28 novembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”



27 novembre 2023

26 novembre 2023

XXXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – NOSTRO SIGNORE GESÚ CRISTO RE DELL'UNIVERSO – ANNO A – SOLENNITÀ

DOMENICA 26 NOVEMBRE 2023

Ez 34,11-12.15-17           1Cor 15,20-26.28            Mt 25,31-46

OMELIA

La Chiesa celebrando nella solennità di Cristo Re il senso della nostra vita ci pone dinanzi alla meta finale quando Cristo, primizia, sarà tutto in ciascuno di noi.

Noi abbiamo un concetto di vita tante volte come una successione di avvenimenti: ieri, oggi, domani. La bellezza della festa di oggi è ritrovare in Gesù tutto il senso della nostra esistenza. Quando noi ci poniamo la domanda - quale sarà la meta della nostra vita? - l'apostolo Paolo, nell’inno agli Efesini, è molto chiaro: ricapitolare in Cristo tutte le cose.

La bellezza della nostra vita è Cristo, tutto in ciascuno di noi.

La domanda che nasce perciò spontanea nel nostro spirito - quale sia il senso della vita - la risposta è molto semplice: vedere il Signore! Ecco perché il cristiano cammina nel tempo e nello spazio, ma con tanta libertà spirituale, perché sa esattamente che tutto ciò che capita nel tempo è transitorio, è provvisorio, è una educazione continua a una pienezza di gloria quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi, per cui anche il brano evangelico è una lettura del mistero di Gesù. Gesù che diventa povero tra i poveri, Gesù che ci stimola a imitarlo, Gesù che ci dice: quando incontri il povero incontri me e anticipi quell’ incontro glorioso che sarà il paradiso.

Una delle crisi della cultura di oggi è che questa sensazione di gloria finale non appare immediatamente al nostro orizzonte e questo lo cogliamo attraverso un’espressione molto semplice: quando un nostro fratello muore diciamo - è morto -, quando muore un fratello cristiano dice - è nella vita -. In certo qual modo avviene un radicale passaggio: noi siamo stati creati per vedere eternamente Dio.

Andiamo sempre, e spesse volte ce lo siamo ricordati, al momento in cui Dio ci ha creati, ci ha creati perché potessimo conoscere Gesù anzi, il Padre ci ha creati regalandoci a Gesù, perché Gesù divenga veramente l'anima della nostra anima e il criterio di fondo delle nostre scelte, attraverso tre semplici passaggi:

- imparare ad avere la sensibilità di Gesù,

- comportarci come Gesù,

- avendo come ideale il cuore di Gesù.

La festa di Cristo Re è il compimento glorioso di queste tre dinamiche che dobbiamo cercare di fare sempre più nostre.

Innanzitutto essere persone che imitano il mistero di Gesù, persone innamorate di Gesù, Gesù è in mezzo a noi per affascinarci sempre di più. La bellezza della festa di oggi è questo innamoramento che deve crescere sempre di più nella nostra vita perché lui sia il Signore del nostro istante. Usando l'espressione di Paolo ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra, e tutto questo attraverso la sensibilità di Gesù. Ricordiamo sempre un principio di fondo della nostra vita: il Cristo dimora in noi, la nostra vita è stata consegnata dal Padre a Cristo Gesù e Cristo Gesù nel suo mistero ci affascina continuamente perché sappiamo assumere i suoi sentimenti, i suoi atteggiamenti.

In certo qual modo se noi dovessimo entrare in profondità nella nostra vita e chiederci quale sia il criterio a cui richiamarci continuamente la risposta è molto semplice: Gesù! Se noi riuscissimo a cogliere questa centralità allora i nostri comportamenti sarebbero: Gesù che si incarna, Gesù che agisce, Gesù che viene incontro all'umanità e questo ci darebbe una grande libertà di cuore perché ci permetterebbe di rileggere tutta la nostra vita, in tutta la sua complessità, in un mistero molto semplice. Perché vivo? Per andare incontro a Gesù!

E allora, se dovessimo cogliere questi primi due momenti di fondo, la nostra vita sarà: Gesù! Usando l’espressione dei mistici che dovrebbe continuamente accompagnare la nostra vita, nel momento in cui moriremo, diremo: “Finalmente vedo Colui che per tutta la vita ho desiderato!” Ecco che non esiste lutto nella Chiesa, nella Chiesa c'è un canto di lode, il fratello ha raggiunto la sua meta, sta contemplando il desiderio dei suoi desideri, è entrato in una dimensione gloriosa che lo accompagnerà per tutta l'eternità beata.

