Sir 24,1-4.12-16 Ef 1,3-6.15-18 Gv 1,1-18
OMELIA
La Chiesa, per
guidarci ad approfondire in modo autentico la realtà dell'Incarnazione, ci
offre ancora l'inizio del Vangelo di Giovanni, perché questo evento
fondamentale per la nostra salvezza, possa veramente diventare l'anima della
nostra anima. Nel mistero dell'Incarnazione noi godiamo quel dialogo eternità –
storia, che è il senso della nostra vita. Davanti al prologo di Giovanni,
questa mattina veniamo accompagnati dallo Spirito ad accostarci al mistero dell'iniziativa
di Dio nei confronti dell'umanità e a cogliere una meravigliosa sintesi della
nostra storia umana. Ogni battezzato è la vivente e personale visione
dell'identità di ogni cristiano. Rileggere nella fede il prologo di Giovanni
non è semplicemente entrare nel modo di agire di Dio, ma è soprattutto entrare
nella comprensione della nostra identità, per ritrovare la vera sapienza, come
ci ha detto il libro dei Proverbi. È la bellezza di riscoprire il senso vero
della nostra esistenza, al di là delle vicissitudini storiche. Ecco perché oggi
si punta molto di più sul mistero dell'Incarnazione che sul mistero della Morte
e Risurrezione del Signore perché nell’Incarnazione c'è tutto il gusto creativo
di Dio che dà alla luce l'umanità. Noi non comprenderemo mai perché Dio abbia
creato l'uomo. La bellezza di rileggere il prologo di Giovanni è entrare nel
mistero del cuore di Dio, nel quale è il mistero dell'uomo.
Quando noi
riascoltiamo l’inizio del prologo, troviamo il nucleo che dà la risposta alla
domanda più profonda dell'uomo: “Perché esisto?”. Leggiamo: “In principio era il Verbo, e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio”. Abituati ad uno storicismo fin troppo
legato al concreto, abbiamo dimenticato il senso della nostra esistenza: “In principio”. Ci vengono in mente
allora due altri testi della tradizione scritturistica, che qualche volta non
approfondiamo a sufficienza: “In
principio Dio creò il cielo la terra” - la contemplazione dell'atto creativo di
Dio- e- alla sera del sesto giorno, dopo aver creato l'uomo- “E Dio vide che era cosa molto bella”.
La nostra esistenza umana fiorisce dalla bellezza di Dio.
Noi qualche
volta non ci poniamo l'interrogativo sul senso portante della nostra vita. Lo
cogliamo in quel “In principio Dio creò
il cielo e la terra”: è Dio che dispiega la sua bellezza nel creato, è Dio
che incarna la sua bellezza nella realtà dell'uomo, è Dio che regala all'uomo
la bellezza del creato. Siamo troppo portati a vedere quello che dobbiamo fare
e non abbiamo il gusto di questa bellezza di Dio, che ci ha creati: dalla
bellezza di Dio alla bellezza dell'uomo, entrando nella bellezza dell'uomo per gustare
la bellezza di Dio, in una reciprocità che veramente ci deve affascinare. Ricolleghiamoci
al versetto, che troviamo nell'inizio della prima lettera di Giovanni: “Ciò che era in principio” dove l'autore
della lettera sta contemplando il mistero della storia di Gesù, per cui noi siamo la bellezza di Dio attraverso la
storia di Gesù. Innamorarci della storia di Gesù è innamorarci della nostra
storia. L’uomo ritrova il respiro della sua esistenza, quando ha il coraggio di
entrare nella fonte del suo essere, la bellezza di Dio, nell’Incarnazione del Verbo,
nel mistero della storia di Gesù. Viviamo questo grande progetto che dobbiamo
sempre acquisire, attraverso quello che subito dopo Giovanni ci dice: “In principio era il Verbo e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio”. Se la fonte della nostra esistenza è il
mistero della Trinità, poiché il Padre e il Figlio vivono un'intensa relazione nell'eternità,
nella quale l'uomo è collocato, allora la vita è condividere, nelle nostre
scelte umane, la bellezza del rapporto trinitario.
Dicevamo
mercoledì scorso che dobbiamo entrare nel silenzio di Maria, perché il Verbo è
uscito dal silenzio di Dio e il silenzio è l'ambiente vitale per gustare la
grandezza della nostra identità. Il silenzio, come gustazione di questo
meraviglioso rapporto tra il Padre e il Figlio nello Spirito Santo, è la
dinamica della nostra umanità. Se riuscissimo a penetrare nel silenzio vero
questo mistero, ci accorgeremmo che la storia, pur nella sua complessità, anche
tragicità, come avvertiamo in questi giorni, è relativa allo spazio e al tempo.
La bellezza della vita è essere per sempre in Cristo, secondo la visione che ci
ha dato l'inno di Paolo nella seconda lettura: la nostra esistenza è la vita nella
Trinità, nella prospettiva di gustare l'arrivo in cielo, perché siamo creati
per lodare eternamente la Trinità. Se cogliessimo questo semplice elemento
della nostra esistenza cristiana, avremmo nel cuore, anche nei momenti di buio,
di aridità e di non senso, una certezza: il mio istante è l'oggi eterno di Dio
e, se nell'oggi eterno di Dio sono la bellezza dell'ineffabilità di Dio, nel
profondo del cuore io sono nella luce. Ecco perché Giovanni nel prologo ha
usato l'immagine della luce.
La storia
sembra essere un susseguirsi di oscurità, ma questa luce che nasce dal rapporto
Padre-Figlio scioglie le nostre tenebre e ci dice che siamo in una luce
incomparabile. Soffermiamoci nel cammino della nostra vita a rileggere la
bellezza di abitare in questa vitalità silenziosa delle tre Persone divine e
troveremo la gioia di essere noi stessi. La fede non è un'illusione, non è una
serie di sogni che l'uomo si costruisce come analgesico esistenziale, la fede è
gustare con Dio la bellezza della nostra umanità: siamo nel “principio”.
Se cogliessimo
la bellezza della rivelazione cristiana, godremmo del mistero dell'Incarnazione.
Dicevamo a Natale che le luci fanno dimenticare la luce, il rumore ci fa
dimenticare che il Verbo è uscito dal silenzio di Dio, il caos storico ci fa
dimenticare che siamo chiamati a entrare nel silenzio della lode eterna. È la
profondità della nostra vita: la gioia dell'Incarnazione, una gioia che noi
stiamo vivendo nel mistero eucaristico, dove siamo immersi nella creatività di
Dio, che ci rende creature molto belle. Siamo nella luminosità trinitaria. Nel
momento in cui ci accosteremo al pane e al vino, Dio ricreerà le nostre persone
perché il Padre, mentre ci accosteremo all’Eucaristia vedrà in noi il Figlio,
che ci rigenera, e otterremo la libertà del cuore, che nasce dallo Spirito
Santo.
Viviamo
questo mistero, che magari può essere di pochi, ma quei pochi che vivono l’ineffabilità
dell'Incarnazione diventano speranza per un'umanità che non trova più il senso
della sua vita. Ecco perché la Chiesa ci ha dato ancora, oggi, il testo del
prologo, perché non ci dimentichiamo mai della profondità e della bellezza
dell'evento dell'Incarnazione in cui Dio, in modo meraviglioso, ci ha creati
come uomini. Amiamo questo Dio, nel quale ritroviamo la nostra esistenza
storica, ma amiamolo soprattutto perché siamo chiamati a quella esistenza
gloriosa, quando tutti saremo nella Gerusalemme del cielo.
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