26 settembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Mia madre e i miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.”




25 settembre 2023

24 settembre 2023

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A

DOMENICA 24 SETTEMBRE 2023

Is 55,6-9      Fil 1,20c-24.27a      Mt 20,1-16

OMELIA

Il cristiano nel cammino quotidiano si pone sempre la grande domanda: che senso ha la vita?

Una domanda che, in un modo o in un altro noi ci facciamo continuamente perché sappiamo esattamente che la vita ha un inizio e un termine e a quello che noi stiamo compiendo noi dobbiamo dare un significato. E allora credo che la parabola possa essere intesa come risposta a questo grosso interrogativo: la bellezza della vita è un dono, un dono che noi dobbiamo accogliere, far fruttare perché giunga alla sua pienezza, contemplare l'autore della vita! Infatti una delle domande che potremmo porci è: che significato diamo a quel dare una moneta?  E allora possiamo intravedere la dinamica della vita. Quando noi siamo stati concepiti ci è stata regalata una “moneta”: la chiamata alla gloria di Dio. Nasce un bambino perché possa eternamente contemplare la gloria delle tre Persone Divine, ed è questo il senso di fondo della vita: nati per gustare eternamente la gioia dell'esistenza!

Di riflesso, se partiamo da questa interpretazione, noi riusciamo a cogliere il senso dell'atteggiamento di quel padrone il quale dà a tutti gli operai la stessa moneta perché tutti hanno avuto la stessa identica vocazione, la vocazione di contemplare la gloria di Dio. Il tempo corre, nel tempo ci si impegna, attraverso il tempo si giunge alla gloria eterna. I medievali avevano inventato questa formula: Dio ci chiama alla vita per farci godere eternamente la gioia del paradiso. Vivere è crescere progressivamente in questa visione del Paradiso che ci attende e ci attende continuamente.

Allora davanti a questa visione, come noi dobbiamo concepire la vita, in quella “moneta” che ci viene offerta? Tre passaggi che danno valore e senso alla vita, nel suo significato più profondo, che non è semplicemente quello che facciamo, ma il senso che diamo a quello che operiamo. Tre passaggi ci permettono di entrare nel mistero della vita e di trovare la bellezza e la sua ricchezza feconda:

- il senso della gratuità,

- il valore del rendimento di grazie,

- la bellezza della supplica.

Gratuità, gratitudine, impegno.

Innanzitutto dobbiamo ricordarci che la vita è un grande dono, è Dio che entra nella nostra storia. Ogni istante che noi respiriamo è Dio che ci chiama alla vita. Il senso della nostra storia è Dio che ci pone continuamente in questa vocazione nella quale noi gustiamo l’atto del suo amore; è quell'andare a lavorare nella vigna, la vita come impegno storico, per vivere profondamente un dono. E allora, se noi curiamo questo primo aspetto, ecco che nasce il secondo termine: il senso della gratitudine. Come noi riusciamo ad accogliere la bellezza di un dono se non nel momento in cui rendiamo grazie? Al mattino noi ci svegliamo e siamo il respiro creativo di Dio, incominciamo il lavoro cantando la gratitudine per questo dono. É un rapporto favoloso che si ritraduce nella parabola: io ti chiamo alla bellezza della vita regalandoti la possibilità di vivere che è lavorare. Quindi la bellezza della nostra storia come un dialogo tra il Dio creante e l'uomo che nella gratitudine cammina in novità di vita, quindi il senso della gratuità. Ecco perché l'uomo tante volte ha difficoltà a vivere, perché non ha questo senso della gratuità, il respiro - atto dell’amore Trinitario -, quindi la percezione che il nostro camminare giorno per giorno scaturisce dalla creatività Divina. E allora la gratitudine dove la gratitudine è nient'altro che la situazione gioiosa dell'uomo del dono della vita. La gratitudine è la fecondità dei doni che il Signore ci offre in continua novità di vita e, davanti a questo grande deserto che è la nostra storia, ecco l'uomo si pone in stato di supplica perché l'uomo è intrinsecamente povero, siamo un dono, un dono da offrire in gratitudine, la creatura è povera e ama i propri limiti. Quando Gesù nelle Beatitudini disse Beati i poveri di spirito perché di essi è il regno dei cieli, beati quelli che nel cammino della loro vita hanno coscienza dei loro limiti perché nella coscienza dei loro limiti percepiscono questa creatività divina che continuamente agisce e opera nella vita quotidiana. Ecco perché il cristiano nel cammino della sua storia non ha più volto, solo “grazie!”. Il canto della gratitudine è nella mia povertà, io supplico e l'uomo che supplica nella fede vive di gratitudine e di riflesso ha la gratuità di Dio. É una circolarità fondamentale nel cammino della nostra storia. Noi spesse volte dimentichiamo questo fondamento della nostra storia e ci impressioniamo davanti agli avvenimenti dimenticando che nella nostra vita Dio non smette mai di operare e allora, se noi riusciremo a costruire in questo modo il nostro istante, al termine della nostra vita ci sarà data quella moneta - vieni nella gioia del tuo Signore - è quella aspirazione all'eternità che dovrebbe essere presente dentro di noi. Come certe volte il lavoro è la condizione per poter sopravvivere - lo stipendio -, così l'uomo cammina nel tempo nella gratitudine del dono della vita in vista della pienezza della gloria e allora non c'è problema, nella prima, terza, sesta nona ora, il problema è uno solo: vivere di gratitudine, nella coscienza che siamo un mistero per giungere a una pienezza di gloria, vedere il Signore faccia a faccia, perché noi quando ci poniamo la domanda: - Ma in fin dei conti cosa vuol dire vivere? - la risposta è: “Vivi l'atto creante di Dio con un profondo senso di gratitudine nella prospettiva dell'eternità beata”.

Se noi imparassimo a respirare questa grande meta, questo denaro che il Signore ci regala, allora riusciremmo a vedere diversamente gli avvenimenti della storia, respireremo speranza, la nostra vita sarà tutta un’attesa, vedere il Signore faccia a faccia. Ecco allora quella moneta, creati per lodare eternamente Dio e questa meta che è il paradiso teniamola sempre ben viva dentro di noi, soprattutto nei momenti di scoraggiamento, nei momenti nei quali nascono gli interrogativi della storia, nei momenti in cui l'uomo si pone la domanda cosa significa vivere e allora vivere è vivere il dono con gratitudine in attesa della sua pienezza. É quello che noi stiamo vivendo nell’Eucaristia. L'Eucaristia non è semplicemente assumere il Corpo il Sangue del Signore, ma è entrare nella gustazione di una Presenza, l'Eucaristia è farmaco di immortalità. Quando noi ci accosteremo all'Eucaristia gusteremo l'eternità beata e davanti ai nostri interrogativi ritroveremo la bella speranza di crescere giorno per giorno in novità di vita. Ecco perché è bella l'Eucaristia, perché ti fa fare la sintesi quotidiana tra il tempo e l'eternità, dove l'eternità dà senso al tempo e ci permette di vivere in novità di vita. Entriamo in questo grande mistero, il Signore qui in mezzo a noi ci ama, ci guida e ci sostiene, l'importante è vivere quei tre atteggiamenti: il senso della gratuità, il canto della gratitudine, la potenza della supplica. Allora la vita avrà un senso e tutto sarà una grande attesa di quell’eternità quando Dio sarà tutto in tutti, ci trasfigurerà e ci metterà in quella luce gloriosa che è la bellezza di tutta la nostra storia. Viviamo così questa Eucaristia e quando il Signore ci chiamerà diremo: “Finalmente posso ritirare quella moneta, godere eternamente del tuo volto o Padre, insieme a tutti i fratelli in una gioia che non ha limiti e confini e che è l'esultanza del nostro spirito, un gaudio che sarà tutta la nostra eternità beata.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

Si accordò con loro per un denaro



23 settembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Un’altra parte del seme cadde sul terreno buono, germogliò e fruttò cento volte tanto



22 settembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Gesù se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio



21 settembre 2023

20 settembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

MERCOLEDÌ 20 SETTEMBRE 2023

Ma La Sapienza  è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli



19 settembre 2023

18 settembre 2023

17 settembre 2023

XXIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A

DOMENICA 17 SETTEMBRE 2023 

415° ANNIVERSARIO DELLA TRASFIGURAZIONE DEL SANTO JESUS

SOLENNITÀ PATRONALE - Chiesa di Santa Maria Immacolata delle Grazie - Bergamo


Ap 5,6-14      Eb 1,3-12      Lc 24,35-48

OMELIA

Gesù questa mattina convocandoci attorno a sé ci dà un impegno molto deciso e importante: siate testimoni!

La bellezza dell'incontro col Cristo è la bellezza di essere testimoni. Allora chiediamoci, alla luce del Vangelo di Luca, cosa vuol dire essere testimoni? Luca ci dà la visione di questa testimonianza nel grande evento della Pentecoste: fraternità, entusiasmo, esperienza che genera stupore. Il “testimone” è il traboccare di una pienezza di vita e questo è sicuramente un aspetto importante soprattutto nella cultura di oggi quando si pone la domanda: come si può evangelizzare l'uomo contemporaneo? La risposta che danno gli studiosi è molto semplice: generare commozione nel cuore degli uomini. Essere testimoni vuol dire seminare una bellezza che non è dicibile, ma cantabile, un'esperienza che avvolge l'uomo e lo pone nella condizione di essere il sorriso luminoso di Gesù.

E allora, la bellezza dell'impegno che Gesù ci dà questa mattina, è di essere suoi testimoni, di avere la bellezza di una sua Presenza che determina il nostro comportamento. Come l'evangelista Luca ci aiuta a entrare in questa testimonianza in modo che l'impegno che ci viene offerto possa realizzarsi storicamente? La narrazione evangelica è molto importante: il Signore è presente in mezzo a noi, condivide con noi la sua Pasqua, è la realtà delle Scritture per dare all'uomo la speranza della vita. La testimonianza è una sintesi eccezionale di questi quattro aspetti che devono illuminare la nostra vita e condurci lentamente a intuire che Gesù è il Signore.

Innanzitutto la coscienza che Lui è presente, è in mezzo a noi. È molto bello come gli Evangelisti, quando narrano le apparizioni del Risorto, usino tutti l’espressione si manifestò in mezzo, in mezzo a loro è la Presenza! La bellezza della nostra vita di credenti è gustare una Presenza.

Questa mattina siamo qui convocati per gustare questa Presenza.

Quante volte ce lo siamo detti: “Perché vado ai Divini misteri? Per vedere il Signore!”. In Lui l'uomo ritrova veramente se stesso, e quindi la bellezza - ci dice l'evangelista - di ritrovare il Signore risorto nasce dalla profonda convinzione che Lui è presente, è qui in mezzo a noi. É quel primato dell'Invisibile sul visibile a cui tante volte abbiamo accennato: venite all'Eucarestia per gustare una Presenza. Ecco perché il rito in genere deve essere semplice e sereno, perché ci deve permettere di percepire questa meravigliosa Presenza che è il Signore.

Il secondo aspetto per cui noi riusciamo a entrare in questa Divina presenza è la convivialità.

Gesù per farsi riconoscere invita i discepoli a dargli da mangiare: l'Eucaristia! Ecco perché la bellezza della nostra vita è essere conviviali di Gesù. Come possiamo sperimentare la sua presenza in mezzo a noi se non attraverso la convivialità? Lui è qui al centro, presiede alla tavola e ci regala se stesso. La convivialità è una vitalità interiore che si ritraduce nel linguaggio del mangiare e del bere. Lui è presente in mezzo a noi in modo dinamico, ci attira a sé e condivide con noi la bellezza della sua presenza eucaristica. É bello mangiare con il Risorto perché il Risorto avvolga la nostra vita; e di riflesso, come noi possiamo entrare in questo mistero? E allora: la Parola del Signore, le Scritture, la testimonianza della Chiesa che parla di Gesù, addirittura utilizzando il testo dell'Apocalisse è il Risorto in persona che ci sta parlando. Non stiamo leggendo dei testi scritturistici, stiamo ascoltando una Persona che illumina la nostra vita e dà senso alla nostra storia e allora la bellezza di questa testimonianza è dare al mondo una visione nuova.

Il testimone legge la storia come la storia di Dio, perché noi siamo chiamati a testimoniare la presenza del Signore, il quale è la pienezza del rivelarsi di Dio. Andiamo sempre al bel testo della lettera agli Ebrei: “Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”, attraverso il suo Figlio, e allora dall’essere testimoni attraverso queste quattro semplici stimolazioni che ci vengono dal Vangelo noi cogliamo che la bellezza della nostra vita è testimoniare una Presenza senza della quale noi non riusciamo a vivere, una Presenza che illumina il cammino, stimola i passi e nello stesso tempo ci orienta verso una pienezza. Ma come noi possiamo entrare in questa bellezza esistenziale? Se noi guardiamo l'icona che abbiamo davanti è tutto un canto di risurrezione. Noi oggi siamo qui riuniti per gustare una Presenza che ci apre su una bellezza spirituale, sulla Gerusalemme celeste, è la visione dell'Apocalisse che abbiamo ascoltato, dove l'uomo si lascia illuminare da questa Presenza per ritrovare il senso della propria vita. Ecco perché al di là del discorso devozionale la Parola di questa mattina ci dice: contempla una Presenza, fa’ della tua vita la sua incarnazione perché gli uomini possano ritrovare la speranza nella vita e regalare una Presenza.

Quando nell'ultimo giorno incontreremo il Signore gusteremo quello che sacramentalmente noi oggi stiamo vivendo, la sua Presenza, la Presenza che ci guida, che ci illumina, una Presenza che cammina con noi in vista di questa gloria finale che è il paradiso. Entriamo in questa esperienza e allora ci accorgeremo di una cosa molto semplice: è bello credere perché è bello lasciarci innamorare da Gesù e in questa meravigliosa luce camminare nel tempo, con tanta fiducia e tanta speranza, convinti che il Signore che è in noi ed è con noi sarà il premio della nostra vita quando lo vedremo faccia a faccia, nella gloria che non avrà mai fine.



Oggi, qui, Dio ci parla...

Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli?



15 settembre 2023

SOLENNITÀ DEL SANTO JESUS

Venerdì 15 settembre 2023

Gv 14,1-13

OMELIA

Il Signore Risorto questa sera ci convoca intorno a sé, perché abbiamo questo sguardo di fede sull’icona del Santo Jesus. Ed è molto bello sentire il Maestro Divino che ci dice fissa il tuo sguardo sulla mia persona e troverai il senso della tua vita, come Gesù ci ha detto: “ Io sono la via, la verità e la vita".

Cosa significa fissare lo sguardo su Gesù? Innanzitutto vuol dire lasciarci conquistare dalla sua persona.

La bellezza di un discepolo è quella di lasciarsi affascinare, perché la bellezza del discepolo è incarnare nel cammino della vita quotidiana il mistero del Maestro. Cosa è lo sguardo? Se entriamo in profondità, lo sguardo è un incontro interiore tra l’uomo che regala luce e l’uomo che raccoglie, in un intenso rapporto di reciprocità. Gesù ha chiamato i suoi discepoli con lo sguardo e lo sguardo è il luogo in cui si stabilisce una relazione interpersonale e l’uomo si sente rivestito da una presenza. Ecco perché la bellezza di ritrovarci attorno al Risorto, contemplando questa icona, è lasciarci conquistare da quello sguardo, vivendo il Mistero che vi è presente e che io vorrei tracciare da tre angolature:

-lo sguardo che diventa camminare con Gesù;

-lo sguardo che fissa l’attenzione del cuore alla sua sofferenza;

- lo sguardo che si mette nella gloria del cielo, in quella croce gloriosa.

Tre coordinate che noi dovremmo questa sera imparare da Gesù Risorto attraverso l’icona del Santo Jesus. Innanzitutto quel Gesù che cammina nel tempo e nello spazio è un amore incarnato, è un amore che è entrato nella storia, un amore che ha amato l’uomo, “Io sono la via”. Ecco perché il cristiano, nel cammino della sua storia, orienta la propria esistenza a quel Gesù che cammina nella terra di Palestina per annunciare il vangelo del regno. Annunciare la novità del mondo, è camminare per regalare all’uomo la bellezza della vita. Il vangelo è la vita di Gesù che ci è regalata. Quindi, guardando l’icona del Santo Jesus, guardiamo a Gesù che cammina nel tempo e nello spazio per dare all’uomo questa grande consapevolezza, che, Egli, l’uomo, è chiamato a seguire Gesù vivendone profondamente il Mistero. Ecco il primo aspetto che dobbiamo tener presente: camminare con Gesù.

Camminando con Gesù noi entriamo nell’ascensione gloriosa di Gesù: i segni della sua passione. Noi guardiamo al Santo Jesus, ne vediamo i segni della crocifissione, vediamo i segni di quella morte che è diventata salvezza per noi.

Ma che cos’è questo segno? È l’espressione di questa totalità di amore che Gesù ha per l’umanità. È molto bello come nell’introduzione all’esperienza dell’ultima cena, l’evangelista Giovanni usi questa espressione: “Poiché erano vicini i giorni della Pasqua, Gesù sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”; guardare Cristo nel Santo Jesus, è Gesù che ci dice "Guarda quanto io ti amo”, e l’amore di Gesù -ed è provato a livello scientifico- è stato un infarto d’amore.

Gesù ci ha amati, morendo d’amore. Ecco perché la bellezza di guardare al Santo Jesus, è vederci avvolgere da questo grande mistero che è essere amati da Gesù.

Cos’è lo sguardo? Se noi guardiamo attentamente la storia dell’uomo, il rapporto più profondo che avviene tra le persone, è lo sguardo d’intenti, dove la bellezza dell’Uno attira l'altro in una tensione di esistenza interiore: camminiamo con Gesù, per entrare nel cuore oblativo di Gesù. La bellezza di essere avvolti da quello sguardo vuol dire lasciarci amare nello stile di Gesù, soprattutto nell'icona cara a Giovanni “E dal suo fianco uscì sangue e acqua”, che Agostino dice sono i sacramenti della chiesa.

In un certo qual modo, lo sguardo davanti a quelle piaghe che Cristo ci rivela, ci manifesta la grandezza del suo amore inesauribile. Guardare il Santo Jesus è lasciarsi prendere dallo sguardo che ci ama intensamente e profondamente. E allora questo secondo passaggio è importante: lo sguardo che fa entrare nell’interiorità oblativa: dare la vita come l’ha data a Lui. E il risultato di questa esperienza è il terzo passaggio: il mistero della sua risurrezione, è Gesù che è Signore davanti a quella croce, in quegli abiti gloriosi che lo avvolgono e che danno il senso della luminosità eterna. Spesse volte non abbiamo notato un particolare della crocifissione del vangelo di Giovanni, quando l’evangelista Giovanni dice che Pilato ha fatto mettere un cartino sull’albero della croce: “Gesù Cristo, figlio di Dio”. E allora Giovanni ci dice che quell’iscrizione fu in ebraico, greco e latino. Gli studi attuali hanno cercato di approfondire quella frase, quella sigla scritta da Pilato in ebraico, e in ebraico quella scritta vuol dire Javè. La bellezza del mistero di Dio è camminare nel tempo, dare la vita all’uomo per introdurre l’uomo nel mistero stesso di Dio. Guardare il Santo Jesus è pregustare in profondità la bellezza del paradiso. Noi tante volte siamo sorpresi dalla realtà della sofferenza, le piaghe, i piedi stanchi, ma dobbiamo guardare quel volto glorioso che ci conduce nell’eternità beata. Ecco lo sguardo, lo sguardo alla storia, lo sguardo alla passione, lo sguardo all’eternità beata.

Se noi entrassimo in questa visione, Gesù ci dice in questa celebrazione, che lo sguardo al Santo Jesus deve portarci interiormente a entrare nel cuore di Gesù Risorto, vivendone il dramma storico nella bellezza di una gloria eterna. Ecco perché, quando noi siamo davanti al Santo Jesus, siamo davanti a un affresco ma che dobbiamo guardare innamorati di Gesù. Quell’innamoramento di Gesù diventa il senso portante della vita, delle scelte del cuore, della visione gloriosa che ci aspetta in paradiso. È molto bello, se voi guardate, da una parte c’è l’icona del Santo Jesus, e al centro noi troviamo un altare. La bellezza del Santo Jesus è l’altare, dove l’uomo fa esperienza dell’amore inesauribile di Dio. Guardare il Santo Jesus è lasciarci invadere dall’amore personale di Gesù che fa di noi i suoi capolavori. Questo sia il mistero che vogliamo celebrare in questa Eucaristia, in modo che il nostro sguardo non si ferma al Santo Jesus, ma il nostro sguardo si lascia attirare nel Mistero di Gesù Cristo che diventa il mistero della nostra vita: Io sono la via (il cammino), la verità (il rapporto per il Padre), la vita (l’eternità beata). In un certo qual modo attraverso questa celebrazione, vogliamo ritrovare la bellezza di eternizzare la nostra storia, perché possiamo veramente camminare in quella novità di vita che è il Signore dentro di noi, è con noi e cammina per noi. Questa è la bellezza di questa Eucaristia e quando faremo la comunione, lo sguardo del cuore, sia veramente rivolto al Signore, perché il Signore divenga la luce del nostro cuore, l'intelligenza della nostra mente e quell’entusiasmo di vita che ci fa dire cammina nel tempo, dona la vita e canta l’anticipazione della risurrezione del Paradiso.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

«Donna, ecco tuo figlio!» «Ecco tua madre!»



13 settembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

 Beati voi , quando gli uomini vi odieranno… Rallegratevi in quel giorno ed esultate





12 settembre 2023

11 settembre 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

In giorno di sabato, è lecito fare del bene o fare del male, salvare una vita o sopprimerla?



10 settembre 2023

XXIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 10 SETTEMBRE 2023

Ez 33,1.7-9      Rm 13,8-10      Mt 18,15-20

OMELIA

Il cristiano ha il gusto della presenza del Maestro. Essere discepoli vuol dire intensamente ricercarne la presenza e Gesù questa mattina ci pone dinanzi quello che è lo stile di una comunità cristiana, soprattutto nella prospettiva dell'evangelista Matteo: il Signore è presente in una comunità dove domina il perdono.

Infatti cosa vuol dire quell'espressione con la quale si è concluso il testo evangelico Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro? La domanda che nasce immediatamente ascoltando il testo - cosa vuol dire essere riuniti nel nome di Gesù? - e allora scopriamo che il nome di Gesù vuol dire “Egli libererà il suo popolo dai suoi peccati”, essere riuniti nel nome di Gesù è essere una comunità che si regala il perdono. Dove ci si regala il perdono, lì è presente il Signore. Noi, qualche volta, di questo testo di Matteo diamo una lettura molto ridotta: quando siamo insieme, lì c'è il Signore. Matteo è molto più profondo: quando siamo insieme regalandoci il perdono, lì il Signore è presente, è la bellezza all'interno della nostra esistenza, vivere comunità di perdonati. Infatti il brano che abbiamo ascoltato questa mattina è il discorso rivolto alla comunità cristiana, dove emergono tre aspetti fondamentali del nostro cammino spirituale:

- la correzione fraterna,

- il perdono reciproco dei peccati,

- la certezza che nel perdono siamo ascoltati da Dio.

Tre passaggi fondamentali per riuscire a intendere il senso di questa presenza: Gesù è in mezzo a noi perché ci perdoniamo, il perdono è la presenza creatrice di Gesù che fa di noi i suoi capolavori. Ma come noi possiamo cogliere questa ricchezza che il Maestro ci vuole regalare?

E allora il primo momento è la correzione fraterna, soprattutto se letta nel testo greco. Noi tante volte pensiamo che la correzione fraterna è dire al fratello: hai sbagliato! Non dice così Gesù, la correzione fraterna è la persona che assume il dramma del peccato del fratello, lo vive in prima persona e regala la speranza. La correzione fraterna presuppone che noi assumiamo il dramma della storia degli uomini, la facciamo nostra e, di riflesso, regaliamo la speranza. Non ha fatto così Gesù, quando Giovanni il Battista annuncia la presenza del Maestro e dice: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo, che si deve ritradurre così: Ecco l'agnello di Dio! Ecco colui che porta sulle sue spalle il dramma della storia e regala all'uomo la bellezza della vita.

Prima di offrire al fratello la correzione, assumiamo noi il suo dramma, perché assumendone il dramma allora capiamo effettivamente cosa vuol dire “peccare”, riusciamo a intendere la povertà della nostra esistenza e regaliamo al fratello quello che la Provvidenza regala prima a noi.

Ecco perché il primo elemento da tener presente in un cammino di comunità cristiana è la correzione fraterna, come diventare il peccato dell'altro per regalargli la speranza che viene da lassù.

Di riflesso il perdono reciproco dei peccati.

Una cosa interessante leggendo il brano evangelico di questa mattina, che è il potere di rimettere i peccati, è un rapporto fraterno. Noi in genere pensiamo sempre al testo di Matteo 16 “rimettere i peccati”: in questo caso è la comunità che si scambia il perdono. Il Cardinale Kasper dà un esempio per interpretare questa frase di Gesù: marito e moglie la sera si scambiano i peccati commessi e si danno reciprocamente il perdono, è l'atto d'amore perfetto. E allora la bellezza nel cammino della vita è di regalarci il perdono, di dare all'altro la bellezza e la speranza nel cammino della vita. Quindi non solo assumere l’altro nel suo dramma, ma nello stesso tempo fare della nostra vita un regalo di perdono, e dove c’è questo regalo di perdono lì c'è il Signore, dove due o tre si regalano il perdono Io sono presente, e poiché senza il Signore non possiamo affatto vivere, ecco che dobbiamo continuamente regalarci il perdono per gustare la presenza di Gesù.

Ricordiamoci sempre che il perdono dei peccati nasce dalla contemplazione di Gesù.

Nella povertà della nostra vita ci regaliamo il perdono perché dobbiamo dire “il Signore è presente” e dove ci regaliamo il perdono ecco la nostra preghiera è ascoltata. Noi tante volte ci chiediamo perché il Signore non ci ascolta, o come il Signore possa ascoltarci. La risposta è molto semplice: vivere la stessa interiorità di Gesù che è diventato perdono.

Quindi la nostra vita è un regalare perdono in modo continuo a ogni fratello e in questo diventiamo “preghiera” perché ci poniamo nell’atteggiamento di entrare in comunione con il mistero di Dio. Ma se guardiamo questi tre passaggi ecco la frase di Gesù iniziale è molto chiara: lì, dove due o tre, si regalano il perdono, dove due o tre si regalano la speranza della vita, dove due o tre sono in comunione orante davanti al Padre perché perdonati, ecco noi in certo qual modo godiamo la presenza del Signore. Sicuramente evidenziare questa dinamica che il Vangelo ci offre questa mattina è abbastanza difficile, però il valore iniziale è questo: c'è il Signore!

Se noi fossimo innamorati di Gesù, se senza Gesù non riuscissimo a vivere e con Gesù costruissimo la nostra vita, ogni costo val la pena di essere assolto, perché la presenza del Maestro divino è la grande speranza della nostra vita. Ecco perché questa mattina ci è offerta la possibilità di lasciarci perdonare. Non avete mai pensato perché la celebrazione eucaristica inizia con l'atto penitenziale? Si è discusso tanto su questo testo e l’idea di fondo è questa: quando noi siamo incontrati dal Signore e lo sguardo del nostro cuore è rivolto al Signore ci accorgiamo del buio, bramiamo la luce e ci regaliamo il perdono: è la bellezza della nostra esistenza. La bellezza dell'Eucaristia è la celebrazione della gioia dei perdonati. Non per niente prima di accostarci alla comunione diremo Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo… Signore non sono degno!

La gioia di sentirci perdonati regalando a Dio la nostra povertà: è la bellezza dell'Eucarestia.

É interessante che l'unico evangelista che unisce il perdono dei peccati con le parole di consacrazione sul calice è Matteo Questo è il calice del mio Sangue per la nuova ed eterna alleanza, versato per voi e per tutti in remissione dei peccati. La bellezza dell'Eucaristia è sentirci così rigenerati per regalare il perdono ai fratelli. Ecco perché prima della comunione ci scambiamo il dono del perdono: scambiatevi il segno della pace!

Viviamo così questo mistero eucaristico nella bellezza dell’essere dei perdonati che camminano in novità di vita per regalare speranza ai fratelli e allora, uscendo di chiesa “perdonati” regaliamo speranza a chi incontreremo per potere camminare in novità di vita perché il Signore è veramente con noi. Chi ama il perdono è alla presenza del Maestro.

Viviamo questa ricchezza in tanta semplicità di cuore per camminare in vera novità di vita.

Oggi, qui, Dio ci parla...

 Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro



05 settembre 2023

04 settembre 2023

03 settembre 2023

XXII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 3 SETTEMBRE 2023

Ger 20, 7-9      Rm 12,1-2      Mt 16,21-27

OMELIA

Gesù continua il dialogo con Pietro e apre in noi orizzonti nuovi. Al di là del rimprovero che in modo immediato emerge nel racconto evangelico, tuttavia il brano, sullo sfondo del testo di Paolo nella lettera ai Romani, possiamo leggerlo in modo positivo. Chi è il discepolo? È colui che vive del fascino del Maestro: questa è la bellezza della nostra vita. Innamorati di Gesù, ne viviamo il mistero con la certezza che abbiamo il cuore del Risorto. Il discepolo vive del Maestro perché il Maestro è il senso della sua vita.

Se noi volessimo rivedere il brano in modo positivo potremmo dire con Gesù che così si rivolge a Pietro Se tu vuoi seguirmi, vedrai che nella mia sequela troverai la bellezza della tua vita; chi segue me ha la capacità di vincere il maligno, pensa secondo Dio e ritrova nel cammino della sua esistenza la bellezza della propria storia. Ecco i tre aspetti sui quali questa mattina vogliamo soffermarci per poter veramente illuminare in modo attraente la bellezza di essere discepoli, partendo dall’idea che il Maestro genera in noi il suo mistero prendendoci in quel fascino di cuore per cui godiamo della presenza del Risorto.

Il primo elemento da tener presente per una lettura positiva della nostra esistenza come discepoli del Maestro, è che noi viviamo del Maestro. È sempre bello risentire l’espressione di Paolo nella lettera ai Filippesi Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù. Conoscere Gesù è vivere la sua interiorità, conoscere Gesù è entrare nel suo mistero, conoscere Gesù è lasciarci affascinare dalla sua personalità, perché la bellezza della nostra esistenza si chiama Gesù. Noi tante volte guardiamo alle esigenze che nascono dalla sequela del Maestro, ma dobbiamo partire da un altro punto di vista: la sua persona che prende la nostra esistenza e l’attira a sé e la trasfigura nel suo mistero d’amore. Entrare in quella profonda esperienza di contemplazione che è un’attrazione continua nel fascino del Maestro. Il discepolo non può respirare se non guardando il Maestro come criterio di vita, anzi la bellezza della sua vita è che Egli dimora in noi, ed è il secondo passaggio a cui noi dobbiamo sempre fare riferimento: noi abbiamo questo fascino di Gesù, perché Gesù non è fuori di noi, Gesù non è colui che ci dà delle esigenze, Gesù è presente, in noi vive la sua storia.

Quando Paolo poc'anzi ci ha detto che dobbiamo offrire i nostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, è questo il vostro culto spirituale, noi vogliamo cogliere come la persona di Gesù è il sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; Egli, il Maestro, in noi continuamente sviluppa questo grande mistero di presenza, di presenza oblativa e questa presenza oblativa è più profonda nel mistero della croce, perché questa esperienza oblativa la troviamo entrando nell’interiorità di Gesù.

E allora, entrare nel suo mistero vuol dire vivere tre aspetti fondamentali della vita oblativa: il senso della comunione, della gratuità e del rendimento di grazie. Questi tre elementi vivono di quel fascino. Oggi Gesù lo conosciamo perché ci facciamo prendere dal suo mistero, dalla sua persona - usando il linguaggio caro agli evangelisti - dal suo sguardo: lasciarci penetrare dalla sua personalità attraverso questa sintonia di sguardo che apre il nostro cuore al suo mistero. Se noi entriamo nel fascino di Gesù, ne abbiamo i sentimenti, diventiamo un sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, dove questo sacrificio è Lui in noi, è quel culto spirituale, guidato dall’azione dello Spirito Santo, dove noi riusciamo a cogliere la bellezza della nostra esistenza, dove il sacrificio è essenzialmente un'esperienza di grande comunione, la comunione di vita con Gesù.

Quando Egli ci attira, entriamo nella sua comunione, nella sua comunione noi riusciamo a vivere di gratitudine: gustare una presenza, una ineffabilità che penetra nel nostro spirito e determina tutto il nostro itinerario interiore.

Culto spirituale: Lui è il sacrificio vivente, Lui è il mistero che opera in noi, Lui è la bellezza della nostra storia.

Che cosa ci permette di seguire Gesù, se non il fascino della sua persona vivendone i sentimenti in questo sacrificio vivente santo e gradito a Dio? È Lui che in noi vive, in noi opera.

E allora, il secondo passaggio che dobbiamo riuscire a cogliere nella nostra vita di discepoli, è seguire il Maestro lasciandoci prendere dalla immedesimazione della sua interiorità.

Il discepolo vive del Maestro e attraverso anche il linguaggio negativo che appare nel brano evangelico, noi ne percepiamo il risvolto positivo: vivere la nostra storia, è crescere nella comunione con il mistero, nel quale noi - ed è il terzo passaggio - ne gustiamo la presenza.

Il fascino diventa contemplazione e si incarna nella gustazione per stare alla presenza del Maestro che opera dentro di noi.

Noi qualche volta ci chiediamo che cosa dobbiamo fare, entriamo nella nostra interiorità per gustare la presenza del Maestro e vivere la bellezza interiore che diventa veramente la nostra mentalità. E allora, nel gustare la sua presenza, gustiamo la soavità del Maestro; quanto è soave gustare il Maestro che dimora in noi.

Sono le tre dimensioni che ci permettono di essere discepoli: il fascino, la bellezza di avere dei sentimenti, la gustazione di una presenza. E allora, l’invito che Gesù oggi ci offre è molto semplice: abbiamo lo sguardo del cuore rivolto a questa meravigliosa realtà: il Signore che agisce dentro di noi e ci dà la bellezza della vita. Seguire Gesù è fare in modo che la nostra mentalità sia la sua; anzi, quanto più noi possiamo essere tentati di ragionare secondo la mentalità comune, dobbiamo lasciarci attirare. In un certo qual modo sentiamo le voci della storia e apriamo il cuore al mistero di Gesù. E allora, quando Gesù si trova a suo agio nella nostra persona, compie in noi le sue meraviglie.

Dovremmo porci la domanda: Ma il Signore è veramente il grande attore della nostra storia? É colui che agisce in modo profondo e radicale nel nostro quotidiano ed è Lui che noi scegliamo ogni giorno.

Ecco la bellezza di andare all’Eucaristia! Se noi oggi ci ritroviamo a celebrare questi Divini Misteri, è perché noi siamo attirati da Gesù. Il rito detta il linguaggio di questa attrazione, il quale diventa la gioia di una presenza e la mente è animata da una grande speranza per costruire le nostre scelte nella sintonia con il Maestro.

La bellezza del Signore che è con noi, è la fecondità del nostro agire, del nostro operare. Cristo deve sentirsi a suo agio in noi perché Lui è dentro di noi.

Infatti, quella parola Seguire che ci è stata regalata da Gesù, può essere sacrificio vivente, santo e gradito a Dio come Paolo ci ha detto. È riuscire veramente a cogliere che la bellezza della nostra vita è un Gesù inabitante in noi, un Gesù che vuol far fiorire la sua presenza, una presenza che, ed è bello entrare in questo mistero, che è il Risorto che ci avvolge anche se abbiamo le stimmate della croce e sentiamo la sofferenza della solitudine. Tuttavia c’è questa grande concezione che Lui, il Risorto è dentro di noi ed è profondamente attivo nella nostra vita.

Ecco perché noi la domenica ci ritroviamo nella Divina Eucaristia, perché in quel momento riusciamo a coglierne il segno; Lui ci affascina attirandoci a sé, Lui mette in noi i suoi sentimenti attraverso questa esperienza continua di contemplazione e noi gustiamo quella fecondità che ci dice di essere totalmente pieni e liberi nella docilità alla creatività dello Spirito Santo. Seguire Gesù è la forza per superare la mentalità corrente, è ritrovare la bellezza della nostra vita. E quando ci porremo in cammino per andare ad accogliere i doni eucaristici, in quel momento lasciamoci prendere dal suo mistero, il nostro pensiero sia il suo pensiero, il nostro ragionamento sia il suo ragionare, il nostro scegliere sia il suo scegliere. E allora, potremo in quell’Amen eucaristico, ritrovare la bellezza del senso portante della nostra vita quotidiana. Gesù questa mattina vuol dialogare con noi attraverso il rimprovero che rivolge a Pietro, noi ritroviamo la bellezza positiva della vita: Seguiamo Gesù! Se lo seguiremo, con quei sentimenti che sono i suoi, ci accorgeremo che la vita assume valenze e potenzialità molto diverse. E quando diremo quell’Amen, in quel momento diremo al Signore “Ti regalo la vita, ti rendo grazie per il mistero d’amore che mi avvolge, cammino con Te, perché in Te ritrovo la bellezza della vita e mi si aprono orizzonti di un’eternità beata che è la gioia dell’istante”.

Cristo in noi deve trovarsi sempre a suo agio perché noi siamo sacramento della sua presenza. Seguire Gesù è gustarne la continua attualità al di là delle difficoltà che l’esistenza quotidianamente ci offre. E quindi questa mattina, nel giorno a Lui dedicato, cerchiamo di cogliere questa bellezza e non abbiamo paura di lasciarci attirare; vivremo di Lui, gusteremo la sua presenza e la speranza fiorirà in ogni scelta che faremo nella nostra esistenza quotidiana.