06 gennaio 2019

EPIFANIA DEL SIGNORE – Solennità - (ANNO C)


Is 60,1-6       Ef 3,2-3.5-6      Mt 2,1-12

OMELIA

La Chiesa, dopo averci condotti a vedere alcuni aspetti dell'evento dell'Incarnazione, oggi ci pone in atteggiamento di contemplazione, ci pone davanti al senso del mistero dell'Incarnazione. Se la narrazione di Luca ci ha lentamente fatto percepire il “come” del grande avvenimento, oggi siamo di fronte al senso di questo avvenimento che è la vocazione universale degli uomini a incontrare Gesù. Tutti gli uomini sono chiamati ad entrare nel mistero nascosto da secoli in Dio e rivelatosi in Gesù Cristo per ritrovare il senso più vero della loro storia. Il Verbo si è fatto carne perché l'uomo scopra il cammino autentico della sua vita. È la grandezza della visione che ci ha offerto il profeta Isaia nel momento in cui ci viene narrato come tutte le genti vadano ad adorare il Signore. Qui scopriamo come l'atteggiamento dell'adorazione sia l'atteggiamento dell'uomo che brama comunione e che nello stesso tempo si riscopre sostanzialmente un grande ricercatore del senso della sua vita. Il risultato viene colto se riusciamo a comprendere il valore di fondo della parola "rivelazione".

Noi qualche volta davanti al Dio che si manifesta, siamo affascinati unicamente dalla sua grandiosità, ma la rivelazione di Dio è qualcosa di molto più profondo. È Dio che entra nella storia per dialogare con l'uomo. Non è una rivelazione che schiaccia l'uomo, una grandiosità che in certo qual modo impedisca all'uomo l'esercizio di tutta la sua libertà. La rivelazione è nient'altro che il mistero di Dio che, innamorato dell'uomo, vuole entrare in dialogo con l'uomo. Gesù non è entrato nella storia per insegnarci delle verità, Gesù non è entrato nella storia per darci una somma di precetti, ma è entrato nella storia per dialogare con l'uomo. Se noi entrassimo nella profondità del testo dell'apostolo Paolo, scopriremmo come la rivelazione è nient'altro che un dialogo, il Padre dialoga con il Figlio, il Figlio incarnandosi dialoga con gli apostoli, gli apostoli nella loro missione dialogano con l'intera umanità, perché l'intera umanità in questo meraviglioso dialogo con gli apostoli, attraverso la Chiesa, possa veramente in Gesù gustare la bellezza della gloria del Padre. La grandezza della rivelazione divina nell'incarnazione del Verbo la cogliamo nel fatto che il nostro Dio è un Dio talmente innamorato dell'uomo che vuol camminare con l'uomo, regalandogli il suo cuore. La rivelazione è il cuore di Dio regalato all'uomo perché l'uomo possa dialogare con lui.

Quando noi ci poniamo l'interrogativo di cosa voglia dire essere cristiani, la risposta che ci ha dato l'apostolo Paolo questa mattina potrebbe essere espressa in questo modo: fin dal mattino accogliere la presenza di Gesù nel pensiero rivolto a Dio, farla diventare vita della nostra vita per regalare la sua attualità accolta ai nostri fratelli. È la bellezza della Rivelazione! Ed è il meraviglioso incontro tra la parola di Dio e il desiderio dell'uomo. Il cristiano, se vuole entrare veramente in questo processo dell'Incarnazione, deve riscoprire cosa sia la Rivelazione.

Di fronte a una simile ricchezza nasce il desiderio di comprendere che cosa presupponga un vero dialogo nella fede.

Si presuppone innanzitutto la sete della verità; il dialogo che Gesù vuole instaurare con noi vuol generare in noi questa intensa aspirazione ad ascoltare. La bellezza del cristiano è di essere un ignorante, in senso etimologico, che si lascia illuminare, che desidera essere guidato, che brama una viva relazione con il Signore della sua storia. Dio non parla imponendo, Dio parla camminando con l'uomo, dove l'uomo davanti alla figura di Gesù si pone in atteggiamento di ascolto adorativo. È un Signore innamorato dell'uomo e un uomo innamorato che parla con il Signore. È la bellezza della Rivelazione. Ecco perché la Rivelazione in certo qual modo è finita, ma nello stesso tempo continua all'infinito perché noi non riusciamo e non riusciremo mai, a percepire la profondità del rivelarsi di Dio.

In questa ricerca, dobbiamo avere la gioia di avere le mani vuote: presentarci al dialogo con Dio con le mani vuote. È molto bello quando papa Benedetto, nella prima omelia da Papa il giorno di Natale, affermasse in modo molto chiaro: davanti al Dio che si rivela presentiamoci con le mani vuote. Il vero ricercatore ama il vuoto per essere riempito. Noi tante volte non riusciamo a dialogare da innamorati con Dio perché abbiamo troppe precomprensioni, troppe attese, troppa coscienza per chissà che cosa dobbiamo fare… L'uomo è tutta grazia nella quale si lascia coinvolgere per entrare nel mistero. Il battezzato si sente ogni giorno edificato nell'Amore per diventare sacramento della luminosità e della trasparenza divina nella storia.

E allora se il cristiano deve accostarsi a questa Rivelazione come assetato di Dio, con le mani vuote, la Rivelazione ci riempie di stupore e lo stupore è la bellezza di lasciarci costruire dalla verità. Occorre acquistare a livello interiore, un meraviglioso e fecondo passaggio: dal pensiero che vuol dominare, dalla volontà che vuole fare ed essere protagonista, alla bellezza del dialogo poetico con Dio, dove l'anima diventa un canto nell'esistenza quotidiana alla grandezza di Dio.

Dio si rivela non per farci aumentare le nostre conoscenze. Dio non si rivela per obbligarci a chissà che cosa. Dio si rivela a noi perché affascinandoci con il suo stupore possa creare noi quel dialogo tra il cuore di Dio innamorato dell'uomo e il cuore dell'uomo innamorato di Dio. Questa è la libertà del cuore! Noi qualche volta siamo più presi o dalle conoscenze intellettuali, o dalle dimensioni morali…entrambi questi atteggiamenti sono stati condannati recentemente da Papa Francesco (neopelagianesimo e neognosticismo), per entrare invece in una dimensione poetica della vita che ci introduce nella bellezza, e nella bellezza, il cuore diventa canto di libertà.

E allora credo che la festa di oggi possa rappresentare la verità di tutto il mistero del Natale: Dio che ama diventare piccolo per dare a noi piccoli la capacità di dialogare con se stesso, e se noi entreremo in quest'esperienza sicuramente avremo la gioia del cuore, non perché sappiamo tante cose, non perché facciamo tante cose, ma perché è la bellezza di essere amati da un Dio che regala il suo cuore al nostro cuore, assetato di lui. L'Eucaristia è questo grande mistero.

È molto bello andare all'Eucaristia assetati, con le mani vuote, per essere affascinati dal volto luminoso di Gesù. Allora la nostra vita diventa una cosa molto diversa dalla mentalità comune, diventa un dialogo dove noi al Signore poniamo tutti gli interrogativi di questo mondo e il Signore li fa suoi e ci regala la sua presenza e la sua presenza è la luce. I problemi non si risolvono parlando, ma accogliendo l'Altro come la luce della nostra vita e quando il Signore entra nella nostra vita tante oscurità che l'intelligenza non sa risolvere vengono risolte perché nel dialogo d’amore tutto si risolve, poiché collochiamo la nostra esistenza in un contesto più ampio: viviamo nell'Amore. Celebriamo così quest'Eucaristia nella profonda consapevolezza che il Signore si manifesta non per schiacciarci, ma per farci vivere, per farci veramente godere il dono di essere uomini mentre siamo in attesa della grande rivelazione quando passeremo dalle cose storiche a quel dialogo amoroso che sarà il canto di tutta l'eternità.




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