06 dicembre 2020

II DOMENICA DI AVVENTO (ANNO B)

Is 40,1-5.9-11                    2Pt 3,8-14   Mc 1,1-8

OMELIA

La Chiesa in questo tempo di Avvento ci prepara lentamente alla grande manifestazione del Signore, al momento in cui appariranno i cieli nuovi e la terra nuova, e l'umanità entrerà nella sua grande consolazione, quando sarà rivestita della gloria di Dio. È l'orizzonte che chiaramente ci hanno regalato questa mattina sia il libro delle Consolazioni di Isaia, sia la prospettiva escatologica e apocalittica propria della Seconda lettera di Pietro. Queste stimolazioni scritturistiche affermano in modo molto chiaro che dobbiamo essere una comunità che si orienta verso una pienezza di gloria, verso una luminosità nella quale ognuno di noi potrà essere veramente se stesso: un uomo nuovo, secondo l'eterno disegno del Padre.

In questo orizzonte ci appare la figura di Giovanni il Battezzatore, il quale, attraverso il suo ministero, orienta la nostra esistenza verso questa luminosità. Infatti, l'affermazione del battesimo di conversione per il perdono dei peccati possiamo ritradurla così: essere immersi in quel desiderio di pienezza di vita dove godremo l'armonia universale. È la lettura positiva del ministero del Battezzatore, per donare slancio alle nostre scelte. La bellezza di questo cammino, che l'evangelista ci offre attraverso la figura del Battezzatore, è data dell'orientamento verso l'accoglienza della figura di Gesù. Sentiamo di fatto l'urgenza che il nostro cammino esistenziale sia un cammino aperto alla grandezza luminosa di Dio. Allora la figura di Giovanni è la figura di un elemento fondamentale, in questo cammino verso la luminosità ed è un cammino di ascesi, di costante rinnovamento esistenziale. Giovanni è un uomo ascetico, che ci introduce in un percorso di ascesi, per poter entrare nella gloria. Ci stimola, davanti alla bellezza della nostra esistenza, a rinunciare a qualcosa che ci impedirebbe di percepire la bellezza e la bontà della vita. Non per niente la parola “ascesi” è un diminutivo di ascensione: è una salita esistenziale, per entrare in un grande mistero di gloria, che dovrebbe caratterizzare la grandezza della nostra esistenza.

E allora è interessante percepire cosa effettivamente sia questa ascesi, che Giovanni ci propone, per poter entrare in questa luminosità di gloria. Potremmo definire l'ascesi di Giovanni come il far fiorire qualcosa di bello dentro di noi perché, come un fiore che fiorisce continuamente, possa rivelare la bellezza dei suoi petali: la comunione trinitaria e la gloria di Dio! L'ascesi non è nient'altro che qualcosa di grande, che è dentro di noi e che deve fiorire, perché possiamo veramente realizzare l'incontro glorioso con il Signore. Per entrare in questa ascensione, in questa novità di vita, dobbiamo lasciarci penetrare dalla grandezza dell'amore di Dio. Se leggiamo attentamente quello che ci hanno detto il profeta Isaia e l'autore della Seconda lettera di Pietro, noi intuiamo la presenza del Divino in noi, il quale vuol far germinare quel desiderio di gloria che Dio stesso ha messo nei nostri cuori: essere per sempre con lui. L'ascesi è un profondo atto di fede nella creatività di Dio dentro di noi. Spesse volte questa visione ascetica è letta in modo soprattutto negativo e questo modo interpretativo rende quasi noi autori dell'incontro con il Maestro e della nostra vitalità spirituale. La vera ascesi è la pazienza del Signore, che instilla nelle nostre persone il desiderio di qualcosa di grande.

Per vivere veramente questa ascesi, il primo passaggio da superare è abbattere quegli ostacoli e quelle barriere che impediscono alla bellezza divina di poter veramente far crescere l'uomo nuovo. È decisamente importante uscire da quel regime di distrazione esistenziale nel quale noi viviamo: lo smog delle cose, lo smog dei nostri pensieri, lo smog di voler essere noi principio di salvezza. Occorre superare quelle barriere che impediscono a Dio, che è in noi, di farci librare nell'Infinito, per far crescere in noi quel desiderio meraviglioso che è la bellezza della nostra vita. Di riflesso, il Dio della rivelazione, che opera in noi, mentre ci fa superare gli ostacoli, ci dà la gioia di cercare veramente la verità, la bellezza e il gusto della vita, il senso autentico delle cose. L'uomo distratto è nella confusione, l'uomo nell’ascesi è nella essenzialità e nella semplicità, perché la sua esistenza ricerca profondamente il vero della sua personalità. L'Avvento è una presenza meravigliosa del divino che opera in noi e lentamente ci fa desiderare quella pienezza di novità di vita che è dentro di noi e che la storia ci impedisce di gustare, per entrare in questa purezza di novità e così ritrovare veramente noi stessi, secondo il disegno di Dio. È la costante ricerca di quello che Dio potrebbe desiderare per noi. Quando il Signore si manifesterà nella gloria, saremo immersi in quella luminosità che non ha tramonto. Allora noi percepiremo la bellezza di Dio nelle nostre persone. L’ascesi di Giovanni è uscire da noi stessi, essere guidati dall' azione divina che è in noi per poter desiderare, con gli occhi sempre più puliti, la bellezza divina. Ecco perché l’ascesi è un'autentica arte spirituale dove ognuno di noi, sotto l'azione dell’artista divino, lentamente purifica il suo cuore e dilata le sue pupille, per poter gustare la manifestazione di Dio nel mistero della sua gloria.

È l'Eucaristia che stiamo celebrando, che rappresenta la scuola quotidiana della vera ascesi evangelica. È sempre bello, e tante volte ce lo siamo ripetuto, stabilire un rapporto tra quel banchetto glorioso dove il Signore stesso risorto passerà a servirci e questa Eucaristia che è il segno rituale del nostro desiderio dell'ineffabilità di Dio. È molto stimolante accostarci a quel pane e a quel vino eucaristici, per pregustare cieli nuovi e terra nuova ed essere continuamente stimolati ad entrare in una profonda ascesi interiore, per poter di conseguenza veramente salire giorno per giorno verso questa montagna del Signore, dove la Trinità beata ci si rivelerà e ci avvolgerà nella sua luminosità. L'Eucaristia che stiamo celebrando è di chi desidera la bellezza di Dio e allora credo che il tempo dell'Avvento debba essere un tempo in cui, animati dall'Eucaristia, noi desideriamo questa luminosità finale. Come conseguenza anche noi, usando le espressioni della celebrazione liturgica, quando ci sentiremo dire «Beati gli invitati alla cena delle nozze dell'Agnello» potremo gustare quel «Ecco l'Agnello di Dio!» che dà novità al mondo intero. In questa visione gusteremo la profondità della nostra vita e incarneremo nel vissuto quella novità di cui ha parlato l'autore della Seconda lettera di Pietro. Il Cristo eucaristico sarà la delizia per la nostra persona per tutta l’eternità beata. Questo sia quello che Gesù potrebbe indicarci questa mattina per essere essenziali, per essere veri nella semplicità di quel pane e quel vino, per gustare la bellezza dell'Agnello di Dio. Questa sia la grande speranza che dobbiamo continuamente ravvivare in noi, per generare speranza e serenità nella confusione della cultura odierna.

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