29 settembre 2022

20 settembre 2022

Oggi, qui, Dio ci parla...

Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica



18 settembre 2022

Oggi, qui, Dio ci parla...

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti



SOLENNITA’ DEL SANTO JESUS

Ap 5,6-14      Eb 1,3-12     Lc 24,35-48

Gesù domenica scorsa ci ha introdotti nel mistero del Padre e questo mistero del Padre rappresenta il criterio di fondo della nostra esistenza: egli è l'origine, l'anima e la meta della nostra storia. Ma questa esperienza del Padre è direttamente proporzionale all'incontro che noi abbiamo con il Cristo: quanto più siamo in Gesù tanto più cresce il desiderio del Padre. Sussiste una forte relazionalità nella quale siamo chiamati ad entrare. Su tale sfondo, la domanda che vogliamo porci questa mattina potrebbe essere così posta: dove noi, il Cristo, lo possiamo effettivamente vedere, gustare per poter accedere al volto del Padre, come la grande luminosità delle scelte quotidiane della nostra vita? La parola che questa mattina che abbiamo ascoltato ci pone dinanzi a due filoni che dovrebbero rappresentare il nostro cammino verso la gustazione del volto del Padre:

- gustare la reale presenza di Cristo risorto in mezzo a noi,

- attraverso un incontro intenso con le divine scritture.

Sono due filoni che noi dovremmo riuscire ad acquisire per potere veramente aprire il nostro cuore a gustare e a desiderare il volto del Padre.

Innanzitutto dobbiamo prendere sempre più coscienza della reale presenza di Cristo in mezzo a noi. Il testo dell'Apocalisse che abbiamo ascoltato ci ha dato la chiara consapevolezza della presenza reale di Cristo che cammina nel tempo e nello spazio con ciascuno di noi. L’autore ci introduce nella contemplazione della liturgia eucaristica nel giorno del Signore E’ quel salto di fede attraverso il quale noi comprendiamo che lui è presente e tutto il cosmo si pone in adorazione dell’Agnello in piedi come immolato. Questa rappresenta la luminosa visione dell’Eucaristia alla metà del primo secolo. Di riflesso, è significativo il linguaggio del testo evangelico dove il Risorto appare mentre i discepoli sono riuniti in fraternità. La bellezza dell'Eucarestia è gustare la presenza del Signore. E’ una verità che noi abbiamo lentamente dimenticato perché, in certo qual modo, le cose esteriori prevalgono sul Mistero. L’Eucaristia è la bellezza di incontrare il Cristo, lasciandoci da lui incontrare. Nell'Eucaristia ricordiamo la bellezza di due elementi che abbiamo colto nel brano di Luca: la lode e il mangiare insieme a Gesù, è quella convivialità esistenziale nella quale noi percepiamo la grandezza di Dio da una parte e, dall'altra, condividiamo il mistero della persona del Risorto. Se noi non cogliessimo tale verità il Signore dove realmente lo incontreremmo? La celebrazione dell'Eucaristia è il suo testamento, un testamento che illumina la storia, ci dà la capacità di camminare e ci ricolma di inesauribile speranza. Questo primo elemento ricordiamocelo sempre: il Signore è presente in ogni momento della nostra vita, ma questa presenza che è normale nel nostro vissuto quotidiano, ha il suo punto focale quando noi con lui e in lui diciamo prese il pane, rese grazie, spezzò e diede... prendete e mangiate… prese il calice rese grazie e disse prendete e bevete. In quel momento sacramentale avviene la trasfigurazione della nostra esistenza nella prospettiva di sviluppare la nostra relazione con il Risorto. La bellezza dell'Eucaristia è il gusto del Signore che avvolge le nostre persone. Ecco perché è molto bello che nell’Eucaristia noi ritroviamo la soavità della presenza del Maestro. L’ordinaria relazione nella fede diventa sacramentale e trasfigurante. E’ una certezza che ci ricolma di quotidiana speranza.

