02 maggio 2021

V DOMENICA DI PASQUA - ANNO B -

At 9,26-31   1Gv 3,18-24          Gv 15,1-8

OMELIA

La bellezza di crescere ogni giorno come discepoli del Maestro sta nel vivere giorno per giorno come egli è vissuto. Il brano evangelico che abbiamo ascoltato possiamo considerarlo come il testamento che il Maestro ci ha lasciato perché noi potessimo veramente vivere in lui e come lui. Noi siamo chiamati ad essere il suo testamento vivente. A tale scopo questa mattina Gesù ci offre il suo stile di vita perché possiamo veramente crescere in questa comunione divino-umana e realizzare, in modo vero e autentico, la nostra storia. È il trinomio con il quale si è iniziato il brano evangelico di questa mattina: l'agricoltore, la vite, il tralcio. In questi tre aspetti noi ritroviamo il nucleo fondamentale della vita del Maestro perché esso divenga il criterio con il quale noi possiamo effettivamente costruire la nostra esistenza.

Innanzitutto emerge la figura dell'agricoltore. E qui Gesù ci insegna cosa voglia dire essere alunni dell'agricoltore, che è il Padre! Quando noi guardiamo la vita di Gesù e ci chiediamo quale siano stati i parametri sui quali egli ha costruito la sua esistenza, noi troviamo che essi sono stati di tre tipi, che fanno l'unità della sua persona:

  amare l'uomo,

  vivere il concreto della volontà di Dio, attraverso l'amore agli avvenimenti della storia,

  leggere la vita quotidiana con la divina rivelazione.

Gesù ha costruito la sua esistenza attorno a questi tre parametri. Quando Gesù ha usato l'immagine del rapporto tra l'agricoltore e la vite noi scopriamo questi tre elementi fondamentali della sua esistenza, che hanno la loro base nell'amare l'uomo! Il testamento che Gesù ha lasciato a noi, suoi discepoli, è che dobbiamo innamorarci dell'umanità, creando con essa un profondo itinerario di comunione perché la bellezza della vita di Gesù è stata amare l'uomo, come ci insegna il prologo del vangelo di Giovanni: Il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi. Ma come Gesù ha potuto realizzare questa fondamentale vocazione che il Padre gli ha regalato nella concretezza della sua vita? Egli si è posto nella situazione di un duplice ascolto: la storia, quella concreta di tutti i giorni e la parola di Dio che ne era la viva interpretazione. Infatti amare l'uomo vuol dire amarlo nella sua concretezza esistenziale e amarlo nelle dinamiche della sua concretezza quotidiana. Immerso nella storia del fratello e dell'umanità, Gesù interrogava il Padre attraverso la lettura della Scritture. Noi pensiamo tante volte che Gesù conoscesse tutto il percorso della sua esistenza, Gesù era un alunno della storia, amava il suo quotidiano, ritrovava negli avvenimenti di tutti i giorni la parola del Padre. Qualche volta dovremmo entrare anche noi in questa esperienza di Gesù, che leggeva il quotidiano in un diuturno dialogo con il Padre, ponendoci questi interrogativi: " Come mai, Padre, accadono questi avvenimenti? Questi successi e questi fallimenti che valore hanno? Che cosa mi vuoi dire, Padre, attraverso la concretezza di tutti i giorni? "Qui ritroviamo il cuore di Gesù che non ama l'uomo in modo assistenzialistico, ma che ama l'uomo come parola di Dio per lui. Ecco perché il cristiano nel cammino della sua vita, al termine di ogni giornata, si pone l’interrogativo: " Padre oggi che cosa mi hai voluto regalare?"

