27 novembre 2016

I DOMENICA DI AVVENTO - Anno A -

Is 2,1-5                     Rm 13,11-14          Mt 24,37-44
OMELIA
La pienezza della comunione con Dio è la grande meta del cristiano.

Contemplare il Maestro, essere immersi nella sua luce è gustare una comunione eterna.

Questa esperienza, alla quale il cristiano continuamente viene chiamato a costruire, si deve ritradurre nel modo di concepire la vita. Il fascino dell'eterno è la luce per potere camminare nella storia.

ll tempo dell'avvento potremmo definirlo il tempo in cui impariamo a comprendere il senso della storia.

La bellezza d'essere immersi in Dio è la gioia d'essere in comunione concreta e fattiva con gli uomini e la loro storia.

L'uomo, soprattutto ai nostri giorni, è facilmente portato al pessimismo poiché una concezione della vita autentica e feconda è ormai scomparsa: l'uomo di oggi brancola nell'oscurità ed è drammaticamente rinchiuso nelle problematiche del contingente. Il rapporto con Dio genera grande libertà di cuore nei confronti delle vicissitudini quotidiane. Il tempo dell'avvento diventa il momento nel quale il gusto dell'eternità diventa il senso della nostra vita e anima delle scelte quotidiane. Quando incontreremo il Signore alla sua venuta finale, in quel momento, restituiremo con gratitudine la bellezza della nostra vita costruita secondo la sua favolosa e misteriosa volontà. Il tempo dell'avvento perciò è il tempo nel quale veniamo chiamati a fare un esame di coscienza circa il senso che diamo alla nostra storia.

L'apostolo Paolo, questa mattina, in poche parole ci ha regalato il senso della vita quando ci ha esortati dicendo: “Rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo”.

In questa semplice espressione troviamo la sintesi del senso della vita.

L'apostolo Paolo cosa intendeva dire con quel verbo “rivestitevi”? Quando ascoltiamo un'espressione come questa, dovremmo leggerla secondo la visione cara all'antico testamento, dove il vestito rappresenta l'espressione dell'interiorità del soggetto e lo stile di attiva relazione con la storia concreta di quel momento. Il soggetto, attraverso l'esperienza del vestito, assume un particolare stato d'animo e vi ritrova il senso portante della sua vita. È’ molto bello come all'epoca di Gesù, quando bisognava interpretare la conclusione del racconto della creazione dell'uomo e della donna, prima del racconto del peccato, viene detto che Adamo ed Eva erano nudi, e non se ne accorgevano. L’interpretazione che circolava ai tempi di Gesù, ci ha offerto una interpretazione favolosa: erano nudi secondo la percezione immediata, ma di fatto erano rivestiti della gloria di Dio. Erano rivestiti di quella luminosità divina che li qualificava e rendeva puro e gioioso il loro sguardo.

Paolo, quando ha esortato i suoi cristiani di Roma a rivestirsi di Cristo, ha semplicemente detto loro che il Cristo era il senso della loro esistenza e che il "vestito" ritraduceva la loro interiorità.

Questo approccio ci aiuta a comprendere che  riusciamo a cogliere il senso della vita dal modo col quale concepiamo chi sia Gesù. Tra la figura di Gesù e l'abito che ci avvolge sussiste uno stretto rapporto così creativo che giorno per giorno diventiamo Cristo Gesù fino alla luminosità della gloria celeste.

La vita è vivere in modo personalizzato la presenza di Gesù perché Gesù, usando il linguaggio sempre dell'antico testamento, è il vestito della nostra esistenza. Sappiamo bene infatti che il modo con il quale viviamo nella concretezza del quotidiano, professiamo con tutta la nostra persona chi sia Gesù.

