30 gennaio 2023

29 gennaio 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

 Beati i poveri in spirito

IV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 29 GENNAIO 2023

Sof 2,3; 3,12-13                1Cor 1,26-31                      Mt 5,1-12a

OMELIA

La gioia di essere discepoli di Gesù ci fa ritrovare nella sua sapienza, vivendo nel suo modo di agire.

Le beatitudini che abbiamo ascoltate sono l'espressione di uno stile di vita che ha qualificato Gesù e che deve, o dovrebbe qualificare, la vita di ciascuno di noi. Nel momento in cui entriamo in questa sapienza dobbiamo chiederci come possiamo acquisire la mentalità di Gesù attraverso quello che nelle Beatitudini ci viene offerto. E la risposta la potremmo ritradurre in tre passaggi:

- contemplare Gesù,

- amare la nostra storia,

- percepire il flusso di eternità nelle nostre persone.

Innanzitutto partiamo dal contemplare Gesù e il mistero che lo avvolge. Noi spesse volte quando sentiamo il discorso delle beatitudini facilmente entriamo nel voler interpretare le otto categorie che l'evangelista Matteo ci offre, ma se guardiamo attentamente le beatitudini sono lo stile di vita di Gesù che ha amato intensamente l'uomo. In certo qual modo le beatitudini sono la contemplazione ritradotta, in modo letterario, dell'amore che Gesù aveva per l'uomo. Infatti qui entriamo nel mistero dell'Incarnazione. Riandiamo sempre a quella espressione chiave del prologo di Giovanni: il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Gesù ha assunto la storicità dell'uomo, le beatitudini sono l'amore di Dio per l'umanità. Noi spesse volte siamo portati a leggere le beatitudini dal punto di vista letterario - cosa vuol dire essere poveri, miti, misericordiosi -, ma il discorso di Gesù è molto più semplice. Egli ci dice: “Ama l'uomo come io ho amato l'uomo.” Davanti alle sue parole ci sentiamo chiamati ad amare l’uomo nella sua verità. Quando noi entriamo nell'esperienza del Vangelo dobbiamo sempre avere lo sguardo verso Gesù e nello sguardo verso Gesù ritrovare il senso della vita, la sua sapienza, e la sua sapienza è amare l'uomo. Quando noi soprattutto entriamo nella riflessione dell'evangelista Giovanni, noi ci accorgiamo che l'evento dell’Incarnazione è nient'altro che il linguaggio dell'amore di Dio per l'umanità: Dio ha tanto amato il mondo da mandare suo Figlio. La bellezza delle beatitudini ritraduce il linguaggio dell'amore di Dio per l'uomo. Di riflesso partendo da questo orizzonte che ci deve sempre accompagnare, scopriamo che le beatitudini sono infinite quanto è infinita la storia dell'uomo. Già se noi ci soffermiamo alle beatitudini evangeliche noi ci accorgiamo che esse sono una trentina perché le beatitudini sono nient'altro che l'amore di Dio per l'uomo, e il cristiano quando vuole ritrovare la propria identità, ritrova la bellezza di amare nello stile di Gesù. Ecco perché Gesù ha detto sostanzialmente una semplice cosa: beati coloro che sono il mio mistero d'amore e quando noi abbiamo questa semplicità, noi troviamo la bellezza dell’agire morale del cristiano. Se noi guardassimo attentamente come l'evangelista abbia costruito il racconto delle beatitudini, ci ritroveremmo idealmente nell'esperienza dell'Esodo, quando Dio sul monte Oreb ha dato i dieci comandamenti a Mosè. Al posto di Mosè abbiamo Gesù, al posto dei comandamenti abbiamo le beatitudini, al posto dei precetti abbiamo la contemplazione e quando l'uomo è innamorato della storia dell'uomo entra nelle beatitudini. Potremmo dire che il numero delle beatitudini è infinita quante sono le drammatiche realtà della storia dell’uomo. La bellezza della morale cristiana sta nell’ amare l'uomo come persona in cui Dio rivela le sue meraviglie. E allora entriamo nella contemplazione di Gesù, nella quale ci vuole portare l'evangelista Matteo: avere lo sguardo nello sguardo di Gesù. E’ interessante notare come l'evangelista ci ponga dinnanzi il discorso delle beatitudini. Gesù rivela il suo mistero di amore ai 12 discepoli con lo sguardo, perché l'agire morale del cristiano è un atto di contemplazione continua, è un atto attraverso il quale il cristiano si immedesima nei sentimenti di Gesù. Se nel discorso della montagna appaiono otto beatitudini, se nella lettura delle divine scritture le beatitudini sono molto di più di quelle che abbiamo ascoltate questa mattina, nella vita di ognuno di noi le beatitudini sono infinite. Ogni volta che amiamo l'uomo nello stile di Gesù noi entriamo nell'esperienza delle beatitudini.

