31 marzo 2019

IV DOMENICA di Quaresima (ANNO C)


Gs 5,9-12                  2Cor 5,17-21                       Lc 15,1-3.11-32

OMELIA

Il cammino quaresimale ci ha fatto intuire la bellezza d'essere in Cristo Gesù, in quella luce che fa nuove tutte le cose. Nello stesso tempo, nella energia dello Spirito Santo, è stata scaturita la bellezza feconda della conversione. Cristo nello Spirito oggi ci orienta al volto del Padre poiché la gioia di un’autentica esperienza cristiana si costruisce nel gustare la paternità divina. Lo stesso Giovanni concludendo il prologo del suo vangelo ha detto: Dio nessuno l'ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. Questa mattina vogliamo insieme, sulla sollecitazione della parola, contemplare il volto paterno di Dio: il Dio della rivelazione è Padre. Una simile verità nella nostra tradizione occidentale non ha molta incidenza se non nel mondo devozionale, perché noi siamo dominati dalla filosofia che cerca un trattato su Dio e sulla sua esistenza. La bellezza della rivelazione cristiana è centrata sulla figura del Padre poiché, entrando nella profondità di questa immagine “il Padre”, riusciamo a comprendere perché, sia il testo di Paolo, sia il testo evangelico hanno al centro “Dio visto come Padre”. E allora cosa vuol dire entrare nella centralità della paternità di Dio?

In certo qual modo non dovremmo dire più “Dio - Padre” ma professare il “Padre” divino per ritrovare la bellezza e la fecondità della nostra esistenza. Infatti il Padre è principio della vita, il Padre regala le sue caratteristiche esistenziali a ogni battezzato e il cristiano è nato dal Padre, nella visione giovannea. È una verità sulla quale noi dovremmo riuscire a ritrovare continuamente noi stessi perché il nostro essere persone, il nostro essere capolavoro di Dio, è un atto creativo del Padre. Ecco perché Gesù nel Vangelo di Luca, quando il discepolo gli chiede di insegnargli a pregare dice: quando pregate dite: Padre! E nella tradizione del nuovo testamento lo Spirito grida: Abbà Padre! La bellezza dell'esistenza è entrare in questa esperienza. Il nostro vivere è del Padre in noi e nel Padre, che continuamente rinnova la nostra esistenza. Se è vero che il Cristo abita in noi, che il Cristo vive la sua storia in noi, è perché lui ci fa vivere oggi la presenza del Padre nelle nostre persone. Quando diciamo Padre, sottolineiamo la presenza del Padre nelle nostre esistenze, quindi tutta la nostra vita d'essere figli è tutta nella realtà del Padre.

Una simile consapevolezza ci permette d'intuire che questo Padre ci rivela continuamente il suo mistero creandoci e ricreandoci continuamente. Egli ci rigenera continuamente perché vuol vivere in noi il suo mistero rendendoci partecipi della sua luminosità divina. In un simile orizzonte, nel contesto della nostra umanità decaduta, il Padre diventa perdono. Scopriamo di conseguenza che l'atto creativo del Padre incontrando l'uomo peccatore afferma: sei una creatura nuova come ha detto Paolo: Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Perdonare è fare nuova la persona, perdonare è un atto creativo della libertà di Dio innamorato dell'uomo. La presa di coscienza, che il perdono è atto creativo di Dio, ci conduce ad accogliere alcune sfumature che noi dovremmo riuscire a percepire a livello esistenziale. Ogni volta che diciamo “Padre”, dovremmo sentirci talmente ricreati in modo da essere quelle creature nuove che il Padre rigenera continuamente.

