09 ottobre 2016

ANNIVERSARIO DELLA DEDICAZIONE DELLA CHIESA PARROCCHIALE –SOLENNITÀ - XXVIII DOMENICA T.O. - Anno C -

Ez 43,1-2. 4-7              1Pt 2,4-9             Gv 4,19-24
OMELIA
Il cammino della fede è un cammino che si costruisce nella continua gratitudine.

È il mistero che qualifica il nostro cammino nel tempo e nello spazio e che permette all'uomo di gustare la fecondità di Dio: nella gratuità divina l'uomo contempla, nello Spirito supplica e gusta la creatività divina nel costruire ogni istante della storia quotidiana.

Questa verità la cogliamo molto bene nella festa di oggi che è il ricordo della dedicazione di questa chiesa poiché ogni luogo di culto è per eccellenza il luogo nel quale contempliamo le meraviglie del Padre, nello Spirito Santo diventiamo una supplica per gustare la reale presenza di Cristo. Tale esperienza tuttavia ha un riflesso molto più profondo di quanto noi stessi possiamo pensare poiché un tempio è l'espressione architettonica di un vissuto che deve stimolare successive scelte evangeliche. In esso si incarna l'esperienza d'essere dei discepoli innanzitutto, poiché il discepolo è il tempio della gloria di Dio, è la vivente inabitazione trinitaria.

Nel dialogo che abbiamo ascoltato tra Gesù e la donna di Samaria, una simile visione è più che evidente; davanti alla domanda della donna assetata di verità Gesù ci offre quella risposta: “né su questo monte né in Gerusalemme”. Dio non abita più in nessun luogo poiché la bellezza della rivelazione è Dio che viene ad abitare in una persona, in una vivente comunità, e la persona è Gesù Cristo. Nell'espressione di Gesù: “È venuto il momento ed è questo” leggiamo la presenza vivente della persona di Gesù che è l'unico luogo di culto veramente evangelico.

L'uomo è sempre tentato di dare valore allo spazio nel suo rapporto con Dio, nell'ordine della rivelazione il luogo per eccellenza di questo culto è il tempo, la persona, la persona che è il Cristo vivente. Il vissuto dell'uomo, di riflesso, è il culto “in spirito e verità”; infatti la bellezza dell'esperienza cristiana s'incarna nella vocazione ad essere il sacramento vivo di questo Cristo che, nello Spirito Santo, costruisce continuamente la nostra identità secondo il disegno del Padre. Ecco perché Gesù questa mattina ci porta a spostare la nostra attenzione, non più verso un luogo materiale, ma nella direzione di un'esperienza di comunione di persone che, lasciandosi attirare dal Cristo, creano comunione nel condividere la presenza del Maestro, e allora c'è la vera Chiesa.

In questo riusciamo a percepire che l'uomo nel cammino quotidiano, nel suo vissuto, è il culto a Dio gradito. Lo abbiamo ascoltato nelle sollecitazioni della prima lettera di Pietro dove la bellezza di essere chiesa è essere “comunione” dove  - insieme - si condivide la comune contemplazione delle meraviglie divine in un atteggiamento di rendimento di grazie per la gratuità del rivelarsi di Dio attraverso la conoscenza dei nostri limiti in cui Dio è fecondo.

Qui allora scopriamo un aspetto dell'esperienza della Chiesa come espressione di un mistero.

Nasce allora la domanda: cos'è la comunità cristiana? La comunità cristiana è il luogo in cui la comunione all'interno della vita del Padre del Figlio e dello Spirito Santo permea le nostre persone facendoci gustare la comunione con la vita divina.

Se dovessimo tracciare il valore della nostra esistenza quotidiana, dovremmo dire, in ogni giorno della nostra vita, che viviamo nella fede la comunione Padre – Figlio; nel tempio, di riflesso, sacramentalmente viviamo la comunione Padre - Figlio per poi, nel vissuto, incarnare questa verità in attesa del superamento della comunità nella prospettiva della comunione della Gerusalemme del cielo. È la profondità dell'espressione che Gesù ha rivolto alla samaritana: “è giunto il momento ed è questo in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità”.

In Gesù troviamo il vero adoratore del Padre in Spirito cioè una esperienza di piena docilità ai pensieri nascosti di Dio.

Essere “culto in spirito” vuol dire costruire l'istante nella relazione docile alla creatività divina.

La bellezza di essere Chiesa è di essere guidati da questa creatività divina che continuamente ci conduce attraverso la storia, nella fede e nel sacramento, per essere un fecondo riflesso del misterioso volere di Dio, per realizzare la verità che è  nient'altro che la comunicazione che Gesù fa a noi del meraviglioso rapporto che egli ha con il Padre.

Ci accorgiamo allora che la dedicazione di una chiesa non è un fatto che si richiama semplicemente a un fatto architettonico, la dedicazione di una chiesa è il mistero della comunione trinitaria anticipata a ciascuno di noi perché, in questa comunione, sappiamo elaborare giorno per giorno la bellezza di essere quel popolo sacerdotale in di cui ha parlato la prima lettera di Pietro. Allora se partiamo da questa profonda convinzione, intuiamo che il nostro vissuto è un perfetto atto di culto al Padre. Noi qualche volta possiamo essere tentati di vedere il culto legato ad un rito: il culto è legato al sacramento che siamo ciascuno di noi. La bellezza della vita è fare anche delle cose più ordinarie  quello che Gesù ha detto alla samaritana: ognuno di noi è il Cristo vivente e, nella nostra povertà, ci lasciamo condurre istante per istante dalla creatività fantasiosa dello Spirito, in modo progressivamente nello stile quotidiano ricerchiamo la comunione nel segno del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. L'espressione rituale in questo ci è di grande aiuto. Quando ci ritroviamo nell'eucaristia, incominciamo l'incontro sacramentale nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo; alla fine ci congediamo nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito  perché nella celebrazione eucaristica è la Trinità che ci avvolge, ci disseta, ci trasfigura, ci dà quella nostalgia delle realtà del cielo nelle quali la sete di autenticità avrà veramente il suo compimento.

I luoghi architettonici si costruiscono e si demoliscono…, la persona, la comunione nella comunità ha già sapore di eternità, non è legata a un luogo, ma è un Dio che viene, che ci raccoglie attorno a sé per realizzare la nostra verità umana e allora, la bellezza di questa celebrazione, è respirare un presente di fraternità che ci orienta e ci proietta nella comunione della Gerusalemme del cielo che “oggi” già stiamo vivendo, di cui “oggi” abbiamo nostalgia per poter essere assunti in questa gloria quando, al termine della nostra vita, quel culto in spirito e verità che è Gesù si realizzerà in pienezza.

Tale sia il mistero che qualifica le nostre persone, che ci dà la capacità di vivere e che orienta la nostra esistenza in una prospettiva così ampia per cui, anche se si demolisce un tempio, si costruisce il vero tempio: quella comunione divina che sarà il paradiso.

La settimanale celebrazione eucaristica ci dà la gioia d'essere comunione in cammino per costruire fraternità nel tempo in attesa della luminosa comunione trasfigurante dell'eucaristia del cielo.
 
 
 
 
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