19 maggio 2019

V DOMENICA DI PASQUA (ANNO C)

At 14,21-27            Ap 21,1-5                 Gv 13,31-35
OMELIA
Il cammino pasquale, che stiamo seguendo, è un cammino nel quale noi cerchiamo di assumere sempre più la sensibilità di Cristo. L’esperienza del Risorto appartiene al vissuto poiché attraverso questa esperienza del Risorto possiamo ritrovare la gioia di appartenere alle persone della Santissima Trinità per camminare ogni giorno in novità di vita e in grande speranza. La bellezza di appartenere al Cristo si ritraduce nel modo con il quale noi interpretiamo la storia di tutti i giorni: l'uomo è il cuore che pensa; l'uomo attraverso l'esperienza del mistero di Gesù si sente stimolato a rileggere continuamente la sua storia nell'ottica di un mondo nuovo che Gesù è venuto a portare all'intera umanità. Questa mattina il Maestro ci fa ritrovare insieme per poterci dire una cosa molto semplice: davanti al dramma della vita cerchiamo di riscoprire la bellezza di vivere l'oggi misterioso del Padre.

Se leggiamo in profondità il capitolo 13 di Giovanni, ci accorgiamo come uno dei problemi che emerge nella esperienza storica di Gesù, così come l'Evangelista ce lo racconta, è costituito dal tradimento di Giuda, dove il richiamo a questo tradimento è ripetuto diverse volte nella comunicazione evangelica, ma ci accorgiamo che Gesù è signore davanti al tradimento di Giuda. Nella stessa narrazione dell'evangelista Giovanni ci accorgiamo come il cuore di Gesù sia essenzialmente legato al Padre, ed è la sua persona che legge con distacco il cammino tragico della propria storia. Se poi dovessimo rileggere la passione di Gesù secondo l'evangelista Giovanni, ci accorgeremmo che in quel travaglio tragico Gesù è veramente il Signore! Il cristiano, a imitazione del Maestro, perciò, riesce a leggere, o dovrebbe riuscire a leggere la propria storia, nell'ottica del mistero del Padre. Come l'evangelista continuamente ci parla del rapporto Padre-Figlio in tutta la sua narrazione così noi contemplando l'atteggiamento di Gesù dovremmo percepire il nostro cammino nella storia come un cammino con lo sguardo del cuore rivolto al Padre, a imitazione dell'atteggiamento interiore del Maestro. L'uomo, guardando il Padre, s'inserisce nel suo progetto di salvezza e fa le sue scelte, poiché l'amore del Padre è superiore a tutto quello che gli uomini in un modo o in un altro potrebbero dire o fare. E’ sempre bello andare al contesto del gesto della lavanda dei piedi che fa da cornice alle affermazioni del Vangelo che abbiamo poc'anzi ascoltate Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino alla fine. Durante la cena, quando il diavolo aveva già messo in cuore a Giuda, figlio di Simone Iscariota, di tradirlo, Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugamano di cui si era cinto. L'amore del Padre è più grande di qualunque tradimento storico. Gesù perciò nel momento in cui Giuda esce dal cenacolo non pensa a quello che Giuda stia effettivamente facendo o alla delusione che potrebbe creargli un simile atteggiamento, Gesù in quel momento “pensa” che si sta realizzando il meraviglioso rapporto di amore con il Padre: la gloria del Padre. Legge il tradimento come l'incarnarsi di quell'amore del Padre per l'intera umanità, come il manifestarsi progressivo del loro dialogo di amore a vantaggio dell'intera umanità.

Noi dovremmo da questo punto di vista ritrovare il criterio per leggere in modo autentico la nostra storia. La bellezza della nostra esistenza è porsi l'interrogativo: come il Padre potrebbe pensare il nostro travaglio quotidiano? Gli avvenimenti storici ci sono e passano, gli avvenimenti storici tante volte diventano la pesantezza della nostra persona, ma se noi avessimo veramente il cuore nel Padre sapremmo leggere e rileggere il quotidiano con categorie ben diverse! Infatti l'uomo come rivela quello che ha nel suo cuore, se non nel modo con il quale rilegge continuamente gli avvenimenti del quotidiano? Gesù è entrato nella storia per donarci il senso della vita, qual era il valore portante delle nostre scelte, il contenuto del nostro vissuto? Quando siamo davanti alla storia, le nostre reazioni ci rivelano quello che effettivamente noi stiamo vivendo. L'uomo pensa così come ama, ogni parola è un riflesso di un processo amativo, non esiste espressione storica che non abbia continuamente in sé qualcosa di emozionale. Ecco perché Gesù ci dice che se vogliamo diventare veramente suoi discepoli, dobbiamo imparare a leggere la storia così come è, così come ci si presenta, così come ci si rivela, percependo il disegno amoroso del Padre. La gloria di Dio è l'anima del cuore di Gesù, dove la gloria è vivere il suo oggi misterioso in una meravigliosa sintesi di amore reciproco per l'intera umanità.