Ecco perché la festa di Cristo Re è una festa nella quale noi veniamo introdotti in Gesù per ritrovare il senso portante della nostra vita. L'uomo di oggi ha paura di quello che avverrà dopo la morte perché abbiamo dei criteri molto contingenti… Dobbiamo dire: devo godere la vita in Gesù, la mia vita è attendere Gesù, la storia è spalancare le porte a quel gaudio glorioso quando Gesù sarà tutto in ciascuno di noi! É la bellezza della nostra vita! Innamoriamoci di Gesù nel tempo per essere con Gesù nell'eternità beata, per cui la solennità di Cristo Re è un momento di grande verifica se veramente la nostra esistenza è innamorata di Gesù, imita Gesù e tende a una gloriosa presenza con Gesù nella realtà del cielo. Ecco allora: che bello ritrovarci nell'Eucaristia! L’Eucaristia è anticipare esistenzialmente questo incontro glorioso “Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'Agnello”, anticipare questo incontro glorioso con il Signore attraverso la Celebrazione eucaristica. C'è un Beato che spiegando alle sue suore cosa fosse l'Eucaristia diceva: “Gustiamo la soavità di Dio”. Se nel tempo e nello spazio ritrovassimo questo gusto della soavità di Dio il paradiso sarebbe un banchetto glorioso dove Dio sarà tutto in ciascuno di noi, per cui la festa di Cristo Re è un po' il piccolo esame di coscienza della nostra vita. Se veramente siamo aperti su questa eternità beata noi non celebriamo il funerale dei fratelli, celebriamo la gioia del loro incontro con il mistero della Santissima Trinità. E allora viviamo questa Eucaristia come anticipazione di questo Cristo tutto in tutti, in modo che pur nel travaglio quotidiano, con tutti gli interrogativi che ne nascono, la nostra anima possa essere veramente immersa in questa grandezza Divina che è la nostra grande speranza: in Cristo Re dell'universo è il senso della vita. E allora in concreto: perché sei andato all’Eucaristia questa mattina? Per anticipare l’incontro glorioso, per poter pregustare quella esperienza trasfigurante quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi e sarà una bellezza così gloriosa che nessuno di noi può immaginare, ma è il desiderio dei desideri, per entrare in questa luminosità che è la vera speranza della nostra vita. Sia questa la festa nella quale pregustiamo il nostro paradiso, in cui pregustiamo l'incontro con Cristo trasfigurante e pregustiamo quell’espressione del Padre che ci dice: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo”.


Oggi, qui, Dio ci parla...

Venite, benedetti del Padre mio 



23 novembre 2023

21 novembre 2023

19 novembre 2023

XXXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 19 NOVEMBRE 2023

Pr 31,10-13.19-20.30-31      1Ts 5,1-6      Mt 25,14-30

OMELIA

La Chiesa in questo tempo vuol orientare la nostra esistenza all’ incontro glorioso con il Signore quando verrà alla fine della storia, della storia universale e della storia personale e noi tutti ci poniamo la domanda come lo possiamo veramente incontrare in modo da poter gustare quella gioia che tutti desideriamo e che nell'eternità beata avrà la sua autenticità e pienezza.

Gesù questa mattina attraverso la parola che abbiamo ascoltata ci aiuta a come poter giungere a quella gioia del Signore che è il desiderio di ciascuno di noi e questo possiamo coglierlo attraverso tre passaggi che la parola di Dio ci vuol regalare.

Il primo elemento che dobbiamo bene evidenziare è la coscienza della gratuità di Dio nei nostri confronti. Siamo chiamati ad accedere al gusto della grandezza divina che entra nella nostra storia e questo lo abbiamo colto nella bontà di quel padrone che regala i talenti ai suoi servitori. Il problema dei numeri non interessa a Gesù… è un genere letterario… ciò che occorre evidenziare è questo atto della gratuità del padrone che condivide con i suoi servi gli averi. Dall'altra parte si rivela stimolante la bella espressione dell'apostolo Paolo che siamo figli della luce perché la luce vuol dire vita, vuol dire autonomia nel costruire la propria storia, vuol dire calore, vuol dire capacità di relazione.

