16 aprile 2017

DOMENICA DI PASQUA - RISURREZIONE DEL SIGNORE (ANNO A)

At 10,34a.37-43                Col 3,1-4           Gv 20,1-9
OMELIA
La vocazione del discepolo a immergersi nella personalità di Gesù si è costruita attraverso quell'esperienza della croce che oggi diventa evento di risurrezione.

La festa odierna ci regala la gioia consapevole della fedeltà di Dio nel mistero di Gesù stesso, usando la bella espressione sintetica dell'apostolo Paolo di questa mattina: “la vostra vita è ormai nascosta in Dio”. Entrare nel morire di Gesù è gustare il crescere nella risurrezione, poiché la bellezza del morire non è l'ultima parola della storia di Dio, ma l'ultima parola della storia di Dio è l'evento della risurrezione.

Davanti a questo grande mistero l'interrogativo che nasce in noi è “come” possiamo vivere del Risorto, gustare il Risorto sentendoci in lui risorti e l'espressione che abbiamo accolto dal Vangelo, è l'esperienza del discepolo che Gesù amava, il quale ha saputo vedere e credere all'evento della risurrezione vedendo quei teli, quel sudario nel sepolcro: teli e sudario ordinati.  

Riusciamo a entrare in questo mistero ricordando come il segno della risurrezione di Lazzaro fosse legato ai teli e al sudario. Quello che Gesù ha compiuto in Lazzaro, Gesù l'ha vissuto in prima persona, come egli stesso aveva affermato: “Ho il potere di dare la vita e il potere di riprenderla”.

Ma come il discepolo che Gesù amava entrando in quella tomba vuota e vedendo questi segni ha potuto credere nella risurrezione di Gesù?

L'evangelista Giovanni da questo punto di vista ci aiuta introducendoci nella personalità del “discepolo che Gesù amava”, che è la personalità di ciascuno di noi. In quel discepolo che Gesù amava, noi siamo chiamati a entrare in noi stessi, a riscoprire noi stessi e la nostra identità evangelica. Se oggi con lui e come lui possiamo dire che vediamo e crediamo nel Risorto, è perché la sua esperienza è la nostra esperienza. Senza questo riferimento fondamentale la risurrezione sarebbe un evento passato e Gesù potrebbe diventare un mito. L'oggi del Risorto è la luce della speranza presente in modo vivo nel nostro cuore.

L'evangelista Giovanni costruisce questa meravigliosa figura nel rito della lavanda dei piedi, in un contesto di tradimento. L'evangelista elabora la figura del discepolo che Gesù amava con uno stile che dovrebbe permetterci di accoglierne il mistero e quindi essere in grado, sia pur nella faticosità e lentezza della fede, di accedere a questo grande evento del riconoscimento dell'evento della risurrezione.

Se andiamo al racconto della lavanda dei piedi, il discepolo che Gesù amava “aveva reclinato il capo sul petto di Gesù”. In questo semplice linguaggio dell’evangelista cogliamo la vitalità della risurrezione, riusciamo a scoprire come la nostra vita sia nascosta con Cristo in Dio e quindi siamo nella capacità di cogliere l'oggi del Risorto.

Cosa voleva dire l'evangelista Giovanni con quel linguaggio “reclinare il capo sul petto di Gesù”? E l'immagine che immediatamente ci appare è l'orecchio del discepolo accostato, fisicamente, al cuore del Cristo per sentirne profondamente i battiti. Il discepolo che Gesù amava, il discepolo nel quale ha riversato la pienezza del suo amore reclina il capo sul petto di Gesù ed entra in sintonia con il mistero del cuore di Gesù. Solo la sintonia con il cuore di Gesù, una sintonia che avvolge tutto il sensitivo storico, ci permette di entrare nel cuore di Gesù e quindi di accedere al mistero della risurrezione.