Se noi cogliamo questi primi due aspetti, il terzo è un po' la conseguenza di un presente che diventa futuro. Infatti la bellezza della beatitudine è la sapienza nel costruire la ferialità: beati quelli che amano come Gesù la loro storia! Quindi ognuno di noi è, nel momento in cui segue il Maestro, produttivo dei nuovi linguaggi di beatitudine. E questo ci dà orizzonti di vita molto belli perché ci fa percepire che vivere la storia è aprirci sull'eternità beata. Infatti se le beatitudini ci portano verso il futuro, la prima e l'ultima beatitudine sono un presente: Beati i poveri di essi è il regno dei cieli Beati voi quando venite perseguitati, esultate e gioite. Amiamo il presente come orizzonte verso il futuro, ciò vuol dire è vivere Gesù e come Gesù per essere assunti nel mistero della sua gloria. Questa è la bellezza delle beatitudini! Il cristiano quando deve costruire la sua esistenza, lo sguardo del suo cuore è nello sguardo di Gesù, per trovare in lui l'amore per l'uomo, seguendo il linguaggio del prologo giovanneo: Il Verbo si è fatto carne. E’ in questo amore per l’uomo che nasce e fiorisce la sapienza evangelica! Ecco perché ho detto le beatitudini sono infinite quanto è la storia dell'uomo, con un criterio interiore molto semplice: “Gesù cosa faresti per quest'uomo? Cosa diresti a questa creatura? Quale speranza infonderesti nella persona che la tua Provvidenza mi fa incontrare? “

E allora nasce un dialogo interiore tra Gesù che è dentro di noi e la storia dell’uomo. Le beatitudini sono l'amore per l'uomo e questa è la bellezza della nostra vita. Se noi dovessimo giungere a percepire cosa sia l'agire morale, noi ci accorgeremmo che esso è incarnarci nella storia del fratello che incontriamo lungo le vie della vita, creando nel fratello la gioia di essere se stesso, di costruire la sua storia regalandogli grandi ideali di vita, facendogli scoprire la bellezza della sua esistenza. E allora le beatitudini diventano il criterio del nostro agire morale,

La bellezza di ritrovarci qui nell'eucarestia sta nella gioia di condividere l'esperienza delle beatitudini, stando in amoroso ascolto del Maestro: “Beato colui che veramente è alunno di Gesù, che sa ritrovare in Gesù l'amore per l'uomo. Beato colui che nel rapporto con il fratello genera sempre speranza! E allora entrando in questo orizzonte la vita assumerebbe connotazioni molto diverse. Se guardassimo attentamente il mistero celebrato nell'Eucarestia, ci accorgeremmo che esso non è altro che l'amore di Gesù per ciascuno di noi. Egli entra nella nostra esistenza, assume i nostri drammi e ci dice: “Io sono con te!” Una simile esperienza completa e attuale significa aprire la finestra su quella bellezza che è l’eternità beata “Vivi oggi la tua povertà evangelica, sarai immerso nel regno dei cieli attraverso la gioia coraggiosa di un presente profondamente amato!” Ecco perché è bello ritrovarci nell'eucarestia, ritrovare il presente del darsi di Dio, perché è lasciarci educare ad amare l'uomo come lo ha amato Gesù.

Questa sia la bellezza della nostra celebrazione eucaristica che non diventa un semplice rito, ma una educazione domenicale a gustare il Verbo che si fa carne nella storia di tutti i giorni. E allora guidati dallo Spirito Santo, entriamo in questa meravigliosa esperienza di luce, perché la nostra esistenza possa essere il mistero di Gesù in quelle beatitudini che ci aprono lo sguardo in un eternità beata nella quale la nostra esistenza gusterà la pienezza della vita, il nostro desiderio sarà veramente e pienamente realizzato.

 

27 gennaio 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa.



24 gennaio 2023

23 gennaio 2023

22 gennaio 2023

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 22 GENNAIO 2023

Is 8,23b-9,3 1 Cor 1,10-13.17   Mt 4,12-23

OMELIA

Conoscere Gesù significa entrare nella sua personalità: è la bellezza di quello che questa mattina la parola di Dio ci regala. Gesù realizza la parola del profeta Isaia nella sua vita perché ognuno di noi, nella vocazione a essere suo discepolo, possa essere uomo della Parola.

Innanzitutto contempliamo Gesù e, guardando al suo volto, ci accorgiamo che la sua esistenza è stata condotta dalla parola divina dove, questa parola, è nient'altro che il dialogo diuturno che Gesù ha con il Padre. Attraverso l'annuncio del profeta Isaia che abbiamo poc'anzi udito noi intravediamo il senso della vita di Gesù. Gesù è guidato dal Padre attraverso le parole della divina scrittura perché la bellezza del suo volto è la rivelazione dell’oggi del mistero del Padre. Il desiderio di voler guardare Gesù e così di poter entrare nella sua luce, vuol dire lasciarci condurre giorno per giorno dalla parola di Dio. Nel momento in cui Gesù ci chiama ad essere suoi discepoli ci chiama a vivere la dinamica della sua stessa esistenza. Il cristiano è l'uomo della Parola, e questo lo possiamo cogliere attraverso quattro passaggi che illuminano lo stile della nostra vita perché possiamo essere discepoli del Maestro:

-      l'annuncio della Parola,

-      la conversione del cuore,

-      la celebrazione rituale,

-      la carità regalata ai fratelli.