Il cristiano, quando è davanti alla sua storia, deve riuscire a cogliere la grandezza della gratuità divina. L'uomo è chiamato a sentirsi luogo della condiscendenza meravigliosa di Dio che ama in modo ineffabile la creatura umana. Davanti a questo gesto di gratuità, ci poniamo la domanda cosa significhi quel “trafficare i talenti”. Potremmo avere qualche volta una mentalità operativa e utilitaristica. Gesù va più a fondo: qual è l'atteggiamento dell'uomo quando è davanti a un atto di una gratuità al di là delle proprie attese, se non l'atteggiamento della riconoscenza? Scopriamo la grandezza della gratitudine. La gioia di dire al Signore "grazie!" s'incarna nell'atteggiamento dell'uomo che ringrazia il Signore restituendogli - con gratitudine - quello che all’uomo è stato offerto. La bellezza della vita è coniugare continuamente gratuità e gratitudine.

Qui intuiamo la gioia di accogliere l'azione di Dio nei nostri confronti che va al di là delle nostre attese e, dall'altra, riscopriamo il coraggio di restituire a Dio quello che Dio stesso ci ha regalato. Cos'è l'impegno quotidiano, se non il dilatare, attraverso il coinvolgimento di tutta la nostra persona, i doni che Dio ci ha offerto?

Dio è meraviglioso in ogni persona perché Dio è creativo in ogni persona.

Il fatto stesso di esistere è un atto della pura gratuità di Dio. Il cristiano ha questo meraviglioso gusto: fin dal mattino sentirsi grazia! È la verità di questo atteggiamento iniziale che diventa la gratitudine.

L'uomo della gratitudine ha l'equilibrio della vita. Chi non si sente grazia e non vive di gratitudine è un uomo infecondo, come il servo che ha preso quel talento e l'ha nascosto… ha avuto paura del dono e davanti al dono non ha saputo restituirlo.

La bellezza della vita è avere sempre la convinzione profonda e radicale di percepire come la nostra esistenza sia un atto sommamente positivo. Non può esistere un discepolo del Signore che non abbia il gusto della grandezza di Dio nei confronti di ciascuno di noi e, quando l'uomo in purezza di cuore si sente il capolavoro di Dio, dice al Signore: "grazie" restituendogli il dono.

Chi vive questi due aspetti gusta il terzo passaggio: la fecondità che, nella parabola del Vangelo, si ritraduce nell'andare nella gioia del Signore, ma se entriamo in profondità la fecondità è il gusto della vita e la speranza nella vita.

La fecondità - quella più vera - è la vita che fiorisce dando all'uomo il gusto di vivere dove, il gusto di vivere in questo mondo, è solo la premessa di quella gioia meravigliosa che sarà il paradiso.

Sarebbe bello che al momento in cui noi incontreremo il Signore, nell'incontro finale, gli potessimo dire come i servi della parabola:" mi hai dato la vita con le caratteristiche della mia personalità, Signore, con gratitudine te la restituisco". È la gioia di dare al Signore il gusto della vita che abbiamo costruito giorno per giorno.

In quel momento il Signore ci dirà: "Vieni nella gioia che non avrà mai fine."!

L'incontro finale dipende da come sappiamo costruire il presente. La cultura di oggi è una cultura stanca, è una cultura tesa, è una cultura che non sa gustare più niente perché non riesce più a cogliere la bellezza di essere pura gratuità, capolavoro di Dio. Quanto più entreremo in questa lettura della nostra vita nel rendere grazie, il restituire con gratitudine è l'atteggiamento normale di ogni autentico credente.

L'uomo che non dice grazie è sempre infecondo. L'uomo dei diritti perderà il gusto della vita e allora si genera quella cultura della tensione che non dà la bellezza all'istante. Se siamo sempre tesi nella vita, saremo dei poveri uomini che non sanno gustare la bellezza della gratuità di Dio.

Se entreremo in questo atteggiamento, non solo gusteremo la meravigliosa visione del libro dei Proverbi dove in quella donna è descritta la sapienza, quella sapienza che penetra nell'uomo e che è feconda quando l'uomo con gioia sa vivere il suo istante.

In quest'eucaristia nella quale il Signore ci convoca noi dovremmo gustare la gratitudine…

Se guardiamo attentamente nella Celebrazione eucaristica noi stiamo vivendo tutti questi tre passaggi.

