08 luglio 2018

XIV DOMENICA T.O. - ANNO B -


Ez 2,2-5         2Cor 12,7-10           Mc 6,1-6      

OMELIA

L'evangelista Marco lentamente ci introduce nell'esperienza della fede e ci pone dinanzi a una reazione di Gesù che ritraduce la sua sensibilità davanti all'esperienza rifiutata dai suoi concittadini: e si meravigliava della loro incredulità. Ma perché Gesù ha questo sentimento davanti all'atteggiamento di rifiuto dei suoi concittadini? Se entriamo nel cuore di Gesù, ci accorgiamo che il mistero della sua venuta nella storia era quello di insegnare all'uomo la gioia d'essere uomo. La fede non è una sovrapposizione alla nostra realtà umana. Accogliere Gesù nella fede, dare ospitalità alla sua persona, vivere in sintonia con lui è realizzare la nostra umanità. In certo qual modo appare la sofferenza di Gesù il quale incontra l'uomo e questi davanti a Gesù rinuncia a essere se stesso. Se l'uomo, come uomo, ha già la vocazione alla fede poiché l'uomo non può vivere se non di fiducia in una reciprocità fraterna, nell'ordine della pienezza della vita Gesù è colui che per eccellenza aiuta l'uomo a essere uomo. Non sono le pratiche religiose che rendono fedeli i cristiani, ma diventiamo credenti spalancando la nostra persona al mistero di Gesù. La bellezza della fede è maturare giorno per giorno nella nostra umanità. Se tale verità non si realizzasse ci ritroveremmo veramente poveri. Allora come mai l'uomo di oggi, seguendo l'esperienza dei contemporanei del Maestro, non lo hanno accolto? Credo che il motivo di fondo che appare nel testo evangelico è che quegli uomini non hanno fatto quel salto di qualità che è essenziale alla fede. Erano sì stupiti della sapienza di Gesù, ma erano bloccati da quello che appariva loro: era un loro contemporaneo. La bellezza della fede è entrare in qualcosa che è al di là di ciò che appare, è la scelta dell'Invisibile come criterio di vita. L'uomo ha difficoltà nella fede perché non fa questo salto di qualità. L'uomo, quando lo analizziamo veramente, è una persona che vive di qualcosa che non vede, ma che è il criterio della sua vita. Se guardiamo attentamente l'uomo ci potremmo porre la domanda: l'uomo quante volte ha visto l'amicizia camminare per strada? Quante volte l'uomo ha visto l'amore che lo ha seguito passo passo?

Mai, nessuno!

Eppure queste realtà che non vediamo è il criterio della vita. L'uomo riesce a costruire se stesso quando riesce ad abbeverarsi ai grossi ideali della sua storia e questi ideali sono nient'altro che il linguaggio di un uomo che vive dell'Invisibile per poter porre con coraggio azioni visibili. L'uomo, se lo guardiamo da questa semplice angolatura, ha la vocazione a credere, a vivere di Invisibile. I concittadini di Gesù non vivevano di questo Invisibile.

L'elemento che ulteriormente rattrista Gesù è che questo avvenimento ha avuto luogo nella sinagoga. Se notiamo cosa fosse la sinagoga, essa era il luogo in cui i pii ebrei si radunavano perché nel mistero della gloria di Dio ne ascoltavano la parola. Il libro della Legge era nel tabernacolo della sinagoga perché era segno di questa esperienza di Dio che avvolgeva il popolo e, attraverso le scritture, lo educava a vivere il mistero dell'alleanza quindi, in un luogo in cui si respirava l'Invisibile, erano drogati dal visibile. Ecco allora la tristezza di Gesù: l'uomo ha paura nel dargli ospitalità, a vivere dell'Invisibile. Questa verità che cogliamo nel testo evangelico è una realtà che oggi percepiamo. L'uomo correndo sempre non vive più grandi ideali che lo facciano respirare. E’ la bellezza di accedere a qualcosa di grande che è molto più profondo di ciò che è produttivo, respirare l'Infinito, ma soprattutto perché tante persone, pur praticando, non sono mai state credenti. La bellezza di ritrovarci questa mattina è respirare l'Infinito, è respirare un invisibile che sacramentalmente è visibile. La bellezza di Gesù in mezzo a noi è di chi vive di Gesù che gli dà ogni giorno quella ospitalità interiore che è speranza, coraggio, la luce nelle drammaticità del quotidiano. Chi vive di Invisibile riesce a sognare concretamente e a camminare nonostante gli interrogativi della vita. Ecco perché Gesù si meraviglia. Essi hanno la possibilità di costruire il mistero della loro persona attraverso l'accoglienza della sua persona vivente e si rifiutano di fare questo salto di qualità. L'uomo è grande perché ha grandi ideali e quando questi grandi ideali della vita vengono meno l'uomo sostanzialmente cade nel buio del concreto. È interessante andare alla scuola dell'antico testamento e ritrovare questa grande verità: quando gli israeliti hanno incominciato a diventare sordi davanti alle meraviglie che Dio aveva compiuto nell'esodo e a non vedere la fecondità di riflesso, hanno aumentato il numero dei loro riti, delle loro leggi, cadendo nel culto della norma che è culto della schiavitù.

Credo che Gesù questa mattina voglia aiutarci alla bellezza della nostra umanità attraverso il gusto dell'Invisibile per poter veramente volare al di là delle pesantezze storiche, in una vita che è più profonda di quella che tocchiamo, vediamo e concretamente vogliamo realizzare.

Tale sia il mistero che vogliamo vivere e condividere nell'eucaristia. Amiamo l'Invisibile, amiamo quel Dio, e nel nostro cuore diamogli sempre ospitalità in modo da avere quella speranza che il mondo non conosce. Nelle nostre povertà facciamo nostro il grande linguaggio dell'apostolo Paolo, il quale ha detto in modo veramente favoloso quando sono debole è allora che sono forte.

Nella debolezza della nostra umanità apriamoci, volgiamo lo sguardo verso l'alto, come ha detto il salmo responsoriale, viviamo di quest'Invisibile e allora la vita diventa diversa. È l'eucaristia: l'Invisibile in un pane e in un vino. Godiamo di quest'Invisibile che ci dia forza e coraggio per poter camminare nella serenità dello spirito e avere così il cuore sempre contento.




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