OMELIA
Dio che tante volte e
in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato per mezzo dei profeti
ultimamente in questi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio. La Parola
che era presso il Padre si è rivelata e ci ha collocati in un meraviglioso rapporto
con i Padre. E’ il grande mistero che oggi ci attira, il desiderio intenso di
gustare la luce dell'esistenza nel Verbo fatto carne ha avuto il suo compimento,
ma questo mistero nel quale noi riscopriamo e ritroviamo la nostra identità si
realizza attraverso il silenzio.
E’ molto bello come
la liturgia, volendo evidenziare questa grande verità, utilizzi un testo
sapienziale estremamente significativo: “Nel quieto silenzio che avvolgeva ogni
cosa, mentre la notte giungeva a metà del suo corso, il tuo Verbo onnipotente o
Signore è sceso dal cielo, dal trono regale” perché il Verbo incarnato è la
parola uscita dal silenzio di Dio. Dio quando si rivela, ama il silenzio, il
buio, la sorpresa. E’ quello che in modo meraviglioso ci ha suggerito il testo
di Giovanni: dal silenzio di Dio la Parola è uscita e si è incarnata, perché
l'uomo potesse entrare nel silenzio di Dio e gustare il volto del Padre. Senza
il silenzio il Verbo incarnato è incomprensibile. E allora cerchiamo di
chiederci cos'è il silenzio di Dio, perché Dio abita il silenzio?
Si rivela molto
stimolante una bella espressione di papa Benedetto: “Dio è silenzio”. In un
simile contesto si rivela interessante entrare in questa ricchezza dello stile
rivelativo di Dio. Se guardiamo attentamente il prologo noi cogliamo tre
passaggi:
- nel silenzio è la
vita di Dio
- il Verbo si fa
carne e proviene dal silenzio abitando con noi e tra noi,
- innamorandoci del
suo silenzio veniamo guidati ad accostarci alla rivelazione della gloria del
cielo.
Innanzitutto
accostiamoci al silenzio del mistero che avvolge la vita trinitaria.
Quando sentiamo
questa parola –silenzio- facilmente la possiamo coniugare come mutismo
vedendolo come un non parlare, ma se guardiamo attentamente la bellezza della
rivelazione il silenzio è la vita di Dio. Quando l'evangelista Giovanni
iniziando il prologo ha affermato “In
principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio” ha detto:
Dio è silenzio perché il silenzio è armonia, è comunione fraterna come esiste
effettivamente tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Il silenzio è il
gusto della reciprocità esistenziale. La bellezza del silenzio è il gaudio del
linguaggio non verbale. Noi qualche volta pensiamo che la cosa più importante
sia il parlare, nell'ordine della rivelazione l’elemento determinante è gustare
nel silenzio, entrare nella reciprocità della vita divina perché l'uomo nasce
dal silenzio di Dio. Spesse volte nella cultura odierna non ci si raccapezza
davanti alla domanda quale sia il senso della vita e noi, davanti a questo
interrogativo, creiamo linguaggi continui dimenticando che la fonte della vita
è il silenzio poiché nel linguaggio non verbale che è il silenzio c'è una
comunicazione veramente inesauribile. Ogni parola è espressione del gusto di una
parola che ci trascende. Ogni parola storica è simbolo del gusto di un fecondo
silenzio interiore che ci apre sull'infinito. È una verità che tante volte non
sappiamo cogliere fino in fondo perché abbiamo sempre la mentalità che fare
silenzio sia non parlare, ma noi, come credenti, facciamo silenzio perché il
silenzio divenga fecondo nella nostra esistenza regalandoci l'armonia del
cuore.
Il cristiano è il
silenzio vivente di Dio. L'uomo quando è davanti al bello è silenzio! Quando
l'uomo è davanti a qualcosa che lo affascina ha paura delle parole, che lo
possono distogliere dalla contemplazione dell'ineffabilità divina, perché
l'unica parola è quella che lo affascina: qui si interiorizza il gusto del
silenzio e ci apriamo sul mistero della vita!
Se cogliessimo questo
primo aspetto che percepiamo all'inizio del prologo, intuiamo il secondo passaggio
“e la Parola si è fatta carne ed è venuta ad abitare in mezzo a noi”. Gesù ci ha
rivelato il silenzio di Dio perché le sue parole erano simbolo di quella parola
che è lui stesso, una parola uscita dal silenzio.
