21 agosto 2016

XXI DOMENICA T.O. - Anno C -

Is 66,18-21  Eb 12, 5-7. 11-13              Lc 13,22-30
OMELIA
Gesù è la novità del mondo intero e questa esperienza si ritraduce oggi nella vocazione universale della salvezza.

Le parole del profeta Isaia e della finale del Vangelo di questa mattina ci hanno chiaramente detto come l'esperienza a cui siamo chiamati è l'esperienza di persone che sono chiamate con tutti i fratelli sparsi nel mondo a godere e a gustare le meraviglie del Signore. Questa vocazione universale alla salvezza passa attraverso la persona di Gesù.

Tutti gli uomini di qualunque razza, popolo e nazione sono chiamati a gustare eternamente il volto di Dio, ma questo cammino passa attraverso il mistero della vita di Gesù. Infatti se attraverso l'esperienza della fede ci chiediamo quale sia il progetto di Dio su ogni uomo, la risposta è molto semplice: ogni uomo è chiamato ad essere in Gesù, vero uomo e vero dio. Quando viene concepito un bambino Dio, il Padre, dà la vita a quel bambino perché possa vivere di Gesù. È una verità questa che dovremmo continuamente acquisire a livello interiore. Infatti la nostra vita è nata da Cristo poiché attraverso lui siamo stati creati, la nostra vita si costruisce in Gesù perché noi abitiamo nella sua persona, noi costruiamo ogni istante camminando con Gesù nella storia, perché per la forza gratuita di Gesù possiamo nella gloria giungere a contemplarlo eternamente.

Una simile coscienza credente dovrebbe essere compresa in tutta la sua profondità poiché non esistono tanti luoghi per ritrovare l'armonia della nostra vita: l'unico luogo per trovare l'armonia della nostra vita è la persona di Gesù, facendo nostro il suo mistero. Questa è una verità che dovrebbe continuamente essere ravvivata nel nostro spirito. Questa luce ci permette d'intendere perché il Vangelo di questa stamattina risulti abbastanza severo nei confronti di persone che presumono di essere cristiani. Gesù ha detto che quelli i quali hanno protestato dicendo “ma noi abbiamo mangiato e bevuto con te, ti abbiamo ascoltato nelle piazze” non sono da lui conosciuti perché egli non ne conosce la provenienza. Infatti non sanno vivere di quella fede che permette all'uomo di nascere dall'alto.

Questa è la motivazione per la quale il Maestro ha affermato: non vi conosco! E qui è un passaggio molto forte da tenere presente: Gesù non vuole le nostre cose, Gesù non vuole i nostri riti, Gesù non vuole i nostri propositi, Gesù vuole una cosa sola: il fascino della sua persona, l'essere discepoli, cioè ritrovare e riscoprire che il senso della vita è solo lui perché l'uomo è uomo solo in lui.

Infatti perché Gesù ha detto che la porta è stretta?

Noi qualche volta quando sentiamo quell'aggettivo “stretta” pensiamo alla difficoltà di seguire il Signore, specie nel mistero della sua croce, ma c'è un altro possibile significato: esiste un'unica porta per giungere a realizzare la nostra identità di uomini: il mistero della persona di Gesù. Le altre esperienze che possiamo cogliere nella storia contemporanea che non siano radicate in Gesù non realizzano la nostra umanità. Soprattutto pensiamo tante volte che per essere uomini veri secondo il vangelo dobbiamo fare tante cose, celebrare tanti riti, inventare tanti linguaggi religiosi, partecipare a tanti pellegrinaggi e via dicendo. Il cristiano possiede una sua singolare originalità: essere e diventare una persona che gusta talmente il fascino di Gesù che non si lascia prendere da tante altre cose esteriori perché la sua persona, il suo mistero è il senso della vita. Gesù ha detto non vi conosco perché quello che facciamo tante volte, è una semplice gratificazione psicologica, come l’aver fatto qualche cosa di bene. Da notare che il linguaggio che l'evangelista Luca utilizza ha un chiaro riferimento “abbiamo mangiato e bevuto con te”: non è l'eucaristia? "Ti abbiamo ascoltato nelle nostre piazze": non è l'accesso alla divina scrittura? Come mai a coloro che partecipano all'eucaristia tutte le domeniche e che si accostano alla parola di Dio continuamente Gesù dice: non vi conosco?

