26 ottobre 2020

XXX DOMENICA T.O. - (ANNO A)

Es 22,20-26             1Ts 1,5c-10              Mt 22,34-40

OMELIA

Il cristiano, nel cammino della sua esistenza, normalmente pone a Gesù la domanda: “Quale deve essere il criterio della mia vita?”. Credo che la Parola, che il Maestro questa mattina ci indirizza, sia una Parola che illumina in modo molto forte la nostra storia. Infatti, se noi rivolgessimo a Gesù oggi lo stesso interrogativo che lo scriba rivolge al Maestro, egli ci darebbe una risposta ancora più profonda: “Vivi come sono vissuto io!”. Il comandamento è il linguaggio storico attraverso il quale noi realizziamo la nostra identità. Noi spesse volte abbiamo un criterio troppo morale e giuridico della nostra esperienza cristiana e pensiamo che la bellezza della nostra vita sia osservare i comandamenti, ma tutto ciò che è plurale non appartiene al Vangelo. Il Vangelo è essenzialmente semplice. Il cammino evangelico è essenziale. Davanti alla domanda: “Qual è il vero comandamento?”, Gesù ci risponde: “La mia imitazione!”. In questo noi ritroviamo la bellezza della nostra esistenza, perché imitare Gesù è realizzare la nostra identità. Se poi entrassimo nel concreto del linguaggio di Gesù, egli ci potrebbe dire così: “Imita la mia umanità, entra nella mia storia, vivi il tuo quotidiano come l'ho vissuto io e sicuramente entrerai nella bellezza della mia divinità." È il principio di fondo su cui costruire la nostra esistenza. Il comandamento è una illuminazione di ciò che è la nostra identità, il comandamento è la rivelazione per costruire la gioia di essere uomini. Questa visione è sicuramente molto liberante, perché spesse volte noi abbiamo, nel rapporto con Dio, un criterio troppo morale e giuridico: "Gesù ha detto, quindi facciamo pedissequamente". Gesù ama la nostra umanità, non ha questi criteri pragmatici e di immagine. La bellezza di Gesù è il suo porci nella bellezza della sua umanità, per farci gustare la gioia di essere uomini. Ecco perché il cristiano costruisce ogni giorno la sua esistenza nel fascino di Gesù, perché in Gesù c'è tutto il mistero del Padre e in Gesù è attiva la bellezza della nostra umanità. Questo Gesù ce l'ha insegnato in modo luminoso.

È interessante andare alle due frasi del Vangelo di Giovanni per riuscire a cogliere tutto questo: "Il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi". Il Verbo si è fatto carne, si è fatto storia, si è fatto uomo come tutti gli altri uomini, meno ovviamente il peccato, per venire ad abitare in mezzo a noi e per insegnarci la bellezza della nostra umanità. Quando noi cogliamo la bellezza e la grandezza dell'umanità, gustiamo la fecondità dell'ultimo versetto del prologo di Giovanni: "Dio nessuno l'ha mai visto, il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui ce lo ha rivelato". Ecco allora che i due comandamenti sono la persona di Gesù: in lui scopriamo il movimento dal Padre per l'uomo, e in noi dall'uomo al Padre. L'invito a vivere i comandamenti, o meglio a vivere il grande comandamento, è essere presi e affascinati dalla persona di Gesù. L’apostolo Paolo, nel brano che abbiamo ascoltato, ha un inciso molto bello, che noi dovremmo continuamente assumere, per realizzare la nostra esistenza: siamo chiamati a servire il Dio vivo e vero. È interessante fare una riflessione su queste tre parole nelle quali noi elaboriamo il senso dell'esistenza di ogni discepolo.

Innanzitutto, cerchiamo il valore del verbo "servire". La parola "servire" indica la gioia di ascoltare in atteggiamento amoroso la persona di Gesù. Se manca questo primo elemento che vede l'ascoltare come il modo amoroso di porsi dell’uomo davanti a Gesù, è impossibile vivere ogni comandamento. Infatti, nella Prima lettera di Giovanni c'è un'espressione che deve farci molto riflettere. L'autore vi afferma: "I miei comandamenti non sono gravosi", perché la bellezza del servire è la gioia di lasciar agire Gesù, ascoltare la persona di Gesù, configurando a lui la nostra umanità, con le sue dinamiche, per assimilare la nostra sensibilità al mistero di Gesù. “Ascoltare” non è semplicemente “udire”, “ascoltare” è spalancare la propria persona all'invadenza di qualcuno. Gesù, alla domanda: “Qual è il grande comandamento?”, ci dice: "Ascolta la mia persona, diventa la mia persona, diventa la gioia della mia umanità”.

