06 maggio 2018

VI DOMENICA DI PASQUA (Anno B)


At 10,25-27.34-35.44-48 1Gv 4,7-10   Gv 15,9-17  

OMELIA

Gesù, parola del Padre, rende la nostra vita ogni giorno pura perché possiamo spalancare la nostra esistenza alla presenza del Maestro risorto per essere in lui trasfigurati progressivamente. Questo gaudio di stare con il Risorto si ritraduce nell'interrogativo che nasce nel nostro spirito per poter veramente gustare quella purezza del cuore che ci permette di essere in lui figli del Padre, e davanti all'interrogativo quale sia il senso della nostra esistenza, la parola che questa mattina ci ha regalato il Maestro diventa per noi estremamente luminosa.

Innanzitutto intuiamo che la nostra vita è fondata unicamente nell'atto della creatività di Dio. Andiamo sempre alla bellezza del prologo: In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di tutto ciò che esiste. La bellezza della vita è scoprirsi nella creatività di Dio anzi, riscoprirci nel meraviglioso rapporto che esiste tra il Padre e il Figlio. Lo ha detto bene l'evangelista Giovanni: come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.

La bellezza della nostra esistenza è quella di scoprire che la fonte della nostra storia è il meraviglioso rapporto che esiste tra il Padre e il Figlio. Ecco perché Gesù ha detto come il padre ha amato me così anch'io ho amato voi. La gioiosità della nostra vita di fede si costruisce nell'essere introdotti in quel mistero di vita trinitaria che è il senso stesso della vita. Quando ci poniamo la domanda quale sia il valore, l'anima della nostra esistenza, dobbiamo immergerci nel rapporto Padre-Figlio; non per niente nella prima lettera di Giovanni che abbiamo ascoltato c'è quell’amarci gli uni gli altri nasce dal fatto che Dio è amore. La nostra vita respira l'amore Padre-Figlio. Ecco perché Gesù questa mattina ha detto siete miei amici, ha detto io vi ho scelti e in queste espressioni noi riscopriamo il mistero della nostra identità umana: essere in quella meravigliosa reciprocità. Il cristiano, quando cammina in modo autentico nella sua quotidianità, sa che sta percependo quell'amore inesauribile che esiste tra le due persone della Trinità, dove lo Spirito Santo elabora in noi il senso della vita.

Se partiamo da questa esperienza fondamentale, scopriamo giorno per giorno che la nostra vita respira eternità, e, immergendoci nell'eternità, gustiamo abitualmente il rapporto Padre-Figlio nello Spirito Santo.

Una simile situazione esistenziale ci porta ad entrare nella comprensione dell'espressione del Maestro: osservare i comandamenti. Chi non conosce la fonte della propria storia, non potrà mai conoscere quale debba essere la strada per camminare nella autenticità umana e cristiana.

Noi qualche volta, quando sentiamo quest'espressione, siamo guidati facilmente da una mentalità di tipo esecutivo: Dio mi dà dei comandamenti, io ad essi obbedisco e sono contento. In questo la creatura umana rimane chiusa nella soddisfazione personale e non si orienta al volto del Padre che è la fonte e la meta dell'esistenza.

Questo modo di procedere non è evangelico perché la grandezza di Dio genera l'amore ineffabile alla libertà dell'uomo.

Alla luce della Parola dobbiamo chiederci cosa voglia dire osservare i comandamenti.

Gesù questa mattina è stato meraviglioso: se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Osservare non è eseguire.

Osservare è far fluire nell'esperienza del feriale l'abbondanza di vita che c'è in noi.

Osservare è la gratitudine amorosa d'essere capolavoro di Dio.