Contenti delle meraviglie di Dio nella nostra storia, gli rendiamo grazie quando tra poco diremo: “Rendiamo grazie al Signore nostro Dio… è cosa buona e giusta” e da quel rendimento di grazie nascerà la fecondità: il pane diventa corpo, il vino diventa sangue e veniamo inebriarti di un'esistenza eterna che è pregustazione del paradiso che attende ciascuno di noi.

Allora impariamo a costruire così la nostra vita e potremo veramente crescere in quel mistero di vita che è speranza e, se la storia ci regalerà tante tristezze o tanti interrogativi, entriamo nel nostro cuore, scopriamo il Dio meravigliosamente fedele che ci fa vivere e, allora, diremo grazie. In quel momento riapparirà nel cuore quel sorriso che è speranza in ogni oscurità della vita.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, secondo le capacità di ciascuno, e poi partì.



18 novembre 2023

12 novembre 2023

XXXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 12 NOVEMBRE 2023

Sap 6,12-16      1Ts 4,13-18      Mt 25,1-13

OMELIA

La chiesa, mentre sta camminando verso la conclusione dell’anno liturgico, si pone dinnanzi uno degli elementi che l'uomo contemporaneo sta progressivamente dimenticando: l’incontro glorioso con il Signore. E quindi è interessante una descrizione iniziale che deve aiutarci nella riflessione di oggi: l'uomo teme la morte perché non ama la vita. È un principio questo fondamentale. In un certo qual modo rimane nel nostro spirito quella affermazione del libro della Genesi nella quale se l'uomo avesse peccato, sarebbe morto. Ma quello che la Genesi ci offre, viene ribaltato da Gesù, perché Gesù è la vita. Noi siamo stati creati per gustare la vita. E allora la domanda attorno alla quale vogliamo questa mattina soffermarci: cosa vuol dire vivere? Allora ci accorgiamo che l'esistenza dell'uomo si costruisce attraverso tre passaggi che devono alimentare la nostra esistenza e darci una grande speranza. Innanzitutto ricordiamoci sempre che noi nasciamo da Dio. È una verità che l’evangelista Giovanni ha espresso molto bene nel suo prologo “A quelli che lo hanno accolto, ha dato il potere di diventare figli di Dio, il quale non da carne, né da volere di uomini, né dal volere di sangue, ma da Dio sono stati generati”; siamo dei generati da Dio!

È sempre bello andare nel passato che abbiamo citato, alla visione che i padri della chiesa hanno dell’uomo quando nasce: il Padre creando l'uomo lo consegna a Gesù, perché la vita dell'uomo si chiama Gesù. Perché noi nella tradizione cristiana battezziamo un bambino, se non per consegnare quel bambino a Gesù. E la bellezza della nostra esistenza è tutta racchiusa nel mistero di Gesù. Cosa vuol dire vivere? E allora il fascino di Gesù, Il verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi vedemmo la sua gloria”; costruire la vita in un fascino profondo che si chiama Gesù. Ecco perché il bambino viene battezzato, per essere immerso nella personalità di Gesù.

Noi abbiamo dato molte interpretazioni negative, ma dobbiamo sempre tenere presente il punto di partenza, noi nasciamo per incontrare Gesù, anzi il Padre ci regala Gesù. Proviamo a pensare la nostra esistenza come un meraviglioso regalo intratrinitario; il Padre ci regala a Gesù: ecco il bambino! Per cui il battesimo è espressione della realizzazione di questo meraviglioso regalo. E allora se noi partiamo da questo presupposto, ci risulta chiaro che vivere è dialogare con Gesù, respirare lo Spirito Santo, amare con il cuore di Gesù, avere come criterio la volontà del Padre, costruire l’istante in questo meraviglioso dialogo. Stando alla parabola, cosa vuol dire non avere l'olio nelle lampade? Vuol dire non dialogare con il Signore. Se uno dialoga con il Signore continuamente, non c’è il problema di quando Egli potrà arrivare. Se c’è un dialogo continuo, potremmo dire che come le vergini sagge hanno gustato la gioia dello Sposo che appariva e che era il senso della loro vita, così anche noi non dobbiamo avere paura del morire, ma esultare della gioia del vedere questa grandezza di Dio nella quale l’uomo ritrova se stesso.