L'uomo che non ami il
silenzio non comprende mai le parole di coloro con cui si pone in relazione
perché le parole sono vere, autentiche e feconde se fioriscono dall'incontro di
due silenzi, di due cuori che nell'interiorità si spalancano l'uno all'altro
perché le parole nella profondità dei rapporti danno fastidio, perché rovinano
l'intensità amorosa del rapporto interpersonale. In questo riusciamo a
percepire come Gesù essendo sempre nel silenzio del Padre ci abbia comunicato il
Padre, ci ha regalato le parole del Padre, ci ha rivelato il cuore del Padre.
L'uomo in silenzio è una armonia esistenziale. Quando vogliamo veramente
entrare nella profonda dinamica relazionale gli occhi sono due silenzi che si
incontrano; in questo Dio ci insegna il senso stesso della vita. Qualche volte
le parole generano conflittualità, le parole generano sofismi esistenziali, il
silenzio offre l'incontro di due interiorità. In certo qual modo ci potrebbe
aiutare un esempio: la differenza tra l’ascoltare la musica e sentire le parole
della musica. Senza la musica le parole cantate possono diventare un vociare,
la musica è il silenzio che ci fa gustare continuamente quella parola che ci
inebria di infinito e allora intuiamo che quando Gesù chiama gli uomini alla
sua sequela li chiama nel silenzio che è lo sguardo del cuore. Se cogliessimo
questo secondo passaggio a livello esistenziale, la bellezza del silenzio
significherebbe il desiderio d' entrare nella armonia di Dio che è il senso
portante della nostra esistenza. Chi vive nel silenzio canta la gioia del
Natale, canta la bellezza del dialogo diurno con Gesù che ci permette di
crescere nella verità e nella essenzialità della nostra esistenza.
Questa visione di
permette di intuire la profondità di tutto il mistero della rivelazione: il
rapporto con il Padre.
Quando Giovanni
conclude il prologo dice “Dio nessuno lo
ha mai visto, il figlio unigenito che è Dio, ed è nel seno del Padre è lui che ce lo ha rivelato”.
L'ebbrezza d'accedere al silenzio di Dio ci offre il gusto eterno della
comunione con lui. Ecco perché il cristiano davanti all'ineffabilità di Dio non
parla, davanti all'ineffabilità di Dio non fa nient'altro che dilatare quel cuore
innamorato che si lascia trasfigurare da questa luminosità divina che è Dio e che
è il volto del Padre. Se entrassimo in questa meravigliosa esperienza, ci
accorgeremmo perché è l'uomo di oggi non sa più credere, l'uomo di oggi non sa
più vivere, l'uomo di oggi non sa più essere persona con una persona, perché
l'uomo di oggi, se guardiamo attentamente, è sempre distratto. La stessa pietà
popolare che circonda il Natale e che proviene da un periodo storico che non si
lasciava inebriare dall'assoluto, che la celebrazione sacramentale offriva, può
essere una distrazione esistenziale. Quanti davanti a Gesù bambino nel presepio
avvertono l'oggi della comunicazione che Dio fa di se stesso per essere
rinnovati nel desiderio di contemplare eternamente il volto del Padre? L'uomo
innamorato del silenzio, anche quando parla regala, una interiorità che brilla
di infinito.
La celebrazione
eucaristica che stiamo vivendo ci permette di vivere la bellezza feconda del
prologo. Che cosa ci ha condotti questa mattina se non l'intenso desiderio di
accogliere Gesù, Parola uscita dal silenzio di Dio, per dialogare nel cuore
innamorato con lui, perché ci riveli le meraviglie dall'Amore? La stessa vita
eucaristica è un canto che comprende solo chi vive il silenzio di Dio. Non per
nulla la celebrazione liturgica comincia con il silenzio, non con il canto
d'ingresso. E' il silenzio interiore che dà significato ad ogni canto per
poterci inebriare dell'Assoluto: il Padre. Questa meravigliosa esperienza
diviene allora una aspirazione alla visione eterna del Padre di cui Gesù ci
parla ogni giorno. La bellezza feconda del Natale, celebrata nell'assemblea
liturgica, si ritraduce nel bramare sempre più quell'infinito nel quale l'uomo
ritrova se stesso. L'uomo è vero quando desidera il volto del Padre, il Natale
è fecondo se cresciamo ogni giorno del desiderio d'entrare nell'armonia divina.
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