Is 42,1-4.6-7 At 10,34-38 Mt 3,13-17
OMELIA
La Chiesa,
presentandoci progressivamente alcuni aspetti dell'evento dell'Incarnazione, ha
creato in noi una profonda sete di ricerca: “Chi è Gesù?”. È il fascino che
continuamente accompagna il discepolo, poiché la vita del cristiano si colloca
tutta in lui. Potremmo definire la festa di oggi come la risposta del Padre a
una comunità che è ricercatrice del volto di Gesù, non per niente il misterioso
episodio del battesimo al Giordano si pone all'inizio della sua vita pubblica,
perché questa visione che l'evangelista Matteo ci ha offerta ci accompagni
sempre nell'itinerario di lettura del Vangelo. In quella manifestazione al Giordano
ci si rivela il volto più profondo di Gesù. Attraverso il contesto dell'evento
al fiume Giordano, lo Spirito che scende su Gesù e la voce del Padre, ci si palesa
il mistero della personalità del Maestro. Perché questa manifestazione avviene al
fiume Giordano? Abbiamo ascoltato la risposta nel salmo responsoriale: il salmo
28 mette in luce che l'acqua rappresenta il luogo in cui Dio rivela la sua
gloria. Andare al Giordano è andare al luogo dove Dio manifesta il suo mistero,
nel quale l'uomo si lascia avvolgere. Non si può conoscere Gesù se non si entra
in una esperienza di trascendenza, dove noi abbiamo sete del volto di Dio.
Inoltre, questo coniugarsi dell'acqua del fiume con l'azione dall'alto diventa
la creatività dello Spirito Santo: è la gloria di Dio che viene incontro
all'uomo, per dargli l'intuizione di quello che è il mistero di Gesù. L'uomo
che non è in un profondo contesto di trascendenza, in una nube nella quale il signore
è il Signore, non può conoscere Gesù.
Ecco perché
il secondo passaggio: l'azione dello Spirito. È molto bello come, nel testo che
abbiamo ascoltato da Matteo, lo Spirito sia prima della voce del Padre, perché
il senso di trascendenza non deve essere una semplice trascendenza filosofica (dell'uomo
che pensa), per dare spazio all'uomo che sogna. Questo stile di vita, che
introduce nel percorso di fede, deve essere guidato dalla creatività dello Spirito.
L'uomo non può veramente entrare nella conoscenza di Dio, del volto di Gesù, se
non entra nella creatività dello Spirito. È lo Spirito che ci fa conoscere Gesù,
anzi ci fa desiderare questo mistero di grandezza e ci dà la capacità di
ascoltare e, quando l'uomo è collocato in questo clima, è sotto l'azione dello
Spirito che scende su Gesù e ha la capacità di poter ascoltare la voce del Padre.
Conoscere Gesù è di chi si lascia affascinare dalla voce del Padre, che gli
dice chi sia Gesù. Noi potremo studiare, potremo "mangiare" anche
tutta la Sacra Scrittura, ma se non viviamo della trascendenza in cui lo Spirito
Santo è signore, il Padre parlerà e noi non potremo ascoltarlo. Il senso
dell'assoluto e dello Spirito danno capacità interiore per ascoltare. In questo
ascolto, nello Spirito sentiamo il Padre, che ci rivela il Figlio prediletto.
Ma cosa
vuol dire questa espressione “il mio
figlio prediletto”? Nell’immagine del figlio prediletto, con l'evangelista
Matteo noi andiamo al sacrificio di Isacco, dove Dio, rivolgendosi ad Abramo,
gli dice: “Offrimi tuo figlio, il prediletto!”. Quindi la bellezza di ascoltare
la voce del Padre che ci regala il Figlio è riscoprire il dono del Figlio,
espressione del suo amore incondizionato per noi. Quando noi entriamo nella esperienza
di questa voce, è il Padre che ci regala il Figlio, il figlio prediletto. Per
un momento proviamo a pensare l'esistenza come il luogo nel quale il Padre ci
regala il Figlio prediletto, Gesù, perché la bellezza del mistero della croce è
il dono del Figlio: in lui il Padre ci vuol parlare. È una cosa questa che noi
dovremmo cogliere fino in fondo. Noi potremmo studiare all’infinito, ma, se non
abbiamo il cuore in cui il Padre si incarna, non potremmo neanche capire le
parole di Gesù. Gesù è il fascino incomprensibile, perché la nostra esistenza
deve entrare continuamente in questo mistero.
Ma non è solo
questo che ci viene offerto: il Figlio ci ama come il Padre, che riversa nella
nostra storia e nella nostra esistenza tutto l'amore del Figlio per noi. Se noi
percepissimo questa intuizione, che gli evangelisti hanno avuto ognuno nella
sua propria particolare prospettiva e ci offrono nella narrazione evangelica, noi
ci accorgeremmo in modo molto chiaro che cercare il volto di Gesù è prendere
coscienza che non giungeremo mai ad alcuna meta, se non viviamo nella nube
delle tre Persone divine. Gusteremo l'inizio del mistero, ma non entreremo mai
fino alla meta, perché la bellezza del mistero di Gesù è per chi, nel cammino
della vita, premette il cuore alla testa, l'ascolto alla parola, l'essere amati
all'amore. È quella passività attiva, che è propria dello Spirito Santo e
allora leggiamo ogni testo del Vangelo con il cuore al battesimo al Giordano,
al clima di trascendenza, alla creatività dello Spirito, alla parola del Padre.
Il cristiano è colui che si pone in questa situazione interiore, che lo rende
autentico. Ecco perché la Tradizione ha riletto questo misterioso avvenimento
come iniziazione cristiana: la visione che Matteo ci ha offerto è la nostra
vita. Non è una visione da sogno irreale, ma è la visione della realtà di Dio:
Dio ci fa sognare il volto del Figlio e allora l'esistenza diventa molto
diversa. Non inserendoci in profondità in questo grande mistero, non riusciremo
mai a conoscere Gesù e la conoscenza è l'intimità dei cuori, dove l'infinito di
Dio entra nel finito del cuore umano, perché il cuore umano tende sempre
all'infinito di Dio!
È la
bellezza della celebrazione eucaristica, dove il Padre veramente ci regala il Figlio
nell'oblazione della croce, che è l'Eucaristia. Noi questa mattina, guidati
dallo Spirito, in un contesto di trascendenza, stiamo ascoltando il Padre, che
ci sta regalando il Figlio, nel quale ha posto tutta la pienezza del suo amore.
Accostandoci a quel pane e a quel vino, pur nelle nostre povertà storiche,
impariamo a conoscere Gesù. Mettiamo da parte i libri, lasciamoci attirare nel
silenzio da una persona che è il Cristo, regalo del Padre e allora le nostre
esistenze non saranno la ricerca per voler sapere, ma per poter gustare questa
ineffabilità di Dio, nella quale l'uomo è veramente e pienamente se stesso.
Allora
chiediamo allo Spirito Santo che ci dia questa visione, in modo che, quando noi
andremo all'Eucaristia, anche se ci sentiamo aridi, poveri o peccatori,
possiamo gustare l'ineffabilità divina che è speranza per i poveri, coraggio nel
quotidiano, attesa nel desiderio della rivelazione piena, quando il Padre,
nella bellezza della liturgia del cielo, ci dirà: “Ecco il mio figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto!”. Tutta l'eternità sarà gustare questo
ineffabile mistero.
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