Usando un'espressione molto paradossale, quando un fratello muore siamo contenti che egli possa godere della luce di Dio, è in una luminosità eterna nella quale l’uomo ritrova se stesso. Noi siamo stati creati per vedere la gloria di Dio. Nati da Dio camminiamo continuamente nel tempo e nello spazio con questo grande desiderio di alimentare in noi il desiderio del Signore. A me piace sempre la frase di San Giovanni della Croce, il quale diceva: Quando morirò dirò al Signore “quanto tempo ti sei fatto aspettare”; è una visione difficile sicuramente per noi, eppure se ci poniamo l'interrogativo più profondo del senso della nostra vita, noi ci accorgiamo che vivere è attendere; noi non moriremo ma ci apriremo all’orizzonte infinito di Dio e la nostra esistenza sarà veramente un’esistenza autenticamente realizzata. Ecco perché il cristiano quando muore comincia a vivere e ritrova la bellezza più profonda della sua storia.

Ed è il terzo passaggio: il Paradiso! L'uomo di oggi parla poco di questa realtà meravigliosa, si blocca alla morte con gli interrogativi della morte, con gli interrogativi di chi non sa come si organizzerà il domani, perché l'uomo è tentato di organizzare anche il futuro, ma la bellezza è nati da Dio, viviamo di Gesù per poterlo godere, e poiché Gesù è un infinito, noi non riusciremo mai a capire: è la bellezza di lasciarci attirare in questo mistero; morire è cantare la bellezza di vivere.

Se noi entriamo in questo orizzonte interiore, noi siamo come quelle vergini sagge che quando arriva il Maestro sono pronte, arriva lo sposo e vanno a far festa; arriva lo sposo e vanno alle nozze.

La bellezza della vita futura è essere nelle nozze eterne a cantare gloriosamente la bellezza di Dio. Ecco perché il cristiano, pur nel tormento del quotidiano, pur negli interrogativi che ogni giorno affiorano, ha questo orizzonte: desiderare di vedere la luce di Dio. Sarà molto bello quando chiusi gli occhi alla storia li apriremo all’eternità beata e in quel momento la nostra vita sarà di una luminosità infinita che non conosce tempo, una luminosità che sarà gloria per sempre. Per cui, quando un cuore è innamorato di Gesù non si aspetta di sapere quando verrà, perché è sempre pronto perché la sua vita è immersa in qualcosa di affascinante che determina tutta la sua esistenza.

Ecco allora che la chiesa oggi, attraverso la liturgia della Parola ci dice: mettiti in cammino, pensa alla gloria futura, pensa che a quel gaudio che sarà veramente il senso di tutta la storia quotidiana.

E noi nell’Eucaristia siamo qui presenti a gustare questa presenza. Tra poco ci accosteremo alla comunione e sentiremo quelle parole Beati gli invitati alla cena delle nozze dell’Agnello.

Tutto sommato facendo la comunione, stiamo pregustando questo banchetto glorioso per cui, in un certo qual modo, quando un fratello muore, c’è una gelosia spirituale, lui sta vivendo in modo glorioso una bellezza divina che neanche possiamo immaginare e l’Eucaristia è farmaco di immortalità. Oggi il Signore ci si dà nel Sacramento, domani ci si darà nella visione della gloria e questa gloria è la gioia della nostra vita. Camminiamo così, sereni e contenti, c’è il travaglio della storia ma c’è il grande orizzonte dell'eternità beata nella quale ognuno di noi è chiamato a entrare. Viviamo così questa Eucaristia, che quando riceveremo il Corpo sacramentale del Signore, gustiamo l’ineffabilità della gioia del Paradiso nella certezza che in quel banchetto sacramentale che diventerà domani banchetto di visione per una eternità che non avrà mai nessun limite perché Dio sarà tutto in ciascuno di noi.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Ecco lo sposo! Andategli incontro!”



10 novembre 2023

08 novembre 2023

05 novembre 2023

XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 5 NOVEMBRE 2023

Ml 1,14b-2,2b.8-10      1Ts 2,7 b-9.13      Mt 23,1-12

OMELIA

Il cristiano nel cammino della sua vita si pone sempre la domanda: qual è il metro al quale devo riferirmi per poter camminare in novità di vita, perché ognuno di noi è profondamente consapevole di essere un capolavoro di gratuità?

L'uomo creato da Dio cammina in novità di vita nella certezza di non essere mai solo.