Attraverso questi quattro passaggi noi cogliamo la bellezza di vivere con Gesù e come Gesù nel mistero della Parola, dove il mistero della Parola ritraduce effettivamente la dinamica della nostra fede. La fede è vivere in atto una relazione, la parola è la vita di Dio regalata a noi da Gesù perché Gesù divenga il principio portante della nostra esistenza.

Quando ci viene chiesto quale sia il criterio della nostra vita - noi dovremmo sempre dire questa risposta: “Così dice il Signore”. Ognuno di noi dovrebbe ritrovare la bellezza della propria esistenza, che è guidata dalla Parola attraverso i quattro passaggi annunciati.

L'annuncio del Vangelo non è la comunicazione di alcune parole, ma una relazione che Gesù stabilisce con noi. Dovremo porci la domanda cosa sia la parola e ci accorgeremmo essa è una interiorità regalata ai fratelli. Ci accorgeremmo allora del valore del mistero di Gesù obbediente al Padre che ci regala la comunione che egli ha con il Padre stesso. La bellezza dell'inizio della nostra esperienza di fede è la Parola. Se ogni uomo, come uomo, è chiamato a una fede elementare - perché la fiducia è l'anima della vita - dall'altra il passaggio dalla fede elementare alla fede del mistero di Gesù passa attraverso la relazione che il Maestro ha con noi. Dovremmo sempre riascoltare le parole profetiche Così dice il Signore quindi ritrovare nell'annuncio della Parola l'anima portante della nostra vita. Amare la Parola non è amare il libro, amare la Parola è amare una relazione che la Parola presso Dio si è fatta carne ed è entrata in rapporto con ciascuno di noi. La bellezza di essere discepoli è la bellezza di ascoltare la Parola: Così dice il Signore secondo la bella visione del profeta Isaia Ogni mattina fa’ attento il mio orecchio perché io ascolti come un discepolo. La bellezza di essere discepoli sta nel cuore che sa ascoltare: Così dice il Signore.

Di conseguenza questo ascolto diventa conversione, è il fiorire della Parola dentro di noi, la conversione è nient'altro che il Cristo che dimora in noi che lentamente condivide con noi il mistero della sua persona. La conversione è la parola di Dio che diventa carne della nostra carne, anima della nostra anima, pensiero del nostro pensiero, la conversione è diventare la Parola, che è Gesù, e in questo noi cogliamo la bellezza della nostra vita: diventare la Parola.

Una tale ricchezza della Parola si traduce nel sacramento. Il sacramento è la parola celebrata e cantata. Noi tante volte abbiamo dimenticato questo criterio di fondo: il sacramento presuppone l'ascolto della Parola, presuppone un’anima in stato di conversione per potersi incarnare nel rito. Il rito è una meravigliosa professione di fede! Ecco perché il cristiano costruisce la nostra sua esistenza ascoltando, interiorizzando, celebrando perché c'è un filone continuo nella nostra vita che ci permette di camminare in novità di vita. Allora il terzo passaggio diventa la carità fraterna, la Parola diventa vita, diventa condivisione del mistero, diventa la bellezza della nostra esistenza. Il cristiano è colui che ascolta, rumina, vive, incarna. E tutto questo nasce da una formula molto semplice. Quando nel Vangelo abbiamo ascoltato l'espressione: Venite dietro a me, cosa voleva dire in quella espressione Gesù? Noi qualche volta ne dimentichiamo la bellezza. Noi pensiamo che la fede sia semplicemente andare dietro a Gesù, e se noi prendessimo la formula così com'è codificata, tante volte potremmo dire: “Ma, Signore; la tua parola è pesante per la nostra vita!” L'espressione formulata da Gesù ha una profondità molto più ricca, in quel Venite dietro a me Gesù ha indicato qualcosa di più bello: “Permettete che io venga ad abitare dentro di voi!” Gesù ci parla per entrare nella nostra vita. Qui riscopriamo il mistero di cosa sia la profondità della comunicazione verbale La parola è l'incontro di due interiorità, Gesù che viene ad abitare dentro di noi, e quindi il cristiano quando è davanti alla parola con le sue esigenze intuisce una verità più profonda, non deve eseguire un messaggio ma si sente chiamato a gustare una Presenza. Di riflesso accogliamo la Presenza nella fede, facciamo fiorire questa Presenza nella conversione, cantiamo questa Presenza nel momento sacramentale per regalare ai fratelli la testimonianza della presenza del Signore. Il discepolo è Gesù incarnato nella esperienza quotidiana. Ecco perché il discepolo vive del Maestro e non può costruire nulla senza il rapporto diretto o sacramentale con il Maestro. Siamo stati chiamati da una persona che ci ha regalato la sua interiorità attraverso la Parola. Camminiamo in questo orizzonte profondamente convinti che il Signore può compiere effettivamente le sue meraviglie dentro di noi. Ecco perché quando noi incontreremo nella Gerusalemme celeste, il Padre ci chiederà - Quale è stato il criterio della tua vita? -, noi con tutta umiltà diremo: “La parola del tuo Figlio, il dimorare del tuo Figlio nella mia persona!” Se noi riuscissimo a cogliere questa bellezza interiore, noi ci accorgeremmo che vivere è nient’altro che essere “stabilmente” in questa relazione di amore con il Maestro divino che entra nella nostra esistenza per compiere in noi le sue meraviglie. Non siamo noi che seguiamo Gesù, ma Gesù ci invade e la sua invadenza è la bellezza dell'ascolto, è avere una diuturna familiarità con Gesù per crescere in una esperienza di autentica novità di vita. Alla sera facendo l’esame di coscienza noi dovremmo dire: “Signore, grazie che mi hai parlato. Perdonami se sono stato sordo, accoglimi nella tua parola di misericordia”. Cogliendo in tal modo il senso della nostra vita possiamo dire veramente di essere discepoli, l'incarnazione nel tempo e nello spazio della personalità del Maestro divino.

