'evento della salvezza, oggi ci introduce in qualcosa che diventa veramente gaudio di esultanza spirituale. Nel vangelo abbiamo ascoltato che Giovanni è venuto a dare testimonianza alla sua gente di una luce che incarna sostanzialmente l'ebbrezza d'entrare nella gioia di Dio. Giovanni prepara il cammino perché possiamo essere idonei ad accogliere la gioia di Dio.
C'è
un testo parallelo nel vangelo di Giovanni molto significativo che riprende la
tematica ascoltata nel vangelo odierno. Qui l'evangelista ci fa intuire che
desiderare il Signore con Giovanni significa gustare un'autentica esperienza di
gioia evangelica. Così dice Gesù nel
vangelo di Giovanni: "Non sono io il Cristo, ma sono stato mandato innanzi
a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo, ma l'amico dello sposo, che è presente
e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è
compiuta. Egli deve crescere e io diminuire."
Giovanni
il battezzatore diventa l'amico dello sposo, godendo del rapporto amoroso tra
lo sposo e la sposa e, di riflesso, tra Cristo e la sua Chiesa. Tante volte
abbiamo di Giovanni solo una visione: quella dell'asceta che prepara il
terreno, ma è anche l'annunciatore che ci fa pregustare la vera gioia, ci fa
appassionare al desiderio più profondo dei nostri pensieri che è godere la
presenza del Maestro.
Il
cristiano, in questo cammino verso la venuta del Signore, lentamente sta
impregnandosi di gioia. Ecco perché la Chiesa ci ha offerto il testo profetico
di Isaia che riassume tutta la bellezza e la grandezza dell'attesa. "Io
gioisco pienamente nel Signore, la mia anima esulta nel mio Dio, perché mi ha
rivestito delle vesti della salvezza e avvolto con il mantello della
giustizia".
Il
desiderio che ci accompagna in questo cammino è un desiderio di gioia, dove la
gioia non è altro che il Signore che lentamente sta preparando la sua venuta.
Ci ritroviamo di fronte ad un Signore che infonde in un noi una proiezione in
avanti per poterlo contemplare nella piena luminosità del cielo.
All'inizio
di questo cammino di avvento dicevamo che la vera attesa nasce da una presenza
e la presenza è il Signore. Ora il Signore sta avvicinandosi e ci ricolma della
sua esultanza. La gioia che Gesù ci sta preparando scaturisce dalla sua
presenza che ci attira in un costante sviluppo di esultanza.
Come
Giovanni gode del rapporto tra lo sposo e la sposa, noi godiamo della presenza
di Gesù in mezzo a noi. Chiunque sappia gustare la sua presenza è nell'ebbrezza
della vita.
Il
Signore è l'anima del desiderio, che opera in ognuno di noi, e allora la mente
va verso il compimento finale quando la pienezza del gaudio veramente avvolgerà
la nostra vita quando egli apparirà nella sua gloria. Noi siamo veramente nella
gioia secondo la struttura propria del desiderio: più il tempo passa
nell'attesa, più cresce la gioia che ha un chiaro sapore di eternità. In un
simile orizzonte di storia di salvezza, ci accorgiamo di qualcosa di molto
importante: gli uomini deludono le attese degli uomini, ma Dio non ci delude
mai.
La
bellezza del nostro cammino si costruisce nell'orientare la nostra esistenza
verso la venuta gloriosa del Signore, godendo della sua attualità in mezzo a
noi. Una simile visione ci fa comprendere perché Paolo ci ha detto che dobbiamo
sempre rendere grazie, poiché siamo pienamente avvolti dalla benevolenza
divina. Se qualcuno ci chiedesse perché siamo contenti perché sta avvicinandosi
il natale, noi risponderemmo: la nostra gioia è il Signore. Quanto più il
Signore entra nella nostra esistenza, più cresce nelle nostre persone
l'ebbrezza di ciò che sarà pieno quando saremo decisamente e definitivamente
trasfigurati in lui.