Ecco allora che Gesù questa mattina attraverso il rimprovero che rivolge agli scribi e ai farisei ci delinea tre aspetti della nostra vita di credenti per costruire in modo autentico il nostro cammino quotidiano: la coscienza della paternità di Dio, la profonda consapevolezza che Gesù è il Cristo e che Egli è la guida della nostra vita.

È molto bello vedere come Gesù, al di là delle difficoltà che incontra, ci pone dinanzi dei parametri positivi ai quali dobbiamo continuamente fare riferimento poiché la nostra vita è un capolavoro di Dio. Quante volte ce lo siamo detti, soprattutto davanti al pessimismo della cultura odierna, ritrovarci quei capolavori di Dio che sono la gioia creativa di Dio. E allora vediamo i tre momenti che Gesù ha messo in luce nel brano che abbiamo ascoltato: uno solo il vostro Padre, quello nel cielo, uno solo è il Cristo, uno solo è la guida, il Padre! Una delle difficoltà che noi tante volte troviamo nel cammino della fede è che non riusciamo a cogliere la bellezza della paternità di Dio. In certo qual modo noi siamo molto legati a Gesù Cristo, è vero, il centro della nostra fede è il mistero della morte e resurrezione del Signore, ma all'origine di tutto c'è Dio Padre, nel quale la nostra vita è realizzata anzi, usando il linguaggio della Genesi, il Padre è il respiro della nostra vita. Se noi possiamo dire di vivere, di camminare ogni giorno nella storia, di sognare un mondo nuovo, il tutto nasce dalla coscienza che siamo nelle mani creative di Dio. Usando il testo della Genesi “siamo il soffio creativo di Dio”. L'uomo davanti al cammino della vita percepisce nel profondo del suo essere questa profonda consapevolezza che è un mistero più grande di se stesso in cui Dio, il Padre, rivela veramente la propria grandezza. La bellezza di vivere è respirare il respiro di Dio. Noi spesse volte siamo più legati ai fatti della storia, eppure uno solo è il Padre vostro, quello del cielo, quello che dà il respiro all'esistenza dell'uomo e gli dà la capacità giorno per giorno di vivere e costruire la propria storia. Ecco allora il primo elemento che dobbiamo tenere ben presente: il Padre.

Quando Gesù ha voluto darci la vera preghiera ci dice Dite: Padre!”  - e in quel Padre c'è tutto il senso della vita, cioè quell’orientamento glorioso che determina il nostro stile di vita e ci dà una speranza veramente inesauribile, ma questa esperienza della paternità di Dio come noi la possiamo realizzare nella convinzione che Gesù è il Cristo? Cosa vuol dire: Cristo? Fedeltà di Dio. Ricordiamo sempre la professione di fede: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente, tu sei la fedeltà del Padre. Gesù non è chiamato il Cristo, ma è nominato Cristo perché ritraduce quello che è l'esperienza della sua vita, si è affidato al Padre.

Una delle verità che mette in luce soprattutto l'evangelista Giovanni, è che Gesù “cammina nelle mani del Padre”, l'espressione classica l’abbiamo nel dramma dell’orto degli Ulivinon sia fatta la mia, ma la tua volontà sia fatta” questo consegnarsi a un Dio fedele. La bellezza della fede è questo “consegnarsi”, non solo abbiamo un Dio Padre che è continuamente creatore della nostra vita, quindi respiriamo il suo respiro, ma abbiamo il Cristo che accanto a noi ci dice: Dio è fedele! L'uomo di oggi non pensa al futuro, ha paura tante volte del futuro. La bellezza del futuro è nient'altro che il prolungamento del presente, il futuro è la fedeltà del Padre nella nostra esistenza, per cui camminiamo in questa meravigliosa certezza e non saremo mai delusi, il Padre ci regala il Figlio e il Figlio ci regala la fedeltà del Padre.

Quando nel piccolo della nostra esistenza ci poniamo l'interrogativo del senso della nostra vita, ricordiamocelo: siamo nelle mani Trinitarie e quando l'uomo ha questa profonda esperienza di essere nelle mani Trinitarie ha la bellezza che la sua vita non si concluderà mai, ci saranno cambiamenti di stato, ma continuità di vita, essere nella gloria del cielo. E questo noi lo possiamo realizzare attraverso il terzo passaggio: non solo il Padre, non solo il Cristo, ma anche la Guida. Riandiamo sempre al Salmo Guardate a Lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce, avere lo sguardo del cuore rivolto al Cristo. In certo qual modo la vita dell'uomo è una certezza - Dio è fedele - e questa fedeltà di Dio diventa anche il cammino che portiamo avanti attraverso la bellezza dell'obbedienza nell’istante: siamo la fedeltà di Dio creativo. Se noi riuscissimo a cogliere queste dimensioni, davanti al disorientamento che tante volte possiamo avere nella vita, l'orientamento si chiama Gesù e questo orientamento che si chiama Gesù è la vita della nostra vita, in questo camminiamo e camminiamo continuamente.