Noi ci ritroviamo nell'eucarestia, per ascoltare la Parola, per ravvivare il desiderio di conversione, per purificare progressivamente la nostra mentalità per renderla conforme alla mentalità stessa di Gesù. Questo è il mistero che vogliamo vivere e condividere, la bellezza dell'Eucarestia è la Parola - Gesù - che entra in noi ci trasfigura, ci fu purifica, ci rigenera e ci dà il coraggio. Scaturirà allora quella testimonianza serena, semplice e nascosta di quanto Dio sia meraviglioso nella nostra esistenza feriale. Ecco il volto di chiunque segua il Maestro e allora in questa eucarestia chiediamo al Padre la gioia di ascoltare suo Figlio Gesù in modo che davanti agli interrogativi della vita possiamo sempre ritrovare in noi in questo desiderio: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta, in modo che quella Parola diventi veramente la vita della nostra esistenza. Questa sia la nostra preghiera, il nostro desiderio, la nostra gioia d’essere discepoli che incarnano la presenza del Maestro accogliendone le parole e trasfigurandole con lo stile semplice, nascosto e sereno delle scelte di tutti i giorni della nostra vita.


Oggi, qui, Dio ci parla...

Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande luce



15 gennaio 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!

II DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO – ANNO A

DOMENICA 15 GENNAIO 2023

Is 49,3.5-6   1 Cor 1,1-3  Gv 1,29-34

OMELIA

Il cammino del cristiano nello scorrere del tempo è tutto concentrato sulla contemplazione di Gesù. L’accedere al mistero della vita nel tempo e nello spazio si costruisce nell’accogliere un dono, che si ritraduce nel fissare il nostro sguardo sul Maestro divino per crescere nella sua conoscenza. Questa è la bellezza del nostro essere suoi discepoli, discepoli di colui che oggi è chiamato l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.  L’annuncio che Giovanni il battezzatore ci offre e che caratterizza il nostro percorso esistenziale si distende su tre passaggi:

- avere lo sguardo rivolto al Signore,

- come colui che assume il dramma della storia,

- per donarci la libertà del cuore.

Questi tre passaggi dovrebbero alimentare la nostra esistenza e dare a essa il suo vero significato. Innanzitutto siamo chiamati ad avere lo sguardo rivolto al Cristo: Ecco l'agnello! Una delle verità più profonde del Vangelo di Giovanni è che noi siamo chiamati a vedere Gesù, ad accoglierne il mistero, a trovare in lui il senso portante della vita. Il discepolo è colui che risente continuamente nelle sue orecchie quel: Ecco, e in questo troviamo l'annuncio e la manifestazione dell'identità di Gesù. Il cristiano si lascia prendere da questo mistero, usando l'espressione del profeta Zaccaria utilizzato da Giovanni alla croce volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto. La bellezza della fede sta nell’avere questo sguardo come lettura e interpretazione della nostra esistenza.

La vita è un insieme di luci e di ombre, e davanti agli interrogativi della storia l'uomo si sente chiamato coglierne il senso. Giovanni il Battista ci dice: “Volgi lo sguardo a colui che hanno trafitto, che è l'agnello!” Ecco allora il primo evento che emerge dalla nostra riflessione: nel cammino della vita avvertiamo l’urgenza di orientare al volto di Gesù la nostra esistenza Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti. Questo povero grida e il Signore lo ascolta, lo libera da tutte le sue angosce. In quel “Ecco” c'è il desiderio di Giovanni il battezzatore che noi ci lasciamo avvolgere dalla figura del Maestro, guardandolo come: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che porta il peccato del mondo per distruggerlo!