Da questo punto di vista è sempre bello riascoltare il testo dell'apostolo Paolo nella lettera ai cristiani di Colossi, dove egli afferma la nostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio. Questa esperienza deve portarci a rileggere continuamente l'esistenza in un modo completamente diverso dal comune sentire, a non essere più guidati dal mondo mass-mediatico, ma dovremmo sentirci guidati da un cuore che è abitato dal mistero stesso di Dio che è il criterio portante della nostra esistenza. E allora se noi riuscissimo a rileggere così la nostra esistenza, non solo ritroveremo la libertà davanti agli accadimenti quotidiani, ma realizzeremmo il principio che Gesù questa mattina ci ha regalato Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri dove questo linguaggio di Gesù è da intendersi come un entrare nel cuore di Gesù, il quale non ha fatto nient'altro che realizzare quello che il Padre continuamente gli regalava e gli offriva: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito. Amarci come ci ha amati Gesù vuol dire condividere nel profondo del nostro cuore il modo con il quale amare, leggere e interpretare la nostra esistenza. Amare è in certo qual modo costruire un certo distacco dalla storia per dare senso evangelico alla storia stessa. Quando ci ritroviamo nell'Eucaristia per vivere il comandamento di Gesù di amarci gli uni gli altri dobbiamo sempre porci la grande domanda: qual è il senso di vita che vogliamo condividere? Siamo infatti convinti che la bellezza del mangiare lo stesso pane, il fatto di accostarsi allo stesso calice, ritraduce ritualmente la bellezza di essere persone che nel cammino della loro vita vivono e condividono il grande criterio della propria esistenza: leggere la storia con l'occhio di Gesù, amare gli avvenimenti con il cuore di Gesù, in modo da poter far nascere questa meravigliosa esperienza che è il Dio in mezzo a noi. E il criterio pratico nel quale noi dovremmo effettivamente entrare è quello di lentamente superare il modo nostro di concepire la storia. Spesse volte pensiamo alla storia come una successione di tanti istanti, di tanti tempi, che si susseguono gli uni gli altri. Dovremmo invece imparare che dove c'è Gesù lì siamo nella pienezza della vita, siamo nella assoluta gratuità di Dio e quando noi siamo nella pienezza noi abbiamo il cuore riempito dal Maestro, che ci suggerisce i pensieri del cuore e della mente e con la sua sensibilità leggiamo la storia, viviamo quella pienezza di cui ci ha parlato l'Apocalisse di San Giovanni dove Gesù ha detto Ecco io faccio nuove tutte le cose. Quando siamo nella pienezza divino-umana del Risorto noi riempiamo la nostra storia con autentici significati evangelici e dal modo col quale noi cammineremo nel tempo e nello spazio potremo veramente dire che abbiamo assunto Gesù per crescere nella storia come ha fatto Lui, partendo dall'intensa comunione con il Padre. Il nostro vissuto ci fa dire effettivamente tutto questo. Quando Gesù ha concluso il Vangelo dicendo da questo capiranno che siete miei discepoli se avrete amore gli uni degli altri, ci permette chiaramente d'intendere che la Chiesa è la gioia di essere comunità che, riunita insieme nello Spirito Santo, condivide l'ebbrezza di leggere il quotidiano nella speranza che viene dall'alto. Noi abbiamo tante paure e le oscurità della vita in un modo o in un altro ci raggiungono continuamente, ma il nostro cuore si sente chiamato a collocarsi in altro orizzonte. Questo fatto costituisce il motivo pregnante perché questa mattina ci ritroviamo a celebrare i divini misteri nell'Eucaristia: insieme, nella luce dello Spirito, stiamo condividendo il cuore di Cristo. Quelle parole che abbiamo ascoltato illuminano le nostre menti, infiammano il nostro cuore e ci dicono che nel condividere il pane e il vino entriamo in quella luminosità, trasfigurazione interiore, che ci offrono la capacità di leggere in serenità il vissuto di tutti giorni. Questa sia la speranza che insieme vogliamo vivere e condividere per poter camminare nella novità che viene dall'alto, in modo che un cristiano è tale non perché faccia tante cose, ma perché avendo un cuore colmo di Gesù, un cuore colmo che condivide con i fratelli, ha con i fratelli quella comune sensibilità che ci fa dire che nella storia, quando siamo nella pienezza di Dio, i particolari vengono sfumati e nella pienezza di Dio abbiamo continuamente la gioia di una grande speranza.
 
 
 
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