07 gennaio 2022

EPIFANIA DEL SIGNORE – MESSA DEL GIORNO – SOLENNITÀ

Is 60,1-6       Ef 3,2-3a.5-6          Mt 2,1-12

OMELIA

L'esperienza del Natale lentamente ci ha condotti a entrare nella personalità di Gesù. Il Verbo si fa carne, entra in dialogo con l'uomo e attraverso il silenzio di Maria l'evento del mistero di Cristo passa nella nostra esistenza. Tale dono ci fa intuire anche che la vita del cristiano, che è chiamato a imitare Gesù, è una vita in cammino. La storia del Maestro è stata tutta un cammino verso il mistero della Pasqua, il mistero della sua morte, sepoltura e risurrezione, ed è quello che ci insegnano oggi i Magi. La loro esperienza, in questo racconto teologico, vuol dare una risposta all'uomo dei nostri giorni con i suoi tradizionali interrogativi: cosa vuol dire essere in stato esistenziale di costante ricerca? Qual è l'origine di tale stato d'animo? Come si arriva a trovare il Maestro e quale Maestro noi scopriamo? La bellezza del racconto tipologico che abbiamo poc'anzi ascoltato ci permette di comprendere tre passaggi fondamentali per poter veramente giungere a conoscere Gesù nella sua vera identità:

-il senso della ricerca,

-la centralità della parola di Dio,

-l'intimità eucaristica con Gesù.

Questi tre passaggi che l'evangelista ci ha narrato in modo quasi mitico per certi versi, ma che riproduce quella che è l'esperienza che ogni cristiano è chiamato a portare avanti, rappresentano l'itinerario per gustare luce negli interrogativi esistenziali.

Innanzitutto dobbiamo approfondire il senso della ricerca, e qui scopriamo, attraverso l'immagine della stella, che la ricerca dell'uomo passa innanzitutto nella riscoperta della potenza di Dio che opera nel suo cuore. Nel momento in cui Dio ha creato l'uomo lo ha creato ricercatore del suo volto e tale constatazione ci permette di comprendere che tutta la storia dell'uomo è una ricerca del senso dell'esistenza. L'immagine della stella è solo la ritraduzione dell'uomo che nella sua ricerca ha lo sguardo anche verso l'alto, è una dimensione interiore che noi chiamiamo senso del sacro, che porta l'uomo a guardare in alto, a spalancare il suo sguardo nell'orizzonte infinito. In tale clima esistenziale riesce a camminare per dare senso alla sua vita. Allora scopriamo che quando l'uomo si pone in ricerca si svuota dalla schiavitù dell'io. Chiunque voglia ricercare il volto di Dio lentamente entra nel vuoto esistenziale, è un elemento questo importante. Quando noi cerchiamo, non conosciamo perfettamente, se conoscessimo veramente non ricercheremmo e quando l'uomo è in ricerca del senso della sua vita abbandona le sue precomprensioni, abbandona ogni autoreferenzialità, abbandona il suo modo di concepire anche Dio. L'uomo è un ricercatore illuminato che abbandona ciò che concretamente gli è più facile. Ecco perché il cristiano nel momento in cui viene rigenerato dall'acqua e dallo Spirito si pone in ricerca: l'acqua del battesimo è una sete, il volto di Dio lo affascina.

Ma qual è il volto di Dio, il Dio nel quale noi dobbiamo veramente costruire la nostra esistenza? E allora incontriamo il secondo passaggio: veniamo raggiunti dalla rivelazione divina. Il fatto che i Magi, nella loro ricerca giungano a Gerusalemme e qui venga letto il testo del profeta Michea, vuol sottolineare un intenso passaggio qualitativo: l'uomo, condotto nel silenzio di Dio, è chiamato ad accogliere il Dio che parla. Quel Dio che parla è Dio che colloca nel cuore dell'uomo la bellezza della ricerca: Dio in noi e con noi sta cercando! È una realtà questa che noi tante volte dimentichiamo eppure l'uomo quando si pone alla ricerca del volto di Dio è in un cammino guidato da Dio. Ecco perché Dio svuota i Magi per riempirli della sua presenza: è il dono della divina rivelazione! Dio appare in quel testo di Michea e parla a Israele. Tale dinamica ci permette d'intuire perché l'evangelista nel narrare questo misterioso episodio ci fa riapparire la stella. La stella che ha svuotato i magi nella ricerca per condurli alla essenzialità diventa una stella che guida, è la bellezza del cammino della fede che è un cammino costruito dalla meravigliosa pedagogia divina.

Ci ritroviamo allora al terzo passaggio: la stella li conduce a una casa, e allora è molto bello entrare nel linguaggio che noi cogliamo nella narrazione che l'evangelista ci offre: entrano in casa, vedono, si prostrano, adorano, regalano e questo cammino potremmo definirlo un cammino che porta all'atto di fede e l'atto di fede nasce dall'intimità: entrano in casa! I Magi entrano in casa sorretti dalla Parola, entrano nell'intimità divina: vedono Maria e il bambino. Qui scopriamo la bella immagine di papa Benedetto XVI, ci accostiamo a Gesù con le mani vuote. Il vero ricercatore ha sì le mani vuote, ma con un cuore guidato dalla parola di Dio. Un simile atteggiamento introduce nella intimità della rivelazione divina. E in questa intimità si prostrano. E’ la povertà dell'uomo davanti a Dio. E’ bello essere poveri davanti a Dio. Ecco, qui l'immagine di Papa Benedetto è meravigliosa: presentiamoci a Dio con le mani vuote e in quel prostrarsi dei magi essi regalano la loro povertà ed entrano in intimità: adorano! In tale intimità adorante, Gesù offre loro se stesso. La bellezza della fede è entrare in questo regalo che il Signore pone nel cuore dell'uomo che lo sta ricercando. E qual è l'altro effetto di questa relazione meravigliosa che è la fede? I Magi accolgono il Gesù morto, sepolto, risorto che ritraducono nella caratteristica dei doni nei quali si sentono immersi nel Cristo pasquale: incenso, segno dell'oblazione della morte; la mirra, espressione della sepoltura: l'oro, manifestazione della risurrezione! Regala se stesso nel suo mistero Pasquale! E’ una cosa questa che dovrebbe entrare nella nostra esistenza; noi qualche volta siamo attirati dalle grandezze espressive che abbiamo ascoltato nel testo di Isaia. Ma la bellezza della fede è entrare in una intimità da poveri per ritrovarci nella bellezza di essere arricchiti e allora la vita di fede è restituire al Signore le meraviglie del Signore. Ricordiamo sempre che la bellezza della fede è che - ce lo siamo ricordati tante volte - vive di due sentimenti: l'ammirazione e il rendimento di grazie. I Magi entrano nella loro povertà davanti al Signore nella emozione che s'incarna nell'adorazione bocca a bocca, dove il Signore in quell’emozione regala se stesso ed essi in rendimento di grazie offrono al Signore il suo mistero Pasquale. Ricordiamo sempre la bella preghiera della Chiesa: ...in questo misterioso incontro la nostra povertà e la tua grandezza, noi ti offriamo le cose che ci hai dato, e tu donaci in cambio te stesso.

E allora la gioia della fede è questa ricerca dove, lentamente attraverso il vissuto ordinario, noi siamo in cammino verso questo Signore che diventa la pienezza della nostra vita. La gioia del Natale è il Signore che imprime in noi i segni del suo amore, la sua passione, sepoltura e risurrezione. E’ quello che noi stiamo celebrando nei divini misteri. Portiamo la nostra persona nel fascino del Maestro e il Maestro ci regala se stesso. Ecco perché l'evangelista Matteo ci ha regalato questo racconto molto strano, ma molto ricco: la gioia di essere dei poveri che ricercano per essere arricchiti.

E allora entriamo in questo spirito e quando faremo la comunione in quel momento il Signore ci regalerà lui l’oro, l'incenso, la mirra… la sua morte, sepoltura e risurrezione per renderci uomini nuovi. La bellezza della fede è lui che vive in noi. Con tale spirito entriamo in questa esperienza, in questa semplice ma meravigliosa celebrazione eucaristica, non lasciamoci prendere da tante cose esteriori, quella casa, quella intimità, quella povertà devono essere riempite da una presenza meravigliosa: il Cristo eucaristico. La bellezza della fede è cantare una gratitudine da parte di un uomo che è ricco di stupore perché Gesù morto, sepolto e risorto sia il tesoro del nostro cuore, e gusteremo la bellezza della nostra umanità veramente divinizzata.


Nessun commento:

Posta un commento