Cosa vuol dire nel cammino della nostra esistenza volgere questo sguardo se non creare un rapporto di intensa comunione? Noi peccatori ci lasciamo avvolgere da questo mistero dove Cristo diventa il peccato dell'umanità, egli lo assume per toglierlo perché nel suo mistero di oblazione redima il peccato dell'uomo. In certo qual modo avviene un meraviglioso dialogo esistenziale tra Gesù e noi, egli ci dice: “Regalami la tua storia e io ti regalerò la mia vita! Donami il tuo peccato io ti do la vita divina, dammi i tuoi limiti e ti darò la pienezza della vita!” E’ la bellezza nella quale noi siamo chiamati a entrare nel profondo del cuore. In questo fascino del volto di Gesù la nostra esistenza è attirata a un mistero di novità di vita. Riusciamo allora a comprendere l’annuncio del Battezzatore: Ecco l'agnello! Ecco colui che diventa il peccato dell'uomo per dare all'uomo la novità della vita. Noi dovremmo da questo punto di vista imparare il metodo molto importante nel cammino interiore: non volgere lo sguardo a noi, diversamente potremmo cadere in stato depressivo, ma avere lo sguardo rivolto a Gesù lasciarci prendere e affascinare dal suo mistero e dalla bellezza della sua persona, volgere lo sguardo a lui dove volgere lo sguardo non è semplicemente un fatto fisico, ma è un linguaggio interiore dove noi entriamo nel cuore del Maestro e abitiamo nella sua personalità, ecco allora il secondo elemento che emerge nel cammino della nostra esistenza: accogliere l'annuncio e proiettare la nostra vita in lui. Ricordiamo sempre che la bellezza del nostro essere credente è lo sguardo rivolto al Maestro ed è uno sguardo luminoso perché la bellezza di quell'espressione “agnello” è questa: egli è la luce che illumina il nostro cuore, egli è la forza di Dio in noi per poter camminare in novità di vita. Ecco perché il cristiano quando fa l'esame di coscienza parte dalla gustazione di una Presenza, di questo mistero di Cristo che prende la nostra vita e la costruisce e, nel momento in cui noi entriamo in questo orizzonte, abbiamo anche il risultato: siamo resi uomini nuovi! Quel toglie il peccato del mondo vuol dire generare una nuova umanità. La bellezza di essere cristiani è cantare la continua rivelazione che avviene nella nostra esistenza. Quando il cristiano desidera verificare il mistero delle scelte esistenziali spalanca lo sguardo del cuore sul mistero di Dio, su questa luminosità che ci affascina, che è una luminosità in cui nel momento che ci fa percepire il senso del dramma del nostro peccato ci dice: sei rigenerato a vita nuova! E’ la bellezza dello sguardo: “Ecco, rivolgi la tua persona al mio mistero, regalami la tua storia e io ti regalerò la mia vita!”

Noi qualche volta possiamo essere dominati da tanti psicologismi spirituali, certi esami di coscienza che diventano scrutare l'impossibile dimenticando di aprire lo sguardo del cuore a questa luminosità che, mentre ci illumina e ci dice il limite, afferma anche: “Regalami il tuo limite, regalami la povertà della tua esistenza, io  la carico sulla mia spalle” E allora ritorna chiaro il testo citato di Zaccaria che l'evangelista Giovanni ci pone dinnanzi all'albero della croce: volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto e, in quello sguardo, l'uomo sarà veramente rinnovato. Credo che cristiano debba continuamente avere questo sguardo interiore rivolto al Maestro, e, attraverso quello sguardo, ci dice: “Abbi la gioia della vita, abbi la novità della tua storia, abbi la speranza nel cammino di tutti i giorni!” Questo è il grande mistero del quale noi siamo chiamati ed entrare,

Davanti alle problematiche di ogni giorno ripetiamo sempre all'orecchio del cuore Ecco l'agnello di Dio Ecco colui che toglie il peccato del mondo, ecco la vera speranza della mia esistenza!

Un simile itinerario esistenziale noi stiamo vivendo nell'eucarestia. E’ molto bello come al momento della comunione l'annuncio di Giovanni, in certo qual modo, ci sarà di nuovo regalato Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'Agnello… Ecco l'agnello! Ecco colui che toglie il peccato del mondo. Nell’accostarci ai doni accoglieremo la novità della tua esistenza, attraverso quel dialogo: Il corpo di Cristo: Amen! Attraverso tale linguaggio il Risorto ci dice: Sei creatura rifatta!

E’ bello questa mattina sape rileggere interiormente questo annuncio del Battezzatore che ci fa gustare ed esprimere la bellezza della nostra fede. Come conseguenza, attraverso il rito eucaristico, ogni giorno ci sentiremo uomini rinnovati perché quella presenza che è il Cristo rappresenta la novità della nostra storia, è la speranza dell'istante, è la certezza di un futuro luminoso nel quale siamo chiamati a vivere. Allora, celebrando l'Eucarestia e riascoltando l'annuncio di Giovanni, avremo un'anima ricolma di tanta fiducia: Ecco l'agnello! Ecco la speranza! Ecco la novità del mondo! E quando noi abbiamo questo coraggio teologale ed esistenziale, al di là delle vicende complesse della società di oggi, saremo persone ricche di grande fiducia e di grande speranza: è la grandezza dell’eucarestia! E allora tutte le volte che ascolteremo l'espressione di Giovanni il battezzatore ricordiamoci di tutto ciò, ritroviamo la speranza del cuore, camminiamo nella certezza che collocati in lui siamo sempre uomini nuovi. Chiediamo allo Spirito Santo questa luce in modo che da questa eucarestia nasca l'entusiasmo dell'essere discepoli e che il Signore nel suo amore senza limiti ci renda quelle creature nuove che sono la pregustazione di quella novità gloriosa quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi.


12 gennaio 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: “Lo voglio, guarisci!”



08 gennaio 2023

Oggi, qui, Dio ci parla...