Qualche volta, davanti alle scelte che dobbiamo porre ogni giorno, abbiamo dei parametri non sempre molto evangelici. Quando siamo davanti alla ricerca del senso della vita abbiamo parametri troppo moraleggianti, abbiamo parametri di culto dell'immagine, abbiamo parametri con finalità produttive o quantistiche, potremmo imboccare strade errate. L'unica cosa che dovrebbe interessarci è la gioia coraggiosa di lasciarci rivestire da Cristo, essere il Cristo che penetra talmente nella nostra vita da diventare il senso della vita. Quella bella espressione che abbiamo sempre presente in Paolo “abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù” è il senso della vita! Se ogni giorno entriamo in questo tipo di lettura, scopriamo una verità meravigliosa: più vivo di Cristo più conosco Cristo e quanto più lo voglio conoscere tanto più ritrovo come il criterio della mia vita il suo mistero.

Vivere e diventare Gesù è una cosa sola. Diventare Gesù e cogliere il senso della vita è un unico mistero.

Ecco perché il cristiano vive sempre in stato di attesa perché avverte nella sua vita che non è ancora riuscito ad essere pienamente trasfigurato da questa conoscenza di Dio. In certo qual modo ogni frammento di tempo è un dono dello Spirito Santo per diventare Gesù.

Qualche volta nel cammino della vita nasce un semplice interrogativo: come mai il Signore aspetta tanto a venire per farci introdurre nel suo mistero di gloria? E la risposta è molto semplice: perché il Signore vuol farsi desiderare, vuole lentamente che costruiamo l'istante vivendo come lui è vissuto, e quanto più la sua persona diventa il senso della vita, si dilata sempre più il desiderio di lui e di appartenergli. In certo qual modo, più gli anni scorrono, più il desiderio del suo volto cresce in modo veramente inesauribile.

Intuiamo una simile verità quando prendiamo una viva e vivificante comprensione che tra la gioia di contemplare Gesù e di costruire una concezione evangelica della nostra esistenza sussiste uno strettissimo legame. Gesù, è il grande protagonista della storia delle nostre persone. Se ci ponessimo questi interrogativi: Chi vive in noi? Chi dà senso alla nostra vita? avvertiremmo chiaramente che il grande protagonista del nostro istante è la figura di Gesù! Qui gustiamo l'esortazione dell'apostolo: "Rivestitevi del Signore nostro Gesù Cristo".

Se ci lasciamo affascinare da un simile stile di vita intuiamo il significato profondo della bella immagine del profeta Isaia che ci invita a salire il monte del Signore. E' quel lasciarci attirare dal Signore che opera in noi e che ci vuole lentamente regalare quel gusto della vita che è anticipazione della realtà eterna.

Non lasciamoci distrarre dalle tante cose esteriori, ritroviamo questa centralità ed essenzialità di Gesù per incarnare, nella professione di fede che anima il quotidiano, solo Gesù, che è attivo nel cuore, nella mente, nelle parole, nei linguaggi, nei sentimenti poiché il senso della vita è entrare in questa meravigliosa trasfigurazione del Cristo tutto in tutti.

Se ci ponessimo la domanda: in un mondo caotico come il nostro, quale sia il senso della vita, la risposta sarebbe molto semplice: lasciarci penetrare dalla persona di Gesù risorto che è già vivente in noi. Il Risorto in noi e attraverso noi diventa il risorto che anima tutta la nostra persona, rendendoci gioiosi testimoni della sua persona. Allora rivestiamoci di questo Gesù che dà senso e significato alla nostra esistenza per poter camminare in novità di vita. Davanti a Dio siamo dei "nudi gloriosi", e quando riusciamo a cogliere qualcosa di questo mistero, sperimentiamo in noi tanta libertà interiore perché il senso della vita è Colui che abita dentro di noi. Questo fatto ci dona l'ebbrezza della testimonianza.

L'Eucarestia, che stiamo celebrando, costituisce l'educazione domenicale al significato della nostra vita.

Ogni Eucaristia è una grande attesa perché è una grande trasfigurazione in vista della pienezza della nostra esistenza umana. Viviamo così l'Eucaristia in tanta serenità e in tanta semplicità.

Allora scopriremo che attendere non è altro che dare un volto alla gioia di diventare ogni giorno quel mistero di pienezza quando veramente, sul monte del Signore, saremo trasfigurati e potremo cantare eternamente la bellezza di questa vita che ci ha accompagnato nel tempo, per giungere alla pienezza e al gusto della nostra esperienza storica.
 
 
 
 
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