Su questo sfondo, le due espressioni successive, che qualificano Dio - vivo e vero - ritraducono il cammino. Il comandamento, quando è semplice esecuzione, è sterile; il comandamento quando è servire indica l'agire della vita di Dio in noi. Ecco perché la Prima lettera di Giovanni ci ha offerto quella interessante affermazione “i suoi comandamenti non sono gravosi”, perché chi vive in atto il mistero di Gesù in noi è Gesù stesso. Proviamo a pensare che le nostre scelte e lo stile della nostra vita sono l'attività di Gesù in noi e poiché la Trinità di Gesù in noi è vita, è chiaro che il comandamento è far fiorire la vita. Quante volte abbiamo usato l'immagine del respiro! Dio, il Padre, in Cristo Gesù respira in noi lo Spirito Santo. Allora servire il Dio vivo è percepire la bellezza del vivere.

L'aggettivo successivo a “vivo” è “vero”: l'autenticità! E l'autenticità è il gusto di essere sé stessi. Una delle realtà che noi spesse volte non sviluppiamo nella nostra storia è l'intenso amore alla nostra umanità. Noi abbiamo un difetto profondo: vogliamo andare a Dio saltando il dono della nostra umanità. Se Dio è entrato nella nostra storia attraverso l'umanità, non possiamo giungere a Dio se non amando la nostra umanità. Amandola in tutte le sue povertà ovviamente, in tutti i suoi limiti, in tutti i suoi interrogativi, in tutta la sua storicità, amando la concretezza della nostra umanità abitata da Gesù, potremo incontrare il Padre.

Ecco perché Gesù questa mattina vuole veramente aiutarci a entrare in questo grande mistero. Guardando Gesù, l'Invisibile che si è fatto visibile, noi, amando il visibile che è la nostra umanità, che è la nostra storicità, che è la nostra esistenza feriale, accediamo all'Invisibile. Vivere è imparare lentamente a volare nell'infinito! E allora ci accorgiamo che osservare i comandamenti non è dire: "Sono stato bravo", perché avremmo già ricevuto la nostra ricompensa! La bellezza di amare il comandamento che è Gesù è librarci nell'infinito in una grande libertà interiore. Usando un'immagine, dobbiamo passare dal pensare al cantare. Allora l'uomo ritrova veramente la sua identità.

È bello ritrovarci attorno al mistero di Gesù, entrare nel suo linguaggio storico, innamorarci della sua umanità, per poter gustare l’oggi della sua divinità. E allora potremo veramente essere cristiani, dialogando storicamente con gli uomini, per regalare il sorriso della divinità. Questa è la bellezza di fondo della nostra esistenza, diversamente anche gli atti di carità potrebbero essere una gratificazione psicologica: la bellezza del comandamento è entrare nella libertà di Gesù. Ecco perché Gesù si rende presente in mezzo a noi attraverso la nostra umanità. Il Signore è presente, perché noi siamo riuniti nel segno della nostra umanità, rappresentata dall'assemblea liturgica! Il Signore è presente perché c'è un pane e c’è un vino, frutto della terra, della vite e del nostro lavoro, perché nei sacramenti c'è una materia, che è la storia quotidiana. Entrando in questa storia, noi possiamo accedere alla bellezza della divinità. Ecco allora che il Vangelo di questa mattina è ritraducibile, come dicevo all'inizio, in una frase molto semplice: “Qual è il grande comandamento?”  E’: “Servire il Dio vivo e vero!”.

Lasciamo operare Gesù in noi, il resto sono linguaggi culturali. Gli stessi Dieci Comandamenti sono un linguaggio culturale antichissimo, ma i linguaggi culturali non sono la verità. La bellezza della nostra esistenza è una Persona, alla quale attingono tutte le persone. La bellezza della persona di Gesù è la sua attualità nell'Eucaristia, qui egli diventa la Persona che vive in noi. Viviamo così questo mistero che il Signore oggi ci regala, per crescere nella libertà del cuore e mettiamo da parte tanti pragmatismi. Il centro della nostra esistenza è il Signore, vero Dio e vero uomo, vero uomo e vero Dio, per ritrovare fino in fondo la bellezza di vivere, pur nelle difficoltà del quotidiano.

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