04 ottobre 2015

XXVII DOMENICA T.O. - ANNO B -

Gen 2,18-24           Eb 2,9-11     Mc 10,2-16
OMELIA
La gioia d'essere discepoli del Signore ci porta ad acquisirne giorno per giorno la sapienza perché possiamo regalare ai fratelli quella esperienza evangelica che è fonte di rinnovata speranza. Davanti a questo grande ideale che pervade la vita di ciascuno di noi il discepolo si pone l'interrogativo circa le modalità per entrare coraggiosamente in questa sapienza e comunicare agli fratelli la verità del Vangelo.

Gesù, questa mattina, ci aiuta a scoprire il metodo attraverso il quale possiamo realizzare la nostra esistenza diventando profeti della novità di Dio. Il brano evangelico ci pone dinanzi tre passaggi che potremmo appunto definire il metodo per costruire evangelicamente la nostra vita:

il riferimento alla parola di Dio e alla divina rivelazione,

il superamento delle chiusure all'interno del cuore dell'uomo

per poter essere avvolti dalla coraggiosa e gioiosa tenerezza di Dio.

Coniugando questi tre passaggi il cristiano riscopre il metodo per costruire evangelicamente la propria vita.

Il primo elemento da tenere presente è riscoprire il senso della storia di Dio per la vita di ogni credente. Infatti si rivela importante porci la domanda: chi è il cristiano?  Quando ci poniamo questo interrogativo  - che è fondamentale per la nostra esistenza - ci accorgiamo che il cristiano è il Cristo vivente perché giustamente ci ha detto l'autore della lettera agli Ebrei che Cristo “con noi opera in noi” e quando l'uomo accoglie Gesù Cristo nucleo della sua vita in lui accoglie tutta la storia di Dio.

Davanti a qualunque interrogativo la vita ci ponga dinanzi, dobbiamo, in Gesù, abbracciare la storia di Dio, entrare nell'esperienza della rivelazione come criterio illuminante. Gesù infatti nel Vangelo che abbiamo ascoltato davanti all'interrogativo che gli ponevano i farisei ha citato l'antico Testamento, il libro della Genesi, Il cristiano dovrebbe avere la consuetudine di leggere le situazioni della storia partendo da quello che Dio, nella storia, ha operato perché il cristiano è cristiano perché è la vivente storia di Dio.

Infatti quando uno si pone la domanda circa la propria identità, si accorge in modo immediato che, guardando a Gesù e guardando in Gesù scopre il compimento della rivelazione divina. In questo imitiamo il metodo di Gesù che va sempre all'antico Testamento, alla prima rivelazione di Dio, per sottolinearne il compimento nella sua vicenda storica e per stimolare i discepoli in questa direzione. Il cristiano è un alunno gioioso di Gesù personalizzando la storia di Dio.

Il cristiano, quando è davanti alla storia di Dio, s'accorge in modo immediato d’avere al suo interno una mentalità molto diversa rispetto al sentire di Gesù perché è rinchiuso nella durezza del cuore.: è l'atteggiamento dei discepoli che allontanavano i bambini perché i bambini non erano degni di accostarsi al Maestro e Gesù li rimprovera, un rimprovero che si allarga ancora di più quando noi, in linguaggio contemporaneo, nelle nostre scelte siamo guidati dal mondo mass-mediatico.

È facile nella nostra vita pensare come pensano tutti. Ma il cristiano sa esattamente che la bellezza di essere discepolo è avere uno stile di vita totalmente diverso, e il pensiero che ritraduce la vitalità del cuore non deve essere catturato dalla mentalità comune. Il cristiano rimane legato alla Parola per poter difendersi dal pensare comune. Questo è un atteggiamento che dovremmo sempre acquisire e questo, sicuramente nella cultura contemporanea è estremamente arduo, perché istintivamente noi ragioniamo con le categorie del profitto, del benessere, con le categorie della nostra autoreferenzialità e pensiamo che la verità siamo noi stessi. Quando pensiamo che la verità siamo noi, abbiamo distrutto la vita. La bellezza feconda del quotidiano sta nella purezza del cuore che si lascia ogni giorno guidare da: “Così dice il Signore”.

Quando siamo veramente innamorati di Gesù, non ci perdiamo in tante nozioni o in tante notizie o in tanti concetti, che sono letture tante volte troppo legate alla cultura del contingente. La bellezza creatrice del Signore diventa l'energia per superare ogni condizionamento culturale.

