25 marzo 2018

DOMENICA DELLE PALME - Anno B -


Is 50,4-7       Fil 2,6-11      Mc 15,1-39 

OMELIA

Il cammino della Quaresima ci ha lentamente introdotti nella personalità di Gesù e la descrizione seppur parziale dell'itinerario della sua Passione ci fa chiaramente intuire che non è possibile conoscere Gesù senza passare attraverso la sua Passione. L'interrogativo che nasce è quello di chiederci quale sia il valore di questo racconto tragico non solo nella vita di Gesù, ma anche nella vita di ognuno di noi. Sentire il racconto della Passione è sentire contemporaneamente il racconto della vita di Gesù e della vita di ciascuno di noi. Seppur nei brevi accenti al mistero della sua morte che abbiamo ascoltato, noi abbiamo contemporaneamente percepito la descrizione di due vite: la vita di Gesù e la vita del discepolo poiché nel momento in cui entriamo nella personalità del Maestro comprendiamo il significato evangelico della nostra personalità. Ogni discepolo che voglia veramente essere tale sa esattamente che le stimmate di Gesù sono le sue stimmate. Non esiste per il discepolo del Signore una diversità tra il dramma del Maestro e il dramma del discepolo e, a monte di questo dramma, c'è un grande valore: vivere l'amore di Dio per la passione dell'uomo. Davanti al dramma della narrazione della croce noi percepiamo la grandezza misteriosa e tragica dell'amore di Dio per ogni umana creatura. Ecco allora che intuiamo che se vogliamo conoscere Gesù, se vogliamo entrare nel suo mistero dobbiamo fare nostro il dramma della sua passione: amare l'uomo fino al massimo della nostra esistenza.

Questo racconto della passione di Gesù è un racconto perché ci interpella, perché mentre sentiamo il dramma di Gesù intuiamo il senso della nostra vita. Noi possiamo aspirare alla trasfigurazione e alla risurrezione solo passando attraverso questo dramma. E’ una cosa questa che noi avvertiamo attraverso un semplice dato: il racconto della Passione secondo Marco è il più lungo di tutti e quattro gli evangelisti, ma nello stesso tempo il Vangelo di Marco è il più breve di tutti perché, se Marco ha iniziato il suo vangelo con inizio del Vangelo che Gesù Cristo figlio di Dio è perché l'esperienza di questo mistero ritrova solo nel mistero della croce. Ecco perché Marco, dopo che Gesù è morto, ha messo sulle labbra del centurione la grande professione di fede tu sei veramente il figlio di Dio! Chiunque volesse iniziare il proprio percorso di conoscenza di Gesù per diventarne discepolo deve avere chiara la meta verso la quale stava andando. Inoltre è molto bello che l'esclamazione dopo la morte di Gesù, nello stile dell'esclamazione, sia apparsa nella persona di un uomo pagano, e in lui vediamo tutta l'umanità che conoscendo Gesù viene introdotta nel suo mistero per farle fare la vera professione di fede.

Quando diciamo che Gesù è morto secondo le scritture, in quel momento, si apre al nostro orizzonte il mistero della sua Passione. Noi qualche volta ci siamo abituati alla formula morto secondo le scritture. L'evangelista narrando la Passione dà il senso e il contenuto al mistero presente in quell'affermazione. Nel vangelo si narra la Passione per sottolineare il profondo valore dell'espressione morto secondo le scritture. Non si dà resurrezione se prima non si è vissuti in quella morte, non si è rimasti nascosti in quella sepoltura per gustare fino in fondo la fedeltà del Padre.

Ecco perché il primo elemento che emerge dalla Passione del Signore che abbiamo ascoltata è che quella storia è la nostra storia. È molto bello come l'apostolo Paolo costruisca la sua spiritualità sul mistero della croce; con ogni probabilità Marco dipende da Paolo e Paolo che dice non conosco nient'altro se non Gesù Cristo e questi crocifisso, riaffermando poi nella lettera ai Galati d’ora innanzi più nessuno mi dia fastidio, io porto nel mio corpo le stimmate del Signore nostro Gesù Cristo. Un simile linguaggio incarna la sua spiritualità: tutta la passione di Paolo è vivere la morte del Maestro per poterne godere la risurrezione. Dovremmo imparare a considerare che il racconto della passione non è semplicemente qualcosa che è passato, il racconto della passione è la nostra storia, è l'amore per l'umanità; non c'è un Uomo che muore, c'è un Uomo che ama… non c'è un Uomo che subisce il dramma della croce, ma c'è un Uomo il cui senso di vita è dare la bellezza all'umanità.