È molto bello accostare questo gesto del discepolo con la finale del prologo di Giovanni: "Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato”. E’ il mistero che noi cogliamo nella personalità del discepolo che Gesù amava: una intimità con i battiti del cuore di Gesù, il quale, a sua volta, gusta i battiti del cuore del Padre. In questa dinamica guidata dallo Spirito Santo, il discepolo che Gesù amava entra nei battiti del cuore della Santissima Trinità. Il vedere è un fatto di cuore, l’uomo vede attraverso il visibile l'esperienza dell'invisibile, perché il cuore è sintonizzato con l'invisibile.

Questa esperienza ci deve profondamente catturare. Qualche volta non riusciamo a "vedere" il Risorto perché non abbiamo l'intimità con il Risorto. Ragioniamo molto, facciamo molte cose, ma dimentichiamo quel passaggio per potere cogliere l’invisibile nel visibile. La profondità del cuore attraverso i battiti della fisicità è l'intimità con una persona con la quale vogliamo condividere l'esistenza per poterne godere il processo relativo. In questo intuiamo perché il discepolo che Gesù amava “correva” e correva più veloce di Pietro perché dove c'è intimità si corre, perché c'è attrazione, c'è un'esperienza che avvolge talmente la nostra esperienza che il correre è il linguaggio dell’innamorato.

La risurrezione la coglie solo quel discepolo che lasciandosi amare in modo inesauribile da Dio ha il coraggio di reclinare il capo sul petto di Gesù, di entrare nella sua intimità e, quando l'uomo entra nell'intimità, la persona amata è la testa, il cuore e anche le gambe che “corrono”.

È qualcosa che ci deve veramente cogliere, fino in fondo, e allora se vogliamo veramente - come il discepolo che Gesù amava - vedere quei teli, vedere quel sudario e vedere il Risorto, noi dobbiamo andare alle dinamiche del nostro cuore e chiederci veramente se la gioia di essere discepoli è la gioia di questa intimità di cuore.

Purtroppo non riusciamo ad accedere a questa grandezza perché siamo tanto distratti sulle cose, dalle immagini che non sono più simbolo di una intimità misteriosa.

Noi pensiamo attraverso i riti di aver celebrato il triduo Pasquale: grande illusione!

Se il cuore non è immedesimato con il Maestro e la sua esperienza interiore non diventa la nostra esperienza, ci possiamo fare anche gli auguri di Pasqua, ma il vero augurio è regalare l'intimità del Risorto che ognuno di noi ha seminata dentro di sé, per grazia. Il credere è il gustare in modo attivo questa meravigliosa presenza. Allora la vita non è più concepibile senza questa attrazione del cuore in base alla quale viviamo talmente nel Risorto che tutto ci parla del Risorto.

Quando un cuore è innamorato, vede l'amato in qualunque situazione della vita che ne richiamino il mistero.

Tutto questo non è una teoria, nasce da un profondo vissuto che caratterizza il discepolo e gli dà la gioia della risurrezione.

Tutta questa ricchezza esistenziale sta diventando il mistero sacramentale che ci penetra. Ricordiamo la bella espressione che abbiamo ascoltato nel discorso di Pietro a Cornelio: il Cristo “non è apparso a tutti, ma ai testimoni, a noi, che abbiamo mangiato e bevuto con lui”. È il mistero dell'eucaristia!

La bellezza dell'eucaristia è l'intimità con il Maestro e nell'eucarestia cogliamo la bellezza di un incontro intraducibile perché è l'esuberanza di un cuore profondamente innamorato.

Viviamo così l’eucaristia questa mattina perché possiamo poi di riflesso dire agli uomini: Gesù è risorto!

La Pasqua non è l'uovo di Pasqua, la Pasqua è il Risorto che riempie le nostre persone del suo mistero di amore e ci dà l'ebbrezza di essere “nascosti con Cristo in Dio”.

Questa sia la speranza che vogliamo vivere in questa celebrazione per regalare speranza a tutti gli uomini perché un cuore veramente ricco di speranza inonda il cuore dei fratelli di una gioia veramente meravigliosa e affascinante.
 
 
 
 
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