10 agosto 2025

XIX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA10 AGOSTO 2025                                                      

Sap 18,6-9              Eb 11,1-2.8-19      Lc 12,32-48

OMELIA

La vocazione a essere discepoli è una vocazione a crescere ogni giorno nella vera libertà.

Attraverso l’intensità della preghiera siamo entrati nella libertà rispetto alle cose per cui, il discepolo del Signore, davanti agli avvenimenti è creatura perfettamente libera, perché il discepolo, quando vive del suo Signore, ne gode la libertà.

Gesù oggi ci aiuta a fare un passo più avanti nell’esperienza della libertà. Non solo essere uomini liberi davanti alle cose, ma essere uomini liberi davanti al tempo, davanti alle realtà ultime che raggiungono inevitabilmente l’uomo. Per cui, Gesù, questa mattina vuole educarci a come essere uomini veramente liberi davanti alle realtà ultime.

Infatti - spesse volte - l’uomo non riesce a costruire in modo autentico la sua vita perché, quando si scontra davanti alla realtà della morte, si pone la domanda che senso abbia la vita con tutti quegli interrogativi che in un modo o in altro si affastellano nella mente e nel cuore dell’umana creatura, per cui, facilmente l’uomo ha paura (magari per inconscio) del momento in cui accadrà l’evento della morte.

Gesù oggi ci insegna a essere anche liberi davanti alla morte perché ciò che conta non è domani, ciò che conta è oggi.

Il discepolo è chiamato a costruire la sua esistenza concentrando ogni sua scelta nell’amore dell’oggi, perché nell’oggi, noi siamo abitati da Dio, nell’oggi dialoghiamo con Dio per essere, oggi, nella pregustazione dell’eternità beata.

Il dramma dell’uomo è non riuscire a vivere in profondità il suo oggi. La mente umana facilmente è proiettata a guardare “un futuro”, a organizzare la sua vita e quindi entra nella stoltezza delle paure.

La bellezza della vita è “oggi”, perché “oggi” siamo creati da Dio, “oggi” in Gesù siamo salvati, “oggi” nello Spirito Santo godiamo la presenza gloriosa del Maestro; infatti “oggi” noi veniamo creati.

Per noi, qualche volta, vivere diventa una realtà così ovvia che non pensiamo a cosa voglia dire effettivamente vivere, e vivere è niente altro che la fedeltà di Dio che istante per istante ci dà il suo respiro e, poiché ogni istante è nel respiro di Dio, ogni istante è la creatività di Dio e, poiché Dio è sommamente fedele, colui che ha iniziato in noi il mistero di vita nei nostri confronti, “oggi” ci sta creando.

Poiché Dio è fedele, il cristiano non conosce la morte, perché la fedeltà di Dio è vita.

Ecco perché nell’ordine della creazione noi dobbiamo dire “oggi” l’atto creante di Dio, e poiché noi siamo persone che vivono la povertà esistenziale, oggi Dio ci rende creature nuove: la bellezza della fede.

La bellezza della fede è oggi lasciarci esistenzialmente rifare da Dio.

Il credente sa quanto sia vera l’espressione scritturistica: “Il Cristo fa nuove tutte le cose”, oggi il Signore fa meraviglie nella nostra esistenza e, di riflesso, oggi nello Spirito Santo, il Risorto abita dentro di noi realizzando il principio che abbiamo ascoltato nel Vangelo: “Dov’è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore” e il nostro cuore è abitato dal Signore e poiché il Signore è glorioso, in questo istante, noi siamo abitati da Colui che godremo eternamente in Paradiso.

Ecco perché il cristiano non si pone in modo drammatico il problema della sua “morte”, perché sa esattamente che “oggi” è il luogo in cui si racchiude il senso della sua vita. Quando, tra poco, moriremo celebreremo ancora “oggi” perché la bellezza della nostra esistenza è “oggi”, il Signore.

Ma come possiamo elaborare evangelicamente questo stile di vita, in modo che il mistero del morire è niente altro che la capacità di vedere eternamente il sommamente desiderato? Noi non possiamo vivere del Signore solo nella fede o nell’esperienza sacramentale, tutti e due questi momenti sono un propellente per qualcosa di più grande: poterlo vedere presto faccia a faccia, questo è il senso della nostra esistenza! La persona a cui noi vogliamo bene non la incontriamo solo al telefono o al video-citofono, ma la vogliamo vedere faccia a faccia.

La bellezza della vita è essere abitati da questa persona nella quale la nostra esistenza si realizza.

Il metodo per entrare in questo stile di vita è molto facile: riuscire a comprendere che l’esistenza non sono le cose che facciamo, che hanno la labilità della storia, ma la bellezza dell’esistenza è Dio che dialoga con noi.

Al mattino quando ci svegliamo il Signore ci appare e ci parla e noi, nelle scelte che facciamo fin dal mattino, entriamo in dialogo con lui.

Cos’è la vita?

La vita è un favoloso dialogo fra Dio e noi e noi e Dio, e il dialogo, più cresce negli anni, più diventa intenso, e questo dialogo ci porta alla trasfigurazione interiore per cui, il momento della morte, è il compimento del dialogo terreno quando ci Signore ci chiamerà e noi diremo: “Eccomi!”

É quello che Gesù ha detto: “Beato quel servo che quando il padrone arriverà, in qualunque momento sarà pronto”, per cui – in certo qual modo – la morte non la conosciamo se non come momento per avere l’appagamento di tutti i nostri desideri: essere definitivamente con il Signore.

Usando la bella espressione di S. Giovanni della Croce: “Quando tra poco moriremo diremo al Signore: ma quanto tempo ti sei fatto aspettare!”. È qualcosa che l’uomo di oggi non comprende perché è drogato dal contingente e non si pone la bellezza della vita già da oggi.

Questo Signore che dimora in noi è in certo qual modo il fascino della vita.

Credo che se entrassimo in questa libertà, pur riconoscendo che l’uomo storico ha non pochi problemi davanti alla morte, interiormente il nostro desiderio di visione del Signore, è qualcosa che ci affascina in modo così profondo che nel momento della morte diremo: finalmente ti posso vedere!

Tanti anni ti ho desiderato… Ecco: il dialogo con Te diventa eternità nel canto che non avrà mai fine.

Il mistero della morte è semplicemente una operazione oftalmica, dove -  dagli occhi di carne - passeremo agli occhi della visione.

Se riuscissimo a entrare in questa libertà interiore potremo veramente camminare ogni giorno in novità di vita.

È quello che stiamo celebrando nell’Eucaristia, tra il Signore risorto che è qui in mezzo a noi e, in ciascuno di noi, si sta realizzando un dialogo dove, attirati dal Maestro, ci accostiamo a Lui - nel momento della comunione - e in quell’Amen diciamo: Tu sei il desiderio dei miei desideri!

Al momento della comunione, il Signore sarà farmaco di immortalità, pregustazione di quella eternità beata che ci sta affascinando tutti, orientandoci verso la pienezza di quella gloria.

Tale sia il mistero che vogliamo vivere in questa Eucaristia per sentirci radicalmente rinnovati in modo che, camminando nella luce che viene dall’alto, si apra nella nostra vita quell’orizzonte di speranza che non ci fa schiacciare davanti agli avvenimenti, ma ci fa solo desiderare quella pienezza di gloria dove Dio tutto in tutti eternamente ci affascinerà in una gioia veramente inesauribile.

 

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