Ecco perché non abbiamo bisogno degli scribi e dei farisei; abbiamo la certezza: il Padre che in Gesù è fedele e che attraverso Gesù guida la nostra vita. È questione tante volte di soffermarci un momento e pensare - Chi sono io? - e allora ci accorgiamo che la vita, pur con tutta la sua complessità, è avvolta dalla creatività di Dio. Noi siamo il respiro creativo della Trinità e quando noi facciamo questa esperienza la nostra vita assume dinamiche e valori molto diversi. L'importante è camminare in novità di vita. Perché questa mattina siamo qui nell'Eucaristia? La risposta è molto semplice: il Padre ci ha chiamati, ci regala il suo Figlio, ci regala il suo Figlio perché egli guidi i nostri passi. Usciamo di chiesa e diciamo: “Cammina con noi o Gesù! Illumina i miei passi e cammina con noi verso la pienezza della gloria”. Per cui quel Gesù che noi incontriamo abitualmente nell'Eucaristia è quel Gesù che incontreremo nella pienezza della gloria, quando Dio sarà tutto in tutti. Questo è il nostro grande Maestro: Gesù! E allora credo che questa mattina, celebrando i Divini Misteri, dobbiamo ritrovare questa bellezza della nostra vita: c'è il Signore! E quando noi partiamo da “c'è il Signore” respiriamo nella vita, camminiamo con coraggio perché abbiamo la certezza che non saremo mai delusi. E allora veramente la nostra vita sarà realizzata e nel momento in cui riceveremo il Corpo del Signore entreremo in quella che è l’eternità beata che è la bellezza della nostra storia, la certezza di una vita senza tramonto.

Questa è la bellezza della nostra storia. Camminiamo così in questa Eucaristia e allora in un mondo complesso noi abbiamo una scuola di semplicità: il Padre, il Cristo, la Guida. Questo trinomio ci accompagni in questa settimana in modo da camminare con quella fiducia che viene dall'alto e ci dà la capacità di camminare in quella novità divina che è la speranza in ogni frammento della nostra vita quotidiana.

Oggi, qui, Dio ci parla...

 Uno solo è il vostro Maestro



02 novembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Questa è la volontà di colui che mi ha mandato… che lo risusciti nell’ultimo giorno.



01 novembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Beati i poveri in spirito di essi è il regno dei cieli



TUTTI I SANTI – SOLENNITÀ

1 NOVEMBRE 2023

Ap 7,2-4.9-14      1Gv 3,1-3      Mt 5,1-12a

OMELIA

La Chiesa convocandoci a celebrare la festa di Tutti i Santi ci pone dinanzi una verità di fede che tante volte noi abbiamo dimenticato: la comunione dei Santi. Celebrare la festa di Tutti i Santi vuol dire entrare in questa meravigliosa comunione ed è interessante approfondire il senso di questa affermazione per ritrovare la gioia di una comunione nel tempo e, nello stesso tempo, nell'eternità. E allora cosa vuol dire comunione dei Santi? Noi in modo immediato pensiamo alla comunione tra noi nel tempo e i nostri morti che sono in paradiso, ma se guardiamo attentamente il testo originario dell'espressione “comunione dei Santi” siamo davanti a tre verità che noi viviamo ogni giorno nell'Eucaristia e che ci dà questa speranza di eternità che è il senso stesso della nostra storia. Comunione dei santi e allora cosa vuol dire la parola “santo”?

