27 gennaio 2019

III DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)


Ne 8,2-4.5-6.8-10              1Cor 12,12-30                     Lc 1,1-4; 4,14-21

OMELIA

Dio nella sua provvidenza ci offre la gioia e il dono del tempo perché possiamo camminare nella storia per assumere progressivamente lo stile di vita di Gesù. Nel battesimo siamo diventati il volto vivente di Cristo. Nel cammino quotidiano noi lentamente siamo chiamati ad assumere i sentimenti del Maestro acquisendone lo stile di vita e, per entrare in questa grande meta, il brano evangelico che abbiamo ascoltato ci offre il metodo perché la nostra vocazione a diventare veramente il volto di Gesù sia sempre attuale e feconda.

Dopo che Gesù ha letto il testo del profeta Isaia, l'evangelista ci pone dinnanzi questa constatazione: gli occhi di tutti erano fissi su di lui. Il cristiano nel cammino della sua esistenza ha gli occhi del cuore continuamente rivolti al Maestro perché dal Maestro scaturisce quella sapienza che determina le modalità delle scelte concrete della vita. Il cristiano ha gli occhi del cuore continuamente attirati nella persona di Gesù perché l'esistenza del discepolo possa essere il Cristo vivente.

Un simile atteggiamento si costituisce attraverso due possibili modalità: lo stile della vita feriale e lo stile della vita domenicale. Due stili che ci aiutano progressivamente ad avere come criterio di vita Gesù - parola del Padre.

Innanzitutto il primo elemento da evidenziare è che noi abitualmente dovremmo avere lo sguardo del cuore rivolto a Gesù e avere lo sguardo del cuore rivolto a Gesù vuol dire essere presi in un fascino che ci attira continuamente. Gesù è la parola del Padre ed essendo Gesù parola del Padre lo sguardo del cuore è rivolto a Gesù perché egli continuamente ci parli del Padre.

La nostra vocazione a essere discepoli ci porta ad approfondire delle grosse verità che vorremmo continuamente ritrovare e riscoprire: imparare ad avere questo costante orientamento delle nostre persone a Gesù, in modo che ne possiamo cogliere la parola in tutta verità e in tutta serenità.

Noi non siamo chiamati a capire la Parola, siamo chiamati a essere affascinati dal Cristo parola del Padre. Senza il fascino di Gesù, senza l'attrazione nel suo mistero, senza il camminare nella sua luce, le parole di Gesù risultano incomprensibili. Il fatto che l'evangelista Luca inizi la narrazione della vita di Gesù da questo evento della sinagoga, risulta estremamente significativo. Il pio ebreo, ogni giorno meditava la parola, che non era un libro, che non era un testo, ma un'esperienza: la profonda consapevolezza di Dio che parla, del Dio che rivela le meraviglie della sua storia di salvezza nelle vie che ci offrono un “oggi” meraviglioso.

Quando l'evangelista ha posto sulle labbra di Gesù: oggi si è compiuta questa scrittura che voi avete ascoltata, ci introduce nella consapevolezza che la scrittura è la persona di Gesù. Il cristiano perciò che vuole dare veramente senso alla sua esistenza ogni giorno sente questa attrazione. Sarebbe bello che il mattino, come primo atteggiamento del cuore dell'uomo, fosse ascoltare il Dio che parla: è il silenzio con il quale noi accogliamo la manifestazione di Dio. L'uomo che al mattino si sveglia preoccupandosi di quello che deve fare…già è partito con il piede sbagliato. La bellezza di iniziare la giornata ascoltando nel silenzio del cuore quello che Dio ci rivela, la sua persona, il mistero del suo amore, l'ebbrezza di entrare nella sua libertà, ci permette di gustare l'essere intensamente amati da Dio. Ora questo primo aspetto che appartiene alla liturgia del quotidiano ritrova la sua anima nel linguaggio dell'evangelista che introduce Gesù di sabato nella sinagoga. Ed è interessante l’incontro di tre passaggi:

- Gesù

- di sabato

- nella sinagoga.