Infatti il criterio non è quello che facciamo, il criterio non è la quantità delle nostre azioni, ma solo essere discepoli, l’andare dietro a lui. Se manca l'anima d'essere discepoli, possiamo fare tutti i riti e tutte le opere apostoliche di questo mondo e il Signore ci dice: non vi conosco. La bellezza della fede non è fare chissà che cosa, ma dare un senso alla vita e dire che Gesù è la porta per accedere alla bellezza della storia. Sicuramente vivere solo di Gesù non è facile, ecco perché l'autore della lettera agli ebrei ci ha parlato di tribolazioni, in quel contesto anche di persecuzione, perché dobbiamo lentamente raffinare le nostre persone per poter gustare quella intimità con Gesù nella quale tutti gli uomini sono chiamati ad attendere la realizzazione della loro vita. Occorre passare dall'essere uomini religiosi che pensano di donare qualcosa a Dio a uomini credenti che si aprono all'amore di Dio.

Da una simile angolatura intuiamo perché Gesù sia stato severo; non sono le forme che salvano, ma un cuore così aperto a Gesù che non riesce più a vedere il senso della sua storia se non nel mistero del Maestro anzi, gli stessi avvenimenti della vita che tante volte ci pongono in stato di sofferenza, sono i linguaggi dello scultore Dio Padre che attraverso lo scalpello dello Spirito Santo e della storia fa di noi il suo capolavoro. Allora veramente riusciamo a realizzare la nostra identità umana. Le esperienze religiose sono la premessa, ma per un atto di fede essere solo di Cristo! Quando non entriamo in questo tipo di lettura, non saremo mai persone che accedono al regno dei cieli, ecco perché la frase di Gesù è stata molto forte: non so da dove veniate! Non vi conosco! Credo che le parole del Maestro oggi ci debbano proprio stimolare da una parte a vedere l'umanità tutta orientata Gesù e dall'altra noi, che siamo i suoi discepoli, siamo chiamati a gustare solo la sua presenza: da lui  e a lui è il percorso della nostra vita ,perché siamo viventi in lui e allora intuiamo come nella nostra storia quando la vogliamo cogliere in tutta la sua verità ha questo unico orientamento.

Qualche volta diciamo: che cosa devo fare?

Spesse volte diciamo questo perché ci rendiamo protagonisti della vita! Dovremmo imparare a dire: dammi la gioia di lasciarmi amare dalla tua persona per cui senza di te non riesco più a vivere.

Ogni uomo ha sempre l'inquietudine interiore finché non può conoscere la luce, Cristo Gesù. Ecco perché questa mattina, se guardiamo attentamente il nostro agire rituale, abbiamo vissuto in modo autentico lo stile del Vangelo: siamo entrati da una porta che è Gesù, ci siamo riuniti per ascoltare una parola che è Gesù, tra poco condivideremo il pane e il vino che è Gesù e rinnovati in lui usciremo di chiesa portando la pace che è Gesù. Allora se entriamo veramente in questo meccanismo spirituale, ci accorgiamo che ogni uomo che accetti questo cammino lasciandosi attirare da Gesù di qualunque provenienza possa essere, diventa una persona che accede al volto di Gesù. Ogni uomo religioso è chiamato attraverso l'esperienza religiosa a incontrare un evento, una persona e allora quando incontriamo questa persona la nostra vita è completamente diversa.

Viviamo così questa eucaristia, lasciamoci inebriare di Gesù e tante cose lasciamole pure da parte. Inebriati da Cristo vivremo di Gesù, entrando in quella porta si aprirà davanti a noi l'infinito di Gesù, quella gloria luminosa del Padre che ci affascinerà per tutta l'eternità beata.
 
 
 
 
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