Lascia fare per ora, perché conviene che così adempiamo ogni giustizia

BATTESIMO DEL SIGNORE – ANNO A – FESTA

Is 42,1-4.6-7           At 10,34-38 Mt 3,13-17

OMELIA

La bellezza del tempo natalizio sta tutta nell'avventura che ci porta progressivamente a conoscere Gesù, a entrare nel suo mistero e a renderlo principio portante della nostra esistenza. Questa esperienza giunge al suo culmine storico attraverso il testo evangelico che poc’anzi abbiamo ascoltato dove, in un atteggiamento di profonda sete di verità, noi ci rendiamo docili all'azione dello Spirito Santo per poter conoscere veramente il volto di Gesù. Sono i tre passaggi che il testo evangelico questa mattina ci offre e ci permettono di entrare nell' esperienza di Gesù.

Innanzitutto è importante il dialogo tra Gesù e Giovanni il battezzatore che ritraduce un'esperienza di fondo nel cammino della fede: avere lo sguardo rivolto verso l'alto. La bellezza del cammino della fede è aprire l'orizzonte del cuore al darsi e al rivelarsi di Dio. La conoscenza di Gesù non è la conseguenza di tante formulazioni teoretiche, ma è l'apertura del cuore che guarda verso l'alto, che si pone nell' atteggiamento di apertura davanti al mistero di Dio: essere esistenzialmente assetati del volto di Gesù. La conoscenza del Maestro è direttamente proporzionale a come noi abbiamo questo desiderio che il Signore ci riveli il suo volto. Se noi guardassimo il senso della nostra vita ci accorgeremmo che esso è uno solo: conoscere il Maestro! Tale conoscenza parte dalla percezione interiore di avere lo sguardo verso l'alto, come ci insegna il salmo: Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l'aiuto? Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra. Un simile orientamento ci porta a collocare la nostra esistenza nell’ orizzonte infinito del Mistero.

E’ una verità questa che dovremmo riuscire sempre ad approfondire nella nostra storia, davanti agli interrogativi della fede aprire il cuore e dire: “Vieni Signore Gesù, manifestami la grandezza del tuo volto perché io possa camminare in novità di vita!” E’ il compiersi di quella giustizia di cui ha parlato il Maestro: ci sentiamo chiamati all'apertura del cuore, al desiderio più profondo presente nel nostro spirito di spalancare la nostra esistenza al Dio che viene.

Questo primo elemento diventa fecondo attraverso un particolare, tutto dell'evangelista Matteo: essere avvolti dallo Spirito Santo. L’uomo che in silenzio come Maria si pone davanti al mistero di Dio viene guidato dalla creatività divina che suggerisce i pensieri e dà la capacità per entrare nella conoscenza: come il Verbo si è incarnato per opera dello Spirito Santo, senza l'azione creatrice dello Spirito Santo noi non conosceremo mai Gesù. Nessuno dice Gesù è il Signore se non nello Spirito Santo. Il mondo di Dio è conoscibile solo da chi si lascia avvolgere dalla signoria dello Spirito Santo che diventa creativo dentro di noi. La conoscenza del Mistero della salvezza ha luogo attraverso l'esercizio di una docilità continua e inesauribile nelle mani dello Spirito Santo.

Ecco perché l'uomo interiormente ha lo sguardo verso l'alto e, in questo sguardo, si lascia penetrare dalla creatività di Dio che nel silenzio del cuore dà la capacità di entrare nel mistero. La conoscenza di Gesù passa attraverso questo atteggiamento interiore attraverso il quale noi ci poniamo nel Mistero.

Facendo nostra tale verità, ci accorgiamo che la rivelazione del Padre ci permette d’intuire un principio: se il Padre nello Spirito Santo non ci parlasse di Gesù, il Maestro non lo conosceremmo mai. Ascoltiamone le parole: Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Intuiamo allora che Gesù è un dono del Padre. Infatti qual è la bellezza del guardare verso l'alto, essere docili allo Spirito se non l'apertura del cuore al Dio che si rivela? La bellezza della fede è un cuore aperto che si lascia invadere dal Dio che entra in relazione con noi. E’ interessante cogliere il senso di questa voce, che mette in luce che la rivelazione non è altro che una relazione. Il linguaggio dell’evangelista è ben chiaro: Questi è il Figlio mio. Siamo stimolati a intuire che il valore del parlare significa il porsi in relazione, conoscere Gesù è vivere una relazione con il Padre che ci regala la bellezza luminosa del Figlio, la conoscenza è un fascino di trasfigurazione. Noi spesse volte siamo troppo legati a una eredità culturale che pone al centro l'intelligenza; la bellezza della conoscenza è un cuore aperto che si lascia trasformare e illuminare. Gesù lo conosciamo perché il Padre ce lo regala. In un certo qual modo si realizza un principio che nella bellezza della fede noi dovremmo lentamente ritrovare e riscoprire: noi siamo dei chiamati ad accogliere la voce del Padre che ci regala il suo Figlio Gesù Questi è il Figlio mio, l’amato, e cioè “Questi è il mio Figlio che per amore darà la sua vita per l’umanità, questi è il mio Figlio che voi conoscerete amando come ha amato lui. Di conseguenza intuiamo che la conoscenza di Gesù passa attraverso un itinerario che è molto più ampio rispetto alla nostra persona. Ci ritroviamo in una creatività divina che penetra nel nostro spirito; lo sguardo rivolto al Padre è disponibilità, lo Spirito Santo è creatività, la voce del Padre è il dono. Ecco perché la bellezza del battesimo di Gesù al Giordano sta tutta nella presa di coscienza che credere è un meraviglioso dono. È una meravigliosa reazione nella quale veniamo immersi nella vivacità esistenziale delle tre Persone Divine. Non pensiamo che quando veniamo battezzati che siamo battezzati: Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, siamo immersi in una relazione trinitaria che ci permette di conoscere veramente Gesù?