Questa sua attualità come risorto Gesù l'ha spiegata ai discepoli attraverso l’approfondimento della Legge, dei Profeti e dei salmi, tre elementi che hanno illuminato la sua esistenza e che per partecipazione illuminano la nostra storia quotidiana: la Legge, data dal libro del Deuteronomio, l’esperienza profetica che introduce giorno per giorno nella fedeltà di Dio! Entrando nella storia paradossale della sua benevolenza nella storia della salvezza, noi avvertiamo che l’accostarci alle divine scritture è accostarci alla narrazione dell'amore di Dio per Israele, per l'uomo, per l'uomo di tutti i tempi. Gesù è qui in mezzo a noi e ci dice: “Io sono l'Alfa e l'omega della tua esistenza, il principio e la fine, il Vivente che fa vivere!”

E’ quello stupore della fede che dovrebbe caratterizzare la nostra storia. In questo ha senso la lettura della Legge, che è il Deuteronomio, che è soprattutto il Cristo che ci rivela la grandezza dell'amore del Padre. Ci accostiamo alle divine scritture per lasciarci affascinare dalla storia di Gesù che è destinata a diventare la nostra storia. Di riflesso, i Profeti ci dicono la bellezza di incarnare questo amore. La storia di Dio deve diventare la nostra storia, è il profeta che ha questa grande vocazione di dare incarnazione alla storia di Dio nell’oggi concreto di tutti i giorni. Ricordiamo sempre la formula battesimale inseriti in Cristo sacerdote re e profeta: è la bellezza di vedere il Signore come colui che ci prende per mano e ci accompagna nella vita, in un meraviglioso dialogo, perché la sua presenza diventi significativa nelle scelte di ogni giorno.

Una simile bellezza si ritraduce nei Salmi, che rappresenta lo stile orante della nostra vita. Qui tutti noi percepiamo la sua signoria. La bellezza di ascoltare e di vivere si ritraduce nell’entrare in quella preghiera che è aprirci al mistero del Padre in Gesù.

Se noi riuscissimo a cogliere i primi due filoni nel vivo contesto di una costante preghiera, noi venendo all'assemblea liturgica diremmo: “Signore tu sei presente, tu sei la nostra speranza, tu sei la luce nel buio contemporaneo!” Lui, il Risorto, è qui presente, e qui ci dà il suo testamento, una presenza che illumina la vita, anima la storia, diventa un rapporto orante con il Padre. Quanto più ci innamoreremo di Gesù più ci apriremo al volto del Padre e quanto più desidereremo il volto del Padre tanto più ci innamoreremo di Gesù: è la bellezza dell’Eucaristia, lui è il presente! E lui personalmente ci dà quel pane, ci dà quel vino, ci dà la gioia della speranza nel buio del quotidiano, solo in lui riposa l'anima mia, da lui la mia salvezza!

Viviamo così questa Eucaristia, come vive e feconda gustazione della presenza del Maestro, per poter tornare a casa con quella speranza che nasce da un incontro, nasce da una relazione, nasce da una dinamica di reciprocità dove lui ci dice “Sono con te. Non temere, cammina nella mia speranza!” Entriamo in questo orientamento interiore pur con tutti gli interrogativi della vita e diciamo Mio Signore e mio Dio e in quelle parole c'è tutta la forza della nostra vita, la bellezza di camminare nonostante tutto, per ritrovarci fratelli che insieme camminiamo per poter veramente condividere una speranza che viene dall'alto e che deve animare e sorreggere le oscurità di tutti i giorni.

 

11 settembre 2022

Oggi, qui, Dio ci parla...

Facciamo festa!



XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Es 32,7-11.13-14  1 Tm 1,12-17              Lc 15,1-32

La nostra esistenza come discepoli di Gesù si costruisce, seguendo il Maestro in una costante condivisione del mistero che avvolge la sua esistenza. Oggi Gesù ci introduce nel volto misericordioso del Padre attraverso il suo comportamento nei confronti dei pubblicani e dei peccatori. In questi suoi atteggiamenti egli rivela lentamente il mistero che avvolge la persona del Padre. Una simile constatazione ci fa intuire quanto sia bello partire con questo intenso desiderio di voler intravedere cosa significhi parlare della misericordia da parte del Padre.  A tale scopo è significativo far risuonare nel nostro spirito la bella espressione dell'apostolo Paolo con la quale egli conclude la narrazione della storia della salvezza: Dio infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per usare a tutti misericordia. Su tale sfondo cerchiamo di accedere al mistero del Padre, contemplandolo in profondità, e ci accorgiamo che potrebbero emergere tre aspetti del mistero della Misericordia del Padre alla luce della narrazione della parabola che abbiamo ascoltato:

·        il Padre ama la libertà dell'uomo,

·        il Padre genera speranza nella dimensione storica della creatura umana,

·        il Padre è fonte di gioia che rinnova l'umanità intera.

Questi tre aspetti fioriscono dalla contemplazione viva dell’agire del Padre misericordioso. Il fare una simile constatazione ci porta a percepire che il vivere di misericordia significa approfondire in unità esistenziale questi tre aspetti: la libertà, la speranza, la gioia.

Innanzitutto Il primo elemento che dobbiamo sempre tenere presente sta nell’avvertire come il Padre misericordioso ami la libertà dell'uomo. Quando Dio disse facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza gli ha regalato la sua libertà. Essa è costitutiva della relazione tra l’uomo e Dio. Nel momento in cui il figlio minore se ne va Dio, il padre, realizza il suo progetto: “Ho creato l'uomo libero, lo amo così com'è e lo lascio andare”. La bellezza del dono che Dio fa ad ogni uomo quando lo crea è quello della sua libertà. Noi potremmo fare tanti ragionamenti attorno a tale esperienza, ma dobbiamo ricordare a noi stessi che l'uomo è immagine della libertà di Dio. In questa visione noi cogliamo la signoria di Dio che ama la libertà dell'uomo. La bellezza della rivelazione cristiana sta nel fatto che Dio è innamorato dell'uomo. Quell'atto di donazione della libertà è il linguaggio del suo amore per l'uomo; Dio non ha mai smesso di amare la creatura umana. In qualunque situazione storica l'uomo potesse trovarsi Dio Padre ama l'uomo!

Una tale constatazione cogliamo il secondo elemento della misericordia del Padre. Quando l'uomo nel profondo della sua esistenza si lascia intensamente amare nasce la speranza tornerò da mio padre! La misericordia si incarna nell’avvolgere l'uomo di fiducia e di speranza. Ricordiamo sempre ciò che ci insegna il vangelo di Giovanni: Dio – il Padre - ha tanto amato il mondo da dare il Figlio Unigenito Gesù Cristo. Nell'atto d’inserire nella storia il suo Figlio Gesù Cristo gli ha detto: ho fiducia di te! Un simile atteggiamento è rivolto ad ogni uomo. La vera misericordia si ritraduce nel seminare nel cuore dell'uomo la capacità di rinnovare la propria esistenza, di proiettarsi verso il futuro con generosità e coraggio. Noi constatiamo che non è una libertà che abbandona quella di Dio, ma è una libertà che ama l'uomo e amandolo nel profondo del suo essere lo conduce al ritorno al padre. La conversione è la speranza dell'uomo che Dio ha seminato dentro di lui. L’uomo avverte nel proprio spirito la costante creatività dell’amore del Padre che gli infonde fiducia e lo orienta ad un percorso di ritorno alla comunione con il Padre da cui si era allontanato. La libertà regalata dal Padre è un amore seminato nel cuore umano perché questi non si dimentichi mai della sorgente della propria esistenza.

