DOMENICA
5 OTTOBRE 2025
Ab 1,2-3; 2,2-4 2Tm 1,6-8.13-14 Lc 17,5-10
OMELIA
Ascoltare nel nostro intimo le
meraviglie che il Signore opera nella storia della salvezza ci riempie
sicuramente di stupore, ma in noi nasce l'interrogativo per come questa
grandezza di Dio che si manifesta a noi possa diventare la vita della nostra
vita.
Il Vangelo non è qualcosa che
semplicemente ascoltiamo, il Vangelo è destinato alla nostra vita. Gesù è
entrato nella nostra storia per educarci a essere uomini.
Tutto il Vangelo, tutte le meraviglie
che Gesù ha compiuto, hanno un unico scopo: l'uomo deve imparare a essere uomo.
Davanti alla povertà che tante
volte è presente nel nostro spirito, anche noi con i discepoli, questa mattina,
vogliamo gridare al Signore e dire: "Accresci in noi la fede" poiché
è nell'esperienza della fede che avvertiamo questa reattività di Dio nel nostro
spirito.
La fede è la luce che illumina i
nostri passi e che ci dà la gioia di elaborare un autentico cammino umano.
Poiché è la fede che determina il nostro essere uomini, dobbiamo chiedere allo
Spirito Santo che ci illumini perché possiamo intravedere il nucleo centrale
dell'esperienza del credere.
Un primo passaggio che Gesù
questa mattina ci potrebbe indicare è così riassumibile: l'esperienza della
fede non è l'esperienza davanti a qualcosa di incomprensibile.
Spesso, nella nostra mentalità,
diciamo che poniamo l'atto di fede quando siamo davanti a qualcosa che non
comprendiamo; questa non è la fede evangelica! Nel momento in cui il Signore ci
arricchisce dell'intelligenza, l'uomo, in qualunque attimo della sua vita non
può abdicare al pensiero.
La fede non vuol dire “non
pensare” poiché, se l'uomo - quanto più crede, tanto più realizza la sua
umanità -, nella dinamica della fede dobbiamo introdurre tutta la nostra
umanità.
Un'esperienza da approfondire
continuamente è quella di intuire che le verità di fede non sono verità da
conoscere, ma sono il mistero di Dio per costruire l'uomo.
Una verità di fede che non
costruisce l'uomo non è verità di fede.
Tutto il mistero di Dio che si
rivela è perché l'uomo sia “a sua immagine e somiglianza”.
Dio non parla per creare dei
rompicapo, ma per educarci a essere uomini secondo il suo mistero. Allora, come
fa la nostra intelligenza (alla quale non dobbiamo mai rinunciare) a entrare
nel darsi di Dio per cui, nel cammino della fede, riprendiamo il gusto della
vita?
La fede, fondamentalmente, nasce
da una relazione. La fede è la ricchezza del rapporto e, il rapporto, nasce da Dio
che è la nostra luce perché Dio è innamorato dell'uomo e quindi ci parla perché
è innamorato della creatura, Dio si relaziona perché l'uomo sia se stesso.
Dio ci parla perché vuole che noi
partecipiamo alla sua luce e realizziamo la nostra umanità; guardando Dio scopriamo
il dinamismo della fede.
Gesù, parola del Padre, è la
comunicazione del cuore di Dio; il cuore del Padre ci parla attraverso il
Figlio. Se, nel progetto di Dio, il cuore del Padre ci parla attraverso la
parola che è il Figlio, il principio della fede non è l'intelligenza, il principio
della fede è il cuore che ama attraverso l'intelligenza. L'intelligenza è il
cuore in azione.
Gesù ha detto -in modo un po'
fantasioso- nella parola ascoltata: «Se aveste fede quanto un granello di
senape, potreste dire a questo gelso: “Sradicati e vai a piantarti nel mare”, ed
esso vi obbedirebbe».
L'intelligenza dice una cosa non
evidente, ma il cuore vive realtà inevidenti come evidenti perché il cuore,
intrinsecamente, è un miracolo vivente. Quando l'uomo ama sa che il miracolo è
possibile.
Ecco perché l'esperienza della
fede non è problema di capire o non capire (in questo caso consumeremmo in modo
inutile le cellule del cervello), ma il criterio della fede è la dinamica
amativa del cuore.
Usando un'immagine medievale
troviamo questa formulazione: "L'uomo ha un occhio solo, la sua
intelligenza, ma l'occhio dell'uomo vede nella potenza dell'amore".
Quindi, la potenza dell'amore
apre l'occhio alla comprensione.
Il linguaggio della fede non è un
linguaggio di pensiero, il linguaggio della fede è un linguaggio simbolico
attraverso il quale il cuore spazia sull'infinito di Dio che ritrova la
bellezza della vita umana. Nel momento in cui i discepoli hanno detto «Accresci
in noi la fede!» essi così hanno detto: sviluppa in noi quel cuore che è
innamorato di te perché sappiamo, attraverso la potenza del nostro amore,
capire le tue parole ed entrare nella creatività di Dio Padre.
La fede non è schiacciare
l'intelligenza, ma liberare l'intelligenza delle dalle sue schiavitù.
In questa ottica, il desiderio di
dire al Signore: "accresci la nostra fede" diventa un dilatare la
potenza del cuore per aprirsi simbolicamente sul mistero di Dio che è
innamorato dell'uomo.
In questa ottica impariamo una
grossa verità: la bellezza della fede è direttamente proporzionale al desiderio
di essere uomini.
Chi non ha il desiderio di essere
uomo difficilmente affronterà l'avventura della fede. Ecco perché Gesù questa
mattina ci ha detto, attraverso il profeta Abacuc, che il giusto vivrà di fede
perché l'uomo, innamorato di Dio, è innamorato anche della propria
creaturalità.
Se l'esperienza della fede è
partecipare al cuore innamorato di Dio, la fede è tutto un problema di cuore.
Quando entriamo in
quest'esperienza il cuore capisce tutto perché il cuore non vuole
razionalizzare, ma, nel pensare, vuol imparare ad amare ancora di più.
Questo è il mistero nel quale
Gesù questa mattina ci vuole introdurre: non diciamo più che la fede vuol dire
non capire! La fede è il gusto di amare in modo autentico.
In questa Eucaristia -per quello
che ci è possibile- diciamo al Signore: "aumenta la nostra fede" e
Gesù non ci deluderà, ci darà quel Corpo dato e quel Sangue versato che sono il
segno dell'amore inesauribile di Dio.
Quando l'uomo si sente
intensamente amato da Dio si accorge che la sua preghiera è stata esaudita.
Quell’Eucaristia, penetrando in
noi, ci dà il gusto delle cose di Dio e delle cose umane perché Dio ha amato
diventare uomo.
Questo sia il nucleo della nostra
vita in modo da dire: è bello credere perché è bello essere uomini, perché è
bello costruire la nostra vita, giorno per giorno, che è l'immagine di Dio per
diventare sua somiglianza.
È quella luce di eternità che
avvolge la nostra corporeità, che ci dà la luminosità dell'Eterno e ci dà la
capacità di aspirare a essere noi stessi in quella luce intramontabile che sarà
la gloria del paradiso che attende tutti noi.