Ricordiamo sempre a noi stessi che la conoscenza teologale è una mistica relazione tra un cuore aperto e una docilità allo Spirito che ci permette di accogliere il dono del Padre che è Gesù. Conoscere Gesù perciò rappresenta la fecondità che scaturisce dal canto della nostra gratitudine.

Ecco perché ci troviamo nell'Eucaristia questa mattina. Se noi guardassimo attentamente il mistero eucaristico esso è quello che abbiamo meditato nel battesimo di Gesù al Giordano. Il nostro cuore aperto vive la bellezza d’essere avvolto dalla creatività dello Spirito Santo e desidera accogliere dal Padre il dono del suo Figlio, anzi ci regala al suo Figlio perché diventiamo sacramento del suo Figlio. Allora veramente lo potremo veramente conoscere.

Questa mattina a conclusione del tempo di Natale la cosa bella che la Chiesa ci offre è questa: “Impara nell'Eucaristia a conoscere Gesù, a lasciarti conoscere dallo Spirito Santo, ad accogliere la luce del Padre che illumina la tua vita!” Se noi cogliessimo tale ricchezza allora la nostra vita sarebbe un crescere giorno per giorno nella conoscenza del Maestro divino. Le tre parole con le quali potremmo sintetizzare il tutto sono: desideriamo il volto di Gesù, poniamo la nostra esistenza nella docilità alla creatività divina, accogliamo il dono del Padre che è Gesù stesso. Vivendo questi tre momenti noi ci accorgeremmo come la nostra vita sia veramente un camminare con Gesù in questa consapevolezza che non siamo mai soli, ma siamo continuamente vivificati dalle tre Persone Divine perché entriamo in quella conoscenza che è la bellezza, la speranza e la gioia del nostro maturare quotidiano nell’esperienza teologale.

 

06 gennaio 2023

EPIFANIA DEL SIGNORE – MESSA DEL GIORNO – SOLENNITÀ

VENERDÌ 06 GENNAIO 2023 - Messa del Giorno

Is 60,1-6       Ef 3,2-3a.5-6          Mt 2,1-12

OMELIA

Il Verbo di Dio entra nella storia dell'uomo, diventa uomo accanto a un uomo, perché questi diventi sempre più ricercatore del volto del Padre. La Chiesa convocandoci questa mattina nel ricordo dei Magi vuole aiutarci a comprendere un aspetto fondamentale della nostra esistenza: essere ricercatori del volto di Dio. È la bellezza del senso del Natale: Dio si incarna, entra nella storia dell'uomo, Maria nel suo silenzio si pone in stato di adorazione perché attraverso la nostra esistenza noi ci poniamo in cammino verso la bellezza di Dio, è la grandezza del cammino della nostra vita. Il credente è un ricercatore del volto di Dio e questo, attraverso tre passaggi che dovrebbero illuminare la nostra esistenza e renderci infaticabili persone che si pongono alla ricerca del senso della vita.

Innanzitutto chiediamoci perché il Verbo si sia fatto carne. Spesse volte per noi è ovvio l'evento dell'Incarnazione, è Natale, Gesù bambino. Tuttavia la bellezza del Verbo che si fa carne ha un significato molto più profondo: introdurre nell'uomo la sete della verità, l'uomo deve diventare ricercatore del volto di Dio. A tale scopo guardiamo sempre il tema fondamentale della creazione: Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e in quel diventare creature a somiglianza divina noi ritroviamo la bella espressione di Paolo quando ci parla del cammino battesimale; così anche noi camminassimo in novità di vita, diventando ricercatori del volto di Dio. Quando al termine della nostra esistenza ci apparirà la luminosità del volto di Dio allora noi saremo persone che saranno veramente soddisfatte, e diremo:” Colui che ho cercato è colui che sto contemplando, è colui che mi dà il gusto della bellezza della mia esistenza”. Prendendo a prestito il salmo potremmo dire: Il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio.