Di riflesso, la misericordia si incarna in una convivialità gioiosa. Il padre imbandisce una grande festa per il figlio che ritorna: la misericordia è la gioia di Dio, che ama intensamente la creatura umana e ne vuole il vero bene! La misericordia del padre ci fa entrare in quella esperienza di Dio che prende l'uomo e gli dice: “Io ti ricreo nel cammino della tua la vita, offrendoti la comunione con me e con i fratelli!“ Quel banchetto succulento incarna la gioia della comunione, è la gioia di una vita ritrovata, è la gioia di una vita rigenerata. La bellezza del mangiare insieme ritraduce la ricomposizione di un’autentica fraternità.

Queste semplici ed essenziali illuminazioni ci fanno intuire la profondità esistenziale della misericordia di cui Gesù è stato il luminoso sacramento. Ci accorgiamo che la Misericordia è il volto del Padre nei confronti della concreta storia dell’umanità e noi dovremmo imparare ad entrare nel gusto del Padre, perché siamo stati creati a sua immagine. Egli ci dà la sua libertà, ci avvolge nel suo amore che genera speranza, ci introduce nella sua comunione gioiosa. La misericordia veramente vissuta diventa il canto della gratitudine dell'uomo che si lascia condurre dalla creatività divina. Amiamo la gioia di Dio e allora ci convertiremo nella vera libertà, entreremo in un profondo cammino di speranza e nascerà in noi un uomo nuovo. Non è l'Eucaristia che stiamo celebrando?

L'Eucaristia è il canto fraterno della divina misericordia. E’ Dio che ci dice: sei il mio capolavoro! Nell'Eucaristia ci sentiamo raggiunti da un amore incondizionato, nell'Eucaristia Dio Padre ci invita al banchetto del suo Figlio Gesù Cristo dicendoci: Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'Agnello! Ecco il linguaggio massimo della misericordia. Cerchiamo in semplicità di lasciarci coinvolgere in questo volto del Padre, un volto che è misericordia, e la bellezza della nostra vita si incarnerà nell’essere nel vissuto una misericordia vivente, non per i nostri meriti, ma per una assoluta gratuità divina che ci ama, regalandoci se stesso. Nel suo misterioso progetto di salvezza il Padre vuole godere in paradiso della presenza di ogni umana creatura. Quando potremmo cantare eternamente la Misericordia del Padre, gusteremo la gioia delle tre Persone Divine che godranno di rivestirci della luminosità divina: ecco la Misericordia! Se noi entreremo in questa meravigliosa esperienza, ci accorgeremo che il cristiano, in qualunque situazione si possa venire a ritrovarsi, avrà questa coscienza: sono nel volto di Dio che mi ama! E quando l'uomo vive questa esperienza della divina gratuità, come Gesù ce la insegna, la fiducia nella vita non gli mancherà mai, il coraggio dell'istante si rafforzerà, ma soprattutto ci sarà quel gaudio di comunione divino- umana che Gesù ci regala nell'Eucaristia e che in paradiso avrà la sua pienezza di realizzazione quando saremo santi con tutti i santi nella Gerusalemme del cielo.