All'interno di simili interrogativi assistiamo al terzo passaggio: ci si accosta alla parola di Dio. Leggere la storia con la parola di Dio. E questo per Gesù voleva dire accostarsi all'Antico Testamento, soprattutto alle illuminazioni dei Profeti, per potere leggere secondo l'occhio del Padre quel linguaggio che la storia degli uomini gli presentava. La bellezza di Gesù, del Verbo incarnato, è tutta in questa sua docilità a quello che il Padre gli aveva regalato. Il Padre è l'agricoltore che pota la vite perché porti più frutto, perché realizzi quell'amore all'uomo, vivendo in comunione con lui, accogliendone la storia, riletta con la Parola divina. Da questo punto di vista, Gesù, attraverso il suo mistero di incarnazione pasquale, porta molto frutto nella sua vita, perché genera una armonia universale secondo i progetti divini, diventando la redenzione dell'intera umanità. La fecondità che scaturisce dalla comunione con il Padre il Maestro la immette nei tralci, in ciascuno di noi. Egli ha detto: Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Gesù risorto rimane in noi perché noi potessimo rimanere in lui: egli vuole continuare in noi il suo stile di vita. Ecco perché se il cristiano veramente ritrovasse questo modo di concepire e di costruire la vita di tutti i giorni si realizzerebbe il principio, che la prima lettera di Giovanni questa mattina ci ha regalato: Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio.       

Quando noi utilizziamo i tre criteri di Gesù in una meravigliosa sintesi interiore, in quel momento, il nostro cuore non ci rimprovera nulla: hai amato l'uomo, hai ascoltato la storia, l'hai letta con la divina rivelazione. Su un simile sfondo intuiamo che il nostro cammino nel tempo e nello spazio è un cammino dove il Signore in noi rivive il modo di ricostruire la sua vita e questo criterio, noi lo dovremmo applicare a ogni frammento del nostro tempo. Se noi dovessimo chiederci cosa voglia dire essere cristiani, noi avremmo questa risposta: Leggi la storia, ama la storia, opera nella storia come ha fatto Gesù. Siamo di fronte al triplice criterio: l'uomo, la sua vita, la parola che viene dall'alto. Solo in tal modo potremo entrare in una vera esperienza evangelica. In questo Gesù è il grande maestro, egli ci offre ogni giorno questa linfa vitale, ci comunica il suo spirito, immette nelle nostre realtà umane il suo stile d'essere veramente uomo. Ed è interessante come il testamento di Gesù si sia espresso nell'immagine “vite e tralci”. La vite incarna l'ebbrezza del vino, che ci richiama al vino eucaristico. Quando noi ci accostiamo all'Eucaristia siamo inebriati dal vino eucaristico che il Padre ci regala il Mistero, il Figlio lo condivide con ciascuno di noi, lo Spirito ci inebria perché noi siamo la loro vitalità nel costruire il quotidiano. E’ la bella espressione in cui l'apostolo Paolo ha ritradotto la vita di un cristiano: ricapitolare in Cristo tutte le cose. Questo sangue divino dal cuore che è il Cristo in noi arriva al nostro cervello, al Padre, per poter regalare nello Spirito Santo la novità del mondo. Ecco allora che venire all'Eucaristia è un venire alla scuola di Gesù, per essere alunni del Padre. Questa è la nostra esistenza. Come Gesù è alunno del Padre, noi, come tralci, accogliamo la vitalità di Gesù e diventiamo anche noi come lui alunni del Padre. Una simile dinamicità è l'Eucaristia che stiamo celebrando! Il rito è andare a scuola del Padre come ha fatto Gesù. Entriamo in questo mistero e allora ci accorgeremo che la vita diventa diversa. L’ istante ha il significato che Gesù ci regala e che noi, nella nostra creatività e nella nostra singolarità, cerchiamo di fare nostro. Questa Eucaristia ci dia questa gioia, ogni Eucaristia è cantare la bellezza della mentalità di Gesù, il suo testamento per poterlo veramente diventare. Il testamento di Gesù è la persona di Gesù che vive in noi. Costruiamo così la nostra quotidianità e allora porteremo molto frutto, quello che Gesù ha vissuto, quello che il Padre desidera e allora saremo uomini nuovi luminosi come Gesù effettivamente desidera per ciascuno di noi.

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