Questa ricerca nasce nel linguaggio che abbiamo ascoltato dal testo evangelico da una stella: è la luce che brilla nelle tenebre. Chi è il grande protagonista della ricerca del valore fondamentale della nostra esistenza? Nel racconto dei Magi è la stella, e, nell' esperienza della nostra vita la creatività dello Spirito Santo. La nostra esistenza, guidata profondamente dal darsi del mistero di Dio, è quella sete di pienezza di vita che è presente in ciascuno di noi. Quando siamo davanti all'evento dell'Incarnazione nasce una grossa domanda: perché il Verbo si è fatto carne? Noi spesse volte diamo una unica risposta: per donarci la salvezza, perché partiamo dal principio dell'essere peccatori. Ma se noi guardiamo il progetto di Dio, il più antico, quello che è all'interno del rapporto Dio-umanità noi ci accorgiamo che il Verbo si è fatto carne per aiutarci a ricercare il volto del Padre. Dice molto bene l'autore della Lettera agli Ebrei Dopo aver a più riprese e in più modi, parlato per mezzo dei profeti, Dio alla fine, nei giorni nostri, ha parlato a noi per mezzo del Figlio perché questa Parola incarnata diventasse itinerario della nostra esistenza. Quella stella è Dio che entra nella nostra esistenza e crea in noi quella infaticabile volontà di metterci in cammino per gustare una Presenza. Ecco perché la bellezza del ritrovarci con i Magi ricercatori è Dio in noi che si fa cercare. Noi qualche volta abbiamo dimenticato una dinamica all'interno della nostra vita: fin dal mattino il Signore ci rende attenti alla sua parola perché noi possiamo diventare persone ricercatrici del suo volto: è la bellezza della vita! Ecco perché il cristiano non ha il problema della morte perché il momento della morte sarà il passaggio alla visione gloriosa, quando Dio sarà tutto in ciascuno di noi. Ecco allora il primo elemento che dobbiamo cogliere dalla festa di oggi: come i Magi dobbiamo lasciarci illuminare dalla Luce che viene dall'alto per camminare alla ricerca del senso della vita.

Se noi dovessimo chiedere a Gesù - perché ti sei incarnato? - Egli ci direbbe: perché tu continui a cercare la bellezza del dono della vita! Quindi l'esistenza quotidiana deve essere vista come infaticabile cammino per entrare nella Luce e in questo cammino ecco che l'uomo, attraverso la sua storia, continuamente viene purificato. È molto bello vedere nella figura dei Magi l'uomo ricercatore del vero. La vita non è al mattino svegliarsi, andare a lavorare e poi ritornare alla sera stanchi a casa. La vita è qualcosa di più, la vita è fondamentalmente un itinerario di attrazione nel mistero e questa attrazione avviene attraverso la purificazione. È molto bello vedere i Magi che partono all'avventura, la Verità ci sta attirando, la bellezza del Divino ci sta affascinando, il nostro cuore desidera incontrare il vero. E allora la purificazione diventa una naturale conseguenza. Usando un’immagine, la vita è lasciarci scalpellare dallo Spirito Santo perché il nostro cuore si innamori sempre più dell'essenzialità della nostra esistenza. La storia è linguaggio plasmatore di Dio perché veramente possiamo entrare in un itinerario dove lui è il Signore.

Allora la nostra esistenza diventa come educazione quotidiana per entrare nel Mistero, e il Mistero lo possiamo accogliere attraverso la parola di Dio. I Magi giungono a Gerusalemme che rappresenta il luogo della fedeltà di Dio e Dio parla Il Signore dice: Betlemme, tu sei una delle più piccole città della regione di Giuda. Ma da te uscirà colui che deve guidare il popolo d'Israele a nome mio. Nella ricerca si rivela essenziale entrare nella parola di Dio, in quel Dio che ci prende per mano -la stella- che ci purifica nel cammino quotidiano per entrare veramente a contemplare il Signore.

Di conseguenza l'atteggiamento finale dei Magi è l'atteggiamento che noi potremmo dire ultimo della nostra esistenza quando, entrando in quella casa, entreremo nel paradiso, gusteremo la bellezza di Dio, Gesù e Maria e in quella adorazione ci lasceremo penetrare dalla luminosità del Divino che ci accompagnerà per tutta l'eternità beata. E allora Il Natale è scuola di ricerca, scuola di sete, scuola di desiderio di verità, dove ogni momento della nostra esistenza diventa l’incarnazione del salmo: il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto. L'incontro dei Magi con Gesù e Maria lo potremmo definire l'incontro glorioso che avremo in paradiso. Il Verbo si è fatto carne, è venuto a camminare con noi nella storia per introdurci nella gustazione del volto eterno del Padre: è il senso della nostra vita! Ecco perché quando veniamo battezzati veniamo battezzati nell'acqua e cresciamo nella sete esistenziale, alla luce ci ciò che ancora il salmo ci suggerisce: Come la cerva anela ai corsi d'acqua, così l'anima mia anela a te, o Dio.

Questo sia il mistero che vogliamo celebrare: l'Eucaristia non è altro che l'essere afferrati dallo Spirito in questa ricerca del volto di Gesù che nel pane nel vino si regala a noi come farmaco di immortalità divina. In tale esperienza ci sentiamo chiamati a entrare in un Mistero più grande di noi. La festa di oggi celebrata nell'Eucaristia incarna quella sete del volto di Dio che ci ha portati a entrare qui, in chiesa, a celebrare un rito per gustare la grandezza del volto del Risorto. Questa sia l'Eucaristia che stiamo celebrando, questa l'attesa della nostra vita e allora in paradiso offriremo: oro, incenso e mirra, saremo persone trasfigurate, saremo il volto di Cristo morto, sepolto e risorto in una gloria che non avrà mai termine, in un gusto eterno. Allora noi tutti diremo: “Signore ti ho amato per tutta la mia vita, ora mi consegno a te perché tu mi ricopra della tua luce immortale, in quella luminosità eterna che sarà il gaudio per tutti i secoli dei secoli!” Amen


Oggi, qui, Dio ci parla...

Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia

02 gennaio 2023