08 settembre 2024

XXIII DOMEN ICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO B –

DOMENICA 8 SETTEMBRE 2024

Is 35,4-7      Gc 2,1-5      Mc 7,31-37

OMELIA                                                                                                                          

Quando noi veniamo invitati a diventare discepoli del Maestro divino, che è Gesù, nasce un interrogativo che in modo più o meno consapevole si sviluppa nel nostro spirito: il messaggio che Gesù ci rivolge non è forse un po' troppo alto? E davanti a questo interrogativo la Chiesa ha risposto attraverso quello che noi chiamiamo il rito della iniziazione Cristiana.

Il brano evangelico che abbiamo ascoltato ritraduce questo mistero: è la narrazione di come nella Chiesa nella narrazione dell’evangelista Marco si diventava cristiani, e allora intuiamo in questo racconto quattro passaggi che, tante volte noi non abbiamo ben chiari, ma che ci fanno capire che il Signore - perché noi lo possiamo veramente seguire - fà in noi le sue meraviglie.

Infatti quando noi battezziamo una persona diciamo: “Io ti battezzo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” cioè ti immergo nella vita della Santissima Trinità.

Prima diventiamo discepoli e dopo possiamo veramente vivere il mistero battesimale.

Allora i 4 passaggi di cui parla l'evangelista Marco e di cui noi dobbiamo essere consapevoli: il battezzato entra nella solitudine di Dio, vive la familiarità con Gesù, ne coglie i segni, ma soprattutto ha la creatività dello Spirito Santo.

Il battezzato è la Trinità vivente attraverso il linguaggio rituale.

Innanzitutto il primo elemento che noi dovremmo riuscire a cogliere nel cammino della nostra vita: quelle persone presentano a Gesù il sordomuto e Gesù, come primo gesto, lo porta nella sua solitudine. Non possiamo veramente imitare il Cristo se non diventiamo una persona sola con lui.

Il battezzato è il Cristo vivente.

Quando noi diciamo - io ti battezzo - noi diciamo: tu diventi il sacramento della reale presenza di Cristo. Il battezzato è Gesù vivente, per cui le esigenze che Gesù ci presenta sono nient'altro che esigenze per essere autentici, per vivere in profondità la presenza del Maestro divino. Ecco allora che Gesù pone quei gesti: le dita negli orecchi, la saliva sulla lingua, perché è la sacramentalità di Gesù.

Il discepolo diventa Gesù in persona.

Ecco perché i gesti della liturgia sono semplici e chiarissimi: noi diventiamo il volto di Gesù attraverso il semplice segno della gestualità del Maestro. È una forma di trasformazione, di trasfigurazione, per cui noi se stiamo attenti diventiamo il mistero di Gesù.

Ora questo mistero si ritraduce attraverso due atteggiamenti: il rapporto con il Padre, guardando quindi verso il cielo.

Uno dei doni del battesimo è il gusto della paternità di Dio.

Come si conclude il rito battesimale se non andando all'altare, dicendo il Padre Nostro? Perché la bellezza di diventare figli, in Gesù, è gustare intensamente la sua figliolanza Divina.

È molto bello come nella Chiesa apostolica recitare il Padre Nostro era con un Sacramento. È una visione questa che non sempre noi conosciamo, ma ogni volta che noi in semplicità diciamo “Padre” in quel momento entriamo in relazione con Dio in una intimità trasfigurante. Non è recitare una preghiera, è dire il mistero nel quale noi siamo stati immersi.

Gesù pone un gesto che ci introduce nella comunione con il Padre: essere battezzati è diventare “figli nel Figlio” attraverso la gioia di essere la contemplazione vivente del volto del Padre.

E questo è il terzo passaggio che noi dobbiamo ritrovare nella realtà del battesimo.

Non solo viviamo la solitudine di Gesù, la sua personalità, ma attraverso il gesto rituale diventiamo “figli del Padre!” Come sarebbe bello se nel cammino della sua vita il cristiano dicesse continuamente: “Padre! Sia santificato il tuo nome! Padre!”.

Se noi riuscissimo a cogliere la bellezza di questa paternità, il battezzato è un trasfigurato nella vita di Dio, e questa bellezza si ritraduce nell'ultimo gesto che Gesù ha compiuto, gli disse «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente ed è la docilità allo Spirito Santo dove, il soffio dello Spirito Santo, ha la capacità di renderci quelle persone nuove che nel cammino della vita contemplano in atto la comunione divina.

A me piace sempre citare il gesto del padre di Origene che, dopo che il figlio fu battezzato, lo prese e gli baciò il petto. Baciò la Santissima Trinità che era presente nel suo figlio; il battezzato è la Trinità vivente. Ecco perché il cristiano fin da piccolo fa il segno di croce, perché è immerso nella Trinità beata.

Ecco perché i genitori educano i bambini a fare il segno di Croce - Nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo -, perché questo senso della vita della Trinità è la bellezza di essere discepoli, per cui il cristiano non può dire nella sua vita - Gesù ci chiama ad altezze troppo elevate -  perché, quando abbiamo questi pensieri diciamo che non siamo credenti… Perché la bellezza della nostra fede è essere abitati, dinamicamente, dalla realtà del Figlio che ci pone in relazione con il Padre, nella creatività dello Spirito Santo, che fa in noi meraviglie. È la bellezza di essere trinitari per cui, l’evangelista Marco attraverso il racconto del sordomuto, ci dice come nella Chiesa antica si diventasse cristiani. Essere dei battezzati che vivono la personalità di Gesù in un misterioso e meraviglioso rapporto con il Padre, attraverso la gestualità sacramentale, dove lo Spirito Santo compie meraviglie!

Vedere un bambino battezzato è adorare la Santissima Trinità che sta operando nel cuore di questo bambino e allora, credo, che celebrando l'Eucaristia questa mattina noi stiamo vivendo il nostro battesimo, la nostra vita trinitaria. Stiamo vivendo la gioia di appartenere al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e quando la nostra vita è immersa in questa ricchezza la nostra vita è luminosa, perché siamo dei capolavori trinitari nei quali la Trinità compie le sue meraviglie.

La Chiesa antica ha inventato una formula molto bella quando noi veniamo battezzati “Io ti battezzo nel nome del Padre che ti ha creato, nel nome del Figlio che ti ha redento, nel nome dello Spirito Santo che ti ha santificato”. E quando moriremo, sulla nostra persona, sarà recitata la stessa formula: “Ti segno nel nome del Padre che ti ha creato, nel nome del Figlio che ti ha redento, nel nome dello Spirito Santo che ti ha santificato. Entra nella gioia del tuo Signore!”.

È la bellezza del morire!

Entrare nella vita trinitaria in tutta la sua definitività.

Viviamo così questa Eucaristia, in comunione con le tre Persone Divine, percepiamo la novità Divina dentro di noi e siamo in attesa di quel grande incontro con la Trinità quando, nell'atto del morire, entreremo in una luminosità gloriosa che sarà la gioia che ci accompagnerà per tutta l'eternità beata.

 

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