DOMENICA 24 AGOSTO 2025
Is 66,18-21 Eb
12,5-7.11-13 Lc 13, 22-30
OMELIA
La solennità dell’Assunzione di Maria ha collocato la nostra vita
nell’orizzonte dell’eternità e ci ha fatto gustare la meta della nostra storia
quando, in Cristo Gesù, Dio sarà tutto in ciascuno di noi.
Davanti a questo orizzonte nel quale ogni uomo è chiamato a entrare nasce
di riflesso in noi la domanda che quel tale ha posto a Gesù: “Signore, sono
pochi quelli che si salvano?” domanda che potremmo ritradurre in modo positivo:
“Signore, come possiamo accedere a questa esperienza di gloria nella quale ogni
uomo si sente profondamente realizzato?”
La domanda può essere spiegata attraverso tre passaggi che ci possono
aiutare a cogliere la strada per giungere veramente a questo mistero di gloria
e nel quale ognuno di noi sarà veramente e pienamente se stesso.
Innanzitutto dobbiamo entrare in noi stessi e chiederci se desideriamo
essere salvati; se in noi c’è il desiderio di giungere a un’armonia che
veramente realizzi la nostra umanità.
Uno dei grossi interrogativi dell’uomo contemporaneo è che egli non usa
più la parola “salvezza”.
Davanti a qualunque situazione, anche complessa della vita, si ricorre
facilmente a soluzioni semplicemente umane, mentre l’esperienza della salvezza
è il disagio interiore dell’uomo quando questo disagio è letto sullo sfondo
dell’infinito, per cui, la salvezza, appartiene all’anelito dell’uomo
religioso.
Ecco perché è importante che noi intuiamo l’esigenza di entrare in una
situazione in cui desideriamo che Dio ci doni l’armonia della nostra persona.
La salvezza infatti non è altro che l’uomo che ricompone se stesso nella
verità, secondo il disegno di Dio.
Gesù è il Salvatore: nel disagio della nostra esistenza ci affidiamo a
lui e in lui ritroviamo noi stessi.
Questo orizzonte è stato il principio della risposta di Gesù quando Gesù
ha affermato: “Sforzatevi di entrare per la porta stretta”.
Quando noi sentiamo nel vangelo di Giovanni l’espressione “porta stretta”
la nostra attenzione – in modo immediato – va a quell’aggettivo “stretta” e
quindi sentiamo la pesantezza del camminare per ritrovare armonia nella nostra
vita.
Dovremmo invece porre l’attenzione sull’espressione “porta” dove questa
espressione richiama la persona di Gesù.
Questo ci è stato detto nel testo dall’evangelista Giovanni che abbiamo
cantato prima del vangelo: “Io sono la via, la verità e la vita, nessuno viene
al Padre se non per mezzo di me”. Gesù è la porta perché in lui e solo in lui
l’uomo ritrova l’armonia della propria esistenza. La bellezza della fede è
leggere continuamente il nostro disagio esistenziale nell’orizzonte del mistero
di Gesù, anzi, in certo qual modo, quanto più noi ci radichiamo nella persona
di Gesù, tanto più in noi matura il desiderio che Gesù ci regali l’armonia
della vita.
Questo è un itinerario molto importante perché ci permette di cogliere
che la novità della nostra esistenza è unicamente la persona di Gesù.
Di riflesso intuiamo perché a quelle persone che rivolgendosi a Gesù gli
dicono: “Noi abbiamo mangiato e bevuto con te, ti abbiamo ascoltato nella
nostra pienezza”, Gesù risponde: “Non vi ho mai conosciuti!”.
Se guardiamo attentamente il testo ascoltato dal Vangelo, quel mangiare,
quel bere e quell’ascoltare non ci richiamano alla nostra Messa domenicale?
Il fatto di andare a Messa la domenica non vuol dire essere salvati se
durante l’Eucaristia non abbiamo il gusto dell’essere “familiari” con Gesù. Spesso
il rito diventa un addomesticare la nostra intensa esperienza di fede.
Ecco perché il cristiano gode continuamente di rimarcare l’amore alla
comunione con il suo Signore e in questa comunione hanno ragion d’essere i riti
della Messa, diversamente essi sono tutta un’illusione.
Se vogliamo veramente ritrovare noi stessi, ritrovare l’armonia della
nostra vita, dobbiamo passare attraverso la porta e questa porta è stretta
perché il principio dell’entrare in quella porta non siamo noi!
L’uomo, spesso, pensa di poter costruire la sua vita secondo le proprie
programmazioni, i propri desideri, i propri orientamenti perché l’uomo
fondamentalmente ha bisogno di sicurezze e la tentazione più facile è la
sicurezza dell’ordine concreto. Ora, la porta è stretta perché, chi segue Gesù
(il Vangelo ce lo ha detto) va a Gerusalemme, cioè entra nell’oggi misterioso di Dio, ma quando abbiamo davanti a noi
il Signore, quando abitiamo nel Signore, quando camminiamo e viaggiamo con il
Signore, non ci interessano le cose concrete.
In certo qual modo, la scelta del cuore di seguire Gesù è più importante
degli imprevisti e delle strettoie della vita; per il cuore che ama nulla è mai
stretto!
Ecco perché quella porta stretta non ci deve impressionare, è niente
altro che il fascino di Gesù che ci dice: vai a Gerusalemme, vivi
l’imprevedibilità di Dio, vivi nella storia come il linguaggio della tua
novità.
Entrando in un simile itinerario nulla è stretto, ma è una strettoia per un’affascinante grandezza,
è salire nella croce della morte per spalancarci nell’infinito della risurrezione.
Allora intuiamo che il cristiano, ogni volta che si pone la domanda: “Signore,
cosa vuol dire salvarmi?” Gesù ci dice: “Godi della mia presenza, entra nella
mia interiorità, vivi il mistero dell’oggi del Padre e ritroverai l’armonia
della tua vita e progressivamente entrerai in quel mistero di gloria che è la
realizzazione della tua esistenza!”
Lo sguardo del cuore sia solo Gesù Cristo e quando lo sguardo del cuore è
solo Gesù Cristo, il peccato diventa grazia, il buio diventa luce, la schiavitù
diventa libertà, perché in lui il discepolo ritrova veramente se stesso e
cresce in lui il desiderio di quell’eternità dove la salvezza sarà goduta in
pienezza.
Ecco perché questa mattina ci siamo ritrovati qui nell’Eucaristia: siamo
venuti per essere salvati, per essere ricomposti nell’armonia della nostra vita
e, innamorati del Signore, mangiamo e beviamo con lui, ascoltiamo la sua parola
e ci convertiamo.
In quel Corpo e in quel Sangue noi godremo: “Oggi, in questo momento,
vengo salvato perché sto entrando per la porta che è Gesù morto e risorto!
Tale sia l’esperienza che vogliamo vivere e condividere anche nell’arco
di questa settimana in modo che il desiderio di quella pienezza di gloria che
ci affascina continuamente possa, giorno per giorno, maturare in noi in modo da
poter passare dalla salvezza della fede e dei sacramenti alla salvezza, visione eterna del cielo, quando eternamente,
con l’intera umanità, andremo alla vera Gerusalemme, quella del Paradiso per
cantare la nostra libertà e la nostra gratitudine alla fonte della nostra vita.
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