21 settembre 2025

XXV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - ANNO C -

DOMENICA 21 SETTEMBRE 2025                                                  

Am 8,4-7      1Tm 2,1-8      Lc 16,1-13

OMELIA

Cristo Signore ci attira continuamente a sé perché possiamo accedere al cuore del Padre rivivendone i sentimenti di fiducia e di misericordia.

Davanti a questo dono, che il Signore ci offre ogni giorno, come può l’uomo effettivamente rendere feconda questa esperienza in modo da godere continuamente di questa amicizia divina? Il Vangelo di questa mattina, con tutta la sua paradossalità nella prima parte, ci aiuta a intravedere come possiamo elaborare la nostra esistenza costruendo un vero rapporto con il Padre.

Il senso della parabola che Gesù ci ha consegnato è molto semplice: se veramente la nostra vita è affascinata dal Signore dobbiamo fare di tutto per vivere solo del Signore.

Come quella persona che, pur di avere di che vivere, è entrata un po’ in un imbroglio finanziario, così il cristiano per poter vivere veramente di questa divina Presenza, deve sapere fare di tutto perché lo scegliere il Signore è così grande che tutta la nostra esistenza deve essere orientata in questa prospettiva.

Ma allora, questa realtà di fondo che ci deve profondamente caratterizzare – per cui davanti al Signore noi ogni giorno lo scegliamo come unico valore –, il modo per elaborare questo stile di vita lo possiamo cogliere nell’ultima parola o verbo che Gesù ci ha dato nel Vangelo, la parola “servire”.

Davanti alla parola “servire” scopriamo due filoni che dovrebbero aiutarci a maturare giorno per giorno in questa signoria divina: l’amore continuo al quotidiano vivendo ogni istante come linguaggio della comunione con Dio.

Innanzitutto è importante costruire l’esistenza nell’amore al quotidiano, perché il quotidiano è il luogo nel quale il Signore si rivela continuamente. È la bellezza del cuore credente che apre la propria persona, istante per istante, alla coscienza “Dio viene”, per poterci lasciare impregnare della sua Presenza.

Spesso vorremmo che la vita fosse variegata, ma una vita troppo variegata, troppo esteriore, ci fa perdere la consapevolezza di chi siamo. La grandezza del quotidiano ha la capacità della profondità.

La monotonia della vita è la profondità dell’esistenza perché l’uomo è facilmente distratto dalle cose che fa e, nelle cose che fa, dimentica la sua coscienza di esistere.

Ecco perché Gesù ha detto: «Chi è fedele nel poco (nel piccolo) è fedele anche nel tanto» per cui non esiste vita “monotona” perché ha fatto la scelta d’appartenere a Cristo.

Il Signore viene continuamente nella nostra esistenza, anzi, quanto più avvertiamo la nostra povertà tanto più godiamo la sua grandezza. L’uomo, distratto dalle tante cose che fa, dimentica il gusto del Dio che viene.

Ecco un primo atteggiamento che dovremmo avere nella nostra esistenza: è bello vivere anche in una quotidianità nascosta perché il Signore viene!

Questa convinzione profonda del Signore che viene è la potenza dell’interno della nostra esistenza. Tante volte cerchiamo il diverso per poter vivere e ci distraiamo; dovremmo godere il presente come rivelazione divina.

Chiunque faccia la scelta d’appartenere al Signore sa che in ogni frammento della sua vita, il Signore viene.

Il gusto di ciò che è piccolo è la percezione del Dio grande!

Davanti a questo primo elemento, che ci deve veramente prendere, ecco la dimensione della nostra risposta: vivere ogni scelta come atto di amore di Dio. E quando il cuore è profondamente abitato dalla divina Presenza anche le piccole cose, le cose più banali della vita, quelle da routine che, qualche volta, possono diventare anche affascinanti, i piccoli gesti che poniamo, le scelte che quotidianamente operiamo, sono un piccolo linguaggio di una grande comunione divina!

Allora, nell’itinerario della nostra esistenza, non esiste più la preoccupazione delle cose grandi a livello esteriore perché la grandezza parte dall’intensità del cuore che si sente abitato da Dio.

Chi è fedele in cose di poco conto, è fedele anche in cose importanti, perché sostanzialmente ci accorgeremmo che quello che facciamo è solo un segno di qualcosa di più grande, che è scegliere il Signore come criterio della nostra esistenza.

Se riuscissimo a costruire così la nostra storia ci accorgeremmo che la nostra esistenza è uno sviluppo di pienezza in pienezza. Più cresciamo negli anni, più amiamo il feriale, il nascondimento, le piccole cose, anche - tante volte - il gusto di essere “dimenticati” perché, in queste piccole cose, noi stiamo già meravigliosamente assaporando l’eternità.

Ogni gesto che noi poniamo nella nostra vita è una relazione con Dio e poiché la relazione con Dio è una relazione con l’Immensamente grande, noi scegliamo piccole cose, le piccole cose dell’ordinario, perché Lui sia grande.

Allora ritroviamo che la bellezza della vita sono le pareti della nostra casa, sono le persone ordinarie, qualunque ne sia il volto, perché attraverso questo linguaggio ordinario gustiamo la maturazione nell’Ineffabile.

Ecco perché dovremmo imparare questo stile.

L’uomo di oggi è scontento perché cerca sempre il diverso, il grandioso!

La bellezza della vita è la vita di Nazareth, il nascondimento in cui Dio era sovrano.

Gesù, questa mattina, convocandoci a questa Eucaristia ci dice: “Attraverso le piccole cose di ogni giorno, quel pane e quel vino, io ti rendo sommamente grande, il mio Corpo e il mio Sangue!”

Ciò che è ordinario, come il pane e il vino, per il credente è la straordinaria pienezza di Gesù.

Quando, questa mattina, accostandoci all’Eucaristia gusteremo e godremo della pienezza di Gesù, in quel momento, le cose di tutti i giorni diventano grandi, perché le cose di tutti i giorni sono il pane e il vino del Mistero eucaristico.

Entrando in questa esperienza interiore alla quale il Signore ci chiama perché vuol farci entrare nella comunione con il Padre, abbiamo il coraggio di svegliarci al mattino cantando il nostro grazie.  Svegliarci ogni mattina cantando che il Signore è grande nella povertà della mia piccola giornata per giungere alla sera, in Lui, più fecondi, in attesa del momento in cui passeremo nel quotidiano del paradiso dove eternamente loderemo Dio nostro Padre.

 

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