06 settembre 2022

04 settembre 2022

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO C

Sap 9,13-18   Fm 9b-10.12-17  Lc 14,25-33

OMELIA

Gesù, questa mattina, convocandoci attorno a sé vuol condividere con noi la sua sapienza perché possiamo nel suo orizzonte costruire le nostre scelte quotidiane. Sicuramente la vocazione a seguire il Maestro è estremamente ardua. Una simile percezione la cogliamo all'inizio del racconto evangelico, quando nel testo si afferma che tante folle seguono il Maestro e Gesù, voltandosi verso di esse, pone innanzi le profonde esigenze del discepolato. L’evangelista in questo ci suggerisce la profonda convinzione che non è sufficiente lasciarsi affascinare dal Maestro. La verità sta nel fatto che occorre vivere come è vissuto il Maestro, attraverso l’acquisire quella sapienza che nasce dalla sua storia. Infatti, se noi guardiamo attentamente il brano evangelico, una parola risulta molto chiara: il discepolo è innamorato di una imitazione che è caratterizzata dalla radicalità.  Il linguaggio dell’amare Gesù al di sopra di tutti gli affetti storici, l'invito a portare la croce nell'ordinario, la prescrizione a rinunciare a tutti i nostri averi nella prospettiva di essere suoi discepoli sono linguaggi molto duri. Nasce allora l’interrogativo: come possiamo entrare in questa sapienza alla quale Gesù ci richiama e, alla quale, due domeniche fa egli stesso ci aveva sottolineato con la vocazione a essere piccolo gregge?

Innanzitutto è fondamentale che sappiamo guardare Gesù imitandolo, vivendo la sua vita, costruendo la nostra esistenza alla luce della sua storia. Dovremmo avere sempre presente a livello interiore il mistero dell'Incarnazione, il suo vissuto a Nazareth e nell'apostolato, la sua oblazione di amore gloriosa nell'albero luminoso della croce. Avere sempre davanti a noi la sua persona, la sua storia, avere davanti a noi sempre la bellezza della sua presenza e allora, questo gusto del Mistero, che lo avvolge, diventerà la nostra vita e la nostra vita sarà misurata sul suo Mistero. E’ quella radicalità fondamentale a cui noi siamo chiamati. Sicuramente il tutto della narrazione è un linguaggio molto duro, non per niente, la Chiesa Apostolica ha avuto difficoltà ad accettare come testo canonico il Vangelo di Luca, ma qui è la bellezza dell'essere discepoli, d’essere persone che si lasciano affascinare dal Maestro facendo le scelte ordinarie alla sua luce. Tenendo presente il principio profetico: “Così dice il Signore”. Gesù, rivolgendosi a quelle folle che lo seguono le pone dinanzi al grande bivio: “Siete convinti che è possibile essere miei discepoli? La risposta, che nell'esperienza della fede ci viene offerta, è che noi diciamo “sì”, perché noi siamo la gratuità divina in atto. Da notare che Gesù prima di parlare volge il suo sguardo verso la folla e, in quello sguardo, c'è la comunicazione-condivisione del suo Mistero: è l'uomo che guardando al Maestro lasciandosi catturare dalla sua persona dice: è possibile! E’ problema di oculistica interiore. Il discepolo è colui che ha lo sguardo del Maestro nel proprio cuore.

In questa luce rientrando in noi stessi, ci chiediamo quali siano le potenzialità che il Signore ha messo dentro di noi perché lo possiamo veramente seguire nella radicalità?

Il primo aspetto è molto semplice: Lui abita in noi, il primo attore della nostra esistenza è lui, come ci suggerisce l’apostolo Paolo: Cristo abiti, mediante la fede, nei vostri cuori! Gesù ci propone di imitarlo, di renderlo l'assoluto della nostra vita, il principio delle nostre scelte e questo ce lo propone perché Lui, in noi, ci sta ispirando. E’ quel silenzio interiore che caratterizza la nostra vita, è la bellezza della sua presenza attiva. L'uomo di oggi ha paura di seguire Gesù e si affida a tante feste, a tanti riti, a tante organizzazioni dimenticando il gusto di una presenza. Ecco perché Paolo chiamava i suoi cristiani di Corinto “santi” perché erano proprietà di Gesù: tutto è vostro, e voi siete di Cristo, e Cristo è di Dio. Ecco un primo elemento che ci dà il coraggio di seguire il Maestro fino in fondo: la sua presenza, attraverso un intenso silenzio del cuore.