Noi, in genere, quando parliamo di Santi parliamo di persone che sono in paradiso, ma se guardiamo il testo originario, la comunione dei Santi è la comunione alle realtà sante, è la comunione eucaristica. La bellezza della nostra esistenza è la comunione con i santi doni. Infatti se noi guardiamo soprattutto alla liturgia Bizantina, al momento della comunione, il sacerdote rivolgendosi ai fedeli dice: “Le realtà Sante ai santi”, quindi la bellezza della comunione dei Santi è la comunione eucaristica. Quando noi entriamo nella celebrazione e ci accostiamo ai doni del Pane e del Vino siamo a contatto con la santità di Dio. Quindi la bellezza di essere persone che vengono immerse in questa meravigliosa gratuità Divina: ecco allora comunione alle realtà Sante! È molto bello come nella liturgia Bizantina al momento della comunione si dice “Le realtà sante ai santi” e allora il secondo significato: i santi sono i celebranti, noi tutti siamo i santi.

Una delle verità che noi dimentichiamo tante volte è che noi siamo dei santi in forza del battesimo, dell'appartenenza alla Chiesa, siamo Santi e siamo partecipi della vita stessa di Dio. Noi ci ritroviamo nella comunione dei Santi perché siamo in comunione fraterna nel mistero di Gesù.

È molto bello come Paolo, rivolgendosi ai cristiani della comunità di Corinto, li chiami “Santi!”. Una delle stranezze tante volte è che noi non abbiamo il gusto della nostra santità, siamo persone che appartengono a Dio, “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo”, quindi la bellezza di questa vita interiore abitata da Dio. Nel mondo contemporaneo abbiamo dimenticato una verità di fede molto bella: quella della inabitazione della Santissima Trinità dentro di noi.  Noi siamo Santi perché “abitati”. Siamo proprietà di colui che è il Santo per eccellenza “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” e quindi la comunione dei Santi è comunione di tutti noi che questa mattina, attorno al Santo che è il Cristo eucaristico, celebriamo i Divini misteri per la gioia di una novità di vita e, di riflesso, in Colui che i santi che sono tutti i santi, i fratelli che sono in paradiso essi partecipano del mistero eucaristico. Noi oggi siamo abituati a celebrare l'Eucaristia dei Santi e dei morti, ma di per sé l'unica festa è quella dei Santi, perché tutti noi partecipiamo della vita Divina che opera continuamente dentro di noi, Siate santi perché siamo Santi! L'invito del libro del Levitico che ci è riproposto nella prima lettera di Pietro è una realtà che deve veramente entrare nel nostro spirito, noi apparteniamo al Santo per eccellenza! Il cristiano vive di questa Presenza, è il Maestro divino che in noi opera le sue meraviglie quindi, la comunione dei Santi, è la comunione ai doni eucaristici - “Siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo” - Il corpo di Cristo: Amen! Veniamo santificati e di riflesso in questa esperienza del mistero di Gesù siamo in comunione con tutti coloro che sono i santi del Paradiso. Ecco perché la festa di oggi ci apre vasti orizzonti: il paradiso! Noi tante volte abbiamo dimenticato questo grande orizzonte della nostra vita, siamo più portati a vedere il negativo della nostra storia, mentre la bellezza è guardare il Cristo, il Santo per eccellenza, sentirci avvolti dalla sua personalità che ci rifà continuamente, in comunione con quei Santi che sono i nostri fratelli che sono in paradiso. Ecco perché la festa di oggi è una festa che ci dà la gioia di appartenere. E allora, se noi partissimo da questa visione, non dobbiamo più lasciarci prendere dal negativo della nostra vita. Noi qualche volta siamo più portati a vedere le ombre della nostra storia, dovremmo imparare a entrare in una luce meravigliosa che ci avvolge, che dà sostanza al nostro istante. È la bellezza di essere quei Santi, non solo, ma se abbiamo notato la prima lettura che è tratta dall'Apocalisse ci parla di questa visione di Santi, coloro che hanno lavato le loro vesti rendendole candide nel sangue dell'Agnello, una visione gloriosa nella quale la nostra vita è tutta immersa.

Ecco perché la festa di oggi è una festa che ci dà la gioia di essere noi quelle creature nuove che veramente vengono rifatte continuamente dall'azione dello Spirito Santo. E allora accostandoci all'Eucaristia ricordiamoci: veniamo resi particolarmente Santi, veniamo trasfigurati nel Corpo e Sangue del Signore per camminare in autentica novità di vita e allora la festa di tutti i Santi è la gioia eucaristica che ci avvolge continuamente in comunione con coloro che seguono l'Agnello cantando il canto nuovo che solo i 144000 conoscono, in un inno di lode che è eternità beata nel Signore. Respiriamo l'eternità oggi ed allora respirando questo grande mistero possiamo camminare in novità di vita certi che non saremo mai delusi!