DOMENICA 28 SETTEMBRE 2025
Am 6,1.4-7 1Tm 6,11-16 Lc 16,19-31
OMELIA
Il cristiano vive una forte passione per la vita eterna poiché in essa
egli vede realizzata la propria vita.
Nel momento nel quale ognuno di noi godrà eternamente del volto di Dio
Padre sarà pienamente e definitivamente realizzato e per raggiungere questa
meta Gesù, domenica scorsa, ci insegnava che dobbiamo amare la nostra vita
quotidiana come il luogo nel quale progressivamente emerge quell’esperienza di
comunione divina che lentamente ci porta a gustare la pienezza della vita.
Oggi Gesù ci dice che dobbiamo, nell’esperienza feriale, assumere la sua
interiorità.
Infatti la parabola ascoltata, potremmo definirla la descrizione
dell’interiorità di Gesù.
Attraverso questa dialettica tra Abramo e quella persona ricca scopriamo,
da una parte, quello che ha animato Gesù nella sua storia e, dall’altra, cosa
significhi, nel profondo della nostra esistenza, vivere l’interiorità di Gesù.
Infatti, leggendo attentamente il cammino che il Vangelo ci offre questa
mattina, ci accorgiamo che le ultime parole dette da Abramo esprimono quello
che Gesù ha vissuto profondamente: ascoltare Mosè e i Profeti perché, non Mosè
mi dice la presenza di Dio, ma i Profeti mi aiutano a capire come vivere concretamente la presenza di Dio.
Mosè mi dà la contemplazione del Signore, il Profeta mi dà le modalità
per vivere profondamente del Signore.
In questo noi andiamo in modo immediato all’episodio della
Trasfigurazione dove Mosè ed Elia, Mosè e i Profeti parlano con Gesù della sua
imminente dipartita.
Quindi scopriamo che, nella figura di Lazzaro, è presente l’interiorità
di Gesù il quale ha costruito la sua ferialità in continuo ascolto dell’Antico
Testamento, per essere in perfetta comunione con il Padre.
È quell’interiorità che è divenuta eternità, ma il principio che ha
animato profondamente l’esperienza di Gesù è stato dare compimento alle
Scritture come ben sappiamo dall’inizio del Vangelo di Luca quando Gesù, dopo
aver ascoltato nella sinagoga di Nazareth i testi dell’Antico Testamento, ha
affermato: “Oggi nella mia persona queste Scritture si sono realizzate”.
Ecco perché Lazzaro è entrato nel seno di Abramo, è entrato in paradiso,
perché in quel Lazzaro c’è Gesù che ha goduto nella sua esistenza di essere in
comunione con il Padre e, nello stesso tempo, nella figura di Lazzaro troviamo
Gesù, perché, in quella povertà scopriamo quello che abbiamo cantato prima del
Vangelo: “Gesù Cristo da ricco che era, si è fatto povero per noi, perché
attraverso la sua povertà potessimo diventare ricchi di Lui”.
Gesù è colui che ha assunto la storia degli uomini, l’ha assunta come
l’incarnazione del Servo di Jahvè, che ha talmente sofferto da non avere più il
volto di un uomo.
Ma quando la creatura che contempla Gesù vede la sua situazione storica
animata da questa presenza ineffabile del divino, si accorge che il momento
della sua esistenza si trasforma in un momento di gloria. È il passaggio della
parabola: Lazzaro morì e fu portato dagli angeli accanto ad Abramo.
Ognuno di noi vuol godere della vita eterna perché (si diceva all’inizio)
tutto il senso della nostra vita è godere il volto del Padre.
Anche noi sullo sfondo dell’immagine di Lazzaro dobbiamo vivere lo stile
stesso della vita di Gesù e ci accorgeremmo di un principio che dovrebbe
animare la nostra vita feriale: ciò che si semina, domani si raccoglie.
Chi oggi vive attraverso l’imitazione vivente di Gesù nei suoi due
aspetti, essere tutto in ascolto del Padre assumendo il dramma degli uomini,
inevitabilmente fa fiorire il gusto dell’eternità perché, ascoltare giorno per
giorno l’oggi di Dio amando la storia del proprio quotidiano, vuol dire aprirsi
sull’eternità beata. Spesso noi non riusciamo a entrare in questo orientamento
perché nel nostro quotidiano non riusciamo a vedere l’ascolto di Dio e degli
uomini, la grandezza divina e la grandezza della povertà dei fratelli.
Se riuscissimo a elaborare in questo modo la nostra esistenza, ci
accorgeremmo che seminiamo eternità per, attraverso questa quotidianità, godere
domani di questa meravigliosa pienezza.
Viviamo il presente con l’occhio del cuore rivolto verso lassù, viviamo
il presente animando la nostra esistenza di quella luce di eternità che ci
permette di camminare nel quotidiano anticipando il mistero della gloria!
Allora il quotidiano, la realtà di tutti i giorni vissuti con l’interiorità
di Gesù non ci fa più paura.
Anche se tante volte è pesante, è crocifiggente, qualche volta il
presente (dicevamo domenica scorsa) pare non avere senso, ma attraverso la presenza
del Signore, compimento della Parola di Dio, percepiamo una profonda esperienza
di eternità: è quello che l’apostolo Paolo ci ha regalato nella seconda
lettura.
Se riusciremo a entrare in questo cammino spirituale ci accorgeremmo che
anche i drammi della vita, vissuti nella Parola, sono semi di gloria futura.
Amiamo il nostro presente, anche se drammatico, è il chicco di grano che
morendo in terra diventa albero rigoglioso!
Entrando in questo cammino interiore la nostra esistenza sarà veramente
un’esistenza nella luce.
Non è l’Eucaristia che stiamo celebrando?
Nel momento in cui ci accosteremo al Pane e al Vino e ascolteremo
quell’espressione “il Corpo e il Sangue del Signore”, in quel momento, nell’ “Amen”
che diremo, faremo questa grande affermazione: “Mosè e i Profeti, o Gesù, sono
la mia anima come sono stati la tua anima”.
Allora vivremo in quell’Eucaristia il Signore che entra dentro di noi e
ci dà quel sapore di eternità che è luce in ogni nostra tenebra.
Camminiamo così, con la fiducia che viene dall’alto, senza alcun timore,
e saremo creature nuove che non temono di essere “oggi” Lazzaro, perché
sappiamo che il Lazzaro di oggi è Gesù nella nostra vita, e domani sarà nel
segno di Abramo, quella gloria futura che esalterà per sempre le nostre
persone.
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