30 agosto 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

"All’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità"



29 agosto 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

MARTEDÌ 29 AGOSTO 2023

Nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri



28 agosto 2023

27 agosto 2023

XXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 27 AGOSTO 2023

Is 22.19-23     Rm 11,33-36     Mt 16,13-20

OMELIA

Gesù ci incontra tutte le settimane nel giorno a Lui dedicato e in questa circostanza pone anche a noi la domanda che ha posto ai suoi discepoli “E voi, chi dite che io sia?”.

Una domanda che ci dovrebbe sempre accompagnare nel cammino della vita, perché tutto il senso della nostra vita è il Signore e conoscerlo è il senso della vita. Infatti, se noi guardiamo attentamente cosa sia l'esperienza cristiana, ci accorgiamo che essa è vivere intensamente una relazione, un rapporto tra un Dio innamorato dell'uomo e un uomo che si lascia prendere, avvolgere, guidare da quello Spirito Santo che permette di conoscere Gesù e la sua esperienza più profonda, anche perché, e questo dobbiamo sempre ricordarcelo, più noi conosciamo Gesù, più noi conosciamo noi stessi e di riflesso, quanto più vogliamo ritrovare la nostra identità umana, tanto più dobbiamo lasciarci avvolgere  dalla personalità di Gesù.

Conoscere Gesù è innamorarci della vita, è camminare nel costruire la vita; conoscere Gesù è trovare il senso di ogni istante. In certo qual modo, la domanda che Gesù rivolge ai suoi discepoli, potremmo tradurla così: “Chi sono io per voi?” e noi rispondiamo: “Tu sei il senso della mia vita”. E allora cerchiamo, attraverso tre passaggi, di riuscire a cogliere qualcosa che ci possa stimolare a crescere nella conoscenza di Gesù. Infatti,

-      conoscere Gesù è  conoscere la sua vera identità, quindi il senso della nostra vita;

-     conoscere Gesù è sperimentare la presenza del Divino nella nostra storia;

-      conoscere Gesù è la certezza di non essere soli, ma di camminare profondamente con Lui.

 Innanzitutto davanti alla domanda del Maestro, la nostra risposta è conoscere Te Gesù, è il senso della vita.  È bello quando si afferma nell’espressione di Pietro Tu sei, in quel Tu sei c’è il mistero della personalità di Gesù; persone che si lasciano avvolgere dalla sua presenza: “Tu sei! Tu sei il respiro, Tu sei la Luce, Tu sei il coraggio dell’istante, Tu sei, solo in Te riposa l’anima mia, da Te la mia speranza” e in quel Tu sei noi ci innamoriamo del mistero dell'incarnazione, del Dio innamorato dell'uomo. In quel Tu sei di Pietro, noi diciamo Signore, Tu sei il tutto della mia vita. In un mondo che è allo sbando, che è alla ricerca di un senso della propria storia, Gesù ci dice: “Incarna il mio mistero perché gli uomini possano dire Chi è Gesù”, e noi abbiamo l'entusiasmo della fede: “Tu sei, Tu sei la pienezza della mia vita, della nostra vita”. Noi ci ritroviamo nella celebrazione eucaristica per riuscire a rispondere a questa domanda che Gesù ci rivolge quando noi iniziamo l’assemblea: “Chi sono io per voi?” e noi gli rispondiamo: “Tu sei il Tutto, il Tutto nel quale costruiamo la nostra storia, la nostra esistenza”.

E allora, la prima risposta che dobbiamo dire è lasciarci innamorare da Gesù attraverso quello sguardo del cuore che in Gesù ritrova il senso della vita. Ma questo Tu sei che ci fa intuire che la bellezza della vita è Lui, ci fa cogliere che Egli è la fedeltà di Dio, “Tu sei il Cristo”. Questa espressione ritraduce tutta la storia di Gesù: Egli dono del Padre e guidato dalla potenza dello Spirito Santo, regala all’uomo il volto del Padre “Dio mai nessuno lo ha visto e il Figlio unigenito che è il segno del Padre, Lui ce lo ha rivelato”.

Gustare il Dio fedele, dove la fedeltà di Dio è la certezza che ogni atto della nostra storia, è un atto creativo del Suo amore, della sua presenza ineffabile, del suo stile di vita che non ci abbandona mai; Lui è il presente che ci fa vivere; in Lui non saremo mai delusi. Ecco perché Tu sei il Cristo, Tu sei l’incarnazione del Dio fedele, in Te la morte diventa vita, la paura diventa coraggio, il dramma dell'istante diventa apertura sull'eternità beata.

Innamorarci di Gesù gustando la fedeltà di Dio: “Né la carne né il sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio”. E quindi la bellezza della domanda di Gesù è incarnare un fascino che diventa l'anima del nostro istante, che diventa il principio della nostra esistenza.  Lui è fedele e Lui ci guida; è una relazione che ci fa vivere il mistero della vita. La bellezza della fede cristiana non è un insieme di dogmi, ma la gioia di una relazione, di spalancare la nostra esistenza in questo agire divino. E allora il terzo passaggio è consequenziale: Chi siamo noi? Siamo il capolavoro che il Padre ha regalato al Figlio, perché il Figlio costruisca in noi il mistero d’amore del Padre. Credere è spalancare la storia a questo evento creativo che determina fino in fondo la nostra esistenza nel nostro cammino quotidiano. Siamo il capolavoro dell’agire delle tre persone divine. Ecco perché Gesù ci pone la domanda E voi chi dite che io sia?