In questo intuiamo perché già domenica scorsa Gesù ci ha detto voi siete già puri per la parola che avete udita. Il nostro agire non è altro che il fiume di vita che vive del rapporto Padre-Figlio e che si incarna nella nostra esistenza. Diversamente non riusciremmo a comprendere la parola di Gesù rimanete nel mio amore! Anzi, più noi nelle nostre scelte quotidiane incarniamo questa vita divina, tanto più cresciamo nella comunione con il Padre, compiamo le opere del Padre e la Trinità diventa l'abituale situazione della nostra esistenza.

Osservare è la gioia di cantare di essere un capolavoro trinitario.

È molto bello come in una profonda cultura evangelica l'agire morale è ritradurre, in senso eucaristico, la bellezza di essere affascinati dal mistero di Dio perché Dio è l'anima della nostra anima! Potremmo accostarci ad un possibile esempio. Come il respirare aria pura purifica continuamente le nostre persone, così la vita trinitaria ci dà quell'energia interiore che ci fa dire: il Padre e il Figlio nello Spirito Santo stanno incarnando il loro amore mentre stiamo compiendo le nostre azioni quotidiane. Sono verità queste che noi qualche volta trascuriamo perché siamo troppo intrappolati da tanto storicismo e non ci lasciamo liberare da questa meravigliosa realtà che è presente in ciascuno di noi. La bellezza dell'essere discepoli è dire quello che Dio ci dice, è agire come ha agito Gesù. Quando a Gesù pongono la domanda: “perché fai queste cose?”  Gesù ci offre questa meravigliosa risposta: quello che ho udito dal Padre lo compio perché il Figlio compie ciò che ascolta dal Padre.  Proviamo a pensare per un momento: se uno ci chiedesse, “perché lei si comporta così?” noi sicuramente, sotto l'influsso dello Spirito Santo, diremmo: è la vita divina che trabocca nelle mie azioni. E se cogliessimo in profondità una simile vitalità saremmo veramente uomini evangelici perché lasceremmo da parte tante cose e ci accosteremmo alla fonte della vita. Quante illusioni nel frequentare abitualmente la Chiesa. Se noi non incontrassimo il Signore nel vissuto quotidiano, quante illusioni nel porre i riti ecclesiastici! La bellezza della vita è nient'altro che ritradurre nella semplicità del feriale questa abituale accoglienza - attrazione del mistero stesso di Dio. Quando entrassimo in tutto questo percorso di vita, godremmo di quella libertà di cui ha parlato Pietro nel discorso a Cornelio, e in casa di Cornelio. Quando lo Spirito opera in noi, ci accorgiamo che lo Spirito è la fecondità dell'amore trinitario. Dovremmo perciò imparare che quello che compiamo è nient'altro che dire grazie a quello che la vita divina ci suggerisce continuamente.

La bellezza di ritrovarci questa mattina nell'eucarestia è vivere questo mistero: il Padre nel Figlio opera continuamente, il Padre in questa eucarestia ci regala il Figlio perché il Figlio regali se stesso a ciascuno di noi. La bellezza di ritrovarci di nell'eucarestia è vivere la vita stessa di Dio e lasciar vivere Dio in ogni frammento della nostra storia.  Entriamo con l'entusiasmo della fede in questo rimanere nell'amore trinitario compiendo le piccole cose, quelle più nascoste, come un fiume d'acqua viva che esce dalla nostra persona, che poi è la Trinità che agisce in noi e con noi. Se noi entrassimo perciò in questa eucarestia con questa meravigliosa e affascinante esperienza, ci accorgeremmo che è bello essere cristiani, non perché abbiamo la frenesia delle cose, la frenesia di sapere tante cose, la frenesia di chissà quali opere apostoliche da compiere, dovremmo semplicemente avere la semplicità di far fluire la vita divina nel quotidiano.

Questa sia la speranza che quella parola che ci rende puri può infondere dentro di noi per poter essere quei capolavori dell'amore del Signore che danno il sorriso di Dio ad ogni persona perché ogni uomo possa vivere quest'armonia e pregustare già in questa vita quell'incontro glorioso che sarà il paradiso.




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