15 agosto 2018

ASSUNZIONE DELLA BEATA VERGINE MARIA (Messa del Giorno)

Ap 11,19; 12,1-6.10                    1Cor 15,20-26                   Lc 1,39-56  

OMELIA
La potenza dell'esperienza credente ci porta progressivamente a maturare un sempre più intenso desiderio di eternità beata.

Ce l'ha detto molto bene Gesù domenica scorsa: chi crede ha la vita eterna, chi crede è passato da questa storia all'eternità beata. Questo orizzonte che l'evangelista Giovanni ci ha offerto domenica scorsa, oggi ha la sua effettiva espressione nel mistero di Maria assunta in cielo. Ella è la profezia realizzata e fonte di luce per tutti i battezzati. È interessante lo stretto rapporto tra quello che Giovanni ci ha detto domenica e la beatitudine che l'evangelista Luca pone sulle labbra di Elisabetta: E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.

Il mistero della nostra glorificazione è tutto racchiuso nella potenza del credere.

L'uomo, che nel profondo del suo essere crede, sta già gustando l'eternità beata. Quello che contempliamo in Maria oggi, in certo qual modo è quello che avviene nella vita di ogni discepolo. Il mistero della piena glorificazione di Maria è profezia del mistero della piena glorificazione di ogni uomo. Infatti è sempre bello orientare il nostro sguardo al mistero del credente di cui Maria è segno per eccellenza. Essere dei credenti è gustare continuamente la personalità creativa di Gesù dentro di noi e viverne l'intero mistero di salvezza.

Noi abbiamo un'esperienza di fede troppo limitata, dimentichiamo che la bellezza della fede è gustare una presenza creatrice dentro di noi; il Signore con tutta la sua ricchezza divino-umana trasfigura la nostra identità personale. Dovremmo riuscire a percepire che l'essere credenti è avvertire questa progressiva trasfigurazione in noi, una trasfigurazione dell'intelligenza, della volontà, del cuore, della sensibilità e della sensorialità. La presenza del Cristo in noi trasfigura la nostra personalità umana in tutte le sue coordinate, con la meravigliosa conseguenza che la nostra personalità umana progressivamente diventa eternità.

Noi qualche volta abbiamo avvertito un certo modo di dire o di pensare che dall'angolatura del mistero che oggi celebriamo crea molte difficoltà. Spesso diciamo che, quando moriamo, l'anima va in paradiso e il corpo nella tomba. Questa lettura è sicuramente molto parziale e forse neanche esatta. Dovremmo avere la consapevolezza che quando noi moriamo, viene posto nella tomba il segno della nostra corporeità, non la corporeità, perché non esiste uomo senza la sua corporeità. Sappiamo che poniamo quel segno della corporeità nella tomba perché il segno è destinato a corrompersi, ma la personalità umana è gloriosa, non viene corrotta dal mistero della morte! Noi qualche volta non sappiamo personalizzare un simile orizzonte favoloso perché abbiamo dimenticato tutta la ricchezza della nostra umanità, che non è semplicemente una fisicità esteriore: la personalità umana in tutte le sue componenti manifesta la consistenza stessa dell'uomo. Avete mai pensato che se nell'uomo ci fosse la rottura tra corpo e anima avremo tante anime vaganti? La bellezza della nostra esperienza umana è che è talmente profondo l'agire di Cristo in noi, che la nostra umanità lentamente si trasfigura.

Quando noi moriamo - e qui la liturgia bizantina ci è veramente maestra - lasciamo qui le reliquie della nostra persona, ma la nostra persona in tutta la sua ricchezza entra in un mistero di gloria. Il “come” lo lasciamo alla libertà di Dio. Dovremmo avvertire la bellezza e la luminosità dell'essere uomini. Ciò che dovrebbe pungolare la nostra esperienza spirituale è il vivo desiderio d'entrare in questo mistero di gloria eterna. L'uomo, quando affronta l'avventura del credere spalanca la propria personalità all'invadenza creatrice del Cristo, e di riflesso all'invadenza creatrice delle tre Persone divine, percepisce questa glorificazione, questa soavità divina che permea tutta la sua corporeità esistenziale.

Ecco perché è bello nella festa di oggi riscoprire come il domani sarà la pienezza della nostra umanità di oggi.

È qualcosa che noi dovremmo riuscire a riscoprire e a riscoprire continuamente. Noi oggi nella nostra fisicità gustiamo l'eternità beata, che non è un futuro, l'eternità beata è un presente. Nel momento in cui moriremo esploderà questa pienezza divina che è in noi e la nostra personalità, sull'esempio di Maria, sull'esempio di Gesù risorto, entrerà in una gloria indicibile. Ecco perché il cristiano ama essere uomo con tutte le sue caratteristiche, con tutte le sue dimensioni perché tutta questa umanità, abbandonate le reliquie dello storicistico, entra in un favoloso mistero di gloria.

Guardare Maria assunta in cielo in corpo e anima è contemplare il destino della storia umana, il destino di ciascuno di noi. Se noi percepiamo questa meravigliosa ricchezza, possiamo intuire l'inizio del cantico di Maria L'anima mia magnifica il Signore è il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore. Chi, nella fede, si lascia trasfigurare dalla presenza creatrice del Risorto e della Trinità diventa un canto, è il canto dell'uomo che si sente veramente realizzato.

Quando il cristiano ha dei dubbi circa il futuro vuol dire che non sa gustare il presente. Chi ha paura del futuro non conosce il presente, chi conosce la bellezza del presente nel quale noi siamo divinizzati. Il quotidiano percorso nell'avventura del credere non è altro che il divenire del fecondo processo della nostra divinizzazione che è costitutiva della nostra personalità dove la nostra persona con tutte le sue caratteristiche entra in questo mistero di gloria per un canto che non avrà mai fine. Ecco perché il cristiano non conosce la morte, il cristiano canta la vita, perché la sua persona è un canto alla vita.

L'Eucaristia che stiamo celebrando è la quotidiana incarnazione di tutto questo mistero luminoso e consolante. Nel momento in cui assumeremo i segni del pane e del vino, che ci regalano la viva e gloriosa personalità del Risorto, avvertiremo il dilatarsi di questa eternità divina che impregnerà di sé tutta la nostra personalità, la nostra corporeità, e potremo veramente affermare: quanto è soave il Signore. Una simile sensazione spirituale l'avvertiremo non solo con l'intelligenza, non solo col cuore, ma anche con la bellezza della la nostra personalità. Come nell'atto dell'assumere il pane e il vino chimicamente questi segni si dissolvono nella nostra fisicità, così la potenza della personalità del Risorto rinnoverà le nostre persone, eternizzandole. Gusteremo veramente l’armonia di una soavità divina che ci offre già il gusto di questa eternità beata; La festa di oggi rappresenta la meta in cui godremo il compimento della vita dell'uomo, saremo per sempre nel paradiso, che l’eucaristia ci offre continuamente, dove la nostra persona, con tutte le sue caratteristiche, viene progressivamente trasfigurata per entrare in quello specchio di gloria della luminosità gloriosa e dove le nostre corporeità canteranno la luce meravigliosa di Dio. Questa sia la speranza che vogliamo portarci a casa da questa celebrazione in modo che la nostra esistenza non sia schiacciata dalle paure del presente o del futuro, ma la nostra esistenza sia un'eternità nel presente, in un desiderio che sarà veramente appagato quando al termine della storicità della vita saremo rivestiti di una eternità gloriosa nella pienezza di Dio.
 
 
 
 
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