07 aprile 2019

V DOMENICA di Quaresima (ANNO C)


Is 43,16-21              Fil 3,8-14                  Gv 8,1-11

OMELIA


La Quaresima è il tempo per eccellenza per approfondire la nostra conoscenza di Gesù e la parola che il Maestro questa mattina ci sta rivolgendo ci aiuta ad intuire quello che è il nucleo fondamentale della nostra esistenza per essere veramente discepoli. Volendo rileggere in modo positivo e stimolante il Vangelo di Giovanni che abbiamo poc'anzi udito, al di là delle motivazioni che gli scribi e i farisei hanno portato nel condurre quella donna davanti a Gesù, una cosa è importantissima: dobbiamo andare da Gesù per ritrovare in Gesù la luce della vita.

La bellezza di camminare nel cammino quaresimale è quella di lasciarci attirare alla persona di Gesù come colui che è la verità dell'uomo. Quando uno è discepolo del Maestro, negli itinerari magari complessi dell'esistenza, l’itinerario interiore è uno solo: conoscere Gesù. Siamo chiamati a entrare talmente nella conoscenza di Gesù da poterci dare una risposta all'interrogativo: chi è il maestro? Tutta la nostra esistenza è entrare nella conoscenza di lui poiché lui è il senso più profondo della nostra storia.

Utilizzando in modo positivo l'episodio del Vangelo noi ogni giorno ci accostiamo a Gesù, con tutta la nostra storia, con tutta la complessità della nostra esistenza, con tutti gli interrogativi che in un modo o in un altro possono affiorare entrando nel suo mistero. È molto bello l'atteggiamento che abbiamo visto di Gesù che per ben due volte si china per terra e scrive, ed è interessante come l'evangelista ponga, all'interno delle due discese per terra nell'atto dello scrivere, il parlare degli scribi e dei farisei, poiché la conoscenza di Gesù passa entrando nella sua morte, sepoltura e risurrezione.

Davanti ai grossi interrogativi dell'esistenza non solo ci accostiamo Gesù, ma dobbiamo entrare nel nucleo fondamentale della sua storia: il nascondimento nella tomba poiché egli è l’agnello che toglie il peccato del mondo.

È quello che in modo favoloso ci ha detto Paolo, il quale, davanti alla situazione storica in cui si ritrovava -Paolo è in prigione e ha un desiderio intenso della affettività dei suoi corregionali-, egli trova in Gesù il senso della sua vita.

È molto bello risentire l'espressione dell'apostolo nel brano che abbiamo ascoltato: Ritengo che tutto sia una perdita a motivo della sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore (…) perché io possa conoscere lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti.

Il confronto con Gesù è il confronto con il senso della vita, il senso della vita che è già dentro di noi perché Cristo è dentro di noi, quindi in certo qual modo, il Cristo in noi ci attira a sé continuamente e lo possiamo conoscere in quello che è il nucleo fondamentale della sua vita. È la bella espressione con quale Giovanni apre la lavanda dei piedi Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. È la bellezza della vita cristiana: essere amati dal Signore, relazionarci in modo vivo con Lui per sentire la sua presenza in noi: una presenza di progressiva identificazione. Il cristiano sa esattamente che la sua storia è un continuo rapporto con il Maestro e nel rapporto con il Maestro, il Maestro ci dice sempre sii sempre ricco di speranza: io vivo in te e lotto con te. Davanti a questo grande progetto che illumina la nostra storia, ci sono offerte due scelte nel vangelo:

  • la scelta degli scribi e dei farisei che se ne vanno, che non si lasciano attirare da Gesù; la loro esistenza è troppo chiusa nello strutturalismo della Legge e hanno la schiavitù del cuore;
  • dall'altra quella della donna che rimane davanti a Gesù, rimane nella zona d'influenza del Maestro, si sente affascinata da Lui e in Lui ritrova il senso della vita: ella si lascia conquistare dal Maestro.
Di fronte a una simile situazione Gesù così si rivolge alla donna «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più» dove quell'espressione va’ e non peccare più la potremo ritradurre così: va’ e rimani sempre nel mio sguardo, rimani sempre nella mia relazione, respira sempre il mio amore.
L'uomo storico è e sarà sempre un peccatore. È sempre bello riandare a un testo della prima lettera di Giovanni che da questo punto di vista è molto illuminante: Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Uno dei drammi della Chiesa apostolica era stato quello di una comunità che viveva i tempi messianici, ma si ritrovava peccatrice; ora Gesù ci dice: non avere paura se sei peccato, se ogni giorno nel cammino della tua esistenza cadi nei limiti della tua storia, ciò che conta è che ti lasci affascinare da me, agnello che porta il peccato del mondo, per dare all'umanità quel mondo nuovo di cui ha parlato Isaia nella prima lettura: Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?
Nello sguardo di Gesù tutto diventa nuovo! Se è vero in termini psicologici che l'uomo è frutto delle sue relazioni, nell'ordine teologale questo è più che vero, perché la bellezza del cristiano è rimanere sempre nell'arco di influenza del Maestro. E se il Maestro relazionandosi con noi illumina le nostre tenebre, nel momento in cui accettiamo di essere nel suo rapporto diventiamo luce. È la bellezza di conoscere Gesù, conosciamo Gesù con un cuore che ama essere nella sua luce e quando noi abbiamo un cuore che ama di essere nella luce di Gesù possiamo essere anche più grandi peccatori: quella luce accolta fin in fondo diventa la gioia della vita, la fecondità della conversione, la bellezza del perdono che è la fiducia inesauribile di Dio innamorato dell'uomo e quando l'uomo entra in questa relazione la sua esistenza è totalmente rifatta. L'essere perdonati rappresenta luogo privilegiato per conoscere chi sia Gesù. Noi qualche volta non entriamo in questo orizzonte perché siamo schiavi di noi stessi, siamo schiavi dei nostri comportamenti o del nostro modo di pensare. Dovremmo imparare come quella donna a stare davanti a Gesù, nella sua solitudine, e in quel momento, sentendoci profondamente amati, noi percepiamo un mondo completamente nuovo.
È interessante come l'incontro evangelico avvenga nel tempio, e sappiamo che il tempio è Gesù. Noi ci ritroviamo questa mattina nel tempio, nel tempio che è Gesù: qui accogliamo il rapporto che egli vuole stabilire con ciascuno di noi e in questo rapporto percepiremo l'essere creature nuove: faccio nuove tutte le cose per poter ritornare a casa e diffondere quella consolazione di cui ha parlato Isaia e che è l'anima della storia di Paolo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù. Chi nella vita ordinaria attraverso la fede e il sacramento vive la relazione con il Maestro ha in sé il desiderio di tendere verso questa pienezza di gloria che è la nostra vita, la quale sarà rigenerata perché veramente impareremo a conoscere Gesù. Questa sia la speranza che vogliamo portarci a casa per entrare in essenzialità: vivere di Gesù, conoscere Gesù, è trovare la bellezza nella vita e camminare con fiducia: il Signore che è il nostro Signore sarà il nostro gaudio, la nostra certezza, la bellezza della vita nonostante le difficoltà e i dolori della vita.



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