Tutto
ciò ci apre orizzonti meravigliosi. Non abbiamo bisogno di tante cose esteriori
per essere nel gaudio della vita. Le cose esteriori possono rappresentare
qualche volta un riempitivo di vuoti interiori. E' il dramma delle luci che non
orientano alla Luce che non conosce tramonto.
Nasce
allora l'istanza del come possiamo camminare in questa gioia. E la risposta che
scaturisce dal nostro cuore credente è che siamo chiamati in modo immediato a
condividerla. La sua bellezza non può mai rimanere legata e chiusa nell'io, la
luminosità della gioia è fonte di una continua condivisione con i fratelli.
Insieme si è nella vera gioia. L'uomo nella gioia contamina nel condividere la
fonte di questa meravigliosa esperienza.
Una
simile esultanza deve condurre tutti noi a stimolare i fratelli a contemplare
con noi il Cristo.
Che
senso hanno i doni materiali se non siamo noi stessi il dono che è Gesù? Ognuno
di noi è un sacramento dell'attualità del Signore.
La
bellezza della vita è orientare a Gesù tutti i fratelli, comunicando solo Gesù
condividendone la sua attualità in mezzo a noi. La gloria del dono di Natale è
Gesù che entra nella nostra esistenza e ci qualifica fino in fondo, dandoci
quel gaudio di eternità beata che non si spegnerà nemmeno quando le luci si
spegneranno. La presenza del Maestro che Giovanni ci indica oggi nella storia
dell'umanità diventa per noi un'esultanza per un presente pieno di gaudio. In
certo qual modo dovremmo già pregustare quello che ci comunica la prima lettera
di Giovanni nel periodo natalizio "Ciò che era fin da principio, ciò che
noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi
abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato...quello che noi
abbiamo veduto e udito, lo annunziamo anche a voi perché anche voi siate in
comunione con noi. E la nostra comunione è con il Padre e col Figlio suo Gesù
Cristo." Questo è il mistero verso il quale stiamo andando.
Allora
ci accorgiamo che questo cammino ascetico che Giovanni ci ha offerto non è
altro che la capacità di cogliere nell'oggi del nostro quotidiano la luminosità
di Dio per essere trasfigurati dalla sua presenza.
Dovremmo
regalare ai fratelli la gioia d'essere un meraviglioso capolavoro di Dio.
L'uomo che sa veramente desiderare ciò che vale, si sente interiormente
trasfigurato, e attraverso la sua piena personalità regala tale luminosità a
tutti coloro che incontra.
Ecco
perché ogni dono che noi offriamo è segno del volere regalare il Cristo, è
l'unico regalo che allieta il nostro spirito. L'esperienza del Natale sarà la
gioia di un Dio innamorato dell'uomo, è un Dio che celebra le nozze con
l'intera umanità.
Tutto
questo lo stiamo effettivamente vivendo.
L'eucaristia
non è un evento nuziale, come ce lo ricordano le nozze a Cana?
Il
Signore diventa colui che è in mezzo a noi, colui che ci regala il gaudio della
sua persona attraverso quella parola che inebria il nostro spirito e quel pane
e quel vino, in lui avvertiamo trasfigurate le nostre persone. Dobbiamo
imparare che la nostra esultanza è l'esultanza di Gesù, quando la nostra attesa
si lascia continuamente configurare a questa ebbrezza spirituale. Comunque
vadano gli avvenimenti del quotidiano, Gesù è la nostra ebbrezza vivente in
qualunque tempo e spazio.
In
questa eucaristia stiamo vivendo questo grande mistero di esultanza messianica
perché lo Spirito del Signore è stato riversato su noi e, guidati da questa
meravigliosa esperienza, gustiamo la gioia dei tempi nuovi che in pienezza sarà
tra di noi nella visione del Paradiso che ci attende.
Camminando
con questa ricchezza spirituale, questa eucaristia diventa la grande speranza
della nostra vita. Qui ogni domenica attendiamo Colui che non delude e ci
introduce in quella luminosità eterna, piena, inesauribile, senza alcun limite
che vivremo nella Gerusalemme celeste.
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