Dovremmo sempre nella nostra vita di fede avere sempre questo tipo di lettura: penso secondo Gesù o secondo le categorie culturali del momento presente? E allora Gesù ci dice: devi scegliere la mia persona e il mio mistero come l'unico luogo della cultura della tua vita. Quando siamo veramente concentrati su Gesù, ci accorgiamo in modo immediato che la nostra vita è totalmente diversa.

Quando operiamo secondo questo stile di comportamento potremmo, a questo punto, confrontarci con le nostre povertà. Come possiamo, vivendo con tutti gli altri, entrare in una mentalità che sia diametralmente opposta  al sentire comune, soprattutto quando conosciamo le nostre povertà interiori? La finale del Vangelo è eccezionale: il comportamento che Gesù ha avuto con quei bambini è il comportamento che Gesù ha con ognuno di noi quando scegliamo lui.

I tre verbi con i quali l'evangelista Marco ha delineato l'atteggiamento di Gesù sono molto stimolanti: abbracciare, benedire, imporre le mani. Questi tre verbi  ritraducono il modo di agire di Gesù. Quando abbiamo delle paure nello scegliere la mentalità del Vangelo ricordiamo sempre questi tre verbi.

Innanzitutto percepiamo il senso dell'abbracciare.

Se guardiamo attentamente l’ “abbracciare” è il linguaggio dell’uomo che si sente nelle mani di un altro, si sente nell'affetto di un altro. Abbracciare è percepire che non siamo più soli, è un calore che passa tra le persone e quando avvertiamo questo calore divino che penetra le nostre persone la vita è diversa. L'uomo abbracciato ha il coraggio di essere luce nel buio, di essere nel calore anche nel gelo della storia e questo abbraccio si ritraduce in quella parola: benedizione, in quella condiscendenza di Dio che ricolma l'anima della pienezza del suo nome.

Benedire una persona è infondere in lei la potenza del divino! Quindi quell'abbraccio diventa la comunicazione di una vita divina che agisce nel cuore dell'uomo.

La benedizione si ritraduce nel terzo gesto: imporre le mani, la forza che viene dall'Alto e penetra nella persona. E' l'affetto di Gesù che diventa la sua presenza ricreante in una luce che viene dall'Alto e, quando l'uomo fa questa meravigliosa esperienza entrando in questa vitalità divina, l'impossibile diventa possibile. Quando l'uomo si sente amato in modo assoluto, senza alcun proprio merito, per pura gratuità, diventa un uomo creativo perché avverte un'energia che va al di là delle sue capacità che gli dà la bellezza e il coraggio, il gusto di costruire la vita. Gesù non è un maestro come tutti gli altri maestri, Gesù è il maestro che parte dalla storia del Padre, ci libera dalle nostre paure e ci dà la tenerezza di Dio. E quando l'uomo entra in questa dinamica l'esistenza diventa un'esistenza secondo il Vangelo.

Dobbiamo riuscire a farci amare dalla tenerezza di Dio e allora la vita diventa un linguaggio attraverso il quale riusciamo a dire: Signore la tua parola è luce ai miei passi e forza nel mio cammino.

 Gesù stamattina ci ha convocati attorno a sé in quest'eucaristia perché vuol darci il metro della nostra esistenza. Siamo entrati in chiesa per ascoltare la storia di Dio. E' bello venire alla celebrazione la domenica con questa convinzione: Signore illumina le mie tenebre! E davanti a Gesù che illumina le nostre tenebre abbiamo il coraggio di dimenticarci, di dimenticare i criteri normali della vita perché affascinati da lui veniamo da lui rigenerati. Il suo corpo e il suo sangue, nel momento in cui faremo la comunione, incarneranno i tre verbi che l'evangelista Marco ci ha regalato questa mattina: diventeranno la nostra vita. In quel pane e in quel vino sacramentali Gesù ci abbraccia, ci benedice e infonde in noi la potenza dello Spirito Santo.

Viviamo così la gioia della nostra vita per essere veramente profeti nel mondo di oggi e di cosa vuol dire essere uomini evangelici. Con la verità del Vangelo non avremo paura di camminare nei turbinii della storia perché se il Signore è con noi, lui che ha condiviso tutta la sua vita con noi, cammineremo insieme con coraggio, certi che - con il suo metodo - ogni situazione della vita viene illuminata con il calore e la luce che vengono dall'Alto.






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