Is 52,7-10 Eb 1,1-6 Gv 1,1-18
OMELIA
Il desiderio di vedere la gloria di Dio oggi si è realizzato. Il cammino di ricerca della luce, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo, ha avuto il suo compimento sacramentale. Oggi siamo nella gioia non tanto perché è apparso un bambino, ma perché si è rivelata la gloria di Dio, la bellezza di Dio che diventa uomo. Il testo centrale di questo capolavoro divino, che è rappresentato dal prologo di Giovanni, è la contemplazione del Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi e noi abbiamo contemplato la sua gloria. La bellezza di entrare nel Mistero, il desiderio di essere immersi nella gloria di Dio si realizza. Chiediamoci qual sia il mistero che oggi inonda di gaudio e la risposta è chiara: ci dice la bellezza dell'essere cristiani.
Il primo
aspetto che dobbiamo percepire, in questa grande formulazione dell'evangelista,
è dato dall'espressione: “Il Verbo si
fece carne!”. In un simile linguaggio troviamo il realizzarsi del progetto
del Padre. Non dice Giovanni che il Verbo si è fatto uomo, ma “si fece carne”,
perché la parola “uomo” è un concetto, la parola “carne” esprime l'uomo nella
concretezza della sua esistenza. Dio si è fatto la storia degli uomini. L’ha assunta
in tutta la sua verità e l'umano è stato santificato. La grandezza dell'evento
dell'Incarnazione sta in un Dio che si è fatto veramente uomo, con tutte le
caratteristiche e le sfumature dell'umanità. Noi qualche volta non entriamo
nella bellezza di questo mistero di sentirci uomini nell'Uomo per eccellenza,
un uomo con la sua intelligenza, con la sua volontà, con il suo cuore, con la
sua sensorialità, con la sua sensibilità. La gioia di essere oggi a celebrare
il mistero, introducendoci o lasciandoci introdurre in questa meravigliosa
esperienza, si esprime nel gustare la gioia di essere uomini: amare la nostra
umanità con tutte le sue sfaccettature. Avvertiamo in tutta la sua luminosità la
gioia di essere uomini! Dal momento che il Verbo si è incarnato, ogni volta che
desideriamo ritrovarci uomini andiamo alla scuola di Gesù, entriamo nel suo
mistero: è il silenzio dell'uomo che si lascia attirare nella persona di Gesù
per sottolineare quanto sia bello gustare l'essere uomini! In una simile
sensazione avvertiamo che il nostro essere uomini costituisce il luogo della
nostra santificazione.
L’evangelista
Giovanni non si è fermato soltanto ad evidenziare questa affermazione che ci dà
la bellezza dell'essere uomini, ma ha detto anche: “E venne ad abitare in mezzo a noi”. Anzi, se dovessimo entrare nel
testo greco, il significato sarebbe ancora più profondo: venne ad abitare “in
noi”. Entrando in questa esperienza di abitare “in noi”, scopriamo come il
Verbo abbia voluto dimorare nella nostra esistenza, nella nostra casa. È bello
come quel “venne ad abitare” sia l'immagine della gloria di Dio che riempie il
tempio, è la gloria di Dio che entra nella nostra storia, che è una casa con tutte
le sue relazioni, con quella vita normale come è stata quella di Gesù. Egli è
divenuto veramente uomo relazionandosi con tutti gli uomini. È questa una
verità che ci dovrebbe far intuire che la santificazione dell'uomo passa
attraverso il gusto di Gesù di vivere l'ordinarietà nella vita in tutte le sue
esperienze quotidiane, dove questa bellezza riveste le nostre persone. La gioia
del Natale ci stimola a vedere il contesto della casa come l'abitazione di quel
Verbo che è in noi, che è in mezzo a noi e che, attraverso noi, si realizza con
ogni fratello. L'uomo è se stesso perché la sua vita è un meraviglioso rapporto
interpersonale: il Verbo diventa veramente uomo per dialogare con l'uomo, per
far passare attraverso la relazione quotidiana della sua presenza quel senso divino
che è l'essere uomini.
E allora “noi abbiamo contemplato la sua gloria” Quel “contemplare la sua gloria” non è
altro che la continuità dell'Incarnazione, che ci introduce nell’esperienza del
Padre. Noi abbiamo contemplato la sua gloria, ci siamo lasciati introdurre in
questa luminosità divina, nella quale ritroviamo la bellezza dell'essere uomini.
È quella armonia che il mistero dell'Incarnazione ci offre, introducendoci nella
bellezza del volto del Padre. Celebrare il Natale è cantare la gioia della nostra
umanità tutta immersa nel Divino, per essere veri e autentici.
Se noi non
cogliessimo la bellezza dell'Incarnazione in questi tre momenti, il nostro
Natale si ridurrebbe a Gesù Bambino, ai determinati tempi del presepe, niente
di più. Ecco allora perché l'evangelista Giovanni, in quella espressione, ci ha
detto la sua gioia di regalarci il senso della vita: amare l'essere uomini, perché
Dio ha amato diventare uomo con tutte le sfaccettature della persona umana. Non
per niente si dice che il Vangelo è un meraviglioso trattato di pedagogia divino-umana:
andare al Vangelo è entrare nel mistero del Vangelo, è entrare nel mistero dell'essere
veramente uomini. Questa è la grande gioia, che oggi noi celebriamo nella
semplicità, nella essenzialità, nella verità d’ essere noi stessi.
Questi tre
aspetti che l'evangelista ci ha offerto, noi li stiamo celebrando nell'Eucaristia:
il Verbo si fa carne, diventa la nostra storia, anima le nostre persone e viene
nella nostra esperienza attraverso la convivialità, la bellezza di abitare, la
bellezza di una casa, una tavola con delle sedie. È il Verbo incarnato che si
realizza con noi per farci accedere a quel meraviglioso rapporto Padre - Figlio
che è il mistero: “Questo è il mio corpo dato per voi, questo è il mio sangue
versato per voi". La celebrazione dell'Eucaristia significa il canto alla
gioia di essere uomini. Se noi percepissimo questa verità, ci accorgeremmo che
la bellezza del Natale è una luce che nel buio della storia dice: “Abbi la
gioia di essere te stesso!” Preghiamo perciò in questa celebrazione, perché il
dono di Dio Trinità nell'evento dell'incarnazione oggi divenga un'esperienza
luminosa per ciascuno di noi, in modo che ogni volta che nella nostra esistenza
appaiono momenti di tristezza, questo testo di Giovanni ci dia tanta luce.
Nella nostra tristezza il Verbo si fa carne, condivide la nostra storia e ci
introduce nella comunione che Gesù ha con il Padre. In questo modo respiriamo
il Divino nel cammino della storicità umana. Questa sia la gioia che vogliamo
condividere oggi, non in tante cose esteriori o luminosità di questo mondo, ma nella
luce che è il Verbo: un simile evento ci dà la gioia di essere noi stessi, in
attesa di quella gioia veramente inesauribile, quando, dal compimento
sacramentale che noi stiamo celebrando potremo giungere a contemplare quella
luce eterna, nel grande banchetto della liturgia del cielo. Il racconto del
prologo del vangelo di Giovanni che abbiamo ascoltato è sempre attuale nel
mistero eucaristico che stiamo celebrando.
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