Il primo elemento che potremmo intuire è che perdonare da parte del Padre vuol sottolineare che egli desidera regalarci in modo nuovo la sua libertà. L'uomo perdonato è un uomo liberato, è un uomo che nel cammino della sua esistenza si sente una ricreazione esistenziale. Noi, qualche volta, pensiamo che perdonare sia dimenticare o sia cancellare i nostri peccati o i nostri limiti esistenziali. Questa è una lettura molto povera di fronte alla meravigliosa azione creatrice del Padre. Perdonare da parte del Padre è regalare all'uomo quella libertà che è l'autenticità della vita nella riscoperta delle relazioni fraterne per la reciproca edificazione. La bellezza della paternità divina è la convivialità esistenziale dell'intera umanità. Ecco perché nella parabola il Padre fa una grande festa conviviale perché in quel momento egli regala attraverso quel linguaggio conviviale la sua ricchezza al figlio. Siamo di fronte a un Padre che si regala continuamente per ricostruire in modo instancabile la creatura umana. E tale banchetto è talmente condivisione di libertà che il vero perdono è dire all'altro: hai tutta la mia fiducia! Questa rilettura sicuramente può cozzare con il senso di risentimento o di violenza inconscia che noi potremmo avere nelle dinamiche storiche. La bellezza del perdonare del Padre è dire all'altro: hai tutta la mia fiducia. Ricreare la persona è regalarle la capacità di camminare in novità di vita. È il desiderio di crescere in quella comunione che è la bellezza del rapporto Padre-Figlio. In certo qual modo -ed è il grande sogno evangelico-, ritrovare la bellezza della paternità di Dio, il Padre, significa ritrovare una ricreazione universale dove l'uomo recupera la bellezza e la profondità della sua esistenza.

Perdonare è, in ultima analisi, la grande gioia di Dio.

Quando l'uomo può veramente dire a se stesso se è stato perdonato se non quando percepisce la gioia dell'altro che gli regala la bellezza della vita dicendogli: gusta la vita! Il perdono non è mai deprimente poiché il perdono è rifare l'esistenza del fratello regalandogli la bellezza e il gusto della vita. Allora “vivere da perdonati” vuol dire gustare la piena fiducia del Padre, gustare la creatività divina che fa nuove le nostre persone, è gustare l'oggi di Dio che va al di là di ogni nostro pensiero. Se noi riuscissimo ad amare Dio come Padre, in certo qual modo nell'ordine della rivelazione "metteremmo da parte" il concetto che noi abbiamo di Dio, con tutti i punti interrogativi che potrebbero nascere e gusteremmo la luminosa visione del volto del Padre. In quel momento, qualunque siano le situazioni nelle quali ci venissimo a trovare, ci sentiremmo profondamente ricreati.

Ogni autentica relazione con il Padre rende nuova ogni umana creatura.

Ed è talmente grande il Padre che la bellezza di ritrovarci nell'Eucarestia è avvertire l'ebbrezza di contemplarne il Volto. Se il Cristo è in mezzo a noi, se il Cristo nello Spirito Santo ci dà la bellezza d'essere uomini nuovi, è perché sia l'uno che l'altro devono orientarci al Padre. Quando noi veniamo all'Eucarestia siamo in comunione con il Padre e l'Eucarestia è il dono del Padre che ci regala nello Spirito Santo il suo Cristo. Se noi entrassimo in questa atmosfera, lo stesso atto del perdono dovrebbe significare una delle massime esperienze d'essere degli autentici capolavori trinitari nel costruire la nostra esistenza quotidiana. Ognuno di noi sa d'essere la fiducia di quel Padre, Figlio e Spirito Santo che sono viventi in noi per ridonarci la bellezza, la profondità, il gusto della vita. L'Eucarestia è il Padre che ci regala il suo Figlio con i fiumi dello Spirito Santo. Viviamo così l'Eucarestia e allora il perdono diventa un cantare la gioia d'essere nella luminosità divina, il perdono diventa un cantare la fiducia fedele del Padre nei confronti di ogni uomo, perché l'uomo si sente talmente rifatto perché si ritrova creatura nuova. Nel rito bizantino il sacramento della penitenza si chiama “la sequela di quelli che cantano le meraviglie del Signore”.

Ritroviamo questo gusto nella nostra vita e la speranza di Dio crescerà nei nostri cuori. Questa è l'Eucarestia che celebriamo; in essa ci sarà quel perdono meraviglioso che da poveri ci rende ricchi perché l'Eucarestia costituisce il culmine massimo della paternità sacramentale di Dio che ci dà il perdono per ricreare oggi tutta la nostra esistenza.



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