Paolo, nell'inno ai Filippesi che abbiamo ascoltato, è stato molto chiaro: obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo ha innalzato lo ha esaltato perché da quella croce nasce un orizzonte nuovo, nasce la nuova umanità, nasce la bellezza di un mondo dove c'è armonia. Ecco perché noi nella fede diciamo morto secondo le scritture sepolto e risorto il terzo giorno secondo le scritture. Ma davanti a questa descrizione ci sentiamo chiamati a fare nostre le stimmate dell'amore di Gesù impresse nel nostro cuore, come noi possiamo entrare in questa storia di Gesù con il cuore ricco di speranza? Ed è la grossa differenza fra la Passione di Gesù e il nostro vivere la Passione di Gesù; Gesù ha sofferto, è morto e dopo è risorto. In noi invece la Passione è già risurrezione in atto, il cristiano si lascia introdurre nella morte di Gesù gustando già l'evento della risurrezione. Dovremmo ricordare sempre a noi stessi che il venerdì santo, il sabato santo e la veglia pasquale sono un unico mistero che culmina nel misterioso evento della risurrezione. Guardando il Crocefisso abbiamo nel cuore la presenza del Glorioso e allora vivere la Passione è percepire l'evento della risurrezione, avere le stimmate di Gesù nel cuore che è l'amore per l'umanità, è già avvertire uno sviluppo di nuova umanità, un mistero che sarà vero pieno e realizzato quando finalmente e fisicamente moriremo e allora, definitivamente, passeremo dalla Passione al grande mistero della Risurrezione.

Se volessimo entrare nell'esperienza liturgica di questa mattina dovremmo dire: O Signore fammi contemplare il mistero della tua croce perché, ritrovando in me il tuo amore per l'uomo, possa crescere in quella reale speranza che è risorgere in ogni momento. Ecco perché il cristiano quando è davanti a questa bellezza ritrova il coraggio di dire: Cristo in me sta soffrendo perché ama! Noi in lui soffriamo perché in lui e con lui e come lui amiamo. E allora il dramma della Passione diventa luminosità di risurrezione.

Chi non entra nel venerdì santo, chi non vive intensamente il sabato santo, non potrà mai capire la veglia pasquale. Chi non entra nel buio della morte e nel nascondimento della sepoltura non sa gustare la mirabile straordinarietà dell'evento della resurrezione. Ecco perché il cristiano, ogni volta che va all'Eucaristia, sta vivendo questo dramma. Gli autori medievali avevano scoperto un modo particolare di leggere l'Eucaristia, l'Eucaristia era letta come vivere passo passo la Passione del Signore. Ora, seppur in modo nuovo, anche noi stamattina, celebrando questa divina liturgia, stiamo vivendo la Passione gloriosa del Signore. Quando il presbitero dirà: questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato per voi - in quel momento - ognuno di noi sta dicendo le stesse identiche parole di Gesù e, come Gesù dirà parlando della propria esistenza: questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue versato per voi.

Entriamo in questo grande mistero non con l'emozionalità del momento, ma con la radicalità di voler conoscere Gesù e quando noi saremo su quella croce dell'esistenza innamorata dell'uomo, anche noi come quel soldato diremo: veramente tu sei il Cristo il figlio di del Dio vivente! Non è l'inizio del Vangelo di Marco? Inizio del Vangelo che Gesù Cristo Figlio di Dio: qui ci è comunicata una storia d'amore dove ogni battezzato sa regalare tutto se stesso all'umanità nella fedeltà del Padre, nel gusto di dare a questo uomo, sommamente amato, la bellezza della vita la luminosità di essere uomini secondo il progetto di Dio. Questa sia la vitalità che vogliamo vivere e condividere in questa celebrazione eucaristica.




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