Inoltre Gesù ci ha chiamati a questo attraverso l'iniziazione sacramentale, lui ha preso dimora dentro di noi e ogni sacramento è la sua creatività nella nostra esistenza. Noi ben sappiamo che l’agire della persona di Gesù, con la creatività nello Spirito Santo, ha la capacità di generare in noi una nuova e rinnovata umanità: la relazione quotidiana con lui, specie nel gesto sacramentale dell’esistenza. Ogni gesto di Gesù è un sacramento, la nostra gestualità feriale è un sacramento della sua presenza, è un ritrovare dentro di noi quel Cristo che agisce e agisce continuamente nella nostra storia. Ricordiamo sempre il principio tante volte ricordato da Paolo quando conclude nella Lettera ai Romani la storia del cristiano né vita né morte ci separerà mai dall'amore di Dio in Cristo Gesù! Qui troviamo la bellezza della nostra esistenza! Questa presenza credente ci permette, attraverso il regime sacramentale letto in modo globale ed esistenziale, di essere contemporanei col Cristo glorioso per poter diventare sempre più e sempre meglio la sua storia. È la sapienza del Cristo in noi che cammina nella nostra esperienza quotidiana.

Allora ritroviamo un terzo passaggio che ci aiuta ad essere coraggiosi nella vivente imitazione del Maestro: nel giorno in cui siamo stati battezzati siamo stati chiamati alla contemplazione, alla progressiva dimenticanza dell’io in un fascino inesauribile del tu, e quando il cuore è preso da una grandezza così affascinante l'impossibile diventa possibile. É che noi non siamo cristiani del fare né dell’apparire. Spesse volte seguiamo tanti riti, tante processioni, tanto folklore e dimentichiamo il gusto dell'interiorità abitata dal Maestro: stando con lui diventiamo progressivamente la sapienza! E’ quella quotidiana docilità allo Spirito che ci porta ad avere la stessa sensibilità del Maestro. Quante volte noi andiamo a rileggerci la grandezza dei sette doni dello Spirito Santo che il sacramento della Cresima ci ha regalato? Noi siamo ricolmi di Spirito Santo, e la grandezza compimento dello Spirito Santo è la Sapienza, l’avere il gusto stesso di Dio. E allora se noi ci lasciamo prendere dallo sguardo del Maestro, gustiamo la sua presenza, costruiamo l'istante nel suo mistero, la Sapienza della Trinità diventerà l'anima della nostra anima.

Ecco perché ci ritroviamo questa mattina nell'Eucaristia: per essere rifatti in Gesù Cristo, per gustarne la sapienza, per poter leggere la nostra storia con il suo punto di vista, per imitarne continuamente lo stile di vita: è la bellezza di essere discepoli! Ecco perché quando noi affrontiamo l'avventura di essere credenti, ci viene detto “sappi che Gesù è in te!”. Davanti all’impegno di costruire la nostra esistenza nello stile del vangelo, risuona nelle nostre orecchie il dettato dello Spirito Santo: è possibile, Lui è con noi! E allora viviamo questa Eucarestia con questo stile interiore, non diciamo più che Cristo è difficile. Se lui in noi è il Signore che cosa dovrebbe farci paura? E’ questione di oculistica interiore - come dicevo all'inizio - che noi dobbiamo continuamente ravvivare nel silenzio gustativo della sua presenza. E quando noi entriamo in questo linguaggio, che può sembrare duro per l'uomo distratto, per l'uomo attento al Mistero diventa un canto meraviglioso. E allora chiediamo allo Spirito Santo tale meravigliosa realtà: acquisire la Sapienza di cui ci ha parlato il testo sapienziale di questa mattina in modo che possiamo veramente dire al Signore:

Grazie! Tu mi fai un capolavoro e sarò in ogni istante della mia vita un canto di gratitudine. E tu sarai sempre fecondo nella mia vita quotidiana!”

Questa è la sapienza feriale che il Maestro ci regala ogni giorno con la sua presenza, specie nella Celebrazione eucaristica.

 

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo