Is 63,16-17. 19; 64,2-7 1 Cor 1,3-9 Mc 13,33-37
OMELIA
La
gioia d’aver gustato la pienezza della vita nella festa di Cristo Re diventa
stimolo per noi per camminare verso questa pienezza: il Cristo tutto in tutti.
Dalla contemplazione del mistero glorioso nel quale ogni uomo realizza se
stesso scaturisce l'intenso desiderio di giungere a tale pienezza.
La
ricchezza di questo tempo di Avvento ci guida a riscoprire la bellezza del
desiderio: dopo aver pregustato la pienezza della gloria emerge la volontà
dell'uomo di giungere a lasciarsi trasfigurare in pienezza dal mistero di Dio. Tutto
questo movimento lo possiamo cogliere attraverso i due verbi che noi abbiamo nel
testo evangelico, soprattutto se letto nel testo greco: la bellezza del “vigilare”
e la fecondità del “vegliare”.
Queste
due parole riassumono il cammino di desiderio presente nel cuore di ogni uomo.
Innanzitutto
cerchiamo di cogliere il significato della parola “vigilare” che è prendere
coscienza di essere attenti a quello che noi siamo, a essere attenti al mistero
che è presente in noi, è la percezione del Signore che è in noi e che
meravigliosamente opera nella nostra vita perché possiamo rendere feconda la
sua presenza. La volontà di conservare il dono che è la nostra storia nel
mistero di Dio si ritraduce nella parola "vigilare".
Il
vigilare è il gustare le meraviglie che Dio opera in ciascuno di noi. Una
simile esperienza ci permette di comprendere perché l'uomo sia essenzialmente
un desiderio dove il desiderio non è nient'altro che l'arte d'essere
continuamente sotto l'ispirazione divina, siamo di fronte ad una presenza che
dinamicamente ci rende continuamente svegli.
Il
vigilare rende fecondo il desiderio, il desiderio di quella comunione gloriosa
con Dio che è il senso portante della nostra vita.
L'uomo
cammina perché è un vivente desiderio. La sua vita è un partire da qualcosa che
intensamente sta vivendo, proiettandosi in avanti verso un futuro luminoso, che
è l'anima della vera speranza del credente.
Questa
è un'esperienza che noi dovremmo continuamente fare: il Dio che dimora in noi,
il Dio creativo in noi, il Dio che nella sua fedeltà è sempre attivo nella
nostra storia ci rende persone che vigilano perché questo desiderio non possa
mai essere rovinato.
Tutta
la vita è un desiderio.
Se
togliessimo all'uomo il desiderare, l'uomo non sarebbe più uomo. Per entrare nella
purezza di questo nostro proiettarci in avanti, si rivela necessario che ognuno
di noi veramente dilati questa sua tensione per rendere fecondo ciò che Dio ci
ha regalato. Dovremmo continuamente "vigilare", perché un simile
atteggiamento comporta il continuo spostamento dell'attenzione dalla fonte del
desiderio alla pienezza del desiderio stesso, dalla fonte del desiderio che è
il Dio in noi alla realizzazione del desiderio stesso, che è il Dio tutto in
tutti. Qui riscopriamo la bellezza all'interno della nostra vita di qualcosa di
grande, è l'uomo interiore che continuamente avverte nella propria esistenza
una tensione verso una pienezza.
Un
simile atteggiamento fa sì che il vigilare diventi un vegliare, un essere protesi
verso l'incontro con l'Infinito.
L'uomo
è già in comunione con Dio, l'uomo già vive la percezione di qualcosa di grande,
che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo stanno operando in lui, ma questa
realtà si deve sviluppare, deve essere una realtà che continuamente pungola e stimola
verso qualcosa di più grande: la nostra attenzione è verso l'Infinito.
È
Dio che si fa attendere perché possa diventare l'atteso che diventa
l'appagamento vero del nostro cuore!
Il
tempo dell'Avvento perciò è la gustazione di una presenza, la gustazione di
qualcosa di grande che è attivo in noi, è quello che ci ha già fatto intuire il
profeta Isaia, e poi l'apostolo Paolo, dicendoci che siamo rivestiti di grazia
per poter camminare verso questa pienezza.
La
bellezza del futuro, la bellezza del desiderio che colmerà la nostra storia è direttamente
proporzionale alla quotidiana presa di coscienza di chi noi effettivamente
siamo.
Il
desiderio è la quotidiana creatività di Dio nel nostro cuore per orientare
giorno per giorno la nostra esistenza verso la grande meta. Ecco perché il
cristiano nel cammino della sua storia quotidiana coniuga continuamente i due
verbi vigilare e vegliare, gustare i doni che Dio ha seminato in noi e, nello
stesso tempo, desiderarne il compimento. Ogni desiderio si realizza nel
compimento e il compimento è il Dio che in noi crea il tormento di poterne
vedere la gloria nella pienezza del cielo.
Ecco
perché non dobbiamo distrarci in questo tempo di Avvento. Dovremmo non vedere
le luci, non dovremmo vedere la cultura del consumismo, per giungere a questa
essenzialità: Dio in noi si fa desiderare nella pienezza della gloria.
L'interrogativo
che dovremmo acquisire è: che cosa stiamo desiderando, da dove parte il nostro
desiderio, qual è il cammino che noi vorremmo fare per giungere a questo
appagamento del nostro desiderio?
Allora
sentiamo la vocazione a entrare in quel silenzio del cuore che gusta questa
pienezza divina, che percepisce nella propria storia questa parola divina che
diventa la grande speranza del cuore in modo da poter giungere a contemplare
gloriosamente il volto del Padre.
Cerchiamo
in questo tempo di Avvento di entrare in questo meraviglioso orizzonte. Dio mette nel cuore dell'uomo un desiderio
insaziabile di bellezza che potrà essere veramente realizzato quando saremo
nella comunione piena e definitiva con lui.
La
nostra esistenza si costruisce quotidianamente partendo da Dio che è la
sorgente, vivendo di Dio che è l'anima del presente, per giungere a contemplare
Dio, meta della nostra storia. L'avvento è una presenza, la presenza del Dio in
noi e tra noi, che ci attira in una gloriosa comunione nella Gerusalemme del
cielo.
Questo
itinerario spirituale si realizza nel mistero eucaristico che stiamo
celebrando.
Il
Signore in noi ogni giorno ci dice: veglia su ciò che abita nel tuo cuore
perché tu mi possa accogliere in ogni frammento della tua vita. Poiché il Signore
abita nel nostro cuore, questa vigilanza ci porta all'eucaristia, a incontrare sacramentalmente
il Maestro, che è presente tra noi, a desiderarne la parola che dà vita, per
condividere la sua storia nel pane e nel vino. Immersi nella storia di Dio
desideriamo Dio per giungere a quella pienezza che è la gioia della nostra
gioia. Ogni volta che andiamo l'Eucaristia teniamo viva quell'espressione: “in
attesa della tua venuta”, dove quell'attesa è Dio in noi che si fa desiderare, anima
il nostro desiderio e ne diventa il compimento.
Se
noi percepissimo questo cammino, non avremmo mai paura nel cammino del
quotidiano, ci essenzializzeremmo, saremmo ogni giorno purificati e
semplificati, nell'attesa che il nostro desiderio raggiunga il suo compimento:
essere trasfigurati per poter vedere eternamente il volto del Padre.
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