 Dobbiamo prendere coscienza di questo grande mistero per il quale siamo stati creati, per il quale costruiamo ogni nostro istante, nel quale costruiremo quell'incontro finale dove noi saremo nella pienezza della gloria. Conoscere è lasciarci trasformare da una presenza, lasciarci catturare da una relazione e camminare nella certezza che non saremo mai delusi. E allora, ogni volta che ci poniamo la domanda: “Qual è il senso della mia vita?”, la risposta è molto semplice: “Lasciarci innamorare da Gesù, in quella semplicità, in quella essenzialità del suo Volto”. E’ molto bello vedere Gesù che, guardando in faccia i discepoli, chiede “E voi chi dite che io sia?” e in quel Tu c’è il fascino di una presenza, il gusto di uno sguardo, la bellezza di un’attrazione che ci conduce nella contemplazione di un mistero nel quale la nostra esistenza si ritrova vera, autentica e realizzata. Conoscere Gesù è l’inizio dell’eternità beata. Ecco perché Tu sei! La tua storicità ci innamora, il Cristo, la fedeltà del Padre ci sostiene, il Figlio di Dio, l’eternità beata. E quindi nella domanda che Gesù pone ai discepoli, non solo c’è problema di identità di Gesù, ma di identità della nostra vita. Guardando Te Gesù, ritrovo la bellezza dell’umanità, ritrovo la fedeltà del Padre e scopro quella meta finale alla quale continuamente tendiamo e nella quale ritroviamo veramente e profondamente noi stessi.

Ecco perché, questa mattina, ritrovandoci nella celebrazione eucaristica, Gesù, incontrandoci in quel saluto Il Signore sia con voi, ci pone la domanda “E tu, chi dici che io sia?”.

Tutta la celebrazione eucaristica è conoscere Gesù, lasciarci attirare nel suo mistero, lasciarci trasfigurare e plasmare dalla sua presenza per potere camminare in quella novità di vita che è il senso della vita. Un atto di fede che diventa veramente il culmine della nostra storia, un culmine che oggi gustiamo sacramentalmente nel Pane e nel Vino eucaristici e che domani gusteremo in quella visione, quando Lui, il Signore, sarà tutto in ciascuno di noi e ci regalerà al Padre, nati da Dio diventiamo figli di Dio, per essere consegnati al Dio delle meraviglie che è il senso di fondo della nostra storia quotidiana. Viviamo così questa Eucaristia, non dimentichiamoci mai del cammino della vita di tutti i giorni. Gesù si pone accanto a noi e ci dice “E tu chi dici che io sia?”. E noi lo diremo, non tanto come Pietro con le parole, ma con il gusto della vita: “Tu sei il Vivente del mio essere vivente, Tu sei la gioia della mia umanità, Tu sei una fedeltà che riporta all’eternità beata”. Entrare in questo grande mistero che ci avvolge, ci guida e ci permette di camminare in quella serenità che nasce dallo Spirito Santo. Camminiamo così e allora, nel momento in cui faremo la comunione, e ci sarà detto Il Corpo di Cristo, noi risponderemo Tu sei il Messia, Tu sei il Cristo, Tu sei il Figlio di Dio per poter gustare la vita eterna. Dovremmo in un certo qual modo fare della nostra vita la conclusione del vangelo di Giovanni: “Queste cose sono state scritte perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e credendo abbiate la vita nel suo nome”; su questo spalancare la nostra storia all’eternità beata come il grande valore del nostro istante. Sentiamoci interpellati, sentiamoci amati, sentiamoci immersi in un cammino che ci apre su quell’eternità beata che è il senso di fondo della nostra esistenza. Allora quando Egli ci chiamerà nell'ultimo giorno, Egli sarà il Tutto della nostra vita, un gaudio che sarà un canto eterno nell’amore del Padre che ci ha regalato Gesù e che nel regalarci Gesù, ci regala la bellezza della vita, il coraggio dell’istante, un futuro sempre presente a Dio per regalarci la speranza nelle difficoltà quotidiane della storia di tutti i giorni.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”



24 agosto 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi.”



23 agosto 2023

22 agosto 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Chiunque avrà lasciato case o…per il mio nome riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna



20 agosto 2023

XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO A -

DOMENICA 20 AGOSTO 2023

Donna, grande è la tua fede!

IS 56,1.6-7      Rm 11,13-15.29-32      Mt 15.21-28

OMELIA

Gesù questa mattina ci pone dinnanzi a una scelta di fondo nei confronti della vita: la nostra esperienza della fede. La metodologia dell'evangelista da questo punto di vista è interessante, ponendoci la domanda cosa vuol dire effettivamente credere.  La figura di quella donna è veramente per noi molto importante, perché ci si accorge che Gesù davanti a quella donna fa la più grande affermazione che accompagna molto la teologia contemporanea: essere credenti pur non essendo praticanti, gustare la gioia della fede anche se la vita qualche volta ha percorsi molto diversi. Ma cosa vuol dire, nel cammino della nostra storia, essere dei credenti, perché la bellezza dell’elogio di Gesù “Grande è la tua fede donna”, è estremamente significativa. Uno dei drammi infatti della cultura di oggi è che davanti al dramma della fede si aumentano riti e organizzazioni, mentre la bellezza della fede è il fascino di Gesù che riveste la nostra vita. Ciò che Gesù elogia della donna è che ella resta catturata dalla persona del Maestro e, nella persona del Maestro, ritrova la bellezza della sua esistenza. Ma cosa vuol dire vivere di fede, quindi entrare in quell’elogio che il Signore fa della donna. I tre aspetti ci possono aiutare in questo itinerario:

- la fede come accogliere Gesù,

- la fede come fiducia in Lui,

-  la fede come affidare la nostra storia alla sua misteriosa presenza.

Innanzitutto occorre nella fede accogliere Gesù, essere ricchi di stupore per Gesù, sentire l’emozione della sua presenza. Lo stile con il quale l’evangelista narra il miracolo, dice come accogliere Gesù sia l'anima della propria storia. Spalancare la vita al suo mistero ed è talmente grande il suo mistero che tutte le difficoltà che possano nascere, vengono superate. Accogliere Gesù è accogliere la pienezza della vita, è accogliere in lui la novità del mondo.  E questo nasce dal fascino del Maestro, questo fascino che entra nella storia di Gesù come dono del Padre, per affascinare gli uomini in un cammino che è ricco di speranza.   Gesù ci colloca accanto all'uomo, si lascia attirare dall'uomo, perché l'uomo possa realmente ritrovare la bellezza della sua vita. È vero che ogni uomo come uomo, ha una certa fede elementare, nel senso che l'uomo vive affidando se stesso a qualcuno, ma la bellezza del compimento di questo atto creativo, è che se ogni uomo è chiamato a credere, in Gesù l’esperienza della fede diventa l'accoglienza di una persona, di un mistero che l'avvolge e che determina lo stile quotidiano della propria esistenza. Gesù elogia la fede come accogliere il suo mistero. È interessante come, nella letteratura contemporanea, l'uomo a un certo punto deve sospendere i ragionamenti dell'intelligenza, aprire il cuore alla bellezza e nel fascino dire Credo; e in questo nasce un cammino nuovo all'interno della propria vita. E allora, per poter entrare nell’elogio di Gesù “Donna, grande la tua fede”, dobbiamo imparare ad accogliere la figura del Maestro, spalancare tutte le nostre facoltà alla sua presenza. Con la fede si crede, perché con la fede è far sì che il Signore vibri in tutte le dimensioni della nostra persona e ci rende persone docili e duttili alla sua presenza. E chi sa accogliere il Signore, pone il gesto di fiducia: affidarsi. Quella donna, davanti alle resistenze di Gesù - resistenze potremmo dire pedagogiche, e che si richiamano allo sfondo del Vangelo di Matteo-, appare l'idea che quella donna ha fiducia di Gesù. Il termine gridare indica questa esperienza, quella donna vive della presenza; è talmente forte in lei questa presenza, la fiducia è così prorompente che non può non gridare; e questo le dà l'intelligenza di affidare la propria vita a Gesù.  La bellezza di credere è la bellezza di avere una fiducia che diventa il miracolo continuo della vita dell'uomo.

Ecco il dramma dell'uomo di oggi che non riesce a credere perché lentamente sta perdendo quel senso di fiducia che determina effettivamente la sua storia, la sua esistenza. Fiducia è dire In Gesù costruisco la mia vita, senza di Lui non riesco a ritrovare il nesso per costruire una storia vera e autentica e camminare in novità di vita.

Tutto questo vuol dire affidarsi a Lui, non solo aver fiducia, ma affidarsi, è regalarci a Lui: Tu Signore, sei il Signore della mia vita.

In un certo qual modo è il passaggio più vero dello stile della fede: accogliere, fiducia, regalandosi a Lui e fidandosi di Lui, in modo pieno, regalandogli la propria esistenza. Credere è camminare nel mistero di Gesù con tanta fiducia e con tanta speranza. Ecco perché la fede non è un discorso razionale, ma la fede è nient’altro che una presenza che ci avvolge, ci determina, ci attira e crea in noi quell’atteggiamento di accoglienza, fiducia e affidamento che diventa il criterio di fondo della vita.

Allora, su questo sfondo - perché vivere di fede è importante -, come noi possiamo veramente entrare in questa esperienza di novità che ci avvolge e ci affascina continuamente. Innanzitutto collocare Gesù al centro, spostare l'attenzione dall'io che pensa, all’io che si affida. Gesù al centro della vita! D'altra parte la nostra vita è nata attraverso il Verbo; se è costruito attraverso l'imitazione del contemplativo risorto, la nostra esistenza diventa una serie di atti di fiducia nel suo mistero. Ritrovare la bellezza della sua persona, l'essere affascinati dal suo mistero che ci attira in modo così profondo da aiutarci a camminare in novità di vita. Di riflesso, partendo da questo atteggiamento di fondo, ecco ogni parola che esce dalla bocca di Gesù, diventa il senso della nostra esistenza, diventa il cammino di ogni frammento della nostra giornata, il Signore diventa il Signore del nostro cuore, Cristo abiti mediante la fede nei nostri cuori.

Quindi, questo camminare con Gesù che è il criterio di fondo della nostra storia, è l’anima della nostra esperienza. E allora, camminando con Gesù, con Lui potremmo essere quelle creature nuove che nascono a vita continuamente rinnovata.

Ecco allora che Gesù oggi ci dice che il valore della nostra scelta di vita è credere a Lui, affidarci a Lui, camminare con Lui, avere in Lui quella certezza di non essere mai delusi. È uno spostamento di baricentro esistenziale. La nostra vita è tutta proiettata alla gustazione del Maestro che guida la nostra vita istante per istante. È quello che noi vogliamo effettivamente celebrare questa mattina nei Divini Misteri. Cosa è la celebrazione eucaristica, se non una professione di fede, un cantare attraverso il rito e le sue caratteristiche, questa grande certezza che il Signore venga ad abitare veramente nella nostra storia, divenga il Signore del nostro istante, cammini continuamente in quella novità di vita nella quale vogliamo costruire con coraggio il nostro presente. E allora, accogliendo Gesù, le sue parole non sono nient’altro che l’espressione di questo dialogo che ci permette di camminare in novità di vita e ci permette di gustare, a livello interiore, questa relazione credente che il Signore fa maturare continuamente nella nostra vita. E di riflesso, noi potremo veramente dire, nel Signore non sono mai stato deluso. Questa è la bellezza del venire all’Eucaristia. L’atto consacratorio del pane che diventa Corpo e del vino che diventa Sangue, è una certezza.

In quella professione di fede, Tu sei il Signore che qualifica la nostra vita e viviamo in atto un’esperienza diuturna di un miracolo continuo.

Camminiamo credendo, camminiamo affidandoci, crediamo fidandoci nel suo mistero di amore e ritroveremo la bellezza della nostra vita.

Questa sia la speranza che vogliamo da questa Eucaristia portare a casa in modo che, davanti al travaglio quotidiano, non abbiamo mai paura.

Lasciamoci attirare, lasciamoci affascinare dalla sua persona, lasciamo che la sua Parola diventi seme di novità di vita per noi. E allora la sua presenza fa tra di noi dei miracoli meravigliosi, dove la sua presenza diventa l’anima della nostra anima e in quel Corpo spezzato e in quel Calice versato, noi potremo ritrovare la bellezza di una vita totalmente rifatta per camminare in vita nuova, certi che il Signore non ci delude mai. Camminiamo con Lui, cerchiamo Lui e Lui farà di noi i suoi capolavori, i capolavori del suo mistero d’amore. Amen.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

 Donna, grande è la tua fede!



16 agosto 2023

15 agosto 2023

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA - SOLENNITÀ – (ANNO A)

15 AGOSTO 2023

Ap 11,19a; 12,1–6a.10ab      1Cor 15,20–27      Lc 1,39-56

OMELIA

La Chiesa oggi, attraverso soprattutto la sua preghiera, ci vuole introdurre alla contemplazione del mistero di Maria glorificata in Gesù nella realtà del Paradiso.  Diventa per noi un motivo di stimolazione per aprire lo sguardo del nostro cuore a orizzonti molto più ampi del concreto che stiamo vivendo, e Maria, attraverso la parola di questa mattina, ci educa a entrare in questo grande mistero e il suo centro è nel mistero di Gesù, come ci ha detto Paolo nella seconda lettura; come abbiamo continuamente pregato in questa liturgia, contempliamo Gesù glorificato alla destra del Padre e in Gesù la gloria di Maria. In un mondo che si sta corrodendo nel correre ogni giorno, il fermarci a contemplare la figura di Maria gloriosa in cielo, diventa per noi motivo di grande forza e di grande speranza. Vivere in questo mondo con gli occhi orientati verso i beni celesti, come ci insegna la liturgia. E quindi cerchiamo di chiederci, come noi possiamo veramente entrare in questo mistero di eternità che spesse volte scivola accanto a noi e non penetra profondamente dentro di noi per darci quella serenità e quella pace, quella tranquillità interiore, soprattutto perché ci permette di pensare alle cose future con più fiducia e con più coraggio, con più speranza. E allora è bello contemplare Maria in tre passaggi che possono aiutarci ad entrare anche noi in questo mistero di glorificazione:

- Maria è la donna aperta,

- la Madonna è la donna che condivide,

- è la donna che diventa il canto della fedeltà divina in cielo,

tre coordinate che siamo chiamati a fare nostre questa mattina in modo che il mistero dell'Assunta diventi un mistero vitale.

Innanzitutto il primo elemento che dobbiamo ritrovare della grandezza di Maria è che è la donna aperta al mistero che si rivela. Tante volte ci poniamo alla domanda: qual è il senso della nostra vita? Perché siamo stati creati? Qual è il mistero nascosto nella Trinità quando siamo stati concepiti? È la bellezza, è la gloria di Dio che invade la nostra esistenza. La bellezza di Maria è la donna che nella sua verginità si è aperta all'Assoluto, ha regalato la sua identità di donna a Dio entrando nel mistero della salvezza. Ecco perché il primo elemento che dobbiamo cercare di tenere ben presente davanti a questo meraviglioso orizzonte è che dobbiamo imparare a dare ospitalità a Dio ogni giorno. Ogni giorno Dio ci crea, ogni giorno Dio ci ama, ogni giorno Dio ci pone nelle condizioni di camminare con lui nel tempo e nello spazio. La bellezza di Maria è l'apertura che si ritraduce in quella caratteristica cara all'evangelista Luca della donna in silenzio che medita, che spalanca la propria vita a Dio che viene, che ricca di stupore si apre a Dio che le rivela il suo mistero d'amore. Quindi questa apertura di cuore, è fondamentale nel cammino della nostra vita. E allora, quando il cuore è aperto e si rende ricolmo delle meraviglie di Dio, condivide; quell’andare in fretta di Maria da Elisabetta, è nient'altro che la gioia di permettere a Israele e in Israele, a tutto il mondo, di gustare la presenza del Signore. Il Signore è meraviglioso nella nostra vita quotidiana, dobbiamo imparare anche a regalarlo, a regalarlo ai fratelli, condividere con essi le meraviglie che il Signore ci regala, siamo dei compagni di viaggio. In certo qual modo la bellezza della Chiesa è la bellezza di una comunità che condivide le meraviglie del Signore. Noi tante volte siamo più presi da atteggiamenti di tipo moralistico o di tipo operativo, dovremmo ritrovare questo mistero della Visitazione come l'anima del cammino verso la gloria del cielo, condividere con i fratelli la bellezza di Dio, condividere la bellezza del suo amore che continuamente ci guida, ci attira, ci affascina e ci porta giorno per giorno verso la pienezza della gloria, un'apertura del cuore al mistero di Dio per poter regalare Dio ai fratelli. E allora il concreto della vita quotidiana che tante volte è un affastellarsi di cose da fare - tante volte noi diciamo “senza senso” - diventa però un linguaggio attraverso il quale noi entriamo nella bellezza della grandezza del Dio innamorato di noi.

Maria è stata assunta perché ha spalancato la sua vita a Dio e lo ha regalato ai fratelli e nel momento in cui regaliamo Dio ai fratelli, in quel momento, in noi matura quella esperienza di eternità che è nient'altro che il Signore attivo dentro di noi, che genera speranza nel cuore di chi ci pone accanto. Allora questa apertura continua a Dio per regalare ai fratelli, in certo qual modo l'eternità la costruiamo attraverso lo stile feriale della vita, la vita ordinaria, così come essa si presenta nel cammino quotidiano della storia e, di riflesso, il Magnificat, la gioia della pienezza della vita. In quel Magnificat noi troviamo la bellezza della nostra esistenza, dove noi cantiamo la gioia di essere salvati e rinnovati nella nostra piccolezza dalla creatività dell'amore di Dio. Noi siamo stati creati, abbiamo accolto la vita perché regalandola possiamo lentamente aprirci a quegli orizzonti di eternità beata che sono il nucleo fondamentale della nostra storia; l'eternità è qualcosa che costruiamo vivendo intensamente il tempo; in certo qual modo lievita in noi quella Divina presenza che è l'eternità che è già in atto e che noi siamo chiamati a far maturare per entrare nella bellezza di Dio. La Festa di oggi perciò ci pone davanti Maria come colei che ci insegna a come camminare verso la pienezza della gloria attraverso l'accoglienza, la condivisione, la tensione verso la pienezza del Paradiso. Ora tutto questo noi lo stiamo vivendo.

La bellezza della celebrazione eucaristica è la bellezza di ritrovarci nel mistero che noi accogliamo con la purezza del cuore: vieni Signore Gesù! In certo qual modo l'atteggiamento verginale di Maria è un far fiorire continuamente la bella invocazione dell'Apocalisse: “Vieni Signore Gesù!”, perché la bellezza è spalancare accogliendo questo mistero di salvezza che è la speranza del nostro travaglio quotidiano. Essere persone che contemplano supplicando e, di riflesso, ritrovarci nell'assemblea eucaristica è ritrovarci a condividere le meraviglie del Signore. Dio è meraviglioso e grande in mezzo a noi, cammina con noi e ci dà la sua speranza, la sua fiducia, condivide con i fratelli la sua presenza. Il nostro cantare nell'assemblea è nient'altro che pregustare quel cantico dell'Apocalisse dove i 144000 seguono l'Agnello cantando il canto nuovo e solo i 144 mila conoscono. È aprire questi orizzonti di pienezza di vita che ci permettono di camminare nella speranza e allora, nell'Eucaristia, noi stiamo pregustando l'eternità beata. Ricordiamoci sempre che nel momento in cui ci accostiamo ai doni eucaristici, in quel momento, l'eternità passa dentro di noi, noi veniamo eternizzati, entriamo in quella contemplazione della gloria di Dio come tra poco pregheremo nell’orazione dopo la comunione.

La bellezza dell'Eucaristia è la pregustazione. Ecco perché il Cristiano, quando sta per morire, riceve il sacramento del viatico, l'Eucaristia come segno sacramentale di quel passaggio da questa all'altra vita, che è il senso portante della nostra storia e della nostra esistenza. Celebrare perciò la Festa dell'Assunzione di Maria al cielo in corpo e anima è respirare quel clima di eternità che tante volte noi abbiamo dimenticato, presi come siamo dal travaglio delle cose che si affastellano l’una alle altre e ci impediscono di respirare qualcosa di meraviglioso. La bellezza della nostra esistenza è entrare in questo grande mistero. Ecco perché il Signore con Maria ci convoca tutte le domeniche, perché possiamo veramente ritrovare questa bellezza del mistero di Dio che fa in noi cose meravigliose. L'importante è essere aperti, l'importante è condividere, l'importante è crescere in questo desiderio di pienezza di gloria quando il Signore veramente ci raggiungerà e farà di noi le sue meraviglie. Con Maria gustiamo il Paradiso, con Maria cerchiamo di avere il cuore aperto, come Maria diventiamo fratelli nei fratelli in modo che insieme possiamo crescere in quella novità di vita che è il Paradiso al quale noi tutti siamo chiamati e nel quale ogni nostro desiderio si realizzerà. Contempleremo il Signore e godremo eternamente di quel Paradiso che ci affascina fin da questa vita. Che il Signore ci guidi, ci accompagni e ci illumini continuamente facendoci respirare nel cammino del tempo la bellezza della eternità beata.

Oggi, qui, Dio ci parla...

E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto






13 agosto 2023

XIX DOMENICA T.O. – ANNO A

DOMENICA 13 AGOSTO 2023

Comandami di venire verso di te sulle acque

1Re 19,9a.11-13a      Rm 9,1-5      Mt 14,22-33

OMELIA

La bellezza dell'itinerario della fede è conoscere Gesù: è l'anima della nostra anima. Gesù questa mattina ci vuole aiutare a entrare nella profondità del cammino della fede che passa attraverso le oscurità e le difficoltà della vita quotidiana. Gesù si è rivelato meraviglioso nella moltiplicazione dei pani, ma il Signore non sceglie le cose esteriori per rivelare se stesso e si manifesta attraverso le piccole realtà di tutti i giorni. Allora dobbiamo imparare una cosa molto importante: prendere coscienza che il Signore è presente nella nostra vita, è presente nella luminosità delle cose, è presente nell'oscurità della storia, è presente nella nostra intimità spirituale.

Il Signore stamattina ci vuole educare a prendere coscienza che Egli è presente nel turbinio della storia e questa è sicuramente una strada che noi dobbiamo percorrere nel nostro quotidiano soprattutto nella complessità della cultura odierna. Gesù questa mattina ci vuole far fare un salto di fede: nel travaglio della storia, Lui è con noi, cammina con noi e vive in noi. Anche se c'è la bufera sul lago, Lui è presente, cammina sulle acque, cammina nel turbinio, Lui è la signoria della vita. Ecco perché al termine del racconto siamo di fronte al grande miracolo, tutto si calma e genera quell'atto di fede. Ma per giungere a quell’atto di fede occorre avere un itinerario particolare che l'Evangelista riassume nella figura di Pietro attraverso i tre momenti della sua personalità che ci aiutano a entrare in questo grande mistero della nostra fede:

-          il fascino di Gesù,

-          la tentazione nelle situazioni storiche,

-         il senso della supplica che porta ad ancorarsi a Gesù.

Innanzitutto il primo momento, ed è quello sul quale dovremmo tante volte soffermarci, è prendere coscienza del fascino di Gesù. Davanti a Pietro che dice a Gesù di aiutarlo a camminare sulle acque, Gesù dice: “Vieni!” E Pietro ha camminato sulle acque perché il suo volto era rivolto al Maestro. Il Maestro era la Parola, il Maestro era la guida, il Maestro era la luce nell'oscurità della storia. Per camminare con Gesù occorre avere uno sguardo rivolto a Gesù in un fascino che prende profondamente il nostro cuore e ci dice: “Cammina nel mistero, non aver timore. Anche se la vita è un tormento, Io sono con te!”.

Diversamente non si capirebbe il rimprovero che Gesù rivolse a Pietro: come mai hai dubitato? Se avevi il fascino della mia persona, se eri entrato nel mio mistero, perché hai tanta paura? E allora Gesù per aiutare i discepoli a credere, pone dinanzi un criterio di fondo: lo sguardo dove è rivolto, al Maestro o ai fatti della storia? Perché Pietro, dopo aver camminato sulle acque perché aveva lo sguardo rivolto a Gesù ha cominciato ad annegare? Perché l'orientamento della sua vita non era più Gesù, l'orientamento della sua vita erano le situazioni storiche, e l'uomo che è dominato dalle situazioni storiche non riesce più a reggere la bellezza della fede, la potenza della fede! E allora Pietro ha rivolto lo sguardo non più a Gesù, ma al vento che soffiava forte. È stato catturato dalla storicità e dalle sue paure e allora, ecco, il grido di Pietro: Signore salvami! Perché cominciava ad affondare.

Chi perde lo sguardo di Gesù e non orienta a Gesù la sua storia, incomincia ad annegare. E allora il rimprovero di Gesù, come dicevamo, è un rimprovero che porta l'uomo a ritrovare veramente il senso di fondo della sua vita e Gesù, che prende in mano Pietro e gli dice, rimproverandolo, di avere sempre più fede. E allora la bellezza della fede è lo sguardo al Maestro di non lasciarci attirare dalle situazioni storiche e camminare nella certezza che lui è veramente con noi, è la bellezza della nostra vita. Non sono le cose straordinarie che ci aiutano a entrare nella bellezza di Gesù, ma anche quelle ordinarie, soprattutto quella ordinarietà nascosta, complessa, turbolenta e travagliata attraverso la quale noi radichiamo sempre più la nostra storia nel mistero di Gesù. Ricordiamoci sempre la bella espressione scritturistica Poiché ti amavo era necessario che ti mettessi alla prova, la prova è la fecondità normale della vita di fede, è la scelta di Gesù come criterio essenziale della nostra storia, della nostra esistenza. E allora nascono tre conseguenze di fondo, perché questo nostro cammino possa essere vero e autentico. Davanti alla vita quotidiana avere uno sguardo attirato a Gesù, in Lui è la luce, in Lui è la vita, in Lui è la speranza.

Noi iniziamo la giornata attraverso questo sguardo del Maestro che ci prende, ci cattura e orienta le nostre storie e dobbiamo sempre avere presente questa visione. È vero, la vita è una grande tentazione, la vita è una somma di difficoltà, la vita pone tanti interrogativi, ma se noi abbiamo la coscienza che il Signore è davanti a noi, che Lui è dentro di noi, anche se c'è il turbinio della storia, la sua presenza è solidità dell'istante. Se il Signore è con noi, chi può essere contro di noi? E allora se noi cogliamo questo primo orizzonte non dobbiamo lasciarci travolgere dagli avvenimenti del quotidiano che, nell'ordine storico-salvifico sono la prova, nell'ordine della nostra incredulità sono interrogativi davanti all'esperienza della fede. Abbiamo questa coscienza che il Signore cammina con noi e le difficoltà sono nient'altro che un mezzo per dire: Signore credo! E nelle nostre povertà il Signore ci dà sempre una mano, anche se tocchiamo con concretezza le difficoltà della storia, Lui ci dà una mano e, in certo qual modo, Gesù che prende per mano Pietro, lo solleva e Pietro può entrare serenamente nella barca, e quindi condividere questa presenza del Maestro che determina tutta la vita e il risultato è: Signore, tu sei il Signore, davvero tu sei il Figlio di Dio! Quell'atto di fede che qualifica profondamente l'uomo e gli dà la certezza che è nell'oscurità e nella profondità del Divino che cammina con lui. Ora tutto questo noi lo stiamo vivendo in questa Eucaristia, che non è una grandezza esteriore, ma è la certezza di una Presenza. Abbiamo questa coscienza che il Signore è presente, Lui ci chiama, Lui ci dice cammina con me nella storia e davanti alle nostre paure ci dice: non temere! E ci prende per mano.

Nel momento in cui noi entriamo nel mistero eucaristico noi abbiamo questa grande consapevolezza che il Signore cammina con noi. Se la storia è un travaglio, l'Eucaristia è una speranza, se la storia è un punto interrogativo l'Eucaristia è una certezza, se nella storia incontriamo le nostre povertà, nell'Eucaristia noi abbiamo la certezza di un Dio che è talmente innamorato di noi da diventare veramente la sorgente della nostra speranza quotidiana. Viviamo così questa Eucaristia; nel tormento della vita il Signore ci chiama: cammina con me! Abbiamo lo sguardo rivolto a Lui con tutto l'entusiasmo della nostra fede, non lasciamoci catturare dalle tentazioni delle esteriorità che qualche volta ci impediscono di avere questa luminosità interiore di seguire il Maestro fino in fondo. Questa Eucaristia sia il metro della nostra vita, nella semplicità, nel nascondimento, nella essenzialità del rito, gustare il darsi della pienezza di Dio e in quell'Amen che noi diremo al momento della comunione facciamo nostro l’atto di fede dei discepoli sulla barca: davvero tu sei il Figlio di Dio! E allora saremo rivestiti di novità, ricreati dallo Spirito Santo e cammineremo in quella vita che è la grande speranza della nostra vita.

 

Oggi, qui, Dio ci parla...

“Davvero tu sei Figlio di Dio!”





12 agosto 2023

Oggi, qu, Dio ci parla...

Se avrete fede pari ad un granello di senape, direte a questo monte: “Spostati da qui a là“, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile



 

06 agosto 2023

TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE, FESTA - ANNO A -

DOMENICA 6 AGOSTO 2023

Dn 7,9-10.13-14      2Pt 1,16-19      Mt 17,1-9

OMELIA

La bellezza del cammino di fede con Gesù è un cammino nella speranza.

Dopo aver annunciato la sua passione gloriosa nella professione di fede di Pietro, Gesù questa mattina ci dice che dobbiamo diventare uomini di grande fiducia, di grande speranza, perché chi lo segue viene introdotto nel mistero della sua gloria. Ecco perché è importante sostare oggi in un itinerario di intensa contemplazione per lasciarci rigenerare nella speranza. Davanti all'interrogativo della croce Gesù ci dà una risposta: guardare a Lui luminoso, vivere la sua esperienza come fedeltà divina, vedere in Lui un mistero di gloria che dà il coraggio del cammino della croce quotidiana. Innanzitutto Gesù ci introduce nel mistero della sua gloria attraverso un genere letterario molto bello: la solitudine, il monte, in cima al monte, la vicinanza di Dio.

Quando noi incontriamo Gesù la bellezza della sua persona è entrare in questa vicinanza meravigliosa, essere nel mistero del Padre. Uno dei rimproveri che Gesù rivolge ai suoi discepoli è quello di non riconoscere il suo cammino con il Padre, la sua comunione con lui, la sua obbedienza al suo mistero di amore. La bellezza della vita è rimanere ancorati a lui, Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. In questa luminosità l'uomo è attirato e la bellezza della nostra esistenza è lasciarci attirare continuamente dal mistero, entrare nel mistero di Gesù che è il senso stesso della vita dove, entrare nel mistero, è entrare in qualcosa che va al di là di noi, ma che è la grande speranza nel cammino della vita quotidiana, essere immersi nel trascendente. È una delle grandi difficoltà della cultura di oggi che non sa più gustare la trascendenza della vita, non sa percepire un mistero più ampio nel quale egli è immerso e che gli dà forza e fiducia nel cammino tante volte complicato della cultura contemporanea; entrare in una contemplazione, in quel salire sul monte è un linguaggio ambulatorio, nel quale noi ritroviamo la bellezza del salire nel mistero come un luogo nel quale noi possiamo ritrovare la nostra vita. Potremmo dire, Gesù sale sul monte per entrare nell'oggi misterioso del Padre, per vivere su quel monte quella oblazione che ci richiama all'oblazione di Isacco da parte di Abramo; il rapporto tra le parole della voce e il capitolo 22 della Genesi è molto chiaro: salire sul monte per essere una oblazione amorosa per l'uomo. In questo noi scopriamo la grandezza della nostra esistenza che è attirata continuamente in una grande luminosità, che è la luminosità dell'amore, una luminosità che è fedeltà divina. Ecco perché appaiono i due personaggi Mosè ed Elia, dove entrambi sono stati raggiunti dalla manifestazione della gloria di Dio. Ognuno in modalità propria, ma è importante soffermarci sulle due modalità che ci aiutano veramente a entrare in questa visione del mistero di Dio nella nostra storia. Mosè entra nella tenda del convegno, Mosè entra nella gloria di Dio sul monte Sinai, Mosè entra in dialogo con Dio che guida i suoi passi come il capo del popolo ebraico in cammino verso la terra promessa. Nella figura di Mosè noi scopriamo l'uomo che entra nella luce di Dio, una luce che dà il sapore dell'eternità. Tant'è vero che i suoi contemporanei non potevano fissare il loro sguardo su di lui, tanto il suo volto era luminoso. Chi entra nella gloria di Dio, chi ha il gusto di Dio entra nel mistero, ne gusta la grandezza e viene trasfigurato, il coraggio di camminare seguendo la voce del Signore che cammina in lui, cammina con noi e non ci lascia mai soli e, di riflesso, questa fedeltà Divina si ritraduce nella figura di Elia, il quale nelle difficoltà della sua storia che lo porta vicino al suicidio passivo, si affida al mistero di Dio, per 40 giorni e 40 notti vive di quel cibo misterioso. Giunge al monte di Dio, non vede il Signore nel terremoto, negli eventi naturali, ma lo vede attraverso l’intimità di dormire sul cuscino, sul cuscino di Dio; è quella brezza che in aramaico vuol dire è avere la testa sul cuscino stesso di Dio. Quindi è la bellezza di una comunione meravigliosa che determina la nostra esistenza, essere persone che si lasciano affascinare da una presenza, avere la sua parola come linguaggio, avere la sua persona come esempio, avere la sua meta come la conclusione della nostra storia. Essere uomini di speranza ci colloca nella luce meravigliosa di Dio per gustarne, goderne la fecondità. La fedeltà di Dio è al di là di ogni altra nostra misura, di ogni nostro parametro, e la bellezza della nostra vita è camminare nel mistero visto nella sua globalità, l’essere abbracciati dall'amore per camminare con l'amore, per gustarne la pienezza d'amore della liturgia del cielo. É il cammino quotidiano. Ma davanti a questa esperienza dobbiamo entrare in un dialogo vivo nel mistero, vivendo le tre caratteristiche che dovrebbero qualificare fino in fondo la nostra esistenza. Se noi impariamo giorno per giorno, pur nelle difficoltà, nei terremoti della vita, a fissare lo sguardo su Gesù luminoso della Trasfigurazione, impariamo tre elementi fondamentali per la nostra vita per poterne godere la luminosità:

-         respirare l'amore,

-         gustare la dedizione incondizionata per l'uomo,

-         respirare la bellezza della speranza che viene dall'alto.

Innanzitutto lasciarci guidare dall'amore. In quel salire sulla montagna vediamo Gesù che si immerge nell'amore del Padre, Gesù che si ricolloca in questo dialogo amoroso che gli dà la capacità di essere nel Padre. È come Mosè ed Elia che si collocano nella luce inesauribile di Dio, nell'intimità di Dio. La Trasfigurazione ci dice che davanti al dramma della Croce e delle difficoltà della storia siamo chiamati dallo Spirito Santo a imitare Gesù gustando giorno per giorno quell’intimità divina che è salire giorno per giorno nella gloria. La bellezza della Risurrezione è la pienezza di un’intimità divina che si dona tutto al Padre e all'uomo, entra in questa luminosità Divina, ecco perché allora all'amore succede la dedizione, dove la dedizione è regalarci in modo incondizionato a questo amore eccezionale. Gesù luminoso è tutto nel Padre, Gesù luminoso è nella gloria, Gesù luminoso è la grande meta che ci avvolgerà. Noi siamo chiamati, usando l'immagine dell'Apocalisse Hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell'Agnello di quella luminosità eterna di cui Gesù è avvolto nella trasfigurazione. La dedizione è nient'altro che condividere l'interiorità di Gesù che avendo amato i Suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine, è l'amore che diventa incarnazione, è l'amore che diventa coraggio, è l'amore che diventa speranza e orientamento in avanti. E il terzo personaggio è la speranza. La speranza poi dice Paolo non delude perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori, la speranza è gustare un amore che diventa oblazione, uno sguardo verso l'altro che ci porta a essere orizzonte e amore per i fratelli, in modo che i fratelli possano veramente respirare la vita. Il fatto che il Vangelo si concluda con Gesù che è lì solo con i discepoli è per noi motivo di grande speranza: se noi siamo soli con Gesù, siamo soli in quel mistero, siamo soli in quella speranza, siamo soli per camminare secondo l'intenzionalità del rapporto che esiste tra il Padre e il Figlio. È la bellezza della nostra vita Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce. La bellezza della vita è orientarsi in avanti e allora noi ci accorgiamo, attraverso l'episodio della Trasfigurazione, di qualcosa di meraviglioso per la nostra esistenza, perché ci accorgiamo che, quanto più ci innamoriamo di Gesù, quanto più ci lasciamo affascinare dalla sua persona e viviamo i suoi sentimenti, tanto più gustiamo quella fedeltà divina che ci illumina, ci guida, ci sostiene e nelle incapacità storiche ci dà una speranza veramente meravigliosa e una fedeltà divina che non delude mai. L’importante che noi entriamo in questo cuore, nell'oggi misterioso del Padre come ha fatto Gesù, il quale ha amato, si è offerto e ha seminato speranza. Dovremmo veramente gustare la vita di Gesù e allora la bellezza della nostra vita che è nata anche dal segno battesimale della veste candida, è che noi siamo immersi nel mistero che va al di là di noi stessi e ci guida e ci sorregge, ci sostiene, ci dà tanta fiducia. Ecco perché ci ritroviamo nell'Eucaristia.  É molto bello come nella liturgia Bizantina il segno vero dell'Eucaristia è dato dal grande episodio della Trasfigurazione, il catino absidale di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna è molto chiaro: nell'Eucaristia siamo nella Trasfigurazione di Gesù, nell'Eucaristia siamo dei rigenerati, siamo avvolti nel sangue dell'Agnello avendo quella veste candida che segue il Maestro, cantando “il canto nuovo” che solo i santi sanno gustare nella bellezza della liturgia del cielo. L'Eucaristia è una trasfigurazione in atto, è un essere come creature nuove che si lasciano guidare dallo Spirito per essere in cammino in novità di vita. La Trasfigurazione è la pedagogia di Dio, vuole essere speranza in ogni momento di tribolazione, di luce in ogni momento di oscurità, di respiro in ogni momento di asfissia esistenziale. Camminiamo in questa luce e il Signore farà cose grandi nella nostra vita, non abbiamo paura Lui, è davanti, Lui ci illumina, Lui ci guida, Lui ci farà gustare quella gloria del cielo che noi stiamo pregustando in questa Eucaristia - il corpo di Cristo: Amen! - l'eternità beata entra in te, ti dia quella luce luminosa e grandiosa che ti dà la speranza della vita. Non temere, in Lui e con Lui camminerai, in Lui e con Lui sarai solo, ma con Lui e in Lui la solitudine si rivestirà di luminosità di gloria e ti condurrà nella realtà meravigliosa del cielo che è la gioia effettiva quotidiana a quel Paradiso a cui noi tendiamo e attendiamo ogni giorno.