Gesù è presente in modo particolare quando la comunità si riunisce nel suo nome perché la sua presenza si avverte in modo particolare e attuale quando ci si ritrova insieme. È bello rileggere il testo di Neemia quando si riscopre, nel ricostruire il tempio, il libro del Deuteronomio.

E' bello e stimolante percepire in profondità il testo dell'apostolo Paolo, del mistero della chiesa come comunione. La comunità ritrovandosi insieme gode l'oggi di Gesù. È bello andare ai divini misteri domenicali e risentire, nel testo di Isaia, Gesù che dice “oggi nella mia persona queste scritture si sono realizzate”. Gesù non ha scritto nulla, ci ha regalato la sua persona e questa persona, che in noi opera nella ferialità, in modo particolare si manifesta intensamente attiva quando siamo comunione nella comunità. Ora attorno al Signore percepiamo le due parole: di sabato cioè il giorno in cui Dio ha dato compimento all'opera creativa. Nel sabato scopriamo l’uomo che ritorna all'origine della sua esistenza, l'uomo che si sente salvato, l'uomo che si sente creatura nuova. Entrare nell'assemblea, nella comunione fraterna, contemplare il Cristo e sentirci uomini rifatti sono una esperienza unica e luminosa. La presenza di Gesù nella celebrazione del sabato (domenica) è portare l'uomo nella vera armonia, è portare l'uomo nella bellezza della propria esistenza in cui il Risorto è il Signore.

Di conseguenza allora la coordinata non solo del sabato, ma nella sinagoga risulta estremamente significativa: la sinagoga è il luogo della preghiera, il luogo della contemplazione, il luogo dell'approfondimento di questo fascino di Gesù che, se è vero che ci accompagna continuamente, nel momento della comunione assembleare è realmente presente e ci rinnova in modo veramente inesauribile. In tale contesto possiamo accoglierne la parola attraverso il silenzio orante.

La creatura che non entrasse in questo mistero non capirà mai cosa voglia dire: diventare Gesù. Questa mattina il Maestro convocandoci attorno a sé ci dice che Lui è la parola, non la sacra scrittura, Lui è la parola che noi gustiamo nel silenzio della vita ordinaria attraverso questo fascino della sua persona che entra nelle nostre persone attraverso il linguaggio orale e non orale e ci rivela il volto del Padre. Questo itinerario ha il suo grande catalizzatore nel giorno della domenica, dove noi entriamo fratelli fra fratelli per ascoltare quella Parola che diventa condivisione del mistero eucaristico.

È molto bello come nel testo che abbiamo ascoltato da Neemia quelle lacrime di gioia e di contrizione nell’ascoltare la parola diventino convivialità, e allora la convivialità è condividere la gioia del Dio che ha parlato. Questa sia la speranza che dobbiamo, nella nostra esistenza, continuamente ritrovare. Di conseguenza ognuno di noi con l'occhio del cuore fisso su Gesù, accogliendo nella sua persona il mistero della parola, che è Lui stesso, faremo le nostre scelte. Gesù non ci dice quello che in concreto dobbiamo fare, Egli illumina la nostra esistenza con Lui persona - parola del Padre.

Viviamo questo stile di vita, che difficilmente oggi si riesce a vivere e a percepire perché si corre sempre. Ma Luca, collocando l'inizio della vita pubblica di Gesù, in questo contesto ci dice: noi potremmo fare tante ricerche, ma se nell’esperienza della fede e del culto domenicale non cogliamo la persona di Gesù, cadiamo in uno storicismo vuoto che non cambia la vita di nessuno. Questo sia il mistero nel quale vogliamo entrare in modo che Gesù sia la parola del cuore che ci accompagna sempre. Gesù alla domenica ricostruisce questo meraviglioso dialogo perché noi con quel fascino possiamo camminare nella novità che viene dall'alto, ricchi di grande inesauribile e luminosa costanza nella scelta che Lui, Gesù, è l’unico signore della nostra storia.




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