21 febbraio 2016

II DOMENICA DI QUARESIMA - Anno C -

Gen 15,5-12.17-18                      Fil 3,17- 4,1             Lc 9,28-36
OMELIA
Il cammino quaresimale ci porta progressivamente ad assumere la stessa sensibilità di Cristo.

Il discepolo gusta la presenza del Maestro e nel Maestro si sente interiormente trasfigurare: è il senso della celebrazione odierna dove, chiunque segua il Maestro divino, avverte in se stesso la fecondità divina che egli fa gustare e pregustare quella trasformazione gloriosa che avrà luogo al momento della sua morte, nel passaggio alla luminosa contemplazione del volto divino.

Il cristiano si trova in cammino continuo nella prospettiva di partecipare alla trasfigurazione della sua personalità nella luminosità del Risorto.. La Chiesa, infatti, ci offre oggi questo avvenimento misterioso della trasfigurazione per farci intuire che il cammino d'essere discepoli è un cammino che illumina talmente la nostra personalità da rendici partecipi della luminosità eterna.

Davanti a questa grande meta, l'evangelista Luca, nella sua originalità narrativa, mette in luce tre parole: salire, pregare, camminare.

Se la prima è comune a tutti gli altri due evangelisti sinottici, l’idea del pregare e l'idea del camminare sono la caratteristica del Vangelo di Luca, circa la trasfigurazione, e questi tre verbi li potremmo considerare come - il metodo - per gustare questo evento di trasfigurazione.

Innanzitutto il salire sul Monte.

Quando vogliamo entrare nel simbolismo del racconto, il salire presuppone qualcosa che attira e riempie la nostra vita di desideri; salire sul monte è bramare la vicinanza di Dio. Dio appare sempre su un monte perché, nel linguaggio religioso, il monte ritraduce il luogo più vicino al cielo e quindi, salire su un monte è sostanzialmente bramare la pienezza del volto di Dio. Ricordiamo sempre che le narrazioni evangeliche sono simboliche e quindi nel momento in cui la persona vuole gustare questa trasfigurazione deve continuamente rigenerare dentro di sé la sete di qualcosa di grande, dove il salire è esperienza del partire. Nel linguaggio caro a Luca, scopriamo che il salire con Gesù sul monte è partire dalla esuberante pianura della Galilea per salire nel deserto roccioso di Gerusalemme. È un partire da ciò che umanamente può essere appagante per entrare in un clima dove si ha sete - come nel deserto - e si ha sete del volto di Dio! La bellezza dell'esistenza è configurabile come questo itinerario. Ecco perché abbiamo ascoltato nella prima lettura l'esperienza di Abramo. La grandezza di Abramo si colloca d'essere alla sorgente di una meravigliosa genealogia infinita che scaturisce da un partire. Chi sale parte dalla storia per entrare nella fecondità di Dio.

Come effetto di questo salire ci si presenta il nuovo atteggiamento: Gesù in stato di preghiera.

Infatti chi è in ricerca, lentamente si libera da tutto ciò che può, in un modo o in un altro, rovinare la purezza dell'attesa, della sete dell'Invisibile, del volto divino. Il pregare è l'anima che si pone totalmente nella libertà di Dio in un silenzio interiore dove solo Dio parla. È un salire nella libertà di Dio.

Quando l'uomo si pone in stato di preghiera, l'anima è in silenzio, l'anima è in ascolto, l'anima è assetata che Dio le riveli la sua presenza.

Il pregare è l'espressione di una vita interiore che è disponibile, in piena docilità, all'accadimento di Dio e al suo mistero di rivelazione. Non è l'intelligenza che vede il volto di Dio, ma un cuore che parte dalle realtà contingenti, le abbandona, come nel caso di Abramo - vattene dalla tua casa, dalla tua terra, dalla tua parentela - per entrare nella signoria meravigliosa di Dio. L'uomo quando prega si lascia trasportare dalla creatività di Dio che lo introduce in qualcosa che è al di là dei suoi desideri.

È quello sguardo di cui parlavamo domenica scorsa.

Ecco allora il significato del secondo verbo: la trasfigurazione avviene perché, svuotati dall'io nella salita, accogliamo la creatività di una persona nella preghiera.

Ora siamo davanti al terzo verbo: camminare. Infatti, si dice nel brano che abbiamo ascoltato, che Gesù insieme a Mosè ed Elia “parlavano del suo imminente esodo”, della sua salita a Gerusalemme, del suo partire verso la terra promessa, verso la pienezza del mistero dell'amore del Padre.

Chi è in preghiera è sempre in cammino, chi è in preghiera si lascia prendere per mano dalla libertà di Dio e si lascia condurre per i sentieri insondabili dell'infinito perché il desiderio più profondo del cuore dell'uomo possa effettivamente realizzarsi. In quella preghiera, che diventa cammino, abita il cuore obbediente di Gesù che, nel Padre, ha collocato tutta la sua esistenza. In questo cammino non c'è alcuna paura perché Gesù sta parlando del suo cammino con Mosè ed Elia, l'uno la cui tomba non si sa dove sia, l'altro perché è stato rapito in cielo, quindi due persone immerse in una luce di immortalità divina… è il camminare giorno per giorno in una gloria che trasfigura la nostra esistenza.

Paolo ci ha parlato della trasformazione del corpo glorioso di ognuno di noi: la vita è una progressiva trasfigurazione. Il momento della morte sarà il compimento del desiderio e l'inizio della trasfigurazione quando, in quell'ultimo respiro, il corpo che è la nostra persona verrà trasfigurato in quell'esodo meraviglioso dove vedremo il Signore, luminoso, faccia a faccia, e la nostra esperienza di discepoli sarà pienamente realizzata.

Allora la trasfigurazione, episodio misterioso anche a livello esegetico, è fondamentalmente il luogo dove respiriamo la bellezza del senso della vita che è un partire, espresso nel salire, nella docilità alla creatività di Dio per entrare in quella vitalità divina che è la luce che trasfigurerà le nostre persone. In questo, il cristiano, come discepolo, è sempre luminoso! Anche quando si può avvertire la povertà della nostra storia, ben sappiamo, però, che la nostra persona in tutte le sue facoltà viene lentamente immersa in una luce che avrà la sua visione piena quando, anche noi come Gesù diremo sulla croce, “Padre nelle tue mani consegno il mio spirito” è il passaggio dal cammino della fede e del sacramento al cammino glorioso della luce dell'eternità beata.

Questo scenario evangelico ci fa chiaramente intendere che la quaresima si illumina talmente di eternità che la nostra esistenza diventa interiormente un volare verso una pienezza di vita in cui ognuno di noi troverà veramente se stesso.

L'eucaristia è questo mistero.

L’eucaristia è salire su un monte, stare alla presenza di Dio perché Dio ci riveli se stesso nella sua libertà.

L'eucaristia è il Signore che è in noi e trasfigura le nostre persone.

L'uomo nell'eucaristia ha la luminosità di Dio che sta pregustando in attesa della gloria eterna. L'importante è camminare con questo cibo meraviglioso perché la luce di Dio riempia le nostre persone e le trasmuti lentamente in un'esperienza gloriosa in cui la nostra vita ritrovi il suo significato.

Viviamo la quaresima perciò come un volare liberandoci dai pesi degli storicismi umani per essere immersi in questa nube feconda dello Spirito Santo che ci fa pregustare quel visione gloriosa nella quale ogni nostro desiderio sarà veramente